Divagazioni del tram

di Antonio Sparzani
tram in viale Corsica

Faccio lunghi percorsi in tram e leggo le storie di cronopios e di famas di Julio Cortázar, che si adattano al tram dato che sono racconti per lo più brevi che finiscono prima della fermata di largo Augusto dove spesso scendo un po’ mi spiace leggere lungo tutta la tratta perché questo mi impedisce di guardare il panorama che spesso è interessante la solita strada direte voi e invece non è mai la stessa lo sappiamo oggi per esempio c’è un sole proprio bello e capelli così rossi e luminosi come quelli della ragazzetta che è appena passata non li avevo mai visti così come non avevo mai notato quel tratto di viale Corsica dove il tram s’infila sotto una cortina di platani in questa stagione così fresca e rigogliosa come un bosco sarà anche tutta la pioggia che è venuta la causa di tutto questo verde che anche i baracchini che vendono fiori ai lati della strada sembrano più esuberanti del solito

Con questo sole vengono fuori tutti per esempio i piccoli mercati rionali che vendono cose particolari come l’altro giorno che c’erano i banchetti delle donne in campo con le verdure i formaggi le marmellate e i mieli tutti in bella mostra come si fa a resistere e anche il book-crossing che però aveva quasi solo libri per bambini piccoli e poi quattro ragazzi che cantavano facendo gli strumenti musicali e mimandoli pure un incanto a guardarli quello che faceva la tromba che dava gran manate nel vuoto ma imitando parallelamente con la bocca il suono della tromba e anche bravi e intonati erano

Il bello è quando si arriva a piazza Emilia, che guardata da un altro angolo si chiama largo Marinai d’Italia con quei prati verdissimi attorno alla Palazzina Liberty fiori e ragazzini dappertutto davvero una tentazione saltar giù alla prima fermata e perdersi sull’erba a leggere Cortázar così meglio che sulle dure sedie del tram ma ve lo ricordate il comportamento alle veglie funebri straordinaria derisione dell’ipocrisia mortuaria così frequente in tanti paesi e certo non assente nel nostro dove il caro estinto è sempre stato un modello di virtù tanto ad infangarlo c’è tempo dopo con cura e precisione come nella forma dell’acqua del camilleriano Montalbano

Giusto da un funerale della moglie di un caro amico tornavo l’altro giorno meditando che m’era toccato assistere a tutta una messa per poter partecipare al rito di vicinanza all’amico e di nuovo ho constatato con quanta ipocrisia e arroganza la chiesa cattolica e apostolica romana si impadronisca della morte e dei suoi riti trattando ogni defunto o defunta come un figlio o una figlia sempre posseduto o posseduta anche se si trattava in verità di persona del tutto estranea ai riti ecclesiastici e alle credenze religiose chissà se quando sterminavano impunemente gli Albigesi o i Catari o gli infedeli nelle varie terre che hanno infestato pregavano sempre con questa solerzia per il bene delle anime loro

4 COMMENTS

  1. Lungi da me difendere la chiesa cattolica. Ma non le sembra un po riduttiva la sua analisi? o che questo che lei ha scritto qui su Nazione Indiana più che una divagazione (?) risulti molto simile ad uno status di Facebook?
    Non pretendo una risposta ma approfitto, da vostro lettore, per dirvi che ”pensierini” risultano forse poco – coraggiosi – ecco, non trovavo un termine che risultasse senza essere aggressivo o polemico.

    Ciao.

  2. Capisco la rabbia che si accompagna al dolore della perdita. Ma in questo Paese nessuno è obbligato alla sepoltura religiosa. Ho partecipato a funerali laici con tanto di bandiere rosse, fatti in cimitero, prima della cremazione (con ceneri disperse in campagna. E’ ancora illegale, ma si ‘può’ fare). Certo, non potendo controllare che le proprie disposizioni vengano seguite, una volta stirate le zampe, ci si deve affidare ai propri familiari. Quindi, almeno in questo caso, non se la prenda con la Chiesa, ma con la famiglia del suo amico. E, se posso permettermi, guardi alla scocciatura della messa come ad una sorta di piccolo sacrificio alla memoria del suo amico. L’ora spesa non le sembrerà più sprecata.

  3. Ogni racconto ha un inizio e una fine. Partiamo dall’inizio dai bellissimi racconti di Cortázar per arrivare al suo capolavoro “Rayuela” dove scriveva “ah, lasciami entrare, lasciami vedere un giorno come vedono i tuoi occhi”; ecco, con i suoi occhi abbiamo percorso lungo le strade di Milano, fermandoci qua e là, davanti alle bancarelle del mercato, davanti agli artisti della strada, davanti alla bellezza di una ragazza dai capelli rossi, davanti ai prati fioriti e infine accanto ad un amico molto caro che accompagna per un ultimo saluto la moglie. Il pensiero religioso ognuno può viverlo nella sua libertà unito alla consapevolezza del sapere. E lo dico da credente senza discriminazioni.

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Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato anche due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia, pubblicato presso Mimesis. Ha curato anche il carteggio tra W. Pauli e Carl Gustav Jung, pubblicato da Moretti & Vitali nel 2016. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.