Editor e autori (non il solito pippone)
(L’intrepido Lucio Angelini ha letto Publisher di Alice Di Stefano, editor con cui in passato ha avuto contatti professionali. Ecco la recensione – JR)
Basta con gli autori! che siano gli editor d’ora in poi a firmare i libri! – Flavio Santi in Diamo tutto il potere agli editor
A) Lette le prime 50 pagine di “Publisher“, il libro in cui Alice Di Stefano racconta suo marito Elido Fazi. Riassumo: Alice, già abituata a frequenti (quanto astrusi) cambi di partner (il solito barista, chauffer o al massimo skipper) viene invitata niente popò di meno che da Elido Fazi, editore conosciuto allo Strega, a raggiungerlo in India. Lei gli fa presente di non potersi permettere il biglietto e lui le manda un SMS con l’indirizzo dell’agenzia in cui ritirarlo aggratis. Alice esegue “in puro Cenerentola style” e i due scorrazzano per l’India (nell’incipit finanche in un atollo delle Maldive). In linea di massima fanno cose normalissime, a parte una cacata di Elido in un vaso prezioso in una suggestiva dimora-albergo (quando scappa, scappa!). Alice scopre piccoli episodi di tirchieria di Elido con i ragazzi dei tuc tuc (magari dopo aver pagato conti per migliaia di dollari in hotel e ristoranti per turisti), ma è soddisfatta delle scopate con lui (fra cui una nel deserto, tra rumorosi ventilatori a pale). Che dire? Alice non è Chatwin, forse nemmeno Francesca Pascale, ma vi informerò sul senso del libro nelle puntate successive, ammesso che lo trovi.
B) Terminato a fatica “Publisher”, il libro in cui Alice Di Stefano cerca di trasformare il marito editore in un personaggio romanzesco di grande spessore (in effetti nelle ultime pagine si ammette che un po’ di pancetta post-matrimoniale a Elido è spuntata), ricostruendone infanzia marchigiana, adolescenza, giovinezza, maturità e incipiente senescenza con fin troppi dettagli (solo quelli dei cibi ingurgitati dalla coppia occupano un buon quinto del libro). Accanto al ritratto di Elido, vengono tratteggiate anche le figure di vari personaggi di contorno, tra cui quelle degli amici del cuore di Elido. Particolarmente detestabile e tediosa risulta, fra tutte, la figura di Valentino Zeichen. Alice non scrive male, ma come editor si è lasciata sfuggire un “gli” al posto di “le” (pag. 94) (“lui gli [ad Alice] aveva detto”), l’espressione “ricerca di cineserie” nel corso di un viaggio in Giappone (p.137) e altre imprecisioni.
Spesso si ha la sensazione di essere capitati nelle “Pagine promozionali e celebrative” di Wikipedia, da cui cito:
Esempio di pagina promozionale o celebrativa
“Sigismondo Barillacqua della Verdesca (Castiglion della Pescaia, 25 dicembre 1985) è un cuoco di Canicattì. Dopo il diploma in ragioneria si iscrive alla facoltà di biologia marina dell’università di Reykjavík, senza terminare gli studi. Sposato con la signora Marinella Fontanabuona de Rimboldi, fra le sue passioni vi sono il curling e la lippa. Da bambino sognava di diventare astronauta, ma ora il suo più grande desiderio è quello di fare lo scrittore di manuali di elettrotecnica.”
Cosa c’è di sbagliato in questo testo?
Ovviamente nulla di personale contro l’esimio signor Barillacqua, ma è evidente che questa pagina non può rivestire alcun particolare interesse né utilità per un’enciclopedia come Wikipedia. Il tono di per sé è formalmente corretto e non presenta promozioni evidenti, ma è l’esistenza della voce stessa a essere promozionale: non indicando alcuna attività degna di nota svolta dal personaggio e non specificando perciò per quale motivo egli dovrebbe avere una voce tutta per sé.”
In PUBLISHER vengono rievocati eventi editoriali come la pubblicazione del seminale “Cento colpi di spazzola”:
“Con la scelta di pubblicare il diario di una sedicenne in cerca di sé (.) il Publisher aveva fatto bingo. Grazie a quel romanzetto cochon e a distanza di poco tempo dalla sua fondazione. la casa editrice aveva spiccato il volo scalando ogni classifica e vendendo più di un milione di copie nel giro di pochissimi mesi. In quel turbinio di emozioni difficile da gestire, l’ormai Publisher a pieno titolo aveva perso la testa e persino suo figlio, Thomas, aveva un po’ sbandato con la bella pensata di innamorarsi di Melissa”
e naturalmente il lancio dei noti romanzetti seriali sui vampiri.
È nel corso di una convention della GD (Grande Distribuzione) a Portofino che Alice, ormai promossa dal fido Elido editor-in-chief della Fazi, prende la parola. A tal proposito la Di Stefano non manca di ricordare che
“per accedere alla grande distribuzione occorre avere libri che vendono davvero. non per niente, gli unici autori invitati a Portofino sono tutti ex cantanti datisi all’autobiografia, attori, attrici, giornalisti TV, comici i cui brevi interventi durante la cena costituiscono degli sketch fenomenali e tuttavia pericolosi, visto che se sbagli una parola ti sei giocato tutto, altro che RAI. “
Quell’anno a presentare il frutto delle loro fatiche c’erano niente popò di meno che Geppi Cucciari e Nada. e per la parvenue Alice, quella mattina, era stato un po’ “come entrare a Cartoonia.”
Publisher e editor, nel romanzo, non tubano soltanto, ma litigano anche. Per esempio a p. 136 lui le dice:
“Tesoro, smettila di parlare a vanvera e dedicati all’unica cosa che sai fare”. Seguono propedeutici strofinamenti sui divanetti e scopata finale.
Epperò: “dopo quasi un anno di rapporti pluriquotidiani, triplette, terzetti e scambi di coppia, lui, già a settembre, le dice: ‘Ormai anche il sesso tra noi non va’.”
Come viaggiatori, sono mossi più che altro dalla ricerca di ristoranti e alberghi in cui spendere tantissimo ottenendo pochissimo.
Il capitolo più divertente è “Io sono Keats”, dove non è chi non convenga con Alice:
“Fazi si sente John Keats, artista visionario di cui dice di aver capito quasi tutto e di cui si reputa l’assoluta, perfetta incarnazione. In realtà, i due in comune hanno solo le umili origini. “
Ma l’autrice non si perita di trovargli un’attenuante:
“La passione per i versi era nata durante l’università, per contrasto con la facoltà scientifica prescelta e per riscattare forse il suo passato a Quintodecimo. Nei paeselli, da sempre, i versi rappresentano il simbolo di una vita agiata, trascorsa a non far niente, sempre seduti, al massimo con una penna in mano, esprimendo in solitudine il cosiddetto animo nobile. Comporre rime nel silenzio di una stanza anziché raccogliere pomodori sotto il sole era considerato il vertice cui aspirare fin da piccoli per evitare una vita altrimenti monotona e fastidiosa. Per un ragazzo cresciuto vicino all’orto, tra i grugniti dei maiali e le grida dei vicini, la poesia era la cosa più distante e perciò la più difficile da ottenere (dopo i soldi).” (169-170)
A pag. 184 c’è forse il passo che meglio tradisce le segrete molle comportamentali della Di Stefano:
“Alice da piccola giocava a Barbie reginetta del ballo in cui, per aspirare a diventare tale, bisognava mettere insieme vestito, fidanzato, anello e distintivo del circolo (il più difficile da ottenere, per ovvie ragioni di lobby) prima di poter tentare la fortuna ai dadi, fare centro ed essere incoronata unica e assoluta REGINETTA DEL BALLO. “,
cui fa eco, a pag. 240:
“All’università. era in una situazione che dire difficile era poco. Anche la scorciatoia suggerita da qualcuno, che le aveva consigliato di cedere alle avance dei professori per fare carriera più velocemente, non aveva un granché funzionato: pur avendola perseguita, e a volte anche con gusto, non si era mai ritrovata in cattedra per questo, smuovendo l’amore gli oceani ma non evidentemente la burocrazia.”
A pag. 294, dopo aver rivangato le trascorse pratiche amorose (per lo più con un “pubblico di manovali, facchini, idraulici, imbianchini, skipper e persino un pornodivo, icona a livello internazionale”), aggiunge:
“Da tempo, infatti, a torto o a ragione, Alice sosteneva di essere ‘la più grande filosofa del mondo’ nonché l’unica, infallibile ‘dea dell’amore’.
Gli ultimi due capitoli raccontano, appunto, la capitolazione di Elido di fronte a tanta dea [“Come ti chiedo in sposa”] e il ménage vero e proprio [“Fazi marito perfetto”].
P.S. Riguardo al senso complessivo del libro… be’, posso dire che esso è chiaro almeno per Elido: dopo il libro di Cesarina Vighy, madre di Alice, e quello di Melissa, morosa del figlio di Fazi, un libro della moglie ci stava.
p.s.
il fatto che un libro per essere letto debba essere firmato è una singolarità di cui si spera ci possa liberare..diverrebbe anche meno facile certo genere di autofiction di cui pare si potrebbe fare tranquillamente a meno…
Un libro che fa meta-editoria, raccontando fatti editoriali attraverso chi li vive dall’interno, una volta poteva avere un senso (pur limitandosi agli interessati al settore). Mentre oggi una auto-fiction come questa non può che limitarsi a solleticare gli interessi di chi lavora nel settore (e di chi rosica perché aspira ma è fuori del settore). Dubito che avrà riscontro di lettori: operazione troppo narcisisticamente autoreferenziale, fatta sostanzialmente per vantarsi nei confronti di chi sa, e soprattutto uno schiaffo verso le persone comuni che anelano ma non possono vivere un tale esperienza, così esaltante-bohemien-decadente. Nell’attuale profondissima crisi dell’editoria, questa iniziativa è fuori tempo e difficilmente lascerà tracce.
IL gondoliere cinese di Lucio Angelini è intrepido di sicuro.
Pubblicato il: 16/09/2013
ISBN: 9788897604211
Parole: 33853
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Il Tensore di Torperterra
di Emanuele Vannini
Torperterra è un paese vicino a Divertimentificio, sta in Romagna e c’è stato un momento che passava di lì la linea gotica.
Il Tensore di Torperterra è una storia abbastanza vera, abbastanza perché la linea gotica ci è passata davvero, perché i bombardamenti ci son stati sul serio, e perché, soprattutto quella bellezza quotidiana da cercare a tutti i costi lì c’è. E anche il bello di certe persone c’è.
Ma la cosa bella di questa storia è che facendo quei giri lì tra gli anni della guerra e i giorni nostri permette, un pochino, di fare la pace. Perché quella faccenda che hanno ammazzato Nino alle spalle, i tedeschi, mentre guardava il mare non va bene nemmeno un po’. Nemmeno adesso che son passati degli anni.
E se la guerra è finita, ci son sempre degli strascichi. Ma per una volta è una faccenda che si risolve a schiaffoni, tra vecchi amici, e nonostante tutto, in fondo finisce bene. E si fa la pace anche perché si ride un sacco, e perché la Romagna vien fuori come un posto in cui bisogna trasferirsi e, soprattutto, perché d’inverno, il mare, è tutta un’altra cosa.
Quindi, se ti interessa farti raccontare una storia di quelle che te le raccontavano i nonni, quelle del tempo di guerra, con il vantaggio che non la racconta un nonno ma un papà, ecco, questo qui è il libro giusto, che poi, come dicevamo, fa pelare dal ridere
Blonk Libri senza attrito
Il padre della protagonista di “Tanto gentile e tanto onesta” di Gaia Servadio (un vero gioiello, secondo me) si chiama Abramo Publishing.
Grazie per la segnalazione, Giulio. Leggo su ladigetto.it : “Gaia Servadio, che vive un po’ a Londra e un po’ in Italia… è autrice di una splendida biografia di Gioacchino Rossini. Il suo romanzo ‘Tanto gentile e tanto onesta’ fu rifiutato da dodici editori e infine accettato da Feltrinelli nel 1967. Tradotto in sedici lingue, diventò un bestseller mondiale e fu rapidamente dimenticato in Italia. Ne è tuttora disponibile presso Penguin l’edizione in inglese, con il titolo Melinda. Vi si racconta la storia di Melinda Publishing, figlia dell’editore Abramo Publishing, che ebbe sette mariti, ne accoppò un paio, organizzò con la complicità del primo ministro d’Inghilterra la più grande rapina al treno che si fosse mai vista. E per diletto fece la killer per conto di una misteriosa organizzazione di controspionaggio. Nelle ultime pagine Melinda fonda una banca del seme in Marocco, va in Urss a prelevare il seme dello scienziato sovietico inventore dei voli spaziali, e accetta di essere la prima donna in orbita.
Ma qualcosa si guasta, e non torna più giù. ‘Tanto gentile e tanto onesta’ è un irresistibile romanzo comico, nonché il primo esempio italiano di vero e proprio romanzo postmoderno.”
In confronto a Melinda, Alice non può che impallidire… se era questo il concetto che volevi mettere a fuoco.
Lucio mi hai convinto, lo leggerò. mi sono molto piaciuti i passaggi citati. effeffe
Francesco, sono sempre felice di contribuire alla diffusione della lettura. Come ha commentato in Facebook la mia amica Diana: “Comunque per me le coppie felici rendono il mondo un posto migliore. Da chiunque siano composte. Lunga vita agli Elidi!”
Una cosa è certa: Lucio resterà (se non altro, nella memoria di chi l’ha internetticamente conosciuto). Melinde e Gaie non si sa.
Una cosa è certa: Facebook mi ha sospeso per 12 ore dalla funzione commenti per aver postato la recensione che qui appare. Ma non sono nuovo a questi attacchi alla mia libertà d’espressione, come ognun ricorderà (bannato da Lipperatura, da Carmillaonline, da Giugenna.com e via discorrendo):-)
Incredibile, la sospensione.
La cosa ridicola è che in fondo quella – ottima e divertente – di Lucio è una recensione che incuriosisce anche il lettore più prevenuto, e gli fa pensare, alla fine: “Magari un’occhiata potrei dargliela a questa Alice” (no pun intended).
E quindi chi lo ha fatto sospendere non è un genio del marketuing.
Tra parentesi: Quelli che ci hanno fracassato le p**** con l’editto bulgaro e i no alla censura, sono gli stessi che oggi presidiano la rete, bannano, sospendono, minacciano in pvt e denunciano per diffamazione a tutta callara.
Quasi del tutto impossibile fare satira su una qualsiasi cosa che li riguardi. O anche solo scherzarci su.
p.s. A Lucio piace vantarsi di avere più ban di me, in rete. Povero diavolo.
Diana
* marketing
ma perché devo leggere sempre ste cose dei belli e bannati, e che wallera! effeffe
Confermando la diffusa percezione della sua crescente insignificanza il blog letterario Nazione Indiana ha pubblicato un intervento di gossip e ripicca letterari del noto troll Lucio Angelini, bannato da numerosi siti e forum per la sua ripetività e vittimismo ossessivo. L’incidente è accaduto poche settimane dopo la pubblicazione di un breve saggio di Giacomo Sartori in cui sosteneva la tesi che i libri di Paolo Giordano fossero ‘merda’ perchè ‘lo sanno tutti’ e lamentando la corruzione dei tempi in cui era costretto a vivere, lui, un vero artista, non come quella ‘merda’ di Paolo Giordano.
Sasha, qualche commento su alcuni punti del tuo intervento:
CAPI D’ACCUSA: ripetitività, ossessivo, vittimismo, troll
Ripetitività: glielo ripeto anch’io da tempo che è ripetitivo, ma non voglio ripetermi. Ossessivo: glielo dico anch’io da tempo, ma a questo punto, a giudicare dalle volte che viene sospeso da FB e bannato per non aver detto niente di peggio di quello che si legge in rete tutti i giorni (dalla battuta feroce alla stroncatura, alla satira ecc.) comincio a pensare che gli ossessivi siano gli altri. Vittimismo: anche qui comincia a venirmi il dubbio che i vittimisti siano gli altri, quelli che addirittura lo dipingono come un troll pericoloso… see, addio.
sindrome di Sartori. Un po’ questa ce l’ha, ma un centesimo di quella che gira impunemente e legittimamente (rete libera!) sui blog, i siti, i forum e le bacheche FB del globo letterario terracqueo. Per esempio, “la crescente insignificanza del blog letterario XY” sembra un’espressione uscita dalla penna di un@ che lamenta la corruzione dei blog letterari dei tempi in cui è costretto a vivere. Ecc.
Per finire:
gossip – scusa, ma l’autrice ha scritto un libro in cui racconta quello che ha fatto con Fazi e altri, dalla a alla z, dal deserto al divanetto di un privé. Bene. Ne ha facoltà, direbbe Mirabella. E tu che fai, glielo addebiti a Lucio?
In tutto questo dichiaro il mio bias: sono amica di Lucio, anche io bannata seriale. Siamo due zitelli acidi e rompiballe. Ma da questo a troll…
@Sasha. Ho letto il commento di Ferrazzi e il tuo. E se ci fosse spazio per tutti, anziché solo per quelli come te, baciati dalla Significanza?
aspirano a entrare nella cerchia dei pensionati belli e dannati.
Ma n’è che uno ci si improvvisa dall’oggi al domani. E’ un lavoro di anni.
Tzk.
“Deep in your heart, you know he’s righ” – slogan elettorale di Barry Goldwater nelle elezioni presidenziali americane del 1964. Perse.
Meglio: right.
Ah, Lucio: questa è la fonte dell’articolo che hai trovato che citi. Ti piacerà sapere, immagino, che acquistai la mia prima copia di Tanto gentile e tanto onesta presso una bancarella al Lido di Venezia: un 2 novembre di qualche anno fa.
@giulio. hai ragione, il Lido di Venezia è un posto magico, anche se i nostri amministratori stanno facendo il possibile per devastarlo (insieme alla laguna e alla città stessa di Venezia).
http:salviamovenezia.wordpress.com
pardon, http://salviamovenezia.wordpress.com