les nouveaux réalistes: Ivan Ruccione

Chiedi alle ceneri

di

Ivan Ruccione

Urna cineraria per alcolisti
Urna cineraria per alcolisti

Sono ancora rincitrullito dalla sbronza solenne di ieri sera, penso seduto a tavola, ma i filetti di manzo li ho cucinati alla perfezione. Tu ben cotto ed io al sangue. Tu una porcheria ed io burro, in pratica. Quante volte, quante cazzo di volte ti ho spiegato che il filetto non è un taglio che va fatto ben cotto ma oh!, nada, ben cotto l’hai sempre voluto.

Mamma non c’è, mamma fa il turno di notte, penso, papà. Meglio così. Voglio cenare con te. Io e te soli.

Vorrei riuscire a parlarti senza vergogna. Senza la paura del tuo silenzio, la paura del tovagliolo che pieghi e nascondi sotto il bordo del piatto quando qualcuno o qualcosa ti delude. Non vorrei parlarti e poi vedermi annegare nella profondità delle rughe sulla tua fronte quando non sai cosa dire.

Le parole da dirti sembrano appiccicate alle corde vocali come bandiere a mezz’asta bagnate fradice.

– Hai visto che figuraccia, l’Italia? – dico riempiendo i bicchieri. – Comunque quel bastardo di Suarez l’hanno squalificato per nove giornate con la nazionale, mi pare, più quattro mesi di allontanamento da ogni attività calcistica. Prandelli al Galatasaray, cinque milioni l’anno per tre anni. Io e te qui con un filetto ogni tre mesi.

Sorrido. Poi brindo e faccio roteare il vino dentro il bicchiere. Lo porto alle labbra, bevo un sorso. Staccandomi espiro nel vetro, col naso.

– L’ho tradita, – confesso decisamente a papà, appoggiando sulla tovaglia il bicchiere. Penetro coi rebbi della forchetta nella carne e affondo la lama del coltello.

– Cazzo pà, l’ho tradita. Ho tradito Giulia – dico sommessamente, pucciando nella salsa al pepe verde il tocco di filetto infilzato nella forchetta.

Mi ha svegliato mamma verso le undici quando ha sbattuto le ante della finestra e ha urlato: Gesù Cristo! Senti, senti che puzza di alcol!

Poi ho sentito la tapparella arrotolarsi rabbiosamente con due soli colpi di corda. Dopo il secondo strattone c’è stata una botta mostruosa che mi ha fatto trasalire dallo spavento. L’ha rotta, ho pensato, le è rimasta in mano la corda e mo la tapparella si schianta giù.

Ha preso il catino rosso dei panni che avevo messo accanto al letto e mi ha colpito tre volte. Alzati, cretino!, ha detto con tono schifato.

Schiudendo le labbra ho sentito l’odore del gin. Mi sono alzato e per un attimo sono rimasto immobile sul bordo del letto.

Ubriacone!, ha detto mamma uscendo dalla stanza, con lo stesso tono schifato.

Ho barcollato fino al bagno, ho abbassato la tavoletta e mi sono seduto. Ho appoggiato i gomiti sulle cosce. Con la mano destra ho sorretto la testa, con la sinistra ho spinto il coso all’ingiù e ho pisciato. Ho cominciato a ricostruire la serata. Sì, che fosse la festa di laurea di Giulia me lo ricordavo. Che fossimo a casa sua pure. È quando ho pensato a come e con chi fossi tornato a casa che…

– Mi hai visto. Tanto lo so che mi hai visto, – dico a papà col boccone davanti alle labbra.

Se solo non ci fossero stati i genitori di Giulia io avrei dormito da lei, con lei, penso col boccone ancora davanti alle labbra, non fossi stato così ubriaco non sarebbe successo, papà.

– Chi è?! Papà che importa “chi è”? È “chi sono?”, la domanda.

Mi ha portato a casa l’Errico, penso masticando la carne tenera come burro, sì l’Errico, lo conosci l’Errico, ma sì che lo conosci, abbiamo fatto asilo elementari medie insieme, l’Errico il figlio del meccanico di via Cavour, lui. Lui, quel mio amico là che ti avevo detto che aveva cambiato vita, che si era deciso di cambiare vita e l’immagine comune dell’amore. Ecco papà, lui, penso deglutendo.

– Mi hai visto? Papà fa’ qualcosa se mi hai visto! Batti un colpo per dire sì, fa’ qualcosa! Ti faccio schifo?

Certo che ti faccio schifo, penso mentre sorseggio nervosamente il vino rosso, mentre la mano e le labbra mi tremano, non come stanotte, no, stanotte non mi tremavano le labbra e le mani mentre io e l’Errico eravamo in macchina parcheggiati vicino casa, vicino alla rotonda dove stava la puttana che hanno ammazzato, no, non mi tremavano le mani mentre lo sentivo caldo e sodo e ritto nelle mie mani, non mi tremavano le mani mentre le sue labbra ansimavano nell’abitacolo, no, non mi tremavano le mani e le labbra come adesso, mentre sorseggio nervosamente il vino rosso, no, non mi tremavano le mani e le labbra mentre sentivo caldo e sodo e ritto e liscio il suo amore nelle mie mani, e poi caldo e sodo e ritto tra le mie labbra, no, stanotte non mi tremavano le labbra mentre aderivano al glande e la lingua  sulla corona, non mi tremavano le labbra e le mani, poi, in quel bagno agrodolce d’eccitazione.

– Mi hai visto papà? Di’ qualcosa! Ti faccio schifo? – dico, e poi prendo il mio piatto e il suo piatto e li butto nel bidone, e poi afferro mio padre, mio padre che non dice niente, mio padre che non può dire niente, mio padre che si fa portare in braccio in camera da letto, mio padre che dorme sopra il comodino, sempre accanto a mamma, mio padre che ha il cuore in cenere.

3 COMMENTS

Comments are closed.

articoli correlati

Les nouveaux réalistes: Alexandra Petrova

tratto dal romanzo Appendix (NLO, 2016). di Alexandra Petrova   Alex me fecit Mario    A tutti gli scomparsi nelle acque del Mar Mediterraneo e...

Les nouveaux réalistes: Luigi Calafiori

Lettera 22 di Luigi Calafiori   Ti vedo, che sei distante. Ogni tanto volto lo sguardo verso di te, con la scusa...

Les nouveaux réalistes: Gabriele Drago

Evidences di Gabriele Drago   Siamo precipitati sulla calce, rotolando tra i ciottoli, nella polvere. Andrea modellava il mio viso con carezze lancinanti....

Les nouveaux réalistes: Anna Giuba

  I contendenti di Anna Giuba Era cominciato con un odore di mentuccia, un odore intenso, che ricordava quello della presenza improvvisa di...

les nouveaux réalistes: Anna Maria Carpi

Srewot niwt di Anna Maria Carpi                        Cara Fatima, la dolcezza di questo paesaggio m’incanta. Case, alberi, vigne, frutteti, colori teneri, segni...

les nouveaux réalistes: Mirco Salvadori

Alzo Zero: racconto di Caccia e di Montagna di Mirco Salvadori   Ciapa qua, bevi! Fatico non poco a comprendere lo stretto dialetto...
francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017