Riscritture
di Daniele Ventre
Phaselus
Il battellino che vedete, ospiti,
il battellino che si ostina a correre
sulle acque di occidente sin dall’epoca
di Gilgamesh, mi spiace, non è tramite
d’eternità, ma semplice veicolo
di male fida rotta in cui si perdono
enti entità di danni -e intanto naufraga
la trascendenza -E non di meno l’essere
continua la deriva con identica
meticolosità -lo yacht, miei ospiti,
la iolla col suo animo di tenebra
ottenebrato d’avventure inutili
e di colonie d’oltre-male, naviga
in acque non agevoli -sgradevoli
gli avvisi ai naviganti -si disperdono
nel nulla delle nebbie -ti s’annebbiano
i sensi e i sentimenti se dissentono
in dissonanze -E i giorni ti deludono
eludono il motivo del recedere
nel tempo del tramonto ma trascorrono
finché non sorge il sole -e lo yacht ospiti
ancora a navigare -la stultifera
navicula d’ingegno in acque luride
stagnando -che le muse non ti mostrano
né orse né serpenti -non ti danzano
la danza del giardino -adesso danzano
a poppa del battello mentre naufraga
coi fuochi di Sant’Elmo che saltellano
sull’albero del mondo -e qui li scambiano
per Castore e il gemello -e non si salvano
per continuare a crederci a un oroscopo
di malintesi da solstizio livido.
* * *
Satura Juvenalis (Witz)
certo uno deve ascoltare e mosca -ascoltare che cosa?
la poesia di ricerca è un equivoco -tutti quanti
fanno ricerca in un senso o nell’altro -alcuni vicino
altri lontano dal centro (e cos’è ricerca -è ricerca
più verso il centro magari -dov’è la neolingua di moda
sempre atonale o comunque distonica) -“la distopia
della parola abbassata il neostandard fuori di schema
fuori di standard” -però non puoi essere dai due lati
fare ricerca dal centro e ricerca in periferia
dire che sèi fuori centro e però centrarti sul mondo
dell’accademia e poi fare lo snob con i versi degli altri
e replicare te stesso se poi non hai forma che imponga
di replicare te stesso -e non hai la monotonia
del raccontare che stanca perché raccontare è un lavoro
(e lo sapeva anche l’uomo davanti all’inutile mare
-altri ricercano vie di suicidio meno invasive)
la poesia di ricerca è ricerca d’una poesia
che si ricerchi nel cerchio cerchiato in un occhio d’occhiaie
o si ricerchi il bellico e lo scopra fuori di centro
e ci si trovi un rizoma -un rizoma multiplo forse
-penso però che ricerca non sia che la marca del nome
d’una mancanza di segno poetico che si riveda
e si conosca allo specchio -e la distonia della mente
senza linguaggio centrato -la filosofia del mieloma
(“basta: la rigidità midollare della parola
resta un pensiero totale dispotico -l’emoglobina
della ragione residua”) -la filosofia del floema
(“basta: non siamo capaci che a rendere zucchero d’altre
piante e radici non nostre e trasmetterlo per le foglie
morte -che noi s’è provincia”) -la filosofia del glioma-
(proliferare di stelle poetiche fra gli astrociti)
la teosofia del lipoma (si impingua e comunque vaneggia-
spesso comunque traccheggia -e continua a citarsi addosso
senza levarsi di dosso) -l’analisi del fecaloma
-letteratura bloccata in un volvolo di ragioni
storiche e stitiche -forse polistiche -certo postille
postume -posterità relegata sull’orizzonte
d’irrealizzabilità degli eventi -fistolofia
d’isolamento voluto dagli altri -io non voglio isolarmi
nell’isolato o magari due tre isolati lontano
fra le strutture del tuo condominio -sempre strutture
a dominante -alle donne piacevano gli addominali
l’eco dei dominatori -piacevano sempre strutture
a dominante -mi sento un po’ più surdeterminato
anche se poi nel frattempo s’è decostruito parecchio
-sono spuntati rizomi e rizetti -“e tu ti rizeli
qui per invidia” -eh lo so -non essere muffa fra muffe
nella carcassa del mondo -col postdemoderno sul derma-
provoca certo la bile e l’angoscia a forma di coscia
-tutti ne siamo vassalli- “e tu, se bastiano contrario
troppo lontano non corri” -e non corro -poi che non corro
sì me lo dice perfino il filologuccio copione
quello che afferma che il ritmo è monotono (sempre meglio
che l’atonia) -ma la storia è lunga e brevissima l’arte
-se la natura lo nega è la rabbia a scriverli i versi
-ma per tua sorte la rabbia è la mia seconda natura