La meravigliosa vita di Jovica Jovic
Moni Ovadia, Marco Rovelli, La meravigliosa vita di Jovica Jovic, Feltrinelli, 187 pag.
Cos’è esattamente La meravigliosa vita di Jovica Jovic? Un romanzo? Un memoire? Un saggio? Una chiacchierata fra amici? Chi è per davvero l’autore del libro? Moni Ovadia, l’attore? Marco Rovelli, lo scrittore? Jovica Jovic, il musicista? Il libro, come s’è capito, rifugge tutte le categorie, è un oggetto narrativo non identificato, che racconta la vita vera di un fisarmonicista rom. Vita ancora in atto, per capirci. Una sorta di biografia di un personaggio “non” illustre.
Fra frammenti di scrittura sconclusionata del fisarmonicista, fotografie ricordo, dialoghi, fiabe e leggende, attraversare la vita di quest’uomo, con i suoi sogni modesti e il suo amore smisurato per la famiglia e la musica, significa, inevitabilmente, attraversare la Storia. Guardata però dalla parte degli ultimi, dei negletti. Significa conoscere come i genitori di Jovica abbiano conosciuto i campi di sterminio nazista, come grazie alla sua fisarmonica il giovane Jovica abbia girato l’Europa, come il crogiuolo di etnie dove viveva la sua famiglia, nella ex Yugoslavia, si sia consumato in una guerra fratricida, come l’uomo, il padre, abbia dovuto trovare il modo di sfamare i figli, di nazione in nazione, fino a giungere in Italia. La terra dei campi.
Lo stupore di Jovica è palese quando osserva le condizioni dei suoi fratelli rom e sinti in Italia. Quasi vivessero in un far west selvaggio, a un paio di chilometri dal duomo di Milano. Ma Jovica non recrimina. I rom sono un popolo pacifico, dice, non hanno mai dichiarato guerra a nessuno.
Fra fiabeschi ricordi di Jovica Jovic e dotte dissertazioni di Moni Ovadia (c’è persino una lettera della fisarmonica di Jovic!) il libro, ricucito pazientemente assieme da Marco Rovelli, a tratti pare confusionario nel suo tentativo di imbrigliare una esistenza larger than life, ma è talmente colmo di micro narrazioni, degne di interi romanzi, che merita la lettura. Per restare umani, depurandoci dai pregiudizi che ci soffocano.
(pubblicato su Cooperazione, n° 52 del 23 dicembre 2013)
Qui si possono leggere le prime pagine del libro.
Grazie per la presentazione.
Ogni volta che sento un musicante tzigane, emerge una malinconia sprofondata. Qualcosa di segreto in me.
Il popolo tzigane è il popolo lo più maltrattato in Europea. Quando si incontrano questi occhi è la nostra propia coscienza rispecchiata.