Un certo impressionismo: la scuola non è una setta di poeti estinti
di Giovanni De Feo
Da qualche tempo gira sul web una lista di compiti delle vacanze di un professore di scienze umane, lista di vita che vanta istruzioni pittoresche come:
Ballate. Senza vergogna. In pista sotto cassa, o in camera vostra. L’estate è una danza, ed è sciocco non farne parte.
Un paio di settimane fa Christian Raimo ha scritto sull’Internazionale un articolo che prende spunto da quella lista per demolire un certo ‘impressionismo didattico’ che l’autore percepisce come un serio pericolo per la scuola Italiana.
Poster-boy di questa deriva sarebbe il professore Keating, quello che invogliava i sui allievi a lanciare il loro ‘barbarico Yawp’ nel film L’Attimo Fuggente di Peter Weir. L’articolo di Raimo critica non solo quel film ma anche altri come Ovosodo di Virzì, di cui cita la scena degli esami. In quella scena, lo ricordiamo, uno storditissimo Gabriellini, interrogato dagli insegnanti di Italiano su Leopardi, replica parlando invece delle sue letture: libri di viaggio, fumetti, saggi, tutti evidentemente lontani anni luce dagli interessi dei professori.
Secondo Raimo questa scena sarebbe un esempio perfetto del soggettivismo didattico che dilaga nelle nostre scuole. Fornire liste di vita, magari libri e fumetti che nulla hanno a che fare con il programma da svolgere, e soprattutto smarcare il lavoro serio sul testo. Insegnanti preparati invece dovrebbero insegnare innanzitutto l’analisi testuale, magari secondo i dettami del New Criticism, che gli sceneggiatori de L’attimo Fuggente avevano preso in giro nella famosa scena dello ‘strappo dei libri’. Quella scena sarebbe diseducativa in quanto spingerebbe a tralasciare l’ermeneutica, vero fondamento dello studio. Citando Raimo:
Per fortuna però la scuola italiana aveva allora e ancora ha al centro della sua didattica l’analisi testuale; e lo studio delle discipline umanistiche – la storia, la filosofia, la storia dell’arte – si basa su diverse forme di ermeneutica. Interpretazione dell’immagine, interpretazione dei dati (…), metodo scientifico.
Chiarita la sua posizione mi chiedo: per quale ragione l’entusiasmo per la lettura dovrebbe andare a scapito del lavoro serio sui testi?
Nella mia esperienza è vero proprio il contrario. Quando studiavo al DITALS, corso di didattica per insegnare Italiano agli stranieri, ci dicevano che l’insegnamento è composto da quattro fasi: motivazione, globalità, analisi, sintesi e riflessione. La prima di queste fasi è appunto la ‘motivazione’. Ovvero, la prima cosa che deve fare un insegnante è motivare lo studente a comunicare. E questo avviene innanzitutto con il desiderio di far compartecipi gli altri di un’emozione.
Ebbene, per lo studio della letteratura è lo stesso. Lo dirò in modo cristallino: non ci può essere studio se prima non si è stati emozionati dalla lettura. Certo, è una condizione necessaria e non sufficiente. Prima l’impressione emotiva, poi la raccolta di dati, poi la riflessione. Però non solo una non va a scapito dall’altra, uno è fondamento dell’altra.
Va detta una cosa, io insegno letteratura in una scuola International Baccalaureat. È una scuola internazionale che nello studio delle materie letterarie ha come modello proprio il New Criticism di cui parla Raimo. Gli esami di letteratura della IB si basano in larga misura sul close reading –un’analisi rigorosa e minuziosa del testo– ovvero il fondamento metodologico del New Criticism.
Esempio: all’esame IB ci si trova davanti a una poesia che non si è mai letta, di cui non si conosce l’autore, e si deve commentarla. Il fatto è che, esaurito il bagaglio di tecnicismi, se lo studente la poesia non la legge con emozione, se non l’ha interiorizzata, come fa a parlarne? E a che serve poi? A fare la conta dei chiasmi?
Scopriamo le carte. Io sarei un epigone di Keating, ovvero uno di quelli che è diventato insegnante anche grazie a quel film. Vi dirò di più, L’Attimo Fuggente è il film che faccio vedere ogni anno, all’inizio del biennio finale della IB. Significa forse che salgo sulla cattedra e prescrivo marcette? In effetti dopo aver visto in classe il film lo faccio a pezzi. “Guardate” dico ai miei ragazzi “che lo studio non sarà tutto così, ci sarà da sgobbare, e sul serio”. Ma: non nego loro che lo studio della letteratura sarà fatto anche di lanci senza paracadute nei libri, di letture voraci e passione. Ovvio che il lavoro non è tutto lì, ovvio che si parlerà di critica, ovvio che si lavorerà sui testi, la IB ce lo richiede.
Però come potrebbero i ragazzi dirmi qualcosa sui libri che leggiamo in classe se prima quelli non li entusiasmano? La scuola dell’obbligo non è l’Università e non può essere solo un laboratorio per specialisti. I ragazzi non hanno scelto di studiare letteratura più di quanto abbiano scelto di alzarsi alle sette tutte le mattine. Non che in quell’obbligo ci sia qualcosa di sbagliato, ma qui sta la difficoltà di un insegnante di liceo rispetto a un professore universitario. Che ogni giorno i suoi allievi avranno sempre la stessa domanda negli occhi. Prof, perché dobbiamo studiare questa roba? E la risposta è sempre diversa ma alla fine è sempre la stessa: perché questa roba parla di te.
Non si nega affatto la critica e il close reading; ma tutto parte da qui, dall’entusiasmo e dall’ emozione che una poesia e o un romanzo suscitano in noi. L’articolo dell’Internazionale sostiene che una certa tendenza soggettivista rischia di rovinare la scuola Italiana. Bene, posso dire che se la scuola Italiana si sente minacciata da una lista di compiti delle vacanze forse c’è qualcosa che non va? A me pare che nel nostro paese al scuola sia per la maggior parte nelle mani dei tetri agelasti del film Ovosodo, insegnanti che difficilmente mettono in discussione le loro scelte e che mai si sognerebbero rispondere alla domanda negli occhi dei loro studenti: Prof, ma perché?
Attenzione, si sta dando per scontato che la scuola Italiana vada protetta così com’era e com’è. Allora vi chiedo: perché in Italia i dati di lettura sono bassissimi da anni? I dati Istat parlano del 7% della popolazione che legge più di un libro l’anno. Perché si legge così poco? Davvero l’insegnamento della letteratura nelle scuole non c’entra niente? Davvero la scuola così com’è va bene?
Non so, a me pare che i Keating Italiani siano così rari che i loro compiti facciano poi notizia sui giornali. La verità è che l’apprendimento è un processo troppo complesso per esporlo tutto in un film di due ore. Chi insegna lo sa, lo studio è fatto anche di lavori ripetitivi che servono a strutturare le capacità logiche del pensiero. Nel film di Weir non ci sono, chiaro. Ma lo scopo del regista sembrava piuttosto quello di centrare il cuore dell’insegnamento della letteratura, che è poi quello dare agli studenti gli strumenti per leggere se stessi.
Questa a me sembra una verità semplice ma non banale. Non è banale perché i mezzi per ottenere tale conoscenza sono molteplici e contraddittori, e possono rivolgersi molto facilmente contro l’insegnante e persino contro lo studente, come dimostra il finale stesso del film. Però L’Attimo Fuggente è esemplare in questo, perché parla della ‘motivazione’ come il cuore pulsante dell’insegnamento delle scienze umane. Un fatto piuttosto banale in didattica delle lingue straniere, ma che a quanto vedo qui fa ancora scalpore. Forse perché prenderlo su serio costringerebbe a rimettere in discussione troppe premesse?
Personalmente credo che prendere Keating alla lettera salendo sui banchi sia un po’ patetico. Al contrario ritengo che il film di Weir nel suo complesso sia ancora oggi una straordinaria fonte di ispirazione. Lo è perché lo studente ideale non è quello ligio che fa bene i temi, bensì chi legge per conto suo, trasversalmente, mai sazio, entusiasmando se stesso e gli altri. Il vero modello de L’Attimo Fuggente non è Keating, sono i suoi studenti.
Chiuderò con una considerazione e una provocazione. Conoscete il titolo originale del film? È Dead Poet Society, dove society starebbe per ‘club’. Nel film è il nome del gruppo di studenti che si riunisce in una grotta e legge poesie fino all’estasi. Bene, la mia considerazione è che come insegnante io mi auguro studenti così, che leggano e facciano poesia in modi non tradizionali, e usino il loro senso critico su tutto lo scibile, purché li appassioni.
Ed ecco la provocazione. A me sembra che la scuola che si sta cercando di proteggere sia proprio una ‘setta di poeti estinti’. Se lo studio della letteratura nella scuola Italiana non cambierà resterà ciò che è sempre stato, un mattone di ‘dati’ che, se non fosse per l’intraprendenza personale di certi insegnanti, non comunicherebbe altro che noia. Col risultato che a estinguersi non saranno i poeti: ma i lettori.