Noi
di Gianni Biondillo
David Nicholls, Noi, 430 pagine, Neri Pozza, 2014, traduzione di Massimo Ortelio
Douglas e Connie sono una coppia di mezza età che sta programmando una vacanza memorabile, l’ultima prima che il figlio adolescente Albie vada a studiare al college. Una sorta di Gran Tour che lo educhi al bello e alla vita. Douglas ha programmato tutto fin nei minimi particolari, com’è tipico del suo carattere, minuzioso, previdente, razionale. Ma una sera, prima della partenza, Connie confessa al marito la sua intenzione di lasciarlo dopo l’estate. Come è ovvio tutti i piani di Douglas dovranno essere rivisti: non più un viaggio d’iniziazione, ma l’estremo tentativo di riconquistare l’unica donna che ha amato nella vita.
Non si creda, date tali premesse, che David Nicholls con Noi scriva di un avventuroso viaggio picaresco. In fondo la descrizione del gran tour che ci fa l’autore – i protagonisti partiranno, non ostante tutto – non è memorabile. Noi non è una narrazione di viaggi. È, semmai, un romanzo sulla piccola borghesia contemporanea. Douglas è l’emblema della meschinità borghese anglosassone: studi scientifici, incapacità a capire i gesti istintivi, desideroso solo di costruire una vita sicura per la sua famiglia, colmo d’ansia per il futuro incerto, apocalittico. Connie, a contraltare, è una donna che, sopite le esuberanti passioni artistiche giovanili, ha vissuto la sua normalizzazione con pacata insofferenza. Il risultato è un figlio stralunato, inquieto, desideroso di cercare la sua strada, fuori dai lacci, dalle convenzioni del suo ceto sociale.
Il romanzo, raccontato in prima persona, segue in parallelo le sorti di questa vacanza fallimentare e, in flash back, come due giovani diventeranno negli anni marito e moglie. Vivendo e amandosi mediocremente.
(precedentemente pubblicato su Cooperazione, n° 6 del 3 febbraio 2015)