un’iniezione e via

di Giacomo Sartori

t’ho sempre fatta aspettare

e t’innervosivi

non sopportavi l’inazione

e i legacci dei legami

melensi o plebei

che li giudicassi

(protofemminismo

in salsa vitalista

con afflati estetici

ma anche mussoliniani:

nevrosi novecentesche

riassumeremmo oggi)

 

perfino stavolta

ho tergiversato

coi miei demoni:

dispatie compensatrici

di figlio del trauma

quando vieni?

m’hai chiesto

(ombre di parole

perentorie e materne

nel telefono

sospeso a mani d’altri)

 

avevi furia

d’andare

un’iniezione e via

eri tanto stanca

piumetta di nervi

e ossicini

(peraltro non miei)

smaniosi di nozioni

e romanzi

fino sotto morfina

(ancora e sempre)

ho vissuto tanto…

 

mercoledì?

ha brusito

il filino roco

ormai sfinito

a Rosemarie Lange (“Piuma”), mater mea

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