La poesia e i bambini
di Azzurra D’Agostino
Questo pezzo è una dedica a tutti gli insegnanti che nonostante tutto superano le barriere della semplice formalità, e trasformano il loro lavoro in una delle più grandi creazioni: quella di costruire il futuro dando ascolto ai bambini e ai ragazzi del presente. Ed è una dedica ai bambini e ai ragazzi che non si lasciano intimidire da un mondo che sembra che a volte possa fare a meno della loro fantasia. Non è così, ragazzi, non è così! Continuate a colorare, a cantare, a dire il vostro mondo!
alle insegnanti e ai ragazzi della scuola di Seneghe “Francesco Ignazio Cadello”
Lo scorso marzo è successo un piccolo commovente evento. Un evento nel senso pieno della parola, non in quello che è usato comunemente oggi per indicare un appuntamento spettacolare. Un evento che è stato incontro, comunione, soffio di speranza, gioioso scambio e, da parte mia, un sincero inaspettato pianto. Detta così, lo so, può sembrare una cosuccia un tantino retorica. Ma lasciatemi essere sentimentale, per una volta. Antefatto: in dicembre ero a Seneghe, un paesino dell’oristanese, a mio vedere luogo misteriosissimo e per questo amato, dove da dodici anni si svolge un festival dedicato ai poeti: Cabudanne de sos poetas (settembre dei poeti). In questo festival per varie ragioni sono stata coinvolta più volte, è stato questo festival a farmi credere nelle potenzialità effettive di una comunità che si appassiona alla poesia, e da lì ho imparato molte cose che ho sempre cercato poi di portare con me ‘in continente’. La fiducia nel fatto che si debba fare quello che si crede importante, o anche solo bello, e che questo fatto, di avere fiducia, basti a far sì che le cose accadano poi davvero.
Insomma, in dicembre insieme a Mario Cubeddu (l’antica anima luminosa del festival e non solo) e a Francesca Matteoni (poeta e amica che ho coinvolto in un’altra avventura sarda che merita un racconto a parte) andiamo in visita alla piccola scuola elementare e media che si trova in paese. Un unico piccolo edificio che ospita una sola sezione per ogni classe.
Incontriamo tutti i bambini delle elementari, dopo il benvenuto della responsabile della sede seneghese della scuola (che fa parte dell’Istituto Comprensivo di Santulussurgiu diretto da Giuseppe Scarpa) Miriam Mastinu, e poi le classi medie. Domande, risate, perplessità, letture, racconti. Incontri belli insomma. Passano dei mesi e torno. Mi dicono che i miei libri sono stati presi dalla biblioteca a cui li avevo donati. Luisa, la bibliotecaria appassionata (non a caso promotrice di ‘Nati per leggere’) mi dice che i ragazzi hanno tanto lavorato. Mi incuriosisco.
Arrivo a scuola e incontro la seconda media, dove i ragazzi mi mostrano un power point dove hanno scritto loro poesie e commenti alle mie; incontrerò anche la terza, guidata dall’insegnante Giuseppina, dove accendiamo oltre al pc con altre poesie molto belle e commenti, un dibattito intorno alla scrittura, a cosa vuol dire una poesia, al legame con le canzoni, al nostro bisogno di sentire le parole, parole fresche e diverse da quelle di tutti i giorni – pur essendo, a ben vedere, sempre le stesse.
Quando arrivo in prima il mio cuore si ferma. Mi trovo davanti una classe di ragazzini che in realtà sono bambini, bambini con gli occhi lucidi, emozionati, in trepida attesa di incontrarmi. Incontrare me è in questo caso incontrare loro stessi, o meglio, le loro fantasie, le loro creazioni, l’apertura che la poesia ha dato alla loro testa: sono emozionati perché il nostro incontro significa esporsi, dire cosa ci ha colpiti, cosa ci ha fatto creare, mettersi nella posizione rischiosissima e oggi così rara di mostrare il proprio lato fragile, quello tenero, quello che si incanta per un topolino tra i sassi o una vecchia che intreccia canestri. Mi è venuto da piangere, e Miriam – insegnante e parte del Cabudanne – mi ha abbracciata stretta in corridoio, con gli occhi lustri anche lei.
Bambino per bambino mi hanno mostrato i loro disegni: hanno realizzato magnifici quadri, incorniciati lungo il corridoio della scuola, e ognuno di loro, guidato da Antonella, l’insegnante dotata di grazia, ha esposto davanti a tutti, e per me, l’interpretazione che nel disegno ha dato alla sua poesia. Alcuni poi mi hanno letto le loro poesie. Altri mi hanno fatto domande. Pierpaolo, ad esempio, che ha disegnato ‘La bambina dai capelli azzurri’ mi ha chiesto: ma la bambina dai capelli azzurri, chi è? sei tu, è tua figlia, o te la sei immaginata?
Nei loro disegni colorati e profondi, nei loro occhi lucenti, nel loro silenzio attento e nella loro agitazione – quella che si ha quando si deve incontrare un grande amore – ho pensato a quanto sorprendentemente bella possa essere la vita, e – lo dico senza vergogna – quanto questa bellezza si possa incontrare grazie alla poesia.
La bambina dai capelli azzurri
La bambina dai capelli azzurri
ha sognato tutto il tempo automobili
un balcone rosso con un orologio
e un mobile grosso che ci si arrampicava
poi calava dal cassetto dentro un regno
di carrozze e fiori parlanti con un cane bigio
vestito da ragno una torre di rampicanti
un secchio per il pesce d’oro il ramo fresco
d’alloro dipinto col gessetto il segno
spesso della penna andata a nozze
con il re di cuori in un mondo fresco
di colori dove di tanto in tanto
invece delle frasi usciva fuori un canto.
la poesia come speranza: piccoli borghesi crescono.
per fortuna ci sei tu, col grande coraggio lapidario delle consonanti, a ricordarci l’essere proletari.
Che meraviglia Azzurra e Franci!!!
(A quel codice fiscale che ha commentato meglio non rispondere neanche)
i commenti anonimi come sfogatoio. piccoli che diventano piccinerie.
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