les nouveaux réalistes: Giuseppe Checchia
Anatomia di un interno
di
Giuseppe Checchia
Quello che sta dormendo sul letto con la voglia a forma di isola sulla guancia è mio zio. Si chiama Vincenzo, ma tutti lo chiamiamo col suo secondo nome Gino. Quell’altro in piedi con il coltello in mano invece sono io.
Nella ricostruzione mentale che mi faccio degli eventi che hanno portato a questa situazione, le cose sono andate così:
1) un giorno di molti anni fa la mosca si è semplicemente poggiata sopra la voglia a forma di isola di zio Gino, che in quel momento dormiva perché altrimenti non si spiegherebbe come mai non l’abbia scacciata.
2) la mosca è rimasta immobile sulla voglia a forma di isola per un tempo abbastanza lungo che automaticamente la stessa voglia ha finito per inglobarla. Un po’ come è successo quella volta che mi sono sbucciato il ginocchio cadendo dalla bici e il giorno dopo c’era una crosta del tutto simile alla voglia dello zio che aveva ricoperto la ferita.
3) sono anni che la mosca è sepolta sotto quella voglia dalla forma incredibilmente simile a un’isola. E questa volta sono qui per liberarla.
Mi sono dimenticato di dire che siamo a casa del nonno.
Adesso lui è di là che fuma una delle sue sigarette Stop. Di sottofondo, a volume molto basso ma perfettamente percettibile si sente la musica che esce dal giradischi Pioneer di sua proprietà. Un operetta che ho sentito mille volte, di cui però non conosco il nome.
Già la luna è in mezzo al mare,
mamma mia, si salterà.
L’ora è bella per danzare,
chi è in amor non mancherà.
Già la luna è in mezzo al mare,
mamma mia, si salterà…
La camera è quella di zio Gino, illuminata da una lampada poggiata sul pavimento. Gli scuri della finestra sono tirati anche se sono le quattro del pomeriggio.
La voglia a zio Gino gli occupa gran parte della guancia destra, ma c’è una specie di rigonfiamento nerastro. Qualcosa sottopelle, proprio al centro della voglia.
È lì che è sepolta la mosca.
La voglia a forma di isola l’ha fagocitata, come la pianta carnivora dell’Amazzonia che la maestra Lea ci ha fatto vedere a scuola. Mi chiedo solo come mai nessuno l’abbia notata. Voglio dire, il nonno e la nonna. O forse anche loro l’hanno notata, in fondo vivono sotto lo stesso tetto da sempre, solo che non vogliono dirlo allo zio per non sembrare indiscreti. Oppure è lo stesso zio Gino a essere al corrente di avere una mosca impiantata nella guancia, ma è come se la cosa non lo interessasse.
La nonna dice che da quando è andato in pensione il nonno non fa altro che fumare le sue sigarette Stop e ascoltare quei vecchi dischi.
Presto in danza a tondo, a tondo,
donne mie venite qua,
un garzon bello e giocondo
a ciascuna toccherà,
Mentre cerco la posizione giusta per praticare l’incisione della voglia a forma di isola, a zio Gino dormiente viene una specie di sussulto e io istintivamente rimango pietrificato. Ma alla fine lo zio semplicemente si rigira sul cuscino e torna a russare fuori tempo.
finché in ciel brilla una stella
e la luna splenderà.
Il più bel con la più bella
tutta notte danzerà.
Poco fa ero a pranzo col nonno, la nonna e zio Gino che però non ha mangiato perché deve fare certe analisi e deve saltare i pasti. Che è anche il motivo per cui deve sempre riposare. In effetti ora che ci penso neanche il nonno ha mangiato, però a differenza della nonna non mi ha nemmeno rivolto la parola. L’unico momento in cui l’ha fatto è stato quando ha detto: – Mangia, -. Ha spento una sigaretta Stop nel posacenere e subito dopo ne ha accesa un’altra.
A un certo punto, la nonna si è alzata per prendermi una banana. Ma a me la banana non mi è mai piaciuta, così anziché mangiarla ho cominciato automaticamente a giocare con la buccia. È stato allora che il nonno ha detto – Mangia, -. Prima che lo dicesse, però, io avevo già fatto scivolare il coltello nell’incavo del polsino della polo a righe.
Adesso che zio Gino si è risistemato sul letto la grande voglia che gli copre la guancia mi sta proprio davanti e posso finalmente liberare la mosca. La musica di sottofondo del nonno prende una piega più colorata.
Salta, salta, gira, gira,
ogni coppia a cerchio va,
già s’avanza, si ritira
e all’assalto tornerà
Già s’avanza, si ritira
e all’assalto tornerà!
La nonna dice che da quando è andato in pensione il nonno è diventato una specie di melomane, una parola strana che vuol dire che non può fare a meno di ascoltare i suoi vecchi dischi. Dice che in parte è anche un po’ colpa di zio Gino e dei suoi strani comportamenti. Ma io so che la colpa è solo della mosca. O meglio, che la colpa è:
- della voglia a forma di isola sulla sua guancia.
- della mosca che vi si è andata a depositare.
Ma quando provo a dirlo, ogni volta che provo a spiegargli che zio Gino non è malato ma ha solo una mosca sotto la pelle della voglia a forma di isola, che dunque una spiegazione c’è, ed è per giunta lì, sotto gli occhi di tutti, la nonna fa sempre la stessa cosa:
1) mi accarezza la testa guardando accuratamente altrove.
2) sorride distratta, mentre il nonno invece non mi ascolta proprio, e anzi solitamente in quel momento spegne un’altra sigaretta Stop nel posacenere di cristallo.
Serra, serra, colla bionda,
colla bruna va qua –
La musica si ferma all’improvviso. E io mi immobilizzo per la seconda volta. Un crepitio di passi strascinati. Lo scalpiccio delle pantofole contro il pavimento e la porta che si apre. L’odore delle sigarette Stop del nonno che si fa sempre più inteso.
– E tu che ci fai qua?
Nascondo il coltello della nonna sotto il polsino della polo a righe senza farmi vedere. A quanto pare, anche questa volta non riuscirò a liberare la mosca.
Il nonno aspira una boccata, si sfiata un rutto in gola e mi prende in braccio. – Avanti, alzati.
Il nonno cerca di parlare sottovoce per non svegliare lo zio, – Usciamo-.
– Uh… Che succede?
Zio Gino si tira su con la schiena.
– Ma quanto ho dormito?– sbadiglia, si strofina gli occhi, alla fine si accorge anche di me – E tu che ci fai, qua?-.
– Il bambino è venuto che voleva giocare, ora usciamo.
– Volevi giocare, eh? – e comincia a farmi il solletico sotto le ascelle – volevi giocare, eh? -. Ma per fortuna si ferma subito. Zio Gino stringe gli occhi e si tocca la fronte con un’espressione di dolore come se sentisse un sibilo fortissimo nei canali delle orecchie.
– Adesso vai a giocare insieme col nonno.
Il nonno mi prende la mano. Dopo il fallimento della missione sabato scorso, l’ennesima buca nell’acqua. Perché questa è una cosa che posso fare solo di sabato, il giorno della settimana in cui resto a mangiare a casa del nonno e della nonna. Ma sono convito che un giorno ci riuscirò. Un sabato o l’altro. Sì, dev’essere così. Non so perché ma questa consapevolezza me la sento dentro. Arriverà un sabato che riuscirò ad aprire quella maledetta voglia a forma di isola e liberare finalmente la mosca. E lo zio, e il nonno e la nonna e, indirettamente, anche me stesso. Magari quando cresco, l’anno prossimo magari, quando avrò dieci anni ci riuscirò di sicuro. A dieci anni sei grande abbastanza per prenderti la responsabilità delle tue azioni. Mi procurerò un coltello migliore e il momento giusto arriverà. Ne sono sicuro. Ma adesso, basta. Stringo forte la mano odorosa di sigarette Stop del nonno. L’unghia dell’indice e parte della falange del dito medio sono colorate di colore caramello. Lo guardo. Andiamocene, nonno, e chiudiamoci questa storia alle spalle.
La prossima volta andrà meglio. Il prossimo sabato.
Il nonno mi guarda, sorride, poi guarda lo zio. Anche lui sorride. Il nonno si gira, intravedo la testolina della nonna fare capolino sullo stipite della porta della camera di zio Gino. – Dai un bacio allo zio e andiamo, – dice il nonno.
Cosa?
– Avanti, un bacetto allo zio.
Mi autoconvinco che non può essere. Spingo la testa contro le gambe del nonno. Ti prego, non farmi questo. Questo, no.
– Avanti.
Zio Gino si sporge in qua con il viso butterato dall’abuso di antibiotici, continuando a indicare la voglia a forma di isola: – Dammelo qua, proprio qua-. Chiudo gli occhi.
Li riapro e vedo il nonno che sorride e fa un cenno di approvazione con la testa da una distanza che mi sembra lontanissima.
Allora mi ricordo di quello che ha detto la maestra Lea sulle cose difficili che non capisco e faccio una lista.
Una lista per fare chiarezza.
– Avanti, un bacio allo zio Gino.
1)
1)
– Non sarai mica già un ometto?
1)
Non riesco a fare nessuna lista.
Zio Gino alza e abbassa le sopracciglia ritmicamente mentre il dito indice della sua mano destra continua a indicare la voglia a forma di isola. La testolina della nonna non si stacca dallo stipite della porta. Il giradischi Pioneer. Il nonno fa un movimento al rallentatore e spegne la sigaretta Stop contro il tacco della scarpa.
– Proprio qui. Sulla guancia.