Voci della presenza. Rossana Abis

Pubblico alcune poesie inedite tratte dalla raccolta Voci della presenza di Rossana Abis, accompagnate dalla nota introduttiva di Franca Mancinelli, uscita per la rivista Poesia, maggio 2017.

Non è facile sintonizzarsi sulle frequenze della poesia di Rossana Abis, così alte da creare attorno uno spazio di attesa perché la parola sprigioni tutta la potenza da cui è stata generata. Per questo ogni verso sorge sulla pagina come dilatato nel bianco, lasciando spazio al silenzio, «voce maestra che interviene», in un ritmo naturale e necessario quanto il respiro. Questi testi nascono da un’esperienza della poesia vissuta come istintivo esercizio di ascesi, pratica spirituale. Si nutrono di pensiero, di auscultazioni e veglie, di un meditare lucido e febbrile. Costantemente sporta oltre se stessa, Abis è alla ricerca di quei particolari stati in cui è possibile accogliere il ritmo interno delle cose ed entrare in vibrazione con esso. Allora giungono «le voci della presenza», la realtà è restituita al suo mistero, alla sua nascita incessante. In questo atto di fedeltà e di tensione verso l’origine, la poesia è ciò che è più prossimo a una lingua primordiale, che precede e sta oltre le parole, nel contatto con la vita stessa. È nostalgia di appartenenza a una totalità che può ancora affiorare «quando cediamo il passo / a ciò che realmente ci sostiene», quando lasciamo che la nostra individualità si dissolva per tornare a essere la «buona presenza onnisciente / dispersa e ritrovata in ogni luogo».
Il cammino percorso dai primi testi a questa silloge inedita è nell’aumentata capacità di abitare la materia della parola proprio mentre si misura con l’ineffabile e con l’invisibile. Rispetto alla sua precedente raccolta (La cifra del nulla, Zonza editori, Cagliari, 2007), la lingua ha preso pienamente corpo, un corpo che vive di percezione, e si fa evanescente tramite della visione. Per una poesia come questa che nasce da una condizione di spossessamento e di vacanza dell’io, accogliendo la fitta trama delle voci, il lavoro deve essere stato nel riconoscersi e fondarsi dentro una propria voce. Forse è anche per questo che sulla pagina arriva così scandita, in una dicitura nuda e concentrata sul singolo verso, come rispondendo a un’armonia nascosta nelle cose: «Si va a capo / attratti da un gesto / da una luce che appare / improvvisa / e scompare nella nebbia». Questo rapporto con un mistero che affiora dalla realtà ai suoi «occhi infallibili» attraverso un’attenzione potenziata, conferisce ai suoi versi la forza trasparente dei cristalli. Il dato biografico è fin dai primi testi polverizzato da un’ansia di oltranza e da una ricerca di verità che coinvolge le fondamenta dell’essere. Eppure il punto di partenza resta affidato al corpo, al «muto / approssimato / intraducibile / sentire», come tramite di conoscenza. In questa direzione sono maturati i testi di questa silloge, superando il rischio di una parola sospesa nell’astrazione che apparteneva a una parte del libro precedente, debitore di un’esperienza intellettuale sorta attorno alla faglia da cui scaturisce la propria esistenza (Placido Cherchi, nell’ampio saggio introduttivo, ne ha tracciato le coordinate nei termini di un pensiero sciamanico-gnositico e ha riconosciuto, con Julian Jaynes, la natura «bicamerale» di questa visione poetica). Eredi di quel legame magico tra la parola e la realtà che la sua terra, la Sardegna, vive nella tradizione dei Brebus, questi versi attingono a quell’ancestrale forza capace di trasformare noi stessi, di determinare le cose. La forma contratta e memorabile che assumono a volte i testi, può discendere da qui, come anche dalla tradizione degli Improptus, pratica di presenza viva che accoglie un bagliore e gli dà fiato.

Franca Mancinelli

Voci della presenza

Io cado ogni notte – e mi spoglia

e possiede la mia nudità.

Rivelazione della carne,

sacramento della notte,

svegliarsi è avere un'età,

cessare di appartenersi.


*** 


L’orologio segna un’ora

che non esiste più,

o forse un’ora ancora a venire.

Un istante raccolto e narrato

solo attraverso i gesti.

La vita è atto, l’oscuro tempo

del suo compiersi irrisolto.


*

Quando ero piccola le voci

cercarono inutilmente di iniziarmi

alla poesia.

Ora il tempo è trascorso

e io dipingo gli occhi

che non vedono,

riempio di fori le orecchie

che non sentono.


*


Riassetto stabile.

Ma per poco.

La tua fissità è a misura

D’un raggio moltiplicato

densità del movimento

la cui spinta decisiva

dipende dalla profondità

del centro.

*


Riassetto stabile.

Ma per poco.

La tua fissità è a misura

D’un raggio moltiplicato

densità del movimento

la cui spinta decisiva

dipende dalla profondità

del centro.


**** 


Se la cronologia dell’esistenza

avviene scorrendo

in duplice binario

tu sai che in controtempo

il tuo vero destino va cercato

come il gatto bambino

che in tondo si rincorre

mordendo nella coda

il suo avversario.




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mariasole ariot
mariasole ariothttp://www.nazioneindiana.com
Mariasole Ariot (Vicenza, 1981) ha pubblicato Anatomie della luce (Aragno Editore, collana I Domani - 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), La bella e la bestia (Di là dal Bosco, Le voci della Luna 2013), Dove accade il mondo (Mountain Stories 2014-2015), Eppure restava un corpo (Yellow cab, Artecom Trieste, 2015), Nel bosco degli Apus Apus ( I muscoli del capitano. Nove modi di gridare terra,Scuola del libro, 2016), Il fantasma dell'altro – Dall'Olandese volante a The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge (Sorgenti che sanno, La Biblioteca dei libri perduti 2016). Nell'ambito delle arti visuali, ha girato il cortometraggio "I'm a Swan" (2017) e "Dove urla il deserto" (2019) e partecipato ad esposizioni collettive. Ha collaborato alla rivista scientifica lo Squaderno, e da settembre 2014 è redattrice di Nazione Indiana. Aree di interesse: esistenza.