La disobbedienza sentimentale – Eleonora Lombardo

Incipit del romanzo d’esordio di Eleonora Lombardo

La disobbedienza sentimentale

Cairo Edizioni, 2019

 

Le cose andranno come devono andare» aveva detto Sogno qualche settimana prima, quando aveva incontrato l’ultima volta la Professoressa – così la chiamava – per specificare i dettagli del piano.

Lei lo aveva guardato con terrore e lui se ne era accorto, sembrava volesse sentirsi dire: «Non è possibile». Lei delegava al destino la sua salvezza e proprio mentre sanciva il suo patto, sperava in segreto che si presentasse un intoppo, che fosse proprio Sogno, poveraccio fra i poveracci, a illuminarla, spiegandole che la sua era un’idea assurda, pericolosa, illegale.

Invece lui aveva tirato fuori quell’oracolo che non lasciava scampo alle esitazioni: «Le cose andranno come devono andare». E così sia.

Il determinismo palermitano ancora una volta aveva avuto il sopravvento e in quel momento, mentre lei dormiva nel suo letto la sua ultima notte tranquilla, Sogno era gasato come se fosse cominciata una gita clandestina, o come se fosse la sua vita quel fluire di respiro fresco, quel cieco vedere gli alberi e le sterpaglie di traverso al buio, quella lieve brezza che drizzava i peli dei suoi avambracci, quell’essere lì, in silenzio, padrone dell’universo.

Sogno non articolava così le sue fantasie, lui era epidermico e traduceva il suo sentimento in leggerezza intorno al cuore, in gioia che annacquava lo sguardo e rilasciava i sensi e scorreva come una sorsata di birra fresca che dalla gola si diffondeva fino a rivelare un sapore che dallo stomaco ritornava al cervello e scioglieva le ginocchia.

Questa mollezza concreta e neomelodica la voleva condividere con Maradona, il suo compagno, anche se era certo di non trovarlo ben disposto a filosofeggiare sul senso della vita, in piena notte, in mezzo alla campagna, di traverso a una ferrovia e con un lavoro da portare a termine. Uno di quelli che davano senso alla vita di delinquenti di serie B come loro.

Pensando al suo compagno, Sogno si inchiodò di colpo e realizzò di non sapere più da quanto tempo non sentiva alle spalle i passi veloci, saltellanti e rumorosi di Maradona.

Si girò, e non lo vide.

Fino a dove arrivavano i suoi occhi non c’era traccia d’uomo, solo natura aggravata dalla notte, quella che un momento prima lo aveva innamorato e adesso quasi lo spaventava tanto che guardando indietro gli sembrava di essere appena uscito dallo stomaco di un mostro, espulso con un rutto. La luna che lo aveva rischiarato era diventata un riflettore posticcio puntato sull’acciaio arrugginito dei binari e le agavi nell’ombra esibivano soltanto gli aculei come artigli.

Senza muovere un passo, provò a cercare Maradona con lo sguardo, mettendo a fuoco gli angoli oscurati dalle fronde. I cespugli, le foglie, i muretti a secco non si distinguevano dalle ombre. Quando poi si rassegnò ad averlo perso, dentro un pozzo o dentro una buca mentre lui camminava avanti e si riempiva il cuore della campagna notturna, si decise a chiamarlo. A gridare sussurrando di gola: «Maradò… Maradò…».

«Che minchia gridi?»

«Ma dove minchia sei?»

«Qua sono.»
«Ma dove? Testa di minchia, non ti vedo.»

«Qua, qua sotto. A sud.»

«E che minchia sono, una bussola?»

Sempre immobile, come se i piedi avessero messo radici e anche lui fosse parte di quello scenario, Sogno ruotò gli occhi alla ricerca del compagno. Pochi passi a fianco, completamente sdraiato sul binario, con le braccia molli, aperte come un Cristo con i gomiti inchiodati al profilato d’acciaio, stava Maradona. Tranquillo.

«Ma che minchia stai facendo, Maradò?»

Maradona silenziò, poi respirò con il naso e fece uscire l’aria tutta in un colpo dopo essersi gonfiato il petto: «Cerco lavoro per il mio principale».

«Tu sei pazzo preciso, alzati che da qua il treno ancora ci passa. Che gran testa di minchia.»

«Dimmi una cosa…» domandò Maradona senza muoversi.

«Prima alzati, non ci parlo con i morti.»

«Ora mi alzo, ma tu dimmi… è sicuro che se ti passa un treno di sopra si muore?»

«Sì, è sicuro Maradò.»

«Anche se uno è preparato, e si fa piatto piatto tipo una sarda?»

«Sì, Maradò. È sicuro che se non ti alzi vai a riempire una cassa al tuo principale.»

«Ma i treni… pure di notte passano?»

«Dipende dove vanno.»

«E dove possono andare se passano da qui… o a Trapanio a Palermo.»

«O all’inferno a lasciare a te, alzati testa di minchia. Ti ho detto alzati» digrignò Sogno.

Maradona si alzò silenziosamente, si spolverò e smosse con la punta delle scarpe qualche pietra della massicciata, e mentre si rimetteva ligio a seguire Sogno pensò al suo datore di lavoro, alle Pompe Funebri La Fata, e gli venne da ridere. Ogni volta che Maradona leggeva, all’angolo tra via Crispi e via Matteotti, l’insegna delle Pompe Funebri La Fata, gli spuntava un sorriso.

Qualche anno prima, a casa, a un’ora tarda, aveva visto un film porno che si intitolava La fata delle pompe, una storia tutt’altro che funerea. Da quando aveva visto quel film sul quale si era abbondantemente masturbato, andava a lavorare con uno spirito diverso e pensava alla morte con meno tristezza ma, anzi, con un pizzico di malinconico erotismo. Immaginava che, una volta chiusa, la bara si trasformasse in un boudoir a luci soffuse e che da qualche parte si materializzasse una vecchia puttana molto truccata che rilassava il cliente con uno svogliato pompino. Nella fantasia maradoniana le Pompe Funebri La Fata offrivano questo servizio. E lui era orgoglioso di farne parte. Preso da questo pensiero la morte gli sorrideva e, pensandoci, disse a Sogno: «E che fa? Tanto, prima o poi, tutti là dobbiamo andare a coricarci. Nella cassa del mio principale».

«Testa di minchia, non sei altro che una testa di minchia» sentenziò Sogno, che la poesia bucolica se la teneva solo per sé, poi tutto il mondo lo svirgolettava a colpi di minchia. Per non sbagliare.

 


 

Eleonora Lombardo è nata a Palermo nel 1978. Dopo la laurea in greco antico, ha conseguito il master in Teoria e tecnica della narrazione pres­so la Scuola Holden di Torino. Ha lavorato come autrice in Rai e per il teatro. Giornalista, scrive di cultura per l’edizione siciliana di la Repubblica e tiene corsi di scrittura creativa. Il resto lo fa da ghost, compreso vivere a Palermo. La disobbedien­za sentimentale è il suo primo romanzo.

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