Patria
di Gianni Biondillo
Fernando Aramburu, Patria, Guanda editore, 2017, 632 pagine, traduzione di Bruno Arpaia
Straordinario successo editoriale in Spagna, Patria sembra oggi un libro imprescindibile e necessario per ragionare attorno a temi quanto mai contemporanei quali le piccole patrie, i nazionalismi, l’identità di un popolo, la lotta armata, la ricerca della verità e il perdono. La forza di Fernando Aramburu sta nel farlo evitando gli storicismi didascalici e affidandosi a un romanzo fiume, poderoso, colmo di una pletora di personaggi, tutti descritti minuziosamente, con pregi e difetti, manie, ossessioni, debolezze, umanità.
Tutto è raccontato dal punto di vista parziale di un piccolo paese basco, inseguendo la vita di due famiglie, dapprima intimamente legate da una amicizia naturale e poi sempre più divise da una scelta di campo. Con o contro. Gli anni sono quelli fra i Settanta e gli Ottanta, ma il calendario del romanzo mischia la cronologie, ci presenta i protagonisti oggi, li ripropone ieri, confonde le acque chiedendo al lettore un impegno ulteriore di ricomposizione delle ragioni degli uni o degli altri.
Svettano le figure due donne: Bittori, alla quale il terrorismo basco ha ucciso il marito, e Miren, madre del presunto omicida dapprima in clandestinità, ora in carcere. Amiche e, nel tempo, nemiche per difesa familiare prima ancora che ideologica. Più deboli, non come personaggi ma come persone, i mariti, Joxian e Txaco. Paesani amanti della bicicletta, della compagnia, lavoratori, uguali in tutto. Ma fragili e incapaci di capire davvero l’avvicinarsi della tragedia. Txaco verrà incomprensibilmente giustiziato, Joxian lo piangerà di nascosto dalla moglie, ormai completamente dalla parte del figlio. Altre bellissime figure familiari di contorno definiscono il quadro di questa epica contemporanea, scritta con una voce inimitabile, capace di definire uno stile narrativo nuovo e riconoscibile.
(precedentemente pubblicato su Cooperazione numero 41 del 10 ottobre 2017)