Rassegnatevi, Baricco non ci salverà
di Sergio Fanucci
Nazione Indiana organizza per il 9 maggio alla Fiera del libro di Torino (Sala Rossa, ore 16.30) un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni, intitolato “La restaurazione”.
L’intervento di Sergio Fanucci – che sarà tra i partecipanti all’incontro di Torino – è comparso originariamente sul “Corriere della sera” l’11/02/05. Ci sembra ora importante riproporlo qui, come il serio contributo di un editore libero alla discussione.
Agli Stati Generali dell’Editoria, che si sono svolti a Roma nel settembre 2004, sono intervenuto con l’intento di spostare la discussione culturale – editoriale su di un terreno che appare ostico alla comprensione dei più: il mercato. Certa critica di destra o di sinistra che sia, ragiona in termini puramente intellettuali, evitando il confronto con l’attuale sistema editoriale fatto di grandi case editrici e catene di librerie da una parte e di editoria di progetto e librerie indipendenti dall’altra.
È facile e provocatorio trincerarsi dietro una disamina, infondata e sterile, chiedendosi se il best seller appartenga a una categoria popolare o meno. Basti pensare allo scoop patinato dell’autore di successo, Alessandro Baricco, con tanto di accompagnatrice ufficiale ex-Rizzoli, passato da poco alla casa editrice Fandango: entrambi appartengono a quella Sinistra in grado di sciorinare best seller, e non certo nazional-popolari. Ma dietro a tale scelta c’è la consapevolezza, almeno credo, di volersi misurare con un sistema dove chi controlla la distribuzione (i grandi editori) o le grandi superfici librarie (le catene) contribuisce in modo determinante al successo di un libro. Se il “Codice da Vinci” lo avesse pubblicato Fanucci, avrebbe venduto ugualmente più di un milione di copie? Penso proprio di no. Come non penso che un Baricco possa cambiare gli equilibri. Rassegnatevi, gente. Siamo finiti in un mondo, e Dick ci aveva avvertito, dove l’egemonia economica controlla non solo la politica, ma anche il nostro sapere e il suo sviluppo, pubblicando libri, “replicando i formati, riducendo la diversità dell’offerta e abbassando il tasso d’invenzione” editoriale. Ma soprattutto produce “strutture mentali, ideologie, luoghi comuni e anche qualche controargomento ad hoc” (cito Carla Benedetti).
Chi è oggi al Governo è frutto e causa di tale nuovo avvicendamento culturale e non c’è da meravigliarsi se la società, e lo stesso valga per la realtà editoriale, sia molto meno immaginativa. Ma a tutto ciò c’è un rimedio, depositato, inconsciamente o meno, nella mente di chi legge e di chi lavora nello stesso campo ma con altri scopi. Da sempre l’editore si è rivolto al lettore, affidandogli l’esito e la condivisione di una sua proposta, di un suo progetto editoriale, di un’invenzione, del proprio intuito. E da sempre il lettore più attento ed esigente si è sentito parte attiva di quel progetto che è alla base dell’affermazione di qualsiasi casa editrice. Rivolgere al lettore oggi uno sguardo di degnazione, non fa altro che mostrare l’arroganza e la presunzione tipiche di chi si sente depositario del sapere, in grado di influenzare le scelte, usando il potere della forza economica o dell’accesso alla stampa. Ma l’identità dei nostri lettori, pochi che siano, e il successo di sigle editoriali cosiddette “minori” ma non inferiori, ci dice il contrario.
Il lavoro svolto quotidianamente da una serie di case editrici con un forte progetto editoriale, che non “privilegia il lettore occasionale rispetto a quello forte” ma anzi lo coinvolge, che non “crea personaggi più che scrittori” e lavora con essi per crescere insieme, che non “mortifica la produzione di lunga durata”, ma anzi alimenta quella “di catalogo” (cito Giancarlo Ferretti) sono garanzia dell’espressione di un pluralismo intellettuale sempre meno percettibile, di una forza di idee innovative e di una preziosa risorsa per il nostro paese, come ha detto il Presidente Ciampi.
Certo è che per fare tutto ciò ci vogliono, oltre ai capitali, strutture e capacità organizzative, una grande fantasia, esperienza, professionalità e un’inesauribile passione. E soprattutto ci vogliono lettori e librai attenti, vogliosi di sostenerle, capaci di scovare “quel” titolo in uno scaffale, magari messo lì di costa, quasi invisibile. E scrittori, non certo divi televisivi o del pallone, che sappiano distinguere il lavoro di un editore da quello di un’industria editoriale, convinti che la propria gratificazione non si ottiene solo con il denaro, ma con il rispetto e il riconoscimento di un valore culturale, capaci di schierarsi dove c’è una sola apparente debolezza. Forse chiedo troppo, forse, come dice Ray Bradbury, “ho sbagliato pianeta”.
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Trovo interessante la seguente notizia apparsa sul Gazzettino dell’altro ieri:
Martedì, 3 Maggio 2005
Per avere maggiore visibilità in libreria
Editori veneti si consorziano
Santa Lucia di Piave
NOSTRO INVIATO
Sono stanchi da un lato di vedere le loro pubblicazioni nascoste negli angoli meno appetibili delle librerie venete, dall’altro di finire stritolati dal meccanismo che fuori regione privilegia inesorabilmente i grandi gruppi editori ali. E stavolta hanno deciso di unite tante voci in un unico coro, con l’obiettivo di farsi sentire di più dentro e fuori i confini regionali. Da questa determinazione sta nascendo l’associazione “Editori del Veneto”, un consorzio che nelle intenzione dei proponenti dovrebbe rappresentare le piccole case editrici regionali ma che già guarda anche al resto del Nordest.
L’idea nata a metà marzo da una riunione a Treviso nella sede della Piazza Editore ha trovato terreno fertile alla Fiera dell’Editori a per ragazzi “Segnali di fumo” svoltasi tra venerdì e domenica a Santa Lucia di Piave, promossa dal Comune col sostegno della Regione. Forse proprio la massiccia partecipazione di pubblico a questa manifestazione (oltre 9mila presenti) ha convinto gli editori veneti a stilare una sorta di manifesto che nel corso della Fiera è già stato informalmente sottoposto all’attenzione dei 36 espositori – in gran parte case editrici – presenti a “Segnali di fumo” e che sarà valutato nel corso della riunione fondativa che si terrà venerdì prossimo a Treviso.
La compagine è stata fondata da sei soci: le trevigiane Danilo Zanetti Editore di Caerano San Marco, Piazza Editore di Treviso, Tredieci di Oderzo, De Bastiani di Vittorio Veneto, Antilia di Treviso e la padovana Edizioni GB. Nei giorni scorsi hanno mostrato interesse al progetto anche Kellermann di Vittorio Veneto, Esedra, Del Noce e Scantabauchi di Padova, Hedison e Duegi di Albignasego, Avalon Edizioni di Due Carrare (Pd), Panda di Noventa Padovana e Agorà di Feltre. «La nostra priorità – afferma il presidente pro-tempore Danilo Zanetti – è trovare un canale di distribuzione unico al di fuori dei confini regionali, in modo da arrivare finalmente nelle librerie di tutta Italia. In media ciascuno di noi pubblica almeno dieci volumi all’anno che hanno una caratura non strettamente locale e che dunque possono interessare pure ai lettori non veneti . Naturalmente se ci muoviamo ciascuno per conto proprio non andremo tanto lontani, ma se ci proponiamo tutti e 15 insieme siamo capaci di esibire un catalogo da 150 titoli, assolutamente competitivo con i grandi gruppi che ne sfornano 300 o 400 e appetibile per un solo distributore. L’altro obiettivo è avere più rappresentatività verso le librerie venete, che in qualche caso tendono a sottovalutare “a prescindere” le pubblicazioni locali».
Oltre alla formazione di un’unica rete commerciale, gli “Editori del Veneto” (che si presenteranno con un logo comune, accanto ai rispettivi marchi aziendali) puntano all’attivazione di un sito Internet, alle edizioni comuni per abbattere le spese e alla stesura di una proposta di legge che imponga la presenza di un padiglione dedicato ai libri in tutte le fiere italiane. [Tiziano Graziottin]
Nulla da eccepire su quanto scrive baratto, e ottimo l’esempio portato da Angelini.
Ora vediamo un po’, dopo la Fiera del Libro, che cosa ne esce.
Sul sito della Lipperini, rispetto ad una proposta di Pallavicini (che non so quanto sia andata avanti e funzioni) proposi (l’avevo già fatto inutilemnete anche prima) un’azione concertata degli autori più importanti per spingere le case editrici a mettere nel loro sito la propria produzione scaricabile ad un costo simbolico (1 euro, per esempio), così da consentire anche a chi non ha denaro da spendere in libri, di avvicinarsi alla lettura.
L’operazione – ne sono convinto – non ridurrebbe affatto il guadagno delle case editrici, anzi!
Chi ha acquistato i libri fino ad ora, continuerà a farlo. Chi si avvicina per la prima volta alla lettura scaricando al costo di un euro, potrebbe poi diventare un nuovo acquirente in libreria. Gli altri (quelli che scaricano ad 1 euro) porterebbero un guadagno aggiuntivo alla casa editrice.
Non varrebbe la pena di lavorare intorno a questa proposta?
Nazione indiana, perché il 9 maggio non la esamina approfonditamente, avendo l’occasione di incontrarsi con tanti autori e tanti appassionati di libri?
Bart
sconfitte dell’epoca in cui vivo
e la mimetica sporca lacerata
e solo il gigantismo per sopportare
il meraviglioso fucilato dal silenzio
della vita quotidiana
velenoso il respirare, inaccessibile
è il cospirare, l’agitprop viene a noia
inascoltato, arrogante nello smarrimento
l’insicurezza predestinata
agonizzante chiede aiuto
concepimento in notte delirante
fra lenzuola e titani
gelo dappertutto e coppie ai tavoli
si chiede amore, eccesso di gesticolazione
l’amore è geografia, tundra deserto siberia
amore sconfitto come città
desolate dalla guerra
nostalgia di pianure, le nebbie padane
a modellarci l’anima, lirismopatetico
gladiatorismo da pittura accademica
una lucidità da suicida, da ironia romantica
giocando con propria forza
un impeto sproporzionato.
la questione delle librerie feltrinelli e del mnopolio quasi assoluto della visibilità di una pubblicazione che detengono è centrale e decisiva.
la situazione è seria e la posizione delle librerie feltrinelli è di fatto quella di un monopolio.
so che il problema non è solo questo, ma mi meraviglia che nel dibattitone un po’ vuoto che si è svolto qui e altrove col titolo, generico e anch’esso un po’ vuoto, di restaurazione, su questo punto si sia insistito così poco.
quando qualcuno si impadronisce di un intero sistema, o quasi, dovrebbe trovare una legge o una norma ad attenderlo.
ma non è stato così per il cavalier banana, figuriamoci se lo sarà per carlo feltrinelli.
intanto si è pappato un’altra libreria, enorme e centralissima, a Roma, quella della Stazione Termini.
i libri hanno intanto vita sempre più breve, scompaiono nel giro di pochi mesi: tutti quelli che non vendono più di due o tremila copie slittano e diventano imprendibili, introvabili, perché così ha deciso il monopolio.