da “Biometrie”

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Di Italo Testa

Scandire il tempo

Devi intonare la litania dei corpi
di quelli esposti nel riverbero dei fari
di quelli accolti nel marmo degli ossari,

devi orientarti per i tracciati amorfi
tra le scansie dei centri commerciali
scandire il tempo di giorni disuguali,

devi adattarti al ritmo delle sirene
lasciare i ripari, esporti agli urti
abbandonarti al canto degli antifurti,

trasalire nel lucore delle merci
cullarti al flusso lieve dei carrelli
sognare animali e corpi a brandelli,

devi nutrirti di organi e feticci
profilare di lattice ogni fessura
pagare il conto e ripulire con cura,

recitare il rosario dei volti assenti
svuotare gli occhi, ritagliare le bocche
aderire alla carne e schioccare le nocche.

*

Falchi alle vetrate

Strano come il cambio di luce scuota
le giunture, figure disossate
attraversano i campi visivi

di piccioni in agonia, agli incroci
polacchi curvi sulle cromature:
all’interno di abitacoli roventi

si ispessisce la pelle, ad ogni svolta
la segnaletica confonde i giorni
scanditi dal ritmo dei semafori.

Non è neppure in una direzione
che si convoglia a nervi tesi il flusso:
nemmeno un falco incollato alle vetrate

storna l’impatto che ora dopo ora
imbruna l’aria, impregna le lamiere
su cui la polvere ruotando cade.

*

Retine

Di ora in ora, appena scatta un allarme
da qualche parte una luce si accende
tra le tende il tuo corpo si nasconde
dalla donna che nella stanza dorme.

Poi dal frigo un sibilo si propaga:
imbevuto di una tinta acida
il quadro luminoso della strada
sovresposto sulla pupilla dilaga.

Se un elicottero verde veleno
sovrasta le insegne della notte
battendo ai vetri, dal decimo piano

manda il tuo segno al profilo alieno
fondi la retina al cerchio radiante
del dio in acciaio metropolitano.

*

Tu, chiedi ascia

Nella foresta degli inganni vaghi
nella città di specchi ti scomponi
ma non incontri maghi, solo topi
mutanti e cani randagi. T’inombri
nei condotti, dagli androni riemergi.
Segni con un punto, fissi agli incroci
dove la mappa si piega. E’ interrotto,
è interrotto al guado: tu chiedi ascia,
se affondi. Tu, nello slargo di luce
t’imbesti, di spesse e ruvide squame
la tua bocca in fiori si sgrana. Livide
nella marea mulinano vestigia
di vita che al fondo si attorce, di corpi
scomposti nel gorgo acquoso dei giorni.

*

Un’altra notte

Un’altra notte in stanze ammobiliate
seguendo le intermittenze alla parete,
un’altra notte, su un copriletto stinto
ascoltando i rumori dal muro a fianco.

Un’altra notte con lo sguardo al soffitto
nell’alone dei neon che lava il corpo,
un’altra notte, quando parte un colpo
lasciarsi andare giù a peso morto.

Un’altra notte a tremare dietro il muro
sotto la ventola che incombe nel buio,
un’altra notte mentre gocciola il termos
brilla sull’inguine il seme disperso.

Un’altra notte, questa notte e sempre
lo stesso buio che ingoia la mente
sotto alla croce in agguato sul muro
chiudendo gli occhi per sentirsi al sicuro.

*

Le cose

Ma questo sogno che cadano i denti
una volta ogni due, tre mesi,
e tutti a far finta di niente,
che poi, a tradirci, sono le cose;

la luce intermittente degli allarmi
ci sorprende, irrigiditi, tesi;
il neon che manda lampi sulle scale
ci fissa a un’istantanea delle cose.

La chiave, quando scatta nella porta,
fa scorrere le palpebre sugli occhi,
e l’airbag che tutto a un tratto esplode
ci invita a smarrirci tra le cose;

e l’altro sogno di non arrivare
mai in nessun luogo, da qualche parte
dove valga la pena di fermarsi,
di segnarsi, piegarsi a caso,

imparando attenti a respirare,
e a stringersi negli spazi vuoti
se abbagliati dai fari sulle strade
cediamo all’assedio delle cose.

3 COMMENTS

  1. davvero belle, magrelliane. forse la rima insistita alla lunga rovina certe parti, ma se tutta la poesia che esce in italia fosse così saremmo a gonfie vele.

  2. più che notevoli in effetti. quanto mi piacerebbe che uno scrittore cosi’ si inventasse una forma sua,
    andasse dove non è mai stato, invece di trincerarsi dietro forme date…

  3. mi era capitato in passato di imbattermi in alcune cose di italo testa e me lo ricordavo altrettanto preparato nel campo metrico e ritmico-timbrico. mi sembra che in queste nuove poesie ci sia in più un positivo assorbimento di temi legati alla contemporaneità forse dietro il fertile influsso noviano e inglesino.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.