Contadini e Luigini
Ecco: i due veri partiti che, come direbbero nel Mezzogiorno, si lottano, le due civiltà che stanno di fronte, le due Italie, sono quella dei ‘Contadini’ e quella dei ‘Luigini’.
“[…] Ebbene: chi sono i Contadini? Sono prima di tutto i contadini: quelli del Sud, e anche quelli del Nord: quasi tutti; con la loro civiltà fuori del tempo e della storia, con la loro aderenza alle cose, con la loro vicinanza agli animali, alle forze della natura e della terra, con i loro dèi e i loro santi, pagani e pre-pagani, con la loro pazienza e la loro ira. […] Ma non sono soltanto i contadini. Sono anche, naturalmente i baroni […], quelli veri, con il castello in cima al monte: i baroni contadini. […] E poi ci sono gli industriali, gli imprenditori, i tecnici: soprattutto quelli della piccola e media industria, e anche qualcuno della grande: non quelli che vivono di protezioni, di sussidi, di colpi di borsa, di mance governative, di furti, di favoritismi, di tariffe doganali, di contingenti, di diritti di importazione, di privilegi corporativi. Gli altri, quelli che sanno creare una fabbrica, quel poco di borghesia attiva e moderna che, malgrado tutto, c’è ancora nel nostro paese, per quanto possa sembrare un anacronismo. E anche gli agrari, magari i grossi proprietari di terre, ma quelli che sanno dirigere una bonifica, ridare una faccia alla terra abbandonata e degenerata. […]
E gli operai, […] la grande massa operaia abituata all’ordine creativo della fabbrica, alla disciplina volontaria, al valore che sta nelle cose. Non importa come la pensino, in quale partito siano organizzati: sono Contadini anche loro, e non solo perché vengono dalla campagna; ma perché, su un altro piano, hanno la stessa sostanza: la natura per loro non è più la terra, ma sono torni, frese, magli, presse, trapani, forni, macchine; con questa natura di ferro, sono a contatto diretto, e ne fanno nascere le cose, e la speranza e la disperazione, e una visione mitologica del mondo. Sono Contadini tutti quelli che fanno le cose, che le creano, che le amano, che se ne contentano. Sono Contadini anche gli artigiani, i medici, i matematici, i pittori, le donne, quelle vere non quelle finte. Infine, siamo Contadini noi: […] quelli che si usano chiamare, con una parola odiosa, gli “intellettuali“[…]. […] quelli che io definisco Contadini sarebbero i produttori: e se vi piace, usate pure questo termine”.
“E i Luigini, chi sono? Sono gli altri. La grande maggioranza della sterminata, informe, ameboide piccola borghesia, con tutte le sue specie, sottospecie e varianti, con tutte le sue miserie, i suoi complessi d’inferiorità, i suoi moralismi e immoralismi, e ambizioni sbagliate, e idolatriche paure. Sono quelli che dipendono e comandano; e amano e odiano le gerarchie, e servono e imperano. Sono la folla dei burocrati, degli statali, dei bancari, degli impiegati di concetto, dei militari, dei magistrati, degli avvocati, dei poliziotti, dei laureati, dei procaccianti, degli studenti, dei parassiti. Ecco i Luigini. Anche i preti, naturalmente, per quanto ne conosca molti che credono a quello che dicono […]. E anche gli industriali e commercianti che si reggono sui miliardi dello Stato, e anche gli operai che stanno con loro, e anche gli agrari e i contadini della stessa specie. […] Poi ci sono i politicanti, gli organizzatori di tutte le tendenze e qualità […]. Ce li metto tutti: comunisti, socialisti, repubblicani, democristiani, azionisti, liberali, qualunquisti, neofascisti, di destra e di sinistra, rivoluzionari o conservatori o reazionari che siano o pretendano di essere. E aggiungete infine, per completare il quadro, i letterati, gli eterni letterati dell’eterna Arcadia […]. […] i Luigini sono la maggioranza. […] Sono di più, ma non molto, per ragioni evidenti. […] perché ogni Luigino ha bisogno di un Contadino per vivere, per succhiarlo e nutrirsene, e perciò non può permettere che la stirpe contadina si assottigli troppo. […] I Luigini hanno il numero, hanno lo Stato, la Chiesa, i Partiti, il linguaggio politico, l’esercito, la Giustizia e le parole. I Contadini non hanno niente di tutto questo: non sanno neppure di esistere, di avere degli interessi comuni. Sono una grande forza che non si esprime, che non parla. Il problema è tutto qui”.
da L’orologio, Einaudi, 1989
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Circa l’immagine del pezzo, mio padre sostiene che Carlo Levi passeggiando per Napoli sia rimasto colpito da questo guappetiello e così l’abbia fatto mettere in posa per uno schizzo che poi Levi ha completato in dipinto. Se qualcuno ha notizie più precise su questo quadro visto che la storia di mio padre credo sia inventata…sarei felice di capire da dove questa fantasia paterna salta fuori…GRAZIE….
Tutti citano “Cristo si è fermato a Eboli”, importantissimo; nessuno, o quasi “L’orologio”. L’ho letto, una quindicina di anni orsono, su suggerimento di Goffredo Fofi. E poi un bel saggio di Giovannino Russo, su “Nuovi Argomenti” (quello originale, di Moravia etc.) mi fece scoprire il genocidio (secondo Kapuscinski) di un mondo che ho fatto in tempo a vedere (da bambino) letteralmente sparire…. Roberto Saviano, se in questo Sud disastrato esistono belle persone come te, allora….
Questo brano di Levi mi era totalmente sconosciuto. Grazie!
Spero che posterai presto qualcos’altro!
Grazie Giorgio per il bel giudizio che mi dedichi. Grazie davvero. So che l’orologio è un “fondamentale” per Goffredo. Nuovi Argomenti…continua ad essere quello oroginale dell’ottimo Alberto…:-)
Sono contento Maura ti sia piaciuto il frammento di Carlo Levi…
Mi fa sempre piacere che si ricordi Carlo Levi. Per le new entry rammento che a gennaio di quest’anno venne pubblicata una cosa su NI del sottoscritto. Questa:
https://www.nazioneindiana.com/2005/01/12/carlo-levi-architettura-societa-restauro/
Grazie, caro Biondillo. Hai fatto benissimo a precisare e citare il tuo saggio (che leggerò, ci mancherebbe…): ho “infernet” da pochissimi mesi. Mi stupisce (positivamente) questo interesse nei confronti del nostro Sud e di Levi, Scotellaro (ma potrei aggiungere Rossi Doria, Rocco Mazzarone, De Martino, Repaci, Jovine, Alvaro…). Ma allora NON “tutto il miele è finito”!
Una precisazione al mio “post” precedente: ho recuperato il vecchio, ingiallito fascicolo di “Nuovi Argomenti”, è il n. 59-60 (luglio-dicembre 1978) e il saggio gi Giovannino Russo (pp. 53-73) intitolato “Romanzi e contadini” è una relazione (datata dicembre 1974) nel quadro di uno studio sulla civiltà contadina promosso dalla Fondazione Agnelli (tratta dei romanzi prima del “genocidio” contadino e non specificamente de “L’Orologio”).
Secondo me “Cristo si è fermato a Eboli” è uno dei più bei romanzi del Novecento. Mi date lo stimolo per postare qualcosa su vibrisse. Grazie.
Bart
Scusate, ho fatto i miei calcoli sul tempo a disposizione, non ce la faccio a mantenere l’impegno su Levi. Peccato. Mi ero fatto prendere dall’entusiasmo.
Bart
caro roberto
tu sai che combatto ogni giorno contro i luigini. per capire anche il sud di oggi levi è ancora utilissimo.
ahi! mi vergogno, ma non ho mai letto “L’orologio”, sono saltato a “Le parole sono pietre”. Ma visto l’omaggio di Saviano al medico-pittore-scrittore… riparerò alla mancanza ;) (tra l’altro, si fa – giustamente – un gran parlare del trentennale della scomparsa di Pasolini, ma in effetti su Carlo Levi, morto nel 1975, quest’anno s’è visto e sentito pochino…)