Transit / Giovanna Giolla

Ciao Francesco,
Ho pensato di mandarti questo racconto per Nazione Indiana sulla capacità immaginativa dei bambini.
E sul desiderio inspiegabile di voler proteggere chi è così diverso e indifeso.
Un racconto che parla di uno dei film più belli e commoventi della storia del Cinema. Elephant Man di David Linch.
Giovanna

“Mamma, hai idea di che vita abbia avuto?”. Mi domandò mio figlio Luca.
“Sì”.
“Non credo tu possa immaginarlo”. Rispose serio.
Un pomeriggio avevo lasciato Luca a casa di Raju, un amichetto nepalese dell’asilo Bacone di via Piccinni.
La madre li aveva sistemati su un divano, attivato un proiettore e inserito “The Elephant Man” di Lynch.
Da quel giorno nella mente di mio figlio non c’era altro desiderio: rintracciare John Merrick, l’uomo elefante.
Ero certa che gli sarebbe passata, innamorandosi di un’altra ossessione infantile. Io da piccola investigavo sugli gnomi e per due anni fu lo scopo della mia esistenza.
Luca disegnava il viso deformato dell’uomo elefante sui quaderni e sui muri della sua camera. Per trovarlo fece del rudimentale volantinaggio nel quartiere di Lima.
Chiamai la madre di Raju: “Forse non era un film adatto a due bambini di cinque anni!”.
“E’ un capolavoro”. Disse lei.
La frenetica attività di ricerca preoccupò anche la maestra.
Cercammo di convincerlo dell’assoluta inesistenza dell’uomo elefante. Mio figlio disse: “Raju mi ha giurato che ce n’è uno in ogni città. Milano è una città”.
La maestra gli chiese: “Perché lo vuoi incontrare?”.
“L’uomo elefante ha detto che la sua vita è bella, perché sa di essere amato. Supponiamo che ora sia solo: dolce e malinconico. Devo abbracciarlo”.
La maestra si commosse.
E io pensai all’infanzia: terra di sogni purissimi.

2 COMMENTS

  1. caterina sin dal tempo per le famiglie al trotter famigliarizzava soprattutto con cinesini/e. siccome il loro turn-over è mediamente alto e hanno il “dono” di sparire, con lei battevo in lungo e in largo milano, sulla base di pochi e generici indi(rizz)i. in prima elementare mi ha fatto la domanda a bruciapelo: non è che l’infermiera che mi ha tirato fuori dalla mamma era cinese?

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francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017