Palazzo Yacoubian
di Gianni Biondillo
Nel cuore del Cairo c’è (e c’è davvero) un palazzo costruito da un magnate armeno, intorno agli anni Trenta del secolo scorso, talmente bello e signorile che il suo proprietario ha voluto incidere il suo nome sul portone d’ingresso, a futura memoria: Palazzo Yacoubian.
‘Al Al-Aswani, l’autore del romanzo che porta il nome del palazzo, utilizza una metafora letteraria vecchia ma sempre efficace: ad ogni piano, dai negozi sulla strada, passando agli uffici, fino agli appartamenti e alle stanze dei servi, tutta la vita del palazzo è in minore, l’intera vita di una nazione: l’Egitto, oggi.
È una vera fortuna riuscire a leggere un libro così, di questi tempi. Forse anche per una mancata attenzione, da parte delle case editrici nazionali, a traduzioni che non provengano dal mondo anglosassone, tutte le informazioni che abbiamo del mondo arabo ci vengono sempre più di seconda, se non di terza mano, creando un’idea stereotipata di un mondo a noi vicinissimo, molto meno distante, per tradizione e aspettative, di quanto davvero immaginiamo.
L’Egitto di ‘Al Al-Aswani è una nazione viva, fatta di storie umili, spesso disperate, di vecchi aristocratici nostalgici dalla cultura europeista e, per ciò, in qualche modo anacronistica, di giovani donne che subiscono i più ignobili soprusi, di giornalisti omosessuali ossessionati dalla pasoliniana gioventù nubiana, di figli del popolo abbacinati dal’islamismo estremista come ultima barriera morale ad uno stato di polizia onnipresente. Una società dalla politica corrotta, incancrenita, colma di contraddizioni spesso tragicamente irrisolvibili.
Un libro davvero coraggioso, una commedia umana costruita per episodi intersecantisi fra loro, con un taglio fortemente cinematografico, altmaniano. Un libro che fa della letteratura un’arma di denuncia, un romanzo che non ha paura di guardare in faccia il suo paese. E che in Egitto è diventato, per questo sguardo onesto, subito un bestseller. E un film.
(pubblicato in Cooperazione, n.19 / 2006)
‘Al Al-Aswani, Palazzo Yacoubian, Feltrinelli, 2006, trad. B. Longhi
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poche righe, ma incisive. Ricordo che quest’anno è uscito un altro grande libro su una città affascinante e vicina, al limite tra mondi e culture, Istanbul di Orhan Pamuk. Vi scorgo più di una affinità, con Palazzo Yacoubian, perché Pamuk filtra la sua Istanbul attraverso la rete del ricordo, in una infanzia dorata e sognante, nella grande casa della sua famiglia, Palazzo Pamuk ( il titolo poteva essere benissimo anche questo), con la sua corte di personaggi, familiari, amici, ed il dominio incontrastato della matriarca di famiglia. Il libro è anche uno splendido affresco di una Istanbul/Costantinopoli che ha i toni della elegia, di una pavana non così disperata su un mondo ed una città nella quale la storia e gli uomini si sono sedimentati con l’arte sapiente della tolleranza ed il gusto di una controllata decadenza che derivano da culture millenarie, da civiltà che hanno già visto tutto o quasi, nelle loro vene.
Consiglio a Gianni, che ha reso così bene, il senso del …Palazzo di leggere, se ancora non l’avete fatto, i racconti raccolti nella plaquette SEPOLTO VIVO (Andrea Chersi editore).
Sono straordinari nella loro denuncia contro i filiosofi “turbantati” della verità.