Fate Cave
di Federico Scaramuccia
– O Lorenzo! […] io delirando deliziosamente mi veggo dinanzi le Ninfe ignude, saltanti, inghirlandate di rose […]. – Illusioni! grida il filosofo. – Or non è tutto illusione? tutto!
UGO FOSCOLO, Ultime lettere di Jacopo Ortis
***
distende entrambi gli arti
bloccando i muscoli come in un crampo
sembra quasi una barbie
(bambola)
***
agitando le piume a
ritmo di samba microfono in bocca
sculetta una canzone
(caraoca)
***
adorna con pon pon
e ombelico impudico stride e sorride in video
donna in gonna che storna
(cheerleader)
***
si spoglia proprio a modo
un mese dopo l’altro sempre giovane
il corpo sempre sodo
(cover)
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infila in tuffo l’onda
scossa alternandosi sottacqua e a galla
dall’una all’altra sponda
(farfalla)
***
se ne sta sotto il controllo
del telecomando languendo di scatto
in scatto fino al tracollo
(giocattolo)
***
rimane di marmo
candendo e vanendo incrampata nel tornio
dell’occhio in disarmo
(porno)
***
m’ama non m’ama m’ama
petalo dopo petalo ne spoglia
ben sottesa la trama
(sfoglia)
***
segue sempre la moda
e sulla passerella poi che roba
sembra quasi che goda
(snob)
***
addosso solo un tanga
spaccia il superfluo con spatola e miele
l’accattivante stanga
(tele)
***
giunta alla mezza età
insoddisfatta casalinga gioca
a far la pornostar
(zoccola)
Nell’immagine: Black Hole (2009), “photoscippo” di Jacopo Granella
Queste undici Fate Cave fanno parte delle Ninfe senza posa, fino ad ora edi-te soltanto parzialmente (e sotto varia titolazione) qua e là: “Re: viste”, Li-tware. L’ennesima potenzialità della letteratura, Zona 2006; “I PerVersi”, Trilorgìa, Zona 2006; “La poesia e lo spirito” , 5/5/2007; Lorenzo Durante, Poliàlcoli, Empi-rìa 2007; “il verri” n. 36, Politica degli autori, Monogramma 2008; Vicino alle nubi sulla montagna crollata, Campanotto 2008; Ninfuga, Ogopogo 2008; Registro di poesia #2, d’if 2009 ; “Smerilliana” n. 10, Lìbrati 2009; Doppia Coppia2 LoSca , Gattili 2009; Catastrofe della moder-nità e modernità della catastrofe, Fabio D’Ambrosio Editore 2009.
Fate cave sbaglio o si può leggere anche come Cave fate (attenti alle fate, the hollow girls)?
:-)
Certo!
E pure ‘fate attenzione a questi genitali buchi neri’… ;)
“porno ” mi piace molto. complimenti
Mi piace molto l’inanellamento; noto che fino a Farfalla prevale (in modo molto netto, mi sembra) la dimensione ‘concettosa’ (nel senso ovviamente manieristico, prima che barocco): c’è un tema-vincolo a monte: il ritratto poetico di questa tassonomia deve obbedire al tema-vincolo e lo deve fare secondo un preciso principio: destare maraviglia, cioè un piccolo sussulto di soddisfazione intellettuale nel lettore, che si compiace di aver capito (al volo o rileggendo) il trucco, l’astuzia del poeta, l’elemento di abilità (come ha risolto il vincolo, l’obbedienza al tema-vincolo; ma il vincolo è doppio o triplo: c’è il vincolo della brevitas: la difficoltà sta anche nel dare un’indicazione icastica e riconoscibile in poco pochissimo spazio; per non parlare del vincolo metrico vero e proprio; interessante l’idea di mettere la designazione fra parentesi, dopo: anche questo fa parte dello stile concettoso); da giocattolo in poi c’è maggiore libertà, e i componimenti sono veramente fulminanti: porno è geniale, onirica, allucinatoria, bellissime tele, e sfoglia. Sì : porno è la mia preferita, anche linguisticamente; è incredibile quanto sia precisa (continua)
belle e geniali…una lettura in versi del presente! O almeno io ho letto questo…infatti avrei scritto “l’accattivante stanca”, piuttosto che “stanga”…
si, ma stare molto attente all’occhio-uomo
bello e spietato. Chissà perchè ho una simpatia particolare per la prima e per l’ultima: la barbie che invecchiando diventa una disperata zoccola.
Per caso queste ninfe sono creature di sesso femminile. Giusto perchè la “ninfa” ormai è un genere consolidato da una certa, recentissima tradizione che si identifica metricamente con l’haiku (citiamo solo il caso di Frixione e di Lorenzo Durante). Ma io non sono poi così sicuro che che queste ninfe siano creature: io vi vedo un morphing dell’inorganico, percepisco un lavoro sull’immagine che procede per accostamenti fonici minimi, un tetris di tetre sillabe che proietta nella mente del lettore un flash stroboscopico dove ciò che conta è il non detto, la reticenza, la carica emotiva non esplorata, accennata solamente per suggerimenti fonici e visivi. Sono narrazioni da fotogrammi di un unico microfilm fatto a pezzi e poi rimontato da un regista senza copione, magari al contrario (come pare suggerire lo spotamento dei vari “titoli/clausole” in fondo ad ogni componimento). Scaramuccia con le sue Ninfe ancora in fase di pubblicazione ha compiuto un lavoro mastodontico sulla e con la forma: una sterminata raccolta in progress di comparse disperse nella solitudine cosmica di un’esistenza vissuta come provino per un reality show. Su Sky c’è un programma che si chiama Acquario in cui per ore si può vedere un gruppo di ragazze che ballano in una discoteca: l’acquario di Scaramuccia funziona sullo stesso principio d’accumulo, solo che la musicalità del suo verso (una tecnica techno/house) estrae dai soggetti non tanto la loro essenza quanto la loro assenza. E’ quasi come assistere a The Club su AllMusic, solo che le ninfe di Scaramuccia ci sembrano paradossalmente più umane.
C’è chi ha parlato di “merdine pop” per definire questi testi. Credo che Scaramuccia concordi contento di tale definizione. Parliamo di un humus esistenziale diventato materia fecale e sciacquata giù dal tubo catodico. Io aggiungerei solitamente che non di fluviali diarree si tratta, bensì di cacche di piccione sul parabrezza della nostra realtà.
Personalmente aspetto Scaramuccia alla fine delle Ninfe, ansioso di vedere come se la cava con una forma più estesa.
molto interessanti. e concordo con marco. è una poesia che riflette su come l’immagine immaginata per noi da altri falsifica il nostro immaginare noi stessi. su come lo spazio comune della comunicazione sia eterodiretto e sempre più angusto. su quanto siano escluse le nostre individualità in questo spazio comune (che comune più non è) a favore di stereotipie. sul fatto che il linguaggio e l’immagine non sono più terreno d’incontro e confronto ma di esclusione o d’inclusione normativa. e in risposta a ciò una poesia che rifletta queste immagini, le dis-illuda in un gioco di specchi
Eccomi qui.
Ora rispondo con precisione a tutti.
@Sabina: “porno” è anche una delle mie preferite!
@Giuseppe Girimonti Greco: contento che tu abbia parlato distintamente delle due categorie di “manierismo” e “barocco”, compresenti nel mio lavoro. Svisceri ottimamente anche il procedimento dell’obbedienza ad un multiplo tema-vincolo. Cogli infine l’eccedenza prosodica di “Giocattolo” (ottonario – dodecasillabo – ottonario, benche si tratti di due ottonari e un dodecasillabo assolutamente irregolari). “Porno” ad esempio è costruita sull’amato ritmo ternario: senario (2 5) – doppio senario (2 5 8 11) – senario (2 5). Ora mi resta la curiosità tipicamente televisiva del “to be continued”… ;)
@Anna Simone: grazie! D’accordo sulla “lettura in versi del presente” (stupisce anzi che ci si stupisca rimarcandolo, nella misura in cui ogni scrittura critica, per non dire antagonista, dovrebbe esserlo), ammesso che con questo non si intenda la stretta attualità (guardando all’anagrafe infatti, i testi in questione sono datati 2005). Mi interessa molto (da bravo filologo in erba) il perché della variante proposta “l’accattivante stanca” (che non accolgo solo per motivi rimici).
@Silvia Molesini: il tuo “attente” all'”occhio-uomo” produce una distinzione fra “Uomini e donne” che non c’è. Oltretutto, concedimelo, superata e sdoganata ormai (come si dice oggi), oppure sconfessata e sconsacrata (se dio vuole), proprio da nostra signora tivù con l’alternata televendita del corpo maschile e femminile nell’omonima, celebre trasmissione. Risponderò dunque con le parole di Marco Simonelli, non a caso incipitarie, nel suo commento: “per caso queste ninfe sono creature di sesso femminile”. Sebbene quel “caso”, è evidente, sia un “caso” assai costruito e voluto (in ogni senso), frutto di un progetto complesso e ben delineato. Aggiungo soltanto, a conclusione, che quella “insoddisfatta casalinga”, prima di tutti e di tutte (mantenendo la distinzione dei sessi), sono io. E che è ovvio che l'”occhio-uomo”, dando (un) valore al simbolo di scambio per eccellenza della mercificazione e dei consumi, ovvero il corpo femminile (materia prima su cui il sistema si regge), sia quantomeno corresponsabile. Ma, ripeto, non è questo il punto.
@Daria: simpatia che condivido! Anzi, mi piace molto che le ninfe, costitutivamente senz’età (o meglio senza la possibilità di invecchiare), possano invece avere una parabola (quella peraltro brevissima dello stretto tempo televisivo, per cui rimando ai “Palinsesti” di Marco Simonelli). Mi pare possa essere una differenza delle ninfe antennate rispetto alle loro antenate. Dopo aver ricevuto il tuo permesso, mi piace riportare qui uno stralcio della conversazione avuta stamattina con te su skype:
D: i tuoi versi sono spietati. Due parole ed emergono in un patetico, a volte ridicolo, atteggiarsi. Spietato perchè vero, senza clemenza e senza giudizio. Spietatatamente veritiero.
F: senza clemenza e senza giudizio, sono i criteri che applico a partire da me stesso, per compredermi all’esterno. Questo significa “protestari”, ovvero ‘essere testimone’ (qui conta non poco il fatto che sono protestante, figlio peraltro di un patore protestante). Testimoniare i proprio errori, errore dopo errore (nel duplice senso di ‘sbaglio’ e ‘cammino’), che sono e perché sono anche degli altri (l’eredità morale e culturale di una intera generazione, la mia, la nostra).
@Marco Simonelli: che dire, Marco conosce bene il mio percorso umano, prima ancora che poetico (per lo più sommerso). Oltretutto è stato il primo, ormai quattro anni or sono, a valorizzare le “Ninfe senza posa”. Tra quelle pochissime persone inoltre con cui il dialogo diventa un insostituibile momento di autocoscienza critica (e non mi riferisco soltanto alla sfera poetica). Nel caso specifico, ancora una volta ha portato alla luce elementi costitutivi mai detti, neppure dal sottoscritto autore, nonostante l’alto grado di consapevolezza cui sottostanno i suoi progetti. “Non sono poi così sicuro che che queste ninfe siano creature”: verissimo, semmai sono degli increati. “Un flash stroboscopico dove ciò che conta è il non detto”, altra acutissima osservazione che sposa quanto delle ninfe dice altrove Gabriele Frasca: ” Federico Scaramuccia […] si fa notare soprattutto per una tecnica corrosiva del corpo stesso, ridotto al solo schizzo di un tropo dall’occhialino del pittore bambocciante”. Non conoscevo la trasmissione Sky “Acquario” (con felice richiamo semantico per opposizione al celebre “The Age of the Acquarius”, ed una triste assonanza con ossario, o meglio ancora reliquario, musaico-museale): come sempre però, Marco colpisce nel segno, peraltro rimandando (eh eh, volutamente:) ad un altro mio progetto, il “Parco Haikuatico” (una cui prima versione uscirà a fine ottobre nell’antologia “La catastrofe della modernità. La modernità della catastrofe”, curata da Francesco Muzzioli ed edita da Fabio D’Ambrosio Editore), popolato dalle anteninfe, le “haikuatiche” (l’haikuatica è l’anteninfa, l’io non ancora plastificato che, come per incanto e predisposto alla messa all’incanto, quotidianamente non resiste al me ormai plastificato; viceversa, la ninfa è il me plastificato che ogni giorno mi spinge, come per incanto e predisposto alla messa all’incanto, l’io non ancora plastificato a plastificarsi). Chiuse appunto nell’esposta ampolla di un “Haikuario” (e/o “Haisky”, giocando sull’assonanza con haikai, plurale di haiku), che potrebbe anzi essere il titolo per un nuovo estratto dall’uno e dall’altro progetto, magari mescolati. “La musicalità del suo verso (una tecnica techno/house) estrae dai soggetti non tanto la loro essenza quanto la loro assenza”: altro elemento [im]portante, mai da me portato al senso noto (meraviglioso anche l’accostamento a “The Club” su AllMusic, con annessa distinzione: “solo che le ninfe di Scaramuccia ci sembrano paradossalmente più umane”!). “Merdine pop” in realtà è definizione dell’ignoto tutti-e-nessuno Paolo Rossi che si riferisce specificatamente ai testi del “Parco Haikuatico”, ma applicabilissimo anche alla “Ninfe senza posa”, come a tutta questa mia produzione di [de]genere. Definizione che mi piace a tal punto da farne titolo-glossa di una raccoltina in fase di costruzione: “Pop-oh!”. Prendo infine l’invito conclusivo di Marco come una affettuosa provocazione (accidenti a te!:). Marco sa bene infatti che nascondo una produzione “in forma estesa” assai varia che precede (la parte cui l’esortazione di Marco è diretta:), accompagna (mi riferisco alle vicende dello pseudo barocco Leopoldo Lascivo, ed altri libretti già pronti e giacenti nel limbo dell’inedito) e seguirà (per vie del tutto ancora sconosciute) le “merdine pop”. Marco sa anche che l’incontro con l’haiku (benché variamente riformato) è stato un colpo di fulmine (fin da bambino infatti, assicura mia madre, ho avuto la passione per suoni e miniature). E come tutti i colpi di fulmine mi ha anche riconglionito. Ma intanto pubblichiamo le “Ninfe senza posa”: vi assicuro che è in un progetto una edizione fenomenale. E Marco vi avrà un’importanza fondamentale. Marco, lo sai, ti voglio bene assai!
@Vincenzo Bagnoli: cogli nel segno un altro aspetto (altrove evidenziato anche da Francesco Muzzioli: http://www.retididedalus.it/Archivi/2009/maggio/LETTURE/scaramuccia.htm). La presunta libertà con cui ci muoviamo, come un “danzare in catene” (così diceva ancora Francesco Muzzioli, citando Nietzsche nell’introduzione ad “Incanto”, altro mio libretto in disperante, agonica uscita, ormai da un anno e mezzo, per l’editore Onyx) in “luoghi comuni” che preferisco a “stereotipie” (stereotipo è infatti un termine filologico che mi piace molto e che purtroppo ha assunto una accezione negativa). L’unica soluzione allora è quella che prospetti: rispondere con le stesse armi, anzi, riappropriandosene. Sfruttare cioè le potenzialità estetiche perdutamente accattivanti ed impersonalizzanti della “realità” (quella che chiamo “l’estatica estetica della realità”), riproducendone ed amplificandone parossisticamente il meccanismo nella scrittura, assumendolo anzi come principio di poetica.
un pò troppa panna per terzine umoristiche alla Marcello Marchesi,buonanima, di cui ricordo un folgorante “Il sadico del villaggio”); non male ma di qui a Marziale ci corre un abisso di occhio, e di voce.
A proposito di testi “in forma estesa”, vi segnalo le “Tre pistole” (tre terzine liriche in novenari di 2 5 8) che proprio Marco Simonelli mi spinse a tirar fuori e a spedire al concorso “Poesia di strada” (http://www.licenzepoetiche.it/).
Ebbene, mi hanno portato fra i 10 finalisti…
Come sempre, hai ragione tu Marco!
Le “Tre pistole” fanno parte di uno dei due progetti precedenti alle “merdine pop” di cui ho già detto, le “Asperrime”.
Vi invito dunque ad andare a leggerle (le trovate qui: http://www.licenzepoetiche.it/files/scaramuccia.pdf).
A me piace molto bambola.
@Marilena: e pure “Cavate Fe’ (ovvero “Fate Cave” anagrammato)”… ricordi il “reach out and touch faith” dei Depeche Mode (“Personal Jesus”)?