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  1. Questi anguilliformi hanno un corpo serpentiforme, leggermente compresso ai lati, non ricoperto da scaglie. Le pinne pettorali e ventrali sono assenti mentre la pinna dorsale e l’anale si prolungano senza discontinuità dalla testa alla coda mentre sul lato ventrale questa pinna è più corta. La testa è breve, i denti sono lunghi e appuntiti, spesso caniniformi. Le aperture branchiali sono piccole e rotonde. Molte specie hanno narici tubulari simili a brevi tentacoli. Alcune specie di questa famiglia sono dotate di una “mascella” aggiuntiva nell’esofago allo scopo di inghiottire al meglio prede voluminose.

  2. Io in questo calligramma, o quecheè,
    ci ho visto la faccia del re di aringhe o serpentòn di mare,
    e una certa somiglianza, pure intrascorsi,
    col profilo dei generali Pittorru e Speciale,
    che devono aver buoni denti
    per triturar e digerir tangenti

    MarioB.

  3. Mi fà paura. Ho l’impressione di una bestia con tentacoli capaci di mi fare morire, o di un corpo ammalato, una pancia rovesciata, il simbolo del cancro.
    Spero che la mia interpretazione non sia segno di malattia mentale.
    Forse è l’ambiente di crisi che mi fa vedere queste cose.
    Come sono curiosa, vorrei avere una spiegazione.
    O allora è una figura della notte, del tempo dei sogni, l’immagine di un guerriero.

  4. A mio avviso, allude a uno stato di contenzione, dove il corpo tondo, tecnicamente perfetto, si afferma riconoscibile e portatore di alterità, benché costretto – enfaticamente costretto – dentro un corpo più vasto e, almeno visivamente, mobile e deliberatamente chiuso e oppressivo. Si potrebbe dire che la redazione sceglie, graficamente, un nuovo logo, e lo fa circolare, in tal modo vedendo la reazione del lettore; propone una figura retorica e misura la risposta. A onor del vero, ho pensato, aperta la home, a una allucinazione, o a una mera provocazione; ma anche, più intellettualmente, a una affermazione di principio: vediamo se – finalmente! – questi lettori scriteriati, così inclini al realismo da operetta, si rendono conto che ogni immagine, anche la più somigliante alla realtà, è un’illusione ottica. In tal caso, la redazione si professa – senza accorgersene? – a favore di una letteratura senza obblighi referenziali, dove l’impulso a rappresentare l’esterno è secondario rispetto alla passione del processo creativo. Ma resta il problema della redazione; e questa lettura – questa mia interpretazione anti-realistica – non può venir fuori dai nomi che la compongono. Sono dentro un errore. Questo disegno non è un gesto. Cos’è? È una testa con occhio e due orecchie; piange dentro, o ride, ma senza farlo vedere. È una testa che coincide con tutto il corpo, quindi serpentiforme, come rileva Sparz; e in me smuove una sensazione di paura, giacché la bocca, anche se non visibile, sarà certamente biforcuta e velenosa. L’equilibrio della figura, allora, puntiglioso e morbido, insinua il morso: come un cobra, con veloce e manigolda movenza, può farti deviare il percorso. E siamo di nuovo dentro una lettura progettuale del segno, come se si volesse suggerire che la strada presa è sbagliata: la serpe, maestra misconosciuta di vita, dapprima t’impone il disorientamento e quindi, compresa la possibilità, l’invenzione di una deviazione. Come sempre, il logo consacra l’idea. Ma: è questa l’idea? Che importanza ha saperlo con precisione? Il disegno è un logo e raffigura una testa. È il nome dell’immagine a consacrare questa ipotesi: “M-logo-head”. Cos’è “M”? Esistono tante bozze di logo, ognuna contrassegnata con una lettera d’alfabeto? E se tutto fosse un mero gioco di società? Una finzione ludica, o una coreografia a perdere, un’insensatezza geometrica, oppure – oh, certo, non sarebbe difficile vederci un pesce, ma veltronianamente anche no – oppure … E se non foss’altro che un fugace fantasma destinato a sparire in un eterno equivoco?

    [scusate questo nulla, volevo partecipare al gioco]

    ng

  5. Allora si tu mi parli di serpente, ho una reazione fobica. Non posso vedere uno serpente anche in un immagine. Logo di NI, spero di no.
    Preferisco le piume, eccetto se il disegno ha un senso altro in la mitologia indiana. Forse rappresenta un’idea bellissima.

  6. ragazzi, ragazzi, cercate il bianconiglio che nasconde l’indizio……

    Il genere Anguilla, ritenuto originario del Pacifico tropicale, è diffuso in tutti gli oceani. Si conoscono 16 specie (Ege, 1939), tutte migratrici catadrome. Due sole sono le specie che interessano l’areale atlantico, entrambe dislocate nell’emisfero settentrionale: una, A. rostrata, risale nelle acque dolci dell’America interessando un’area costiera che si estende dalla punta meridionale della Groenlandia alla Guyana; l’altra, A. anguilla, si distribuisce nelle acque del versante atlantico dell’Africa a Nord di 20° N, nel Mediterraneo (compreso, anche se le catture sono rare, il Mar Nero), in tutta la costa atlantica europea e si spinge oltre Capo Nord fino al Mare di Murmansk.

    Le altre 14 specie sono distribuite nei versanti africano e asiatico dell’Oceano Indiano e nell’areale orientale del Pacifico dalla Nuova Zelanda al Giappone. I più antichi fossili sono oligocenici.

    Secondo Fowler (1936) la linneana Muraena anguilla è il tipo del genere Muraena e questo nome generico competerebbe quindi alle Anguille, comunque dal 1922 la Commissione Internazionale di Nomenelatura (Opinion 77) ha stabilito M. helena come tipo di Muraena.

  7. (…) uno stupido pesce muto dagli occhi rossi del suo laghetto, così fuor d’ogni misura da divenire lo zimbello della città; proprio quel Crasso che allorché Domizio lo riprese una volta in Senato per aver versato lacrime sulla morte di questo pesce, volendolo far passare per uno mezzo matto, rispose a questi: Così si potrà dire che per la morte del mio pesce io ho fatto quanto tu non hai mai fatto per la morte nè della prima nè della tua seconda moglie.

  8. Gli ostracodermi non possedevano pinne;
    tuttavia la loro corazza si arricchì via via
    di protuberanze spinose che costituivano
    una specie di base d’appoggio per il
    movimento. Essi non erano né ciechi
    né sordi, anche se il loro cervello aveva
    dimensioni piccolissime.
    Così scrisse degli ostracodermi Flammarion:
    “I sessi esistono e sono separati; ma in
    questi animali la separazione non implica
    la dolce legge del reciproco avvicinamento;
    essi non conoscono le attrazioni riservate
    alle creature dell’avvenire; ignorano il
    desiderio; il sentimento affettivo nato
    dall’unione, anche passeggera, per loro
    non esiste. Incapaci d’amore, sono parimenti
    incapaci di affezione paterna, materna o
    filiale.
    Ogni pesce rimane isolato. Mangiare o
    essere mangiato, ecco il suo destino.
    La femmina seminerà migliaia di uova,
    di cui la maggior parte andrà perduta
    per la vita.
    Il maschio passerà alcuni giorni sopra
    queste uova e lascerà un liquido che le
    feconda.
    Non sono figli suoi, ma della natura.
    Poveri amori; povera vita.”

    RENATO E ROSELLINA BALBI, Lungo
    viaggio al centro del cervello, Laterza 1982.

  9. harzie, l’acuto latinista harzie ha vinto lo speciale premiolino della redazione, che però ancora non si sa bene in cosa consista………

  10. Avevo ragione di avere paura. Il cancro ha sempre paura delle murene.
    Mi chiedo che era la motivazione che rimane misteriosa. Vuole dire che in questo tempo di crisi, siamo in preda al veleno, inghiottiti? Vuole dire che le murene diffamano, sono della parte della ferocità?

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