A quelli che ci mancano: Jacovitti 1923-1997

12 COMMENTS

  1. grande: ho iniziato a leggerlo da piccolo perchè c’erano in casa delle sue raccolte comprate da mio papà.
    Mi diverte sempre cercare tutte le cose (salami, lische di pesce, …) disseminate nelle sue vignette.

    Andrea

  2. C’è mia figlia di 6 anni che lo adora. Mi sta spiegazzando tutti i (ex-miei) fumetti a furia di sfogliarli!

  3. Io avevo una cartelletta da disegno bianca tempestata di serpentelli e altri personaggi di Jacovitti. Poi la cartelletta s’è disfata ed io ho cominciato a ritagliare i serpentelli e gli altri personaggi per appiccicarli su biglietti di auguri ed altri trastulli di carta e cartone. Ora non ne rimane più niente. Ma mi è piaciuto molto. Molto davvero.

  4. Non vedo il salame.

    @Biondillo
    di a tua figlia che li tratti bene, uno che conosco con la sua vecchia raccolta di funetti si è risolto parecchi problemi.

  5. Altro che Smemorande&C, c’erano precise categorie di pensiero, di visione del mondo: Diario Linus, sinistra chic, con Snoopy sulla cuccia che ticchettava con la macchina da scrivere portatile l’incipit del suo eterno incompiuto romanzo noir : “Era una notte buia e tempestosa, la giovane lanciò un grido…”, Diario B. C. con quella donnona con la clava femminista d’attacco che pestava a spezzatino il serpente e Diario Vitt con quel suo horror vacui dada di ossa con gli occhi, salami con le gambe, vermetti pensosi, pesci a pallini, tacchi dadi e datteri e quelli che si chiedevano ma Jacovitti di nome Benito è di destra o di sinistra? Altri tempi.

  6. Sul sito rai, questa bellissima intervista di Vincenzo Mollica al maestro
    http://www.mollica.rai.it/cellulosa/jacovitti

    Intervistare Benito Jacovitti è come intervistare la nostra adolescenza, o meglio ancora quella parte del nostro cervello dove vivono le risate.
    Il suo modo di disegnare non ha mai smesso di accompagnarci, il suo universo era talmente appassionante e originale da diventare reale.
    Credo che sia una delle più lunghe interviste concesse da Jacovitti, in cui si racconta in maniera divertita e arguta.
    Il tutto è avvenuto nel suo studio, che ha visto nascere molti dei suoi personaggi che vivono nella nostra memoria come dei parenti.
    Prima di andar via, mi regalò un piccolo schizzo di una donna nuda, che tengo nel cassetto e mi accompagnerà sempre, come la sua infinita genialità.

    Quando ha cominciato a disegnare Jacovitti?

    Nel 1939, a sedici anni, ero a Firenze al liceo artistico e, nella parrocchia, un certo Paschetta mi chiese di cominciare a fare una storia per Il Vittorioso: feci Pippo, Palla e Pertica, poi continuai con una serie di personaggi, il più importante e’ nato nel 1957: era Cocco Bill, ma prima era nato Tex Revolver, nel 1947, un pre-Cocco Bill anche lui con il cavallo che parla, ripreso in Francia per Lucky Luke.
    In Italia conoscevamo lo spaghetti western, quando Sergio Leone ancore non firmava col suo vero nome. Bene, per smitizzare, questo personaggio beveva camomilla: per calmarsi.

    Di tutti i personaggi che ha creato a quali e’ più affezionato?

    Cocco Bill e alla signora Carlo Magno, una super woman creata nel ’41 che mi ricorda mia nonna, buonanima, che era una vecchia terribile. Durante la guerra, in seguito ad un bombardamento, ebbe una gamba fratturata e curata male. Rimase con una gamba più corta, gliel’hanno accorciata. Girava con una stampella e un giorno l’ha rotta sulla schiena di un malintenzionato, con forza. Questa vecchia nonna, molto dura anche con noi, che ne avevamo paura, mi ha ispirato.
    Sono affezionato a Cocco Bill perché amo il genere western, e a questa donna: non per fare il femminista o l’antifemminista, ma per fare una caricatura al Superman che c’era già in quegli anni: alla fine degli anni Trenta, inizio dei Quaranta.

    I salami e le lische di pesce seminate per terra, come nascono questi arredi?

    In attesa che mi venga l’idea. Quando nasce una storia io conosco solo il titolo ma non so come andare avanti. Allora, facendo una vignetta su una tavola… prima di iniziarne un’altra, invece di restare col pennino in bocca in attesa, io riempio gli spazi vuoti della tavola precedente con lische, ossa ed altre cose che penetrano nel terreno… Questo ha fatto dire a Metz, a Eco, a del Bono ed altri, che dietro c’era qualcosa di erotico, ma io non ci pensavo neanche lontanamente…
    Anche se io ho fatto una satira dell’erotismo nel 1980-81 su settimanali per soli uomini…

    Come no, la famosa sua rilettura del Kamasutra…

    Sì… e su questo ho fatto addirittura centodieci pose. E due ragazze di Milano mi hanno telefonato chiedendomi di provarle con loro queste cento e dieci pose. Io ho risposto che ero sposato da una quarantina d’anni e non avevo mai fatto nemmeno un cornetto a mia moglie. Allora mi hanno detto: “Lei è molto bravo, Jacovitti, però è un pirla.

    Dietro le sue spalle c’e’ un cartello che dice: Vietato cosare. Cosa significa?

    Tutto. Cosare è tutto, oggi: dalle tangenti,alla mafia, alla ndrangheta, la sacra rota… come si chiama quella delle puglie… La volgarità, l’incomprensione, l’inimicizia, l’odio che c’è tra le persone… Tutte le cose che vorrei io: che il mondo fosse più tranquillo. Quindi: vietato cosare.
    Però avevo un altro cartello con scritto “Attenti al dromedario”.
    E la gente mi chiedeva: “Come mai lei ha un dromedario?” “Me lo ha regalato mio zio che ha un circo”. E poi, mentre annaffiavo il giardino, facevo il verso del cammello, e la gente affacciava per vedere…

    Sono 53 anni che lei convive con il fumetto. Che cos’è per lei oggi il fumetto, esprimersi a fumetti?

    Un mondo che forse sarà cancellato dalla TV e dai nuovi media. I ragazzi seguono di più la televisione, con il telecomando, stanno per ore fissati lì. Il fumetto è rimasto solo per pochi amatori, ma può sopravvivere se cambia il gusto e la tecnica, perché oggi i fumetti si possono fare in gruppo, uno fa le matite….
    Io ho sempre fatto tutto da solo: testi, disegni… L’unica persona che mi aiuta è un certo Castellari che, da trentasette anni, mi dà i colori, io metto i numerini da uno a venticinque, lui li conosce a memoria: io metto per esempio qui il 12 perché è il rosa, 11 per il rosso, 24 viola, 25 il bianco e così via…
    Vengono fuori questi disegni a colori qui, perché per me colorare è una perdita di tempo, e lui è bravo. Questi colori poi sono difficili da dare, non sono pastelli, sono adatti per la stampa, risultano compatti.

    Lei ha inventato anche il diario Vitt, che ha accompagnato intere generazioni a scuola

    Ho iniziato nel 1945, subito dopo la guerra, a Roma, e negli anni Sessanta era l’unico e vendeva 2 milioni e mezzo di copie: quindi ho venduto più di Eco in Italia.
    I testi erano fatti da Gervasio, da Montanelli, da Zavoli da Paternostro, da Ruggero Orlando e da tanti autori. Io facevo i disegnini.

    Era un modo per rimanere sempre a scuola .

    Sì, poi l’ho fatto per un’altra casa editrice perché nel 1981 ho litigato con l’Ave a causa dei disegni erotici. Mi hanno detto di smettere di farli ed io, siccome sono un liberale… D’altra parte li ho fatti solo per due anni quei disegni lì.

    Poi si è stufato?

    No… In quegli anni in Italia siamo capitati in piena Svezia senza avere una adeguata educazione sessuale. Oscenità sulle televisioni private, nelle edicole… albetti pornografici su Biancaneve, Cappuccetto Rosso… e io prendevo in giro il sesso facendo per esempio gli uomini col pene a forma di rubinetto, le donne con tre seni …

    Quando si è trovato ad essere giudicato per la politica lei che faceva, rideva?

    Sì, lasciamo perdere, perché io sono diventato amico di queste persone… Da sinistra ci sono state delle persone che hanno scritto a Linus dandomi del fascista, quelli di estrema destra mi hanno telefonato minacciandomi di morte. A loro ho detto che mi chiamo Benito: “Eia eia alala …”

    Lei stava in mezzo, insomma?

    In mezzo e in alto, poi faccio delle panoramiche e vedo la gente dall’alto. A me dà fastidio la folla, non ho mai visto una partita di calcio per non stare in mezzo alla folla, non vado mai in tram perché la gente ti sta addosso. Sono solitario. Gli umoristi sono o tristi, o solitari, o matti. Io sono tutte e tre le cose, un clown… Sto in mezzo, faccio cose strane e la folla intorno…
    Il mio umorismo è basato sull’assurdo, anche se ho dei riferimenti ad un’epoca precisa, gli anni Trenta: i vestiti, i costumi, le automobili di Ridolini, gli aerei tozzi.
    E poi sembrava che tutto funzionasse meglio, la posta arrivava il giorno dopo…
    Ma forse perché ero ragazzo e quando si è ragazzi si è più felici.

    Ci racconti la battuta a cui è più affezionato.

    Non so raccontare e un vignettista non può ripetersi, io devo fare ogni giorno una battuta nuova.
    I comici dicono la barzelletta per sei mesi, io non mi ricordo…. Forse questa… C’è un tipo sulla carrozzina a mezzo busto senza le gambe e ne incontra uno che ne ha quattro: “Io ho perso le mie gambe nella prima guerra mondiale”. E l’altro: “Io le ho trovate nella seconda…”
    Ma detta così…
    Una battuta ha bisogno del disegno, a volte può essere anche muta.
    Le battute certi disegnatori le mettono fuori dal disegno, che potrebbero andare anche senza la vignetta, come fa Schultz.
    Io preferisco Quino, con Mafalda , umorista più vicino al mio carattere.

    Ha qualche nostalgia?

    Quella di ritornare giovane! Io a sessantanove anni mi vedo sempre uguale allo specchio, come a sedici anni. Sono gli altri che mi vedono con i capelli bianchi… Vorrei essere giovane anche fisicamente. Ma chi si accontenta gode.

  7. Il genio di Jacovitti va molto oltre i particolari “arredi” delle sue scene. Era un acerrimo nemico degli spazi vuoti, per questo tendeva a riempire le sue scene con ciò che gli veniva in mente… era uno spontaneo.
    Memorabili sono una marea di suoi personaggi. Oltre Cocco Bill ricorderete con piacere Zorry Kidd, Tom Ficcanaso, la signora Carlomagno… tutti protagonisti dello straordinari diario Vitt, da lui sceneggiato ed amico inseparabile dei ragazzi degli anni ’50, ‘6’ e ’70.
    Ho da poco fatto un’intervista alla figlia Silvia ed al suo erede morale Luca Salvagno che continua a disegnare Cocco Bill su “Il Giornalino” delle edizioni Sanpaolo. Mi ha colpito la straordinaria disponibilità e l’immensa nostalgia con cui parlavano del grande Jacc. Un sentimento mai triste, devo dire, ma pieno di orgoglio ed amore per un uomo che a dieci anni dalla sua scomparsa sta ricevendo – e direi finalmente! – il tributo che merita!

  8. io voglio conoscere carla bariffi. sì, lo so che non c’entra un cazzo con jacovitti. m’intrigano i suoi commenti. che vi devo dire. carla, batti un colpo quando ci ri-sei.

    comunque, per non andare off topic completamente, dirò che jacovitti era straordinariamente fascista. e allora?

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017