Il romanzo dello scrittore più grande al mondo

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di Franz Krauspenhaar

Il Maestrale è una casa editrice sarda specializzata in libri di alta qualità. Alessandro De Roma, l’esordiente trentasettenne di questo Vita e morte di Ludovico Lauter, (Nuoro 2007, pp.340, euro 14,00; www.edizionimaestrale.com), parte dagli stessi nastri di partenza di Salvatore Niffoi, e potrebbe fare lo stesso percorso, perché la stoffa c’è. Dunque si parlava di Sardegna. Possiamo parlare di regione nel senso comune del termine, nel caso dell’isola per eccellenza?  Essa è terra di silenzi pieni di significato, di una durezza che è in realtà spietata coerenza; poco o nulla italiani, i sardi, ma  pienamente radicati dentro loro stessi.

La cosa curiosa è che questo romanzo corposo di narrazione pura – sì, De Roma è un narratore, vale a dire è uno che s’impegna fino allo spasimo nella fabula, che la fabula la fa propria come si trattasse della propria personale storia,  e la elargisce con generosità al lettore – è autoctono e allo stesso tempo internazionale. L’autore ha messo insieme non dico due opposti, ma certamente due facce della stessa medaglia della quale è fatta la terra – intendendone il globo- dentro la quale tutta l’umanità gira.

Perché il biografato protagonista di questo esordio è un sardo di origine tedesca. Ecco spiegato quel concetto che ho espresso prima, nell’immagine della medaglia a due facce: la sardità, con tutta la fatica e l’orgoglio che il vivere questa identità etnica comporta, e l’internazionalità, rappresentata da queste origini nordeuropee per linea paterna.

Lauter, il personaggio che dà il titolo al romanzo,  è il “più grande scrittore di tutti i tempi”. E’ arrivato là dove volano le aquile, alla cima tempestosa della immensità letteraria. Ma è sparito, nessuno sa più niente di lui. Allo stesso tempo, uno scrittore agli antipodi di Ludovico (cioè una specie di Spooner, lo scrittore fallito di No man’s land di Pinter),  che campa con piccole collaborazioni giornalistiche, va in Sardegna per impregnarsi dei sapori dei luoghi in cui ha vissuto il genio della letteratura. Obiettivo: scriverne la biografia. Il genio sardo dal cognome tedesco è figlio per l’appunto di un uomo che si chiamava Hermann, e di una giovane figlia delle spiagge dell’isola.

Il biografo scrive, scrive tutto, senza risparmiarsi: Ludovico che nasce mentre la guerra impazza ancora anche sull’isola – perché essa proprio non risparmia nessuno e quasi nessun luogo. Poi, la narrazione biografica si sposta nella Roma dei fin troppo idealizzati anni Sessanta, vissuta nel periodo dell’adolescenza, e di seguito nella Bologna degli studi universitari, fino ad approdare in Germania, a Wiesbaden, località termale a due passi da Francoforte. Laggiù al nord Ludovico vuole sentire  profondamente le sue radici, ben annodate a sé. Un aspetto della vicenda quanto mai importante, questo; perché più si è distanti dalla terra natale del padre, dalla Vaterland, in questo caso,  più  diventa addirittura urgente, a un dato punto della propria vita, cercare l’humus ancestrale, la lontana terra che ha fecondato la vita di chi ci ha dato la vita, l’Ursprung.

Milano ha un ruolo decisamente importante in questo romanzo: là Lauter – sempre raccontato dal biografo che viene a sua volta raccontato da De Roma, sorta di burattinaio di una storia nella storia – conosce la fama letteraria, assurge all’empireo dei grandi.

Il romanzo prosegue con carrellate nette montate con sapienza che seguono Ludovico  muoversi per New York, la grande mela delle illusioni, delle contraddizioni  estreme. E lì, proprio a New York, si sono perse le tracce del genio; o meglio, in quella residenza che è la bottega delle sue clamorose invenzioni – nient’altro che un catino mentale dentro il quale vanno a riversarsi stilla a stilla le nevrosi proprie di ogni grande scrittore.

Sulla  costa del mare sardo il freddo dell’inverno si fa più pungente, il biografo continua a  scavare e scavare, con la forza delle braccia tese, in quest’operazione pericolosa  nella quale si sta cimentando, perché andare a  incanalarsi nella vita di un uomo così importante e così introvabile potrebbe portare frutti non esattamente commestibili.

Un esordio di forte suggestione, questo di De Roma, che ci consegna un romanzo dalla scrittura chiara e avvolgente; e complesso, e preciso nei suoi movimenti. La storia di uno scrittore piccolo che racconta la vita di uno scrittore grande, scritta  da un narratore – De Roma – che è giunto all’eccellenza fin dall’inizio. E attendetevi un finale a sorpresa.

(Pubblicato su Il Domenicale 26.05.2007)

21 COMMENTS

  1. La Sardegna, come la Sicilia, è una terra di specialissime tradizioni letterarie. Non dimentichiamoci Grazia Deledda, Giuseppe Dessì e Salvatore Satta.

    Quando si vuole ricercare qualcosa di interessante, spesso lo si trova indagando nel Sud (vorrei aggiungere Raffaele Nigro per la Puglia e Gaetano Cappelli (è uscito da poco il suo ultimo romanzo per Marsilio) per la Lucania.

    Grazie, Franz, di questa segnalazione.

  2. Isola, lingua di chiusura, interiore, ma lingua di partenza.
    L’argomento mi sembra sottolineare un viaggio verso i radici ( dentro e fuori), lingua di protezione e lingua straniera, lingua audace.
    Due culture, due amori.

  3. e chi sarebbe questo – scrittore più grande del mondo? –
    ce ne sono così tanti in giro, anonimi.

  4. Ho già postato questo OT, più sotto, nei commenti all’articolo di Mauro Baldrati, ma qui mi sembra più appropriato. Scusate la duplicazione.

    Segnalo ai lettori di N.I. che sul magazine del Corsera di oggi, a pag. 64 inizia un lungo articolo di Antonio D’Orrico dedicato a Gaetano Cappelli, che considero uno dei più bravi autori italiani, al quale ho dedicato due mie letture in vibrissebollettino (http://www.vibrissebollettino.net/archives/2005/10/gaetano_cappell_1.html per Parenti lontani e http://www.vibrissebollettino.net/archives/2005/12/gaetano_cappell_2.html per Il Primo): Il Titolo dell’articolo è: Il Roth italiano? Si chiama Cappelli. Il suo nuovo romanzo uscito per Marsilio: Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo.

    Lasciatemi dire che sono arcicontento che finalmente ci si accorga di uno scrittore di così grande talento, al quale torno ad augurare tanta fortuna.

  5. COMMENTO ASSOLUTAMENTE FUORI TEMA:

    Perche’ avete bloccato i commenti all’intervista di Pecoraro di aprile? Io navigo allegramente in NI fra i mesi e gli anni e uf, va be’, mi verrebbe voglia di lasciare il mio commento qui, ma sono inopportuna perche’ non ho ancora letto la recensione al libro di De Roma e non vorrei sembrare maleducata e scortese nei suoi confronti parlando di un altro autore…

    Confido nella vostra tolleranza:

    Gran bel libro quello di Pecoraro. Per molte moltissime ragioni. Io adesso vi dico una delle tante che mi ha colpita: la geometria presa a metafora (ebbene si’, tash le fugge ma non puo’ farne a meno). Mi riferisco alla tematica interno-esterno del primo racconto, al sistema (inteso come sistema di sue equazioni algebriche) di risoluzione impossibile fra i due protagonisti, alla totalita’ del mondo esterno che si riversa all’infinito nel mondo interno profanandolo (insomma quella festa di compleanno diventa un aleph borghesiano in cui tutta la gente confluisce all’interno senza fine: vanno dentro perfino nel suo passato, le foto dei figli). Non c’e’ piu’ un limite un confine fra una stanza e l’altra.

    Il rettangolo infinito del dipinto all’interno della stanza “match”, anche qui c’e’ un loop topologico senza fine dovuto all’oltrepassare i limiti del quadro tradizionale. Viene da immaginare che se la stanza avesse avuto la forma di un nastro di Moebius, avremmo avuto anche il confondersi fra interno ed esterno! Invece qui e’ tutto dentro, ci si chiude dentro a chiave nel delirio senza fine.
    Qui il continuo fluire e’ piu’ spaziale che temporale. Nel primo racconto la folla fluisce per sempre, la festa non finira’ mai, qui la pittura si interrompe.
    E poi anche la pagina scritta e’ un rettangolo che si espande all’infinito, volendo: un blog che va sempre di piu’ verso il basso.
    Anche il campo da tennis e’ rettangolare (viene in mente un racconto di Wallace).
    E il libro e’ un rettangolo nello scaffale rettangolare della libreria rettangolare. Da quando ho letto il libro vedo solo rettangoli!

    Il fascino maniacale delle forme c’e’ anche nel cenno alla pavimentazione all’inizio di “Farsi un rolex”.

    Sono solo appunti, c’e’ molto molto di piu’, tutto quello che avete gia’ scritto nei commenti prima (il tema del lavoro, con le relative “malattie professionali”: l’ingegnere che va in stand by e’ fantastico! E Bonfilio che ha un lanciafiamme su per l’esofago! Si riesce a sorridere anche nel dramma piu’ tremendo e squallido)

    fem

  6. C’è la bacheca, per questo genere di cose.
    Per la prossima volta, lo tenga presente.

  7. Francesca, chiudiamo automaticamente i commenti nei post più vecchi di 30 giorni, o che abbiano l’ultimo commento più vecchio di 30 giorni.

    Se si vuol ugualmente commentare in questi casi, conviene scrivere un post sul proprio blog con il link al pezzo originale su NI.

    Comunque, ci fa molto piacere la tua attenzione sull’archivio.

  8. A Iannozzi dico che io pubblico dove mi pare. Il Domenicale è una rivista culturale come varie altre. Non vedo perchè non dovrei duplicarne qui su NI i miei articoli. Ho detto in varie occasioni che di politica – associata a un discorso culturale – non mi occupo.

  9. Ah la bacheca, non l’avevo neppure vista!
    Grazie mille per la guida al blog in tempo reale, siete proprio gentili! (non leggo mai le istruzioni in nessuna occasione, purtroppo. E ormai sono troppo vecchia per cambiare!)

    fem

  10. Immagino, Franz, che ti riferisci all’OT delle 14,22. Come Francesca, anch’io non conoscevo la bacheca. Chiedo venia. In ogni caso, le ho dato un’occhiata, ma temo che le notizie lì pubblicate siano come sepolte, o sbaglio?

    Per combinazione, nel mio primo commento (ho già ordinato il libro da te segnalato) facevo accenno a Gaetano Cappelli. Erano le 8,18. Sono uscito a comprare il giornale e sul magaziine ho trovato l’articolo di D’Orrico. La cosa, indubbiamente, mi ha fatto piacere, e la coincidenza mi è sembrata di buon auspicio per questo bravo autore.

    Di nuovo, mi scuso.

  11. tempo fa ho letto un articolo su un blog, parlava della morte certa dei quotidiani. assassinati dalla rete, diceva. diceva che la rete è migliore della carta stampata perchè se vuoi riprendi, rileggi, rinfreschi, e gli articoli sono sempre vivi. diceva che questa cosa non accade con la carta stampata, che quella la butti via e magari ci accendi il fuoco.
    embè, francesca e.magni ha detto proprio che il re è nudo.
    e bartolomeo di monaco lo ha ripetuto in modo funereo: ‘temo che le notizie lì pubblicate siano come sepolte’.

    ah, scusate, scrivevo a voce alta.

  12. io la bacheca la leggo tutti i giorni. Sono un necrofilo? Oppure non è affatto vero che lì si seppellisce alcunché?

    E comunque onore al Maestrale che fa da anni un ottimo lavoro.

  13. ma sempri aicci candu si chistionada de dommu nosta. No s’appa cumprendi mai, continentalis. Itta abarraisi a s’arrespundi mabi a no si cunprendi candu esti aicci facilli arrexionai. Insà mancu abarru po’ traduxi. No ddu meritaisi. Scetti Franz, grazias Franz non esti facilli abarrai sardu forasa.

  14. @Iannozzi
    guarda che nel tuo blog c’e’ un virus. Cerca di debellarlo, altrimenti infetti tutti

    fem

  15. @ziggy e @NI

    in effetti sarebbe bello avere sempre la possibilita’ di commentare nel tempo anche le vecchie cose.

    Non so che tipo di lavoro questo comporti per chi cura un blog (in termini di tempo e impegno…).

    saluti

    fem

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