Furlen vs Josè Muñoz

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E’ una vecchia intervista di cui parlavo con Andrea Barbieri ieri alla presentazione della rivista Il Primo Amore. Alla redazione di questa bellissima iniziativa faccio tutti i miei auguri. Al Barbieri dedico questo dialogo pubblicato per Zona Editrice circa un secolo fa , con la speranza che la smetta di essere un persecutore per dedicarsi di più a quel che ama. E se glielo chiedo è perché tanto lo so che non mi ascolterà. effeffe

“Brindate, o femmine di malaffare…”
Dialogo di Francesco Forlani con Josè Muñoz

Incontro Josè Muñoz in un caffè: “L’atmosphére”, hautlieu della cultura underground parigina, ad uno sputo dal canal st. Martin. Di lui è appena uscito ed è stato accolto con entusiasmo, il bellissimo Carnet argentin “Buenos Aires” presso l’editore Alain Beaulet. Un’opera
di intensa potenza espressiva, leggera ed allo stesso tempo grave come passi di tango, arcaica e straordinariamente moderna, con un impiego del colore, per un autore del bianco e nero, assolutamente inedito, bref… un’opera d’arte…

D. Carissimo Josè, è da tempo che volevo chiederti notizie del “Poeta”, straordinario album realizzato in coppia con Carlos Sampajo (éditions Amok): ti va di parlarcene?

R. E’ nato a brandelli, frammenti, da un moto di indignazione che m’ha colto nei remoti anni
Novanta, quando Salvo Randone, ottantaduenne, invitato ad un “Maurizio Costanzo Show”,piangendo, descriveva il disastro economico in cui viveva, costretto a calcare le scene per comprarsi medicine e sopravvivenza, e confessando di non farcela più. Il cerone gli scendeva lungo il viso, e la classe politica, che assisteva alla rappresentazione, decise la famosa Legge Bacchelli. In sostanza si attribuiva una pensione ad una figura che, secondo gli stessi politici, avesse contribuito alla gloria letteraria del paese.
Quel mio sconcerto mi spinse poi ad altre considerazioni, il parallelismo tra il mondo dei poeti e quello dei fumettari. Perché in fondo i poeti fanno la fame ma in compenso detengono un ruolo sociale, una sorta di rispetto, mentre il fumettaro come il poeta muore di fame ma in più è considerato un poco di buono. Perché vedi, la cultura dominante ha una relazione con il mondo artistico di amore-odio: gli sterili vorrebbero, secondo antichi riti cannibalistici, divorare il cuore dei creativi, e allora ne adottano alcuni selezionatissimi e importanti per farne poeti di regime, cioè non più poeti.

D. Il tuo poeta invece mi sembra che una volta ottenuta la pensione se la goda tutta comprandosi “inattuali” vestiti dai migliori sarti e spendendosi tutto nei bordelli, sotto gli occhi di un funzionario incaricato di sorvegliare il buon uso di quei soldi.
Funzionario che, nel secondo episodio, diventa un tipico rappresentante del rampantismo anni Novanta, che irrita il poeta che – prima di arrivare al paese, che in gran pompa lo attende perché distribuisca premi letterari – gli spara, scaraventandolo giù dal treno…

R … con una copia di un giornale che svolazza e sulla cui prima pagina campeggia
il titolo (vero) “vendiamo teleutenti alle aziende”. Quest’episodio ci fu pubblicato nel 92 in un’opera collettiva finanziata dalle Ferrovie italiane, insieme a Crepax, Mattotti, Hugo Pratt, Cinzia Leone.

D. Nelle vostre storie, i personaggi secondari – i passanti, per esempio – vestono un ruolo particolare, veicolo delle idee correnti.

R. Potrei citare due esempi, la banderuola con su scritto “L’Europa é extracomunitaria” e la maglietta d’un passante dove nella marca “Andrea del Sarto”, Sarto è cancellato per lasciare il posto a stilista. E già, perché guai a chiamare sarto uno stilista, mentre non mi risulta che nel mio mestiere si provi vergogna ad essere definiti “fumettari”.

D. Leggi poesia?

R. Oggi più che nel passato. Guillene, per esempio e con gli scrittori ci si incontra spesso, le occasioni non mancano. A parte Jerome Charyn – con cui ho realizzato un libro, “Panna Maria”, pubblicato da Casterman due anni fa – ho un bel rapporto con Paco
Ignacio Taibo II. Ne condivido soprattutto il tentativo di strappare agli europei la visione di noi sudamericani come nativi dell’inferno o del paradiso, di restituirci al nostro essere corpo, persone.

D. Il tuo rapporto con Sampajo?

R. Un caso di schizofrenia riuscita, prima eravamo come una sola persona, che è stata separata in due. Ma ci siamo ritrovati e i nostri segni, parole, gesti, finzioni diventano la nostra amicizia – con tutta la meraviglia che i nostri stessi giocattoli ci procurano – si mescolano nella fucina di un unico autore.

D. Com’era il brindisi del poeta appena sbarcato nel bordello?

R. “Brindate, o femmine di malaffare...”

30 COMMENTS

  1. 40 euro o____O

    Per tre numeri.

    Ma deve essere perlomeno una rivista su pergamena e coi fregi d’oro.

    Non esiste nemmeno se mi mettono al muro.
    Con 40 Euro ci compri almeno 4/5 edizioni in brossura di libri di 250/300 pagine almeno. Che è meglio.

  2. francesco MA ……… MA andrea NON è un persecutore, anzi è un personaggio favoloso della rete, altro che persecutore ;-).

  3. ieri c’è stato perfino un tipo che ha preteso da andrea un documento per essere sicuro che fosse proprio lui. Comunque Georgia si capiva che il mio “persecutore” era affettuoso? Cioé voglio dire l’accento, grave cioé cioè si capiva no?
    effeffe

  4. Questi del primo amore mi pare stiano sempre a predicare di essere i più puri e poi prendono soldi per fare la rivista a quanto mi diceva una alla festa presentazione e se la fanno pure pagare carissima non diveramente dal giornale libero, per fare pubblicità a loro stessi e solo a loro stessi. MA che senso ha una rivista di carta quando ora c’è internet uno se li si può leggere in rete più o meno a gratis se non si conta il costo del collegamento. Perché aggia pagà a robba tua? Ma che è? Che non fanno altro che parlare di se stessi, che roba è? E’ questa la qualità? Questa robetta milanesa, vebbé che so napoletano e forse di ste promozioni da bar alla moda non ne capisco ma sono proprio contento di non cascare nella rete del primoamore che vuole spazio spazio solo per sé come gli ex 68ottini e questi che so ancora quelli del 77? SOLDI, POTERE E FAMA MA SOLO PER NOI CHE CI AMIAMO TANTO! w gemma!
    non la compro!

  5. Solo due parole: La rivista è autofinanziata, non prendiamo soldi per fare la rivista ma come tutte le riviste e i libri si acquistano, sono 130 pagine e costa 14 euro. Nessuno è obbligato a comprarla e tutti possono esprimere un’opinione dopo averla letta, ma criticare senza neppure sapere di cosa si sta parlando è demenziale. Detto questo, sono felicissima di aver visto un sacco di Indiani ieri sera perché a differenza di quanto si possa pensare c’è grande rispetto reciproco e anche amicizia.

  6. beh un po’ promozionale pare ilprimoamore non che ci sia niente di male.
    Comunque andiamo oltre, prendiamo solo quello che ci interessa e lasciamo quello che ci pare fasullo pure se viene da chi millanta necessariamente qualità. Del resto pure il sito del primoamore ultimamente è piuttosto scadente, ogni tanto qualche cosa veramente buona c’è. Vale per tutti, pure Nazione Indiana non sempre è interessante e bbuona

  7. Capisco il consiglio di Francesco, di lasciar perdere il grido, la denuncia, l’arrabbiatura lo scazzottamento in rete, di lasciar perdere perché può diventare una malattia che allontana dalle cose che si amano, dalla gioia di condividerle. La cosa importante è la gioia, si deve puntare a quella, non al coraggio in sé. Il mondo non se ne fa niente di chi ritiene che il coraggio sia il traguardo, magari sancito da un “martirio”.
    Però oggi la situazione culturale è talmente disgraziata, vergognosa, a picco che il coraggio è necessario, la resistenza è un obbligo: si deve difendere quello che si ama.
    Non so se ho una sensibilità particolare, una lente che mi fa vedere giorno dopo giorno chiaramente come si chiudono le cose, come tutto diventa un po’ più opaco. A me sinceramente sembra impossibile avere questa lente, penso che tutti, eccetto quelli colpiti dal gas esilarante, abbiano la stessa possibilità di vedere.
    Francesco ci posta questa intervista al bravissimo Munoz, allora vorrei ricordare un altro autore di fumetto, il più grande di tutti, l’argentino Alberto Breccia. Nell”82 Breccia era controllato dalla dittatura militare. Lui stesso disse: In quel periodo chiunque usasse il cervello era sospetto. Eppure Breccia non rinunciò a usare il cervello, prendendosi tutto lo spazio concesso e anche un po’ di più. In quel periodo disegnò “Dracula”, una storia che denunciava il potere rendendolo grottesco, c’era anche la scena di un torturato, c’era scritto “Macelleria di Stato”. Chi glielo faceva fare? Perché non dedicarsi a cose tranquille, cose amate e tuttavia abbondantemente dentro lo spazio concesso? Perché ostinarsi a mantenere viva la propria voce eversiva, dandogli colori e forme?
    La risposta è ovvia, Breccia perseguiva (era un “persecutore”!) quello che amava e che in quel momento mancava. Così è riuscito a consegnarci una bellissima opera sulla libertà.

  8. ‘allora vorrei ricordare un altro autore di fumetto, il più grande di tutti, l’argentino Alberto Breccia’

    sì, uno dei più grandi ‘narratori’ del novecento.

  9. indiani, scusate: se mando a cagare ‘quello dei trenta denari’, mi censurate ancora?

  10. Se sono 130 pagine su pergamena, fregi in oro, illustrazioni a colori a tutta pagina, interviste esclusive ai premi nobel, allora forse. Ma così di certo il prezzo è impopolare. E diciamo pure che 130 pagine sono proprio pochine per 14 euro a numero. Oggi come oggi mi sembra improponibile mettere una rivista così, con un prezzo così: chi volete che la compri? Chi la fa e qualche amico. Morta lì. Ma è naturale che vada a finire così: c’è internet. Ma togliamo internet: rimane che per quanto possa essere bella una rivista, 14 euro sono una mazzata senza senso.

  11. @ GABRIELLA

    Ma io non pensavo potessi arrivare a tanto.
    E’ possibile avere una polaroid dell’evento mentre ti stracci le vesti e ti batti il petto? Potrebbe essere la copertina per il prossimo numero de “Il primo amore”. O no?
    Ah, Berlusconi finanzierà la traduzione in inglese del Leopardi.

  12. Che bello! Stamattina il buon Achille Maccapani mi ha segnalato ch’è ri-apparsa su Nazione Indiana questa intervista! Allora preciso per gli amici e i parenti (e per mio fratello Furlen) che l’intervista medesima apparve (non proprio per Editrice ZONA ma) sul glorioso Rubicondor On Line – La prima newsletter italiana di poesia, che ho avuto la forza e la pazienza di “fare” e diffondere per qualche annetto, e ch’ebbe inizio una decina di anni fa. Qualcuno di voi se la ricorda? Furlen se la ricorda sicuro, ma si sa, la sua memoria è obnubilata dal cappello! L’intervista apparve in una rubrica “dal mondo” alla quale collaboravano (con Furlen) vari amici sparsi ai quattro angoli del mondo (insomma: diciamo in almeno un paio dei quattro angoli del mondo…). Un bacio al mio Tristano, e un saluto a tutti quelli che leggono…

  13. La rivista come oggetto è davvero bella e curata. Il formato è quello che preferisco, grande ma maneggevole, identico a quello scelto da Coconino press per la maggior parte dei volumi (es. quelli di Toffolo). Essendo un formato più grande di quello di un libro “normale” le pagine ovviamente diminuiscono: se fosse un libro tipo quello della collana 24/7 di Rizzoli, invece di 130-140 sarebbero probabilmente più di 200. La carta è ottima, non carta igienica come ci sta abituando per esempio Einaudi anche in collane non economiche. A questo punto direi che il prezzo è corretto, e potrebbe diminuire soltanto aumentando significativamente il volume di vendita.
    Se ci si abbonana inoltre il prezzo cala a 13,33 euro a copia, che diventa decisamente concorrenziale visto il prodotto.
    Il progetto grafico è molto bello, se non sbaglio il tipo di impaginazione testo-foto è quello praticato da Bruno Munari.

    Questo per quanto riguarda l’oggetto. Se passiamo al contenuto, non solo la qualità è molto elevata, ma è presente quel grande valore che è la ricerca. Non abbiamo in mano un “Nuovi argomenti”, abbiamo in mano una rivista che si sforza davvero di spostare il confine di quello che si può tentare e pensare. E a mio parere riesce molto bene.
    Dunque il mio punto di vista è questo: lode, altissima lode, all’editore e alla redazione che si fanno il mazzo per metterla a nostra disposizione.

  14. sì, ma noi vogliamo qualche aneddoto sul barbieri e la sua discesa in campo! com’è, che fa, che dice! gossipppp!!!!!

  15. Iannozzi: provvederò, per la polaroid.
    Per quanto riguarda Berlusconi finanziatore, è agghiacciante il fatto che la cosidetta cultura di sinistra non abbia capito l’importanza della cosa, e abbia permesso questo ritorno di immagine al brigante…c’è da riflettere seriamente, molto seriamente, altro che storie!

  16. Francamente 14,00 euro per 130 pagine non mi sembrano un furto.
    Certo dovrei leggerla, per averne davvero un’opinione, ma qui si sta amminchiando – mi si passi l’espressione – sul colore della copertina e la grammatura della carta.
    A parte Barbieri, chi l’ha letta? Mi piacerebbe davvero leggere qualche altra opinione.
    O forse commetterò comunque l’acquisto.

  17. Per quanto riguarda la traduzione dello “Zibaldone” in inglese. Forse, visti i tempi che corrono, non c’è da stupirsi. Io però mi sono stupito lo stesso, e molto, del fatto che, a parte quelli citati su “Il primo amore” (“La stampa” e “Libero”), non solo nessun giornale, ma anche nessun blog letterario (tranne una eccezione, che io sappia) abbia ripreso l’appello. In questo caso davvero ci sarebbe stato da dare prova di un impegno in una causa di indiscutibile valore, e mi pare di poter concludere con tristezza che sia stata un’occasione persa per tutta quanta la cultura italiana. Ci vorrebbe un’attenzione maggiore per le cose che davvero valgono.
    Felicitazioni, comunque, per il buon esito dell’appello. In fondo era questo che si voleva. Nei secoli avvenire anche il mondo che parla inglese potrà parlare dello “Zibaldone”.

  18. @ GABRIELLA FUSCHINI

    Ok, aspetterò la foto sul secondo numero dunque. :-)

    Non è così agghiacciante: se la Sinistra non ha capito il valore della cultura, di Giacomo Leopardi, se ancora oggi non la finanzia né la paga, allora, per me, che Silvio Berlusconi, ma anche altri, si facciano pure avanti e finanzino l’Arte, loro che i soldi ce li hanno, anche se poi forse non gli interessa granché sapere cosa stanno finanziando. Ma poi è un luogo fin troppo comune pensare che la Destra viva nell’ignoranza: io non lo penso affatto. Gli ignoranti sono in tutte le fazioni politiche. Se i soldi di Berlusconi finanzieranno la traduzione del Leopardi, se gli inglesi e tanti altri avranno così modo di conoscere un grande della cultura, allora non vedo perché no. D’altro canto la cultura è tanto di Destra quanto di Sinistra, e non mi sembra che il Leopardi fosse un animo particolarmente socialista. Storicamente parlando la Letteratura che oggi leggiamo non è stata salvata e finanziata dal socialismo, ma quasi sempre da mecenati oculati, colti o meno.

  19. La festa ha avuto l’effetto “pranzo di Babette”, cioè un’occasione per fare pace con alcune persone. Ho avuto piacere di vedere Franz e Helena perché li trovo bravissimi e mi scocciava davvero che i rapporti in rete avessero portato a una specie di inimicizia, specialmente con Franz. Cavolo non ci può essere “disamistade” con uno che lascia lavoro e sicurezza per essere libero di scrivere, no no.

  20. barbieri ha fatto pace con franz ed helena? tutte le battaglie virtuali finiscono male ogni maledetta volta che le persone diventano reali. ecco perchè mi tengo lontanissimo da iannozzi e tashtego. stai a vedere che se li incontro li trovo pure umani?

  21. OT: Sitting caro, su LPELS c’è un post di Chiara Daino che ti riguarda da vicino.

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017