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Metodo

di Giuseppe Cornacchia

traduzione di Chiara De Luca e Gray Sutherland, con la collaborazione di Judy Swann (2007)

If more models accept a phenomenon
they are not independent, so, let’s think
going to the core. But the phenomenon?
Well, let’s think about the phenomenon then,
regardless of the core.
Thinking about the phenomenon we have
does the core have anything to do with it?
We could do without using it,
without even realizing it.
Given the core, how simple is the study
of a phenomenon?
Of my phenomenon??
For the phenomenon I invent a local core.
Given the core I derive its phenomena;
given a core, I adapt my phenomenon.
I think about the phenomenon and my phenomenon:
are they the same? Reasonably the same?
I think about the phenomenon via the core.

I think of the core. I think, I think, I think
starting from the phenomenon.
I think of the core. I think of the core.
I think of the core starting from the phenomenon
Or do I invent a core to support my phenomenon?
A core, phenomena;
a phenomenon, my local core;
more phenomena, more local cores.
From the local cores the only core, if there is one.
From the core phenomena,
my phenomenon. And the phenomenon?
A phenomenon is my phenomenon
but is the phenomenon a phenomenon?
From my local core the only core:
I have invented a local core
trying to discover the only core.
Trying to discover the only core
I have invented a local core
that supports my phenomenon.
Rightly adopting a real phenomenon
I have made a discovery. Studying is useful.
Knowing phenomena is useful for inventing things
discovering indirectly.

***

Se più modelli ammettono un fenomeno
non sono indipendenti, dunque ragioniamo
andando al nocciolo. Ma il fenomeno?
Allora ragioniamo sul fenomeno
a prescindere dal nocciolo.
Ragionare sul fenomeno che abbiamo
centra il nocciolo? Potremmo non servircene,
non accorgercene.
Dato il nocciolo, quanto è semplice
lo studio di un fenomeno?
Il mio fenomeno??
Sul fenomeno invento un nocciolo locale.
Dato un nocciolo, ricavo i suoi fenomeni;
dato un nocciolo, adatto un mio fenomeno.
Ragiono sul fenomeno e il mio fenomeno:
sono uguali? Ragionevolmente uguali?
Ragiono sul fenomeno in via del nocciolo.

Penso al nocciolo. Penso, penso, penso
partendo dal fenomeno.
Penso al nocciolo. Penso al nocciolo.
Penso al nocciolo partendo dal fenomeno
o invento un nocciolo che regga il mio fenomeno?
Un nocciolo, fenomeni;
un fenomeno, il mio nocciolo locale;
più fenomeni, più noccioli locali.
Dai noccioli locali il solo nocciolo, se c’è.
Dal nocciolo fenomeni,
il mio fenomeno. E il fenomeno?
Un fenomeno è il mio fenomeno
ma il fenomeno è un fenomeno?
Dal mio nocciolo locale il solo nocciolo:
ho inventato un nocciolo locale
cercando di scoprire il solo nocciolo.
Cercando di scoprire il solo nocciolo
ho inventato un nocciolo locale
che regge il mio fenomeno.
Adottando con giustezza un fenomeno reale
ho fatto una scoperta.
Studiare serve.
Sapere di fenomeni serve ad inventare
scoprendo in via indiretta.

tratto da Ottonale, Fara Editore, 2006

23 COMMENTS

  1. Troppo ragionamento in questi versi

    si rischia di perdere il nocciolo!

    pensare è bene, senza abusarne.

  2. Un buona sera a te , Andrea.

    Condivido un po’ il commento di Ginevra: è una poesia troppo mentale per il mio gusto. Ma fa bene leggere poesia in una serata d’inverno già.

    Spero che la mia parole di amicizia si perda con il vento.

  3. mi colpisce molto. La traduzione però ha dei buchi, mi sembra (es.: via the core non è in via del nocciolo, perdio). Avrei scritto nòcciolo con l’accento, giusto per evitare equivoci con alberi.

  4. Grazie a tutte/i, ogni vostro commento ha la sua ragione. E’ un testo scritto in un momento di “euforia” (faccio ricerca), un bel momento devo dire… sono anni che non raggiungo piu’ quello stato di felicita’ e facilita’. Volevo comunicare il moto creativo e fissare una forma che mi aiutasse a riprodurlo. Molto pensiero, dunque, come dicono Ginevra e Veronique; ripetizione a mo’ di mantra, assecondando ruggero; e traduzione non proprio semplice, concordo con sparz (ma li ho messi a dura prova, i tre curatori della versione in lingua, e ringrazio anche loro). In effetti siamo nella fase di collaudo, comunque e’ piaciuta anche al mio poeta anglofono preferito. Chiudo ricambiando l’affettuoso saluto ad emanuele/luminamenti, che immagino abbia apprezzato lo sforzo razionale ma non razionalista. :)

  5. perché è brutta in sé, rispetto a “core”, ed ha un significato assai più ristretto.
    nòcciolo, nocciòlo: il doppio significato a seconda dell’accento produce una sorta di continua incertezza, un inciampo continuo.
    in un testo dove una parola così ricorre molto spesso, anzi, che vi è praticamente basato, tutto si affatica e si affarragina.
    non conosco abbastanza l’inglese da dare lezioni di traduzione a nessuno, naturalmente, sì e no so dire “passami il sale peffavore”, tuttavia non posso fare a meno di notare che il testo così tradotto mi pare non vada.
    certo, c’è il problema dell’intraducibilità (o quasi) della poesia, che per me resta aperto comunque.
    avete mai provato a leggere leopardi tradotto in inglese?

  6. Andrea, il poeta in questione e’ l’irlandese Muldoon; sono un ammiratore della sua scrittura e ho avuto modo di incontrarlo ad un reading a Londra, nel gennaio scorso; aggiungo che di questo autore aspettiamo il “selected poems” in italiano a cura di Luca Guerneri, che Mondadori dovrebbe rilasciare in primavera. Tornando al mio testo, e’ vera la cacofonia sul nocciolo (accento sulla prima o), come suggerisce tashtego; il tutto vorrebbe essere un allegro o un vivace che dapprima gioca sulle sdrucciole, infine le afferra.

  7. Grazie per la cortesia Giusco. Si capisce meglio l’anima di questa poesia , perché l’ esaltazione è un sentimento meraviglioso nella creazione artistica (benché ingannevole a volte). Quando si scrive, la facilità fa ritrovare un sentimento di fanciullo, di bella corsa fatta nel tempo, con la speranza: la felicità di ricreare il mondo.

  8. Rispondo ad un commento che mi e’ arrivato privatamente, via mail; lo metto qui come tassello ulteriore. Mi si chiede quanto sia difficile trovare una forma soddisfacente, quando poi il “pubblico della poesia” e’ molto eterogeneo e la specificita’ del messaggio troppo spesso si perde. In effetti io cerco di scrivere a chi ha interesse a leggermi, per poi magari lavorare insieme sulla strada (ideologica, poetica, strumentativa) che ci accomuna. Ma e’ anche vero che momenti di confronto aperto -come questo in questo spazio- aiutano a pesare la valenza sociale di quel che si scrive. Dunque sono grato a chi ha messo questo testo su NI e a chi ha avuto interesse a commentare pubblicamente; invito dunque l’amico “titubante” ad intervenire su questo colonnino: non e’ un’arena, cane non mangia cane se non si fa i cani. :)

  9. salve cornacchia, una domanda: “nocciolo” nel tuo testo traduce proprio “core” come termine tecnico usato in tante aree delle scienze matematiche e para-matematiche?

    lorenzo

  10. lorenzo, il nocciolo della versione italiana e’ effettivamente diventato il core nella versione inglese, come prassi nel mio settore specifico (nucleare) e in molta matematica alla quale devo far riferimento tutti i giorni. Hai versioni alternative o piu’ efficaci in altri ambiti?

  11. ciao cornacchia, aspetta non ho capito: il tuo “nocciolo” originale non era già la versione italiana del “core” termine tecnico? è il traduttore inglese che ha scelto “core” per tradurre nocciolo indipendentemente? io dovrei fare una piccola ricerca per sapere qual’è la traduzione standard del “core” termine tecnico (tra l’altro come sai è termine tecnico in tanti ambiti diversi e quindi forse ammette diverse traduzioni standard). ma tu sai anche che in tanti casi le traduzioni italiane di termini scientifici non sono poi tanto standard (non di rado ho trovato e “rango” come traduzione di “range” di una funzione!).

    comunque a me interessava sapere se il tuo “nocciolo” nasceva già come resa italiana di un termine tecnico (core? kernel? …?) così, per pura curiosità.

    ciao,
    lorenzo

  12. In effetti di traduzioni fantasiose (e sostanzialmente scorrette) abbondiamo, specie quando in mano a non esperti del settore; comunque l’originale in questo caso era la versione italiana: quella inglese e’ venuta dopo, come mezzo per cercare interesse e collaborazioni fuori Italia. Ciao.

  13. METODO
    di Giuseppe Cornacchia
    traduzione di Chiara De Luca e Gray Sutherland, con la collaborazione di Judy Swann (2007)
    [suggerimenti, in grassetto, per la versione inglese, di Adeodato Piazza Nicolai]

    If more models accept a phenomenon
    they are not independent, so, let’s think
    going to the core. But the phenomenon?
    Well then, let’s think about the phenomenon then,
    regardless of the core.
    Thinking about the phenomenon we have
    does the core have anything to do with it?
    We could do without using it,
    without even realizing it.
    Given the core, how simple is the study
    of a phenomenon?
    Of my phenomenon??
    For the phenomenon I invent a local core.
    Given the core I derive its phenomena;
    given a core, I adapt my phenomenon.
    I think about the phenomenon and my phenomenon:
    are they the same? Reasonably the same?
    I think about the phenomenon by means of the core.
    I think of the core. I think, I think, I think
    starting from the phenomenon.
    I think of the core. I think of the core.
    I think of the core starting from the phenomenon
    Or do I invent a core to support my phenomenon?
    A core, phenomena;
    a phenomenon, my local core;
    more phenomena, more local cores.
    From the local cores the only core, if there is one.
    From the core phenomena,
    my phenomenon. And the phenomenon?
    A phenomenon is my phenomenon
    but is the phenomenon a phenomenon?
    From my local core the only core:
    I have invented a local core
    trying to discover the only core.
    Trying to discover the only core
    I have invented a local core
    that supports my phenomenon.
    Rightly adopting a real phenomenon
    I have made a discovery. Studying is useful.
    Knowing phenomena is useful for inventing things
    discovering indirectly.

    NOTA: se ho inteso bene, questa poesia è nata originalmente in italiano e poi è stata tradotta in inglese, ma forse mi sbaglio…
    Ovvia l’educazione scientifica dell’autore, che adatta la metodologia scientifica alla struttura poetica…
    Vari commentatori si sono soffermati sulla parola “nòcciolo” (da non confondere con “nocciòlo” , l’albero delle noci). Se s’intende proprio “the core”, p.e., “nuclear”, “atomic core”non sono riuscito a trovare una parola migliore di nocciolo. Forse aiuterebbe il lettore medio accentando il termine, per evitare confusione.
    Dato che ho vissuto per più di 40 negli u.s.a., ho trovato più accessibile la versione inglese, nel senso di comprensione e decodificazione del testo; ma ho trovato anche una buona fedeltà fra i due testi. E come traduttore conosco sulla mia pelle le difficoltà di fare un fedele “travasamento” da una lingua all’altra.
    Congratulations for the translators: they have done an admirable job! E’ ovviamente, le più fervide e sentite congratulazioni vanno all’autore “METODO” – dimostri una profonda metodologia e capacità d’invenzione poetica originali.

    Saluti e buon proseguimento

    adeodato piazza nicolai
    via Adige, 9
    35135 Padova, Italy
    049.615.386

  14. METODO
    di Giuseppe Cornacchia
    traduzione di Chiara De Luca e Gray Sutherland, con la collaborazione di Judy Swann (2007)
    [suggerimenti, sottolineati, per la versione inglese, di Adeodato Piazza Nicolai]

    If more models accept a phenomenon
    they are not independent, so, let’s think
    going to the core. But the phenomenon?
    Well then, let’s think about the phenomenon then,
    regardless of the core.
    Thinking about the phenomenon we have
    does the core have anything to do with it?
    We could do without using it,
    without even realizing it.
    Given the core, how simple is the study
    of a phenomenon?
    Of my phenomenon??
    For the phenomenon I invent a local core.
    Given the core I derive its phenomena;
    given a core, I adapt my phenomenon.
    I think about the phenomenon and my phenomenon:
    are they the same? Reasonably the same?
    I think about the phenomenon by means of the core.
    I think of the core. I think, I think, I think
    starting from the phenomenon.
    I think of the core. I think of the core.
    I think of the core starting from the phenomenon
    Or do I invent a core to support my phenomenon?
    A core, phenomena;
    a phenomenon, my local core;
    more phenomena, more local cores.
    From the local cores the only core, if there is one.
    From the core phenomena,
    my phenomenon. And the phenomenon?
    A phenomenon is my phenomenon
    but is the phenomenon a phenomenon?
    From my local core the only core:
    I have invented a local core
    trying to discover the only core.
    Trying to discover the only core
    I have invented a local core
    that supports my phenomenon.
    Rightly adopting a real phenomenon
    I have made a discovery. Studying is useful.
    Knowing phenomena is useful for inventing things
    discovering indirectly.

    NOTA: se ho inteso bene, questa poesia è nata originalmente in italiano e poi è stata tradotta in inglese, ma forse mi sbaglio…
    Ovvia l’educazione scientifica dell’autore, che adatta la metodologia scientifica alla struttura poetica…
    Vari commentatori si sono soffermati sulla parola “nòcciolo” (da non confondere con “nocciòlo” , l’albero delle noccioline). Se s’intende proprio “the core”, p.e., “nuclear”, “atomic core”non sono riuscito a trovare una parola migliore di nòcciolo. Forse aiuterebbe il lettore medio accentando il termine, per evitare confusione.
    Dato che ho vissuto per più di 40 negli u.s.a., ho trovato più accessibile la versione inglese, nel senso di comprensione e decodificazione del testo; ma ho trovato anche una buona fedeltà fra i due testi. E come traduttore conosco sulla mia pelle le difficoltà di fare un fedele “travasamento” da una lingua all’altra.
    Congratulations for the translators: they have done an admirable job! E’ ovviamente, le più fervide e sentite congratulazioni vanno all’autore “METODO” – dimostri una profonda metodologia e capacità d’invenzione poetica originali.
    P.S. Una mia curiosità: Giuseppe Cornacchia è il suo nome amerindiano, che in inglese diventerebbe Joe Crow?
    Saluti e buon proseguimento

    adeodato piazza nicolai
    via Adige, 9
    35135 Padova, Italy
    049.615.386

  15. METODO
    di Giuseppe Cornacchia
    traduzione di Chiara De Luca e Gray Sutherland, con la collaborazione di Judy Swann (2007)
    [suggerimenti, sottolineati, per la versione inglese, di Adeodato Piazza Nicolai]

    If more models accept a phenomenon
    they are not independent, so, let’s think
    going to the core. But the phenomenon?
    Well [then], let’s think about the phenomenon
    regardless of the core.
    Thinking about the phenomenon we have
    does the core have anything to do with it?
    We could do without using it,
    without even realizing it.
    Given the core, how simple is the study
    of a phenomenon?
    Of my phenomenon??
    For the phenomenon I invent a local core.
    Given the core I derive its phenomena;
    given a core, I adapt my phenomenon.
    I think about the phenomenon and my phenomenon:
    are they the same? Reasonably the same?
    I think about the phenomenon [by means of] the core.
    I think of the core. I think, I think, I think
    starting from the phenomenon.
    I think of the core. I think of the core.
    I think of the core starting from the phenomenon
    Or do I invent a core to support my phenomenon?
    A core, phenomena;
    a phenomenon, my local core;
    more phenomena, more local cores.
    From the local cores the only core, if there is one.
    From the core phenomena,
    my phenomenon. And the phenomenon?
    A phenomenon is my phenomenon
    but is the phenomenon a phenomenon?
    From my local core the only core:
    I have invented a local core
    trying to discover the only core.
    Trying to discover the only core
    I have invented a local core
    that supports my phenomenon.
    Rightly adopting a real phenomenon
    I have made a discovery. Studying is useful.
    Knowing phenomena is useful for inventing things
    discovering indirectly.

    NOTA: se ho inteso bene, questa poesia è nata originalmente in italiano e poi è stata tradotta in inglese, ma forse mi sbaglio…
    Ovvia l’educazione scientifica dell’autore, che adatta la metodologia scientifica alla struttura poetica…
    Vari commentatori si sono soffermati sulla parola “nòcciolo” (da non confondere con “nocciòlo” , l’albero delle noccioline). Se s’intende proprio “the core”, p.e., “nuclear”, “atomic core”non sono riuscito a trovare una parola migliore di nòcciolo. Forse aiuterebbe il lettore medio accentando il termine, per evitare confusione.
    Dato che ho vissuto per più di 40 negli u.s.a., ho trovato più accessibile la versione inglese, nel senso di comprensione e decodificazione del testo; ma ho trovato anche una buona fedeltà fra i due testi. E come traduttore conosco sulla mia pelle le difficoltà di fare un fedele “travasamento” da una lingua all’altra.
    Congratulations for the translators: they have done an admirable job! E’ ovviamente, le più fervide e sentite congratulazioni vanno all’autore “METODO” – dimostri una profonda metodologia e capacità d’invenzione poetica originali.
    P.S. Una mia curiosità: Giuseppe Cornacchia è il suo nome amerindiano, che in inglese diventerebbe Joe Crow?
    Saluti e buon proseguimento

    adeodato piazza nicolai
    via Adige, 9
    35135 Padova, Italy
    049.615.386

    INVIO LA VERSIONE FINALE, CORRETTA. SCUSATEMI PER LA PRECEDENTE, SCORRETTA.

  16. Ringrazio molto Adeodato Piazza Nicolai, anche per i suggerimenti di traduzione. Buon proseguimento anche a lei, avevo avuto modo di leggere e apprezzare suoi scritti e il suo proflio personale in rete, credo sulla rivista sagarana. E… mi piace Joe Crow, lo usero’ come pseudonimo d’ora in avanti. :-)

  17. un saluto e grazie per gli interventi. due parole sul nocciolo. in inglese “core”, tra le mille altre cose, traduce sia il nocciolo, tipo della ciliegia, sia quello della questione, del problema, dell’idea, come “heart” (of the matter), e poi nucleo di partenza, nucleo primigenio (di cui il fenomeno è manifestazione successiva), è più in quel senso che l’ho inteso io. “core” significa anche “nucleo”, ma il termine tecnico per il nucleo nel nucleare, o il nucleo della cellula, che io sappia è il “nucleus”. spesso infatti in campo tecnico scientifico a prevalere è il corrispondente latino

    Chiara De Luca

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andrea raos ha pubblicato discendere il fiume calmo, nel quinto quaderno italiano (milano, crocetti, 1996, a c. di franco buffoni), aspettami, dice. poesie 1992-2002 (roma, pieraldo, 2003), luna velata (marsiglia, cipM – les comptoirs de la nouvelle b.s., 2003), le api migratori (salerno, oèdipus – collana liquid, 2007), AAVV, prosa in prosa (firenze, le lettere, 2009), AAVV, la fisica delle cose. dieci riscritture da lucrezio (roma, giulio perrone editore, 2010), i cani dello chott el-jerid (milano, arcipelago, 2010) e le avventure dell'allegro leprotto e altre storie inospitali (osimo - an, arcipelago itaca, 2017). è presente nel volume àkusma. forme della poesia contemporanea (metauro, 2000). ha curato le antologie chijô no utagoe – il coro temporaneo (tokyo, shichôsha, 2001) e contemporary italian poetry (freeverse editions, 2013). con andrea inglese ha curato le antologie azioni poetiche. nouveaux poètes italiens, in «action poétique», (sett. 2004) e le macchine liriche. sei poeti francesi della contemporaneità, in «nuovi argomenti» (ott.-dic. 2005). sue poesie sono apparse in traduzione francese sulle riviste «le cahier du réfuge» (2002), «if» (2003), «action poétique» (2005), «exit» (2005) e "nioques" (2015); altre, in traduzioni inglese, in "the new review of literature" (vol. 5 no. 2 / spring 2008), "aufgabe" (no. 7, 2008), poetry international, free verse e la rubrica "in translation" della rivista "brooklyn rail". in volume ha tradotto joe ross, strati (con marco giovenale, la camera verde, 2007), ryoko sekiguchi, apparizione (la camera verde, 2009), giuliano mesa (con eric suchere, action poetique, 2010), stephen rodefer, dormendo con la luce accesa (nazione indiana / murene, 2010) e charles reznikoff, olocausto (benway series, 2014). in rivista ha tradotto, tra gli altri, yoshioka minoru, gherasim luca, liliane giraudon, valere novarina, danielle collobert, nanni balestrini, kathleen fraser, robert lax, peter gizzi, bob perelman, antoine volodine, franco fortini e murasaki shikibu.