Condoleezza Rice
di Lea Melandri
Dietro la nomina di Condoleezza Rice a Segretario di Stato negli Usa, si è tentati di vedere il riscatto da una duplice o triplice emarginazione: Condoleezza è donna, è nera, e viene da una modesta classe sociale. Inoltre, è nata e cresciuta in quel “profondo Sud” dell’America, l’Alabama, che gli intellettuali, i liberal, hanno sempre snobbato e guardato con diffidenza. Nella sua parabola di “ragazza prodigio”, che passa dall’esperienza della segregazione razziale a una delle cariche di maggiore potere nel mondo, saranno in molti a trovare la conferma del sogno americano, l’opportunità concessa a tutti di arrivare con le proprie forze ai gradini più alti della scala sociale. Ma è proprio questo alone di favola, potenziato, dopo la rielezione di Bush, dal fanatismo messianico dei suoi sostenitori, che rischia di far passare in secondo piano, o di oscurare del tutto, gli aspetti più inquietanti di questa ascesa “eccezionale”.
L’uscita da una condizione di schiavitù o di marginalità non è mai stata univoca: ha comportato ribellioni, ma anche adeguamenti, quando non è stata entrambe le cose insieme. Se l’emancipazione femminile non ha avuto gli effetti sperati -scriveva già Sibilla Aleramo all’inizio del ‘900- è perché la donna “si è adattata a piacere all’uomo, non solo fisicamente ma anche moralmente, o gli si è ribellata copiandolo, entrando nell’azione come un suo misero inutile duplicato”.
Di Condoleezza, giocando sul significato del nome, alcuni commentatori e commentatrici hanno messo in evidenza la combinazione di tratti opposti e complementari: la dolcezza e l’ “animo combattivo”, l’ “ideale per un paese in guerra”, come ha detto Bush, quel misto di “forza, grazia e decenza” che renderà accettabile al mondo “la faccia dell’America”, e meno odiosa l’esibizione della sua forza. Condoleezza sembra incarnare, per questa investitura che le è stata data, quell’ “uomo-femmina” che Paolo Mantegazza, un erudito vissuto tra ‘800 e ‘900, già prefigurava come conquista massima per la donna, rimasta da millenni ai margini della famiglia sociale. Scriveva Mantegazza:
“Questo nuovo liberto della società moderna è tollerato, non eguagliato a noi; è come un orfano raccolto per la via, che vive coi membri di una famiglia senza farne parte integrante. Se da concubina è diventata madre, un gran passo rimane a farsi perché diventi donna, o, dirò meglio, uomo-femmina, una creatura mobilissima e delicatissima, che pensi e senta femminilmente e completi così in noi l’aspetto delle cose”.
Condoleezza faceva già parte della famiglia Bush nella posizione di una sorta di “moglie politica”, consigliera, aiuto nei momenti difficili, legata da fedeltà e riconoscenza. Mettendola al centro della politica estera, Bush ottiene, per usare un’espressione oggi di moda, una “femminilizzazione della politica” destinata, almeno all’apparenza, a dare alle sue scelte politiche e militari un volto più famigliare, più “umano”. Se del Presidente gli elettori hanno potuto dire “E’ uno di noi”, per come parla e come si muove, l’identificazione con la figura di una donna, afroamericana e “tosta” come un uomo non può che allargarsi e consolidarsi. Chi pensa che, essendo donna, Condoleezza sia comunque portatrice di una “differenza”, che presto o tardi finirà per mostrarsi, si affida implicitamente a un determinismo biologico più volte smentito. Dimentica che il “femminile” ha assunto, storicamente e immaginariamente, un significato che va al di là dell’individuo-donna: “femminile” è tutto ciò che la vita pubblica ha messo al bando, controllato e dominato; è la vita nel suo radicamento biologico, che la politica ha in vario modo ingabbiato nelle sue norme giuridiche, proteggendola e distruggendola nel medesimo tempo; è tutto quel magma di pulsioni, sentimenti, sogni, che oggi, nella crisi della politica, della democrazia, dei confini nazionali, riprende una centralità che sembrava cancellata insieme allo “stato di natura”. La “fede”, la “famiglia”, la “patria”, territori idealmente collegati al femminile, si sono sempre sposati con la guerra, con l’appartenenza, con la difesa identitaria a oltranza, con la logica amico-nemico.
Negli stessi giorni in cui è stata nominata Condoleezza, Putin ha annunciato una nuova stagione di riarmo per la Russia, decisa a restare una grande potenza militare. Sperando di non essere profeti di sventura, come si può dimenticare che Condoleezza Rice deve il suo successo proprio al fatto di essere una delle più attente studiose dell’ “Impero del Male”?