Le vecchie con le mani flaccide
di Christian Raimo
Le vecchie con le mani flaccide… Questa sarebbe la tua religione! Fa schifo! Quella cazzo d’ipocrisia, le donne con la pelliccetta che ti danno la pace!;il fatto era che Mattia e Milena scopavano regolarmente, e a lei scopare le faceva da funzione verità, le rimuoveva totalmente i freni inibitori in parole e pensieri, e a lui – mentre le gambe gli fibrillavano ancora leggermente dopo esserle venuto dentro (“Siamo sicuri che non è pericoloso?” “Ti dico tranquillo”)– tutto questo spaventava. Lei gli donava i baci teneri di minima grazia e poi sollevava le Questioni che c’erano tra di loro, e le Questioni che c’erano tra loro e il Mondo.
Scopavano del resto come si scopa a diciassette anni. Senza pietà, per sfida, con la sensazione di essere in un posto o Del Tutto Giusto o Del Tutto Sbagliato. Con l’intimità spiazzante di due ragazzini che non hanno ancora raggiunto il loro numero di scarpe definitivo, che si sono conosciuti a catechismo, e il primo discorso articolato che hanno fatto verteva intorno a Abramo. Lui, i suoi genitori non avevano voluto battezzarlo da piccolo – una scelta di libertà tipica di sessantottini che si ritrovano prima di quanto pensassero a trasmettere dei valori ai propri figli dopo aver tentato di buttarne a mare quanti più possibile – e quindi Mattia nel momento in cui si trattava di porre delle distanze tra la sua generazione e quella di suo padre e sua madre aveva deciso di voler essere battezzato e, in nome del rispetto della libertà da una parte e della volontà dello Spirito Santo dall’altra, una mattina di maggio alle sette e mezzo un prete gli aveva segnato la fronte con l’olio santo e l’aveva immerso con la testa fino alla nuca per tre volte nel fonte battesimale. Lei, obbligata a andare a messa da quando era stata in grado di respirare con i propri polmoni – e poi scuola privata dalle suore, catechismo, addirittura pre-catechismo, novene, prime comunioni, confessioni cadenzate nel tempo più dei cicli mestruali > così sentirsi libera aveva facilmente significato tagliare i ponti con qualsiasi cosa odorasse anche lontanamente d’incenso, e questo aut aut l’aveva stabilito proprio il giorno in cui aveva incontrato Mattia, il suo ultimo giorno a catechismo, e il primo giorno in cui aveva deciso di avere un ragazzo e che con questo ragazzo ci avrebbe beatamente scopato. Ecco che erano passati dal pomeriggio in cui Mattia le aveva tentato di spiegare (in quel modo adolescenziale in cui provare a fare discorsi complessi confina sempre col sedurre qualcuno) che c’era una differenza tra Socrate e Abramo, esisteva una differenza sostanziale tra il compiere un’azione perché è giusto e compiere un’azione apparentemente ingiusta fidandosi dell’amore di un Dio misterioso, tra il bere la cicuta per dimostrare l’inconsistenza delle leggi di uno stato oppressivo rispetto alle leggi della coscienza e l’accettare di sacrificare il proprio unico figlio per rispondere lealmente a un angelo e aver poi in eredità un popolo (“Te ne rendi conto cosa vuol dire ereditare un popolo?”); da quel pomeriggio post-catechismo erano passati a una serie non contata di pomeriggi post-prandiali a casa di lei, 14.00 – 16.45 (ora in cui ritornava la madre di Milena con Sabo, il fratellino appena ripreso dal doposcuola), in cui avevano scopato e imparato per quel che c’è da imparare sullo scopare, i preservativi, i modi di venire, e quelli di non far capire ai genitori che ci si è appena rotolati sul loro letto. E poi ogni volta che avevano finito di scopare, ognuno aveva risfoderato la propria visione del mondo (plastica ma volitiva), il proprio disegno di conversione dell’altro alla propria nuova radicalità, giustificandosi questa forzatura per il fatto che si amavano (già, alla fine si amavano): Mattia voleva che lei diventasse una cristiana praticante, o ritornasse ad essere una cristiana praticante, voleva pregare insieme a lei e leggere la Bibbia insieme a lei, discutere dei passi di San Paolo su quali sono le virtù, dominio di sé, pazienza… Nel controcampo sentimentale, a lei Milena, tutte queste sembravano puttanate, e glielo poteva dire senza mezzi termini nei momenti in cui erano nudi sul letto come non erano mai stati prima in vita loro.
Questa dinamica, ciclica più che lineare, di tentato magnetismo reciproco, andò avanti tre mesi buoni, finché Mattia colse dall’albero il discorso già troppo maturo della castità. “Vuoi smettere di scopare?”, lo ricattò Milena, “allora va bene. Smettiamo”. Mattia cadde dalle nuvole, era quello che voleva?, stava impazzendo? abbandonare all’improvviso le reazioni di un corpo che ormai conosceva a memoria?; ma – attraverso detti e non detti – successe realmente questo, che i due smisero di scopare, di botto, da un giorno all’altro, inibiti dalla coerenza con se stessi forse più che da qualsiasi altra cosa, e finirono per rovesciare la valanga di tenerezza e desiderio in qualcosa di ugualmente morbido e reale che continuò a tenerli uniti e indissolubili, ma che sarebbe molto difficile da spiegare. D’altronde certe cose solo Dio le sa.