Le scimmie… (20)
di Dario Voltolini
sotto il lenzuolo sopra il cuscino la stanza rotola
voltano i muri capovolgendosi
dalla finestra passa un fischio d’aria e alza le pagine del libro
torniamo a casa con l’incerto equilibrio e nauseati
siamo tornati a casa e ci siamo infilati a letto
siamo ancora per la strada
siamo già a letto
spegniamo le luci
c’è il lampione che ciondola che bella cosa
che muri lunghi a preservare proprietà
ma ce n’era uno più alto di tutti e irregolare
che scendeva morbido per la strada
di una delle nostre capitali incendiate boreali artificiali
Rague Oppido Campiglia Manzaré Caiobutirro Danhelaghan
Ofiura Aleppo Arraky Ablante le nostre capitali insignificanti
che rampollano solamente in superficie
Osamu Nicotera Haffa Calimene Pontremoli Nuoro Conseguencia
abbiamo preso a pugni l’uomo del bar
era davvero insopportabile
e poi dava fastidio alle ragazze
ma alla fine l’abbiamo ritrovato in fondo al vicolo
che si asciugava il labbro
ci ha riconosciuti
c’erano anche i suoi amici
e siamo andati tutti quanti a bere un boccale
in quel locale ai piedi della rocca
e sentivo una voce parlare
stavate alla finestra per tutto il pomeriggio
le ombre si allungavano sulla strada
si accendevano i lampioni verso sera e i passanti
pressati dall’ora formicolavano più veloci
attraversando il corso
stavate in casa appoggiati alla finestra
stavate alla finestra e tutto là fuori si muoveva
passavano i tram
si levava la nebbia
stavate in casa e il tempo non entrava
dalla vostra orribile finestra
passi in corridoio e luci accese
gli adulti erano in casa
questo è un cambiamento
senza nessun lamento diventavate
mi fate ridere
tristi
e non erano i giochi
non erano le fantasie che all’improvviso
perdevano i sensi
sul pavimento rannicchiate si consumavano
le ore future
queste erano il morto
colpa vostra
in automobile sul ponte George Washington come decollando
per la prima parte della gittata
la struttura possente robustamente tiene
liberi invece voialtri di viaggiare
Robeh crede di aver detto una cosa intelligente, mentre invece è semplicemente una cosa vera. Questo non c’entra un cazzo con la poesia, lo sappiamo tutti. Si tratta di un’altra cosa. Cosa sia non lo so, e non lo sa nemmeno Voltolini, secondo me. In più io dico che qualunque cosa sia, è ‘na schifezza. Basta vedere questi ultimi tre pezzettoni. Ma vi pare una cosa da fare? E preché Voltolini non risponde? E’ troppo umile o troppo pieno di sé? Io credo la seconda. E Barbieri, cosa continui a difendere l’indifendibile? Ma ce l’hai o non ce l’hai la “coscienza critica”? Ho detto “critica”, hai letto bene! Ma per quanto ‘na schifezza siano, devo però dire che queste scimmie mi stanno cominciando a essere simpatiche. Viste da dietro, cioè da “tergo”.
Minchia, tergo, sei un intellettuale pure tu! Ma vaffanculo allora.
Minchia, e allora?
E io che posso dire? Il testo è ancora lungo, luuuungo, lunghissimo. Ho deciso di metterlo in rete per collaudarlo, prima di decidermi a farne quello che avevo previsto di farne e che non mi è ancora venuta voglia di fare. I vostri commenti sono preziosi, lo dico davvero. Non prndo posizione, me li studio. A volte ho l’impressione di pensarla come tergo. Altre volte no. In ogni caso continuo, fino alla fine (lontana, ah quanto lontana!)
Sì, vabbe’, ma perché ci devi rompere i cojoni a noi con ‘sto testo luuuungo?
Ma chi ti obbliga a romperti i cojono con quello che scrivo? Tu salta tutto, che ti frega? Qualcuno ti costringe?
Tergo mi hai deluso. Votlolini, mi fai ridere.
Io però a vedere Castrovillari come capitale mi sono commosso.
In tutto sono più di 5.000 righi. E io li metterei tutti a poco a poco. A meno di un veto che mi convinca a smettere.
“Il testo è ancora luuungo, lungo, lunghissimo… ho deciso di metterlo in rete per collaudarlo” scrive Dario Voltolini. Tesoro, allora scaricacelo tutto in colpo, anziché per omeopatiche gocce tutt’altro che autonome, prese ciascuna di per sé.
Non dimenticare, inoltre, che ti stai rivolgendo a un tipico pubblico da Ambra Jiovinelli (“Aho, ciai scassato i maroni!!!!!” eccetera). Forse faresti meglio a darlo direttamente in lettura a qualche rinomato uomocolto postmoderno, tipo la Gabriella D’Ina o l’Alberto Rollo:-/
Quando in stazione sento annunciare i treni mi chiedo sempre se è una voce vera o sintetizzata. Rispondo sintetizzata pensando che ci sia una specie di macchina per scrivere, che il capostazione digiti il testo e che la macchina richiami il suono delle parole o addirittura delle lettere dalla sua memoria. Non so se funziona veramente così. So che le Scimmie sarebbero belle lette da quelle voci, sarebbero belle anche tra un treno e l’altro per riempire il non-luogo stazione ferroviaria.
Aggiungerebbero uggia a uggia, sarebbero come la Torre di Pisa qui da noi a Piazza San Marco (avrai letto della recente trovata di Oliviero Toscani per rilanciare, più che altro, se stesso).
a Angelini, hai rotto, mo’ te lo dico co’ e buone. Hai rotto proprio, tu, le storie tue Oliviero Toscani e tutta la famija tua. Omo avisato mezzo sarvato.
Ma se Dario me lo postasse tutto insieme, lo so già che non lo leggerei, troppo lungo. Mi farebbe paura. Così, in pillole, omeopatico, so di farcela.
E comunque non pagate nulla per leggerlo, quindi, dai, un po’ di tolleranza.
A Tarzan, scennime dar cazzo, va!
A si? Ma varda ‘n po’. C’hai coraggio, pero’. Bbravo. Mo’ me stai meno ‘ntipatico. Pero’ hai stufato ‘o stesso, er prodotto nun cambia.
Consolite co’ Ccita, appena se risveja dar coma de li versi de Vortoini.
Angelì, Ccita nun è er tipo mio, che stai a ddì??? Er probblema mo’ è Jane. S’è ingrifata de li versi de Vortoini. Me piaciono pure a mme, ma Jane è propio partita. Che devo fà? Stanotte me sa che nun me la da…
Nun c’è probblema: dajelo tu.
E me pare ggiusto! Certo che noi Tarzan semo forti ma ce manca n’po’ d’imaginazione. Meno male che ce siete voi. Varda, Angelì mo’ me sei propio simpatico. M’hai dato la dritta ggiusta. Vado da Jane, la strappo dar computer e vvia!
Se l’andare a capo prima di finire il rigo, se alternare righi più lunghi e righi più brevi, se spezzare la frase senza seguire le giunture sintattiche ha ancora significato, allora anche questa è poesia. Che lo si voglia o no. Si tratta poi di stabilire se bella o brutta. Qui c’entra il gusto. E il mio è pollice verso. Scusate, ma non mi vengono battute.
Era un po’ che non riuscivo a ” navigare”, e stasera sono riuscita a farlo, con questo testo luungo da far tenere il fiato. Alcune cose mi piacciono, altre no: alla fine ho avuto l’impressione…vediamo se riesco a dirlo..come se in fondo tutto il mondo fosse organizzato in quadri, un enorme deposito di immagini, di parole, di fogli impilati alla rinfusa, di odori, di nebbie, di sere e di ferrovie, come questo lunghissimo blogdiscorso. Alla fine, ognuno di noi prende quello che gli serve per farsi i ricordi di una vita…e poi li ritrova, non tutti, ma qualcuno, che poi rimanda a qualcos’altro.. li ritrova nei deliri ( apparentemente) sensa senso, di uno scrittore. Comunque grazie Dario, ma non affidarli ad una voce sintetica: sarebbe bello un grandissimo coro di persone, e ciascuno che recita SOLO la parte di immagini e parole che sente propria.. o no?
Cara Mariagiovanna, questo sproloquio che ho scritto, più simile a un diario che a un racconto e sicuramente diverso da quello che penso possa essere la poesia, io lo considero uno “spartito” da fare interptretare a un certo numero di voci sintetiche. Io ho lavorato anni fa in un laboratorio di tecnologie vocali ed è da allora che l’idea mi frulla in mente. Tuttavia, le voci sintetiche oggi a disposizione (quelle per intenderci ascoltabili sul sito di Loquendo), sono tecnologicamente di tutt’altra impostazione rispetto a quelle che erano le più aggiornate quando lavoravo io. Oggi sono voci “prelevate” da parlanti umani, quindi alla radice c’è una gola, un polmone, una corda vocale e dei setti nasali umani. Questo è quello che mi piacerebbe fare, lavorare tecnologicamente, se vuoi “freddamente”, con uno strumento che però alla sua origine ha un corpo. Ci devo pensare un po’ su, e nel frattempo distribuisco il mio delirio per testarlo. Ti ringrazio molto. Ciao. Dario.
un Dariodiario, quindi.
Eh già, Biondillo. Finisce alla fine del 2001, era cominciato, boh, nel ’98 o nel ’99, non ricordo. Insomma, una gamba in un millennio, una in un altro!
Adesso ne ho messa un’altra palata. Ciao
D
Mi gira la testa. Ora non posso leggerli, declamo domani mattina, a studio.