Le scimmie… (28)
di Dario Voltolini
che dalla veranda non ci fanno muovere
che marcisce nell’acqua della calle
che senza muoversi
produce di riflesso immagini false
sui vetri delle finestrelle vuote
lasciava il motorino accanto al muro
e per la spesa entrava nel negozio
era snella nervosa e olivastra
le gambe il ventre il seno levigati
per condannarmi a un continuo supplizio
era un dolore senza movimento
sfioravo la ragazza con le mani
tremavo nel silenzio della chiesa
salivo scale ripide nel buio
correvo contro il vento di scirocco
tra muri stretti liguri e salati
l’omino rinsecchito nel negozio
finestre porte androni archivolti
vicoli perpendicolari al mare
per ingannare un larghissimo spazio
non sapevo se ci fosse davvero
una qualsiasi via d’uscita
per me per lei per noi per tutti quanti
dopo il risotto quella scaloppina
lo faceva impazzire
secca e fibrosa nella salsa
rossa e acquosa di pelati
poi vennero gli affettati
ma non erano antipasti scusi?
e cosa vuole ancora
vuole dare fastidio o che cosa?
volevo solamente cenare dice
e allora se ne vada a cercare
un ristorante che le piaccia di più
noi qui questo facciamo
c’è un tale imperativo così ineludibile
così indimenticabile
di essere robusti e forti? (ormai un tale dovere
impossibile da mascherare
che viene ormai quasi naturale
scrollare le spalle e passare la mano
davanti agli occhi come se ci fossero
strane mosche strane ombre) e tutto
buttarsi alle spalle e scansare un senso
una tentazione che ci prende (o meglio ci prenderebbe
se non fosse per l’abilità raggiunta
col tempo e con l’allenamento
a non farci più mettere
alle corde all’angolo del ring)
però che peccato
che peccato che il senso si sia così ingolfato
e invece di scorrere sulle sue belle ruote e rotaie lubrificate
si sfibri in tutta quella grande quantità di attrito
facendo un terribile rumore nella notte
e comunque va bene