Le scimmie… (41)
di Dario Voltolini
non è che adesso mi piaccia ciò che detestavo
solamente vedo quello che non notavo
che cancellavo
e la semplicissima visione
di questo e d’altro
mi rinfranca
era ingiusta la vita astrattamente limata da stilita metropolitana
la varietà chissà perché tarpata
più che altro nella testa
nella mente
che doveva preludere a un’autenticità
basata sulla semplificazione
era una pura e semplice fascinazione
molto meno che una scelta
era soprattutto illusione
così pensava
o forse no
chi può saperlo?
certo andava incontro a una Milano più complicata
che appariva inedita e appena spacchettata
diversa e solida e storta
analoga e dritta e aperta
molto più vicina alla città
in cui era nata
che a quella in cui stava vivendo
prese quindi una via notturna e accogliente
e per festeggiare a modo suo
quella cubica borghese consapevolezza
intuita oltre i vetri alle finestre
entrò in una trattoria senza pretese
profumata di minestre alla buona
e si sedette a un tavolo bianchissimo
di tovaglia e tovaglioli
dove l’aspettavano
un bicchiere
tre posate
un posacenere rotondo
un cestino con il pane
e una caraffa senza fondo
antica la pasta di sale
sull’intera balconata
all’acqua calda le mani sporche
nel finto casereccio
vanno via
vuote nel calmo letto
in un ufficio al pianterreno
sperduto nell’altopiano di Fukkomukko
lungo un lato del cortile
sotto un breve porticato
a cui si accede per una porta di legno
stavano come sempre due uomini
in divisa
come se fossero vigili urbani
e avevano una sola scrivania
coperta di carte e biro e timbri