APPELLO PER IL SOSTEGNO ALLA RICERCA

ARTICOLO21
LIBERIDI

Il professore e premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia ha manifestato le sue critiche al penoso stato della ricerca in Italia dalle colonne del quotidiano La Repubblica. Poche ore dopo il professor Rubbia è stato defenestrato. Per l’ennesima volta è stato colpito l’Articolo 21 della Costituzione. In questo caso la cultura delle liste di proscrizione ha colpito uno dei più grandi scienziati e ricercatori italiani. Per queste ragioni l’Associazione Articolo 21 esprime la convinta solidarietà al premio Nobel e invita il mondo della cultura dell’arte del cinema del teatro della ricerca a sottoscrivere pubblicamente il suo articolo e a far sentire in tutti i modi e in tutte le forme la propria protesta per un atto odioso che colpisce una delle figure che ha dato più prestigio alla ricerca scientifica in Italia.

ARTICOLO DE LA REPUBBLICA DI VENERDI’ 15 LUGLIO 2005

La ricerca umiliata all´Enea
CARLO RUBBIA

Un male oscuro di abbagliante chiarezza sta precipitando l´Enea in un profondo dramma gestionale e progettuale. La crisi è così grave che, come presidente, non posso più tacere, per il bene della ricerca e dell´Italia. Gli attuali organi istituzionali dell´Enea si sono insediati all´inizio del 2004, dopo un lungo periodo di commissariamento.

Con la nuova legge si è voluto che il presidente dell´ente avesse un profilo di altissimo livello scientifico internazionale. È però accaduto che il consiglio di amministrazione non venisse individuato dal governo con analogo criterio, ossia privilegiando quello di eccellenza delle conoscenze e esperienze acquisite nel campo delle attività tecnico- scientifiche. Avrei, forse, dovuto cogliere subito questo handicap di partenza e riflettere su quanto era, a quel punto, lecito e possibile attendersi da me. Senonché è prevalso sulle perplessità il mio forte desiderio di dare ciò che potevo al mio Paese, sostenendo costruttivamente l´Enea. È stato un errore. Un errore al quale si sarebbe potuto porre rimedio con adeguata sensibilità politica.
Sensibilità che non c´è stata.

La verità è che presidente e consiglieri di amministrazione parlano due lingue totalmente diverse. La carenza di sapere scientifico dei consiglieri, ha provocato un ulteriore deleterio effetto: il loro testardo compattamento in stile branco (con tutto il rispetto per le persone, ma il termine rende meglio l´idea), espressione di una mediocre difesa. Si è spesso detto dell´esistenza di scontri tra me e il cda: in realtà non ci può essere “scontro” tra un gruppo compattato di sette consiglieri di esplicita nomina ministeriale da una parte e uno scienziato senza connotazione politica dall´altra.
Uno scienziato-presidente messo continuamente e sistematicamente in minoranza.
Tale surreale condizione è frustrante, deleteria. I consiglieri hanno addirittura preteso di sostituirsi al presidente nel proporre il direttore generale.
Ossia, rivendicando non solo il diritto (sacrosanto) di nominare il direttore generale, ma anche quello di proporlo a se stessi. Si è giunti al punto di chiedermi, avendo io presentato una rosa di cinque nominativi, di proporne invece una rosa di sei, indicandomi ovviamente anche quale dovesse essere il sesto nome: quello che già avevano deciso dovesse occupare la carica di direttore generale. Essendomi rifiutato di scadere nella burla, il Consiglio si è appropriato della “rosa”, con un solo e unico predestinato petalo. Mi sono allora rivolto al Tar e il tribunale mi ha dato ragione: la nomina era irregolare ed è stata annullata. Il paradosso è che la mia istanza al Tar avrebbe assunto connotati di un atto “sovversivo”, agli occhi dei consiglieri soccombenti nel giudizio. E ancora più sovversiva è ora ritenuta la mia richiesta che venga rispettata quella sentenza.
Mentre infuria questo tipo di “altissima gestione”, l´istituto di ricerca è paralizzato. Il Consiglio ha infatti sistematicamente “ripulito” i maggiori programmi strategici innovativi di alto livello che erano la parte principale delle scelte strategiche mie e del precedente piano triennale. Mi riferisco soprattutto al progetto europeo per il bruciamento delle scorie radioattive, programma nel quale l´Italia aveva assunto una posizione di assoluta leadership mondiale: la bocciatura votata dal cda dell´Enea ci ha fatto perdere un finanziamento comunitario di 5 milioni e mezzo di euro, fondi che pochi giorni fa sono stati dirottati a un laboratorio di ricerca americano.

Tutta una serie di altre iniziative “storiche” hanno subito una politica finalizzata a destabilizzare il corpus delle competenze (e in alcuni casi del primato) scientifiche dell´Ente. Mi limito a citare il progetto Antartide, per molti anni uno dei più prestigiosi progetti internazionali di esplorazione del Polo Sud, che è stato sottratto all´Enea e trasformato in un consorzio di svariati enti azionisti; le attività di ricerca nel campo della fenomenologia ambientale, che sono state tolte all´Enea con la costituzione di un consorzio chiamato “Centro Euro-Mediterraneo” sotto la direzione di un microscopico gruppo di persone. Entrambe le attività si trovano oggi in una situazione altamente critica, vicino al collasso le prime, apparentemente bloccate le seconde.
Ho ormai ampiamente constatato tutto ciò, e cioè che una convivenza civile in seno al Consiglio è divenuta una impresa difficile, in quanto ogni mia azione concreta in favore dell´ente – direi ogni mio tentativo di lavorare – viene osteggiata a priori. Ho sempre avuto molto rispetto per i ruoli istituzionali, ho atteso e ancora attendo un significativo interesse per il futuro del più grande e prestigioso ente di ricerca applicata in Italia, per la sua vocazione, per il ruolo internazionale, per l´avvenire della ricerca, per gli oltre suoi tremila dipendenti che lavorano seriamente e il cui valore non viene difeso da nessuno. Il silenzio comincia però a pesarmi, perché nel vuoto del silenzio, trovano spazio le maldicenze, le critiche ingiuste, le censure infondate. Non ho mai sopportato questo stato di cose e mi avvilisce constatare che al primato della scienza si sostituisca lo spicciolo tornaconto quotidiano. Non posso quindi più stare in paziente silenzio. È una questione di dignità e di rispetto. Per me e per tutti.

Sottoscrivono l’appello e l’articolo di Carlo Rubbia

Claudio Abbado, Federico Orlando, Giuseppe Giulietti, Carlo Lazzati, Margherita Lazzati,

12 COMMENTS

  1. Quello che sta accadendo è di una gravità inaudita – ma come opporsi?
    Chi bazzica le università italiane, del resto, sa che a questa degradazione “politicamente” indotta della ricerca si va affiancando una dequalificazione altrettanto penosa e apparentemente ineluttabile degli studi accademici, a partire dalle regole d’ingaggio degli stessi docenti e dai meccanismi sempre più spudoratamente clientelari e anti-meritocratici dell’ingaggio medesimo. Ma come opporsi? Come rivoltarsi?
    (Per non parlare di quello che sta accadendo alla scuola, schiacciata dal diktat sempre più illogico e umiliante delle “scienze dell’educazione” e della “sociologia di Stato”! Ogni buon insegnante è in difficoltà!)
    Un grande intellettuale greco disse un giorno al mio maestro che il primo indizio di una gestione dittatoriale del potere è il senso d’impotenza di chi lo subisce. Quell’intellettuale, a suo tempo, era espatriato e si era rifugiato in Francia. Oggi i ricercatori e gli studiosi italiani sembrano non avere altra soluzione che “fuggire” anch’essi all’estero – sembre che ne abbiano l’opportunità. Ma l’Italia non è la Grecia dei colonnelli… Vero?
    E allora? Che fare?
    Innanzitutto, per esempio e per non lasciare che l’indignazione si sciolga sotto il feroce sole di luglio, leggere, rileggere e rileggere ancora “L’insegnamento dell’ignoranza” di J.-C. Michea (Metauro 2005). E poi, magari, impostare un dibattito su NI 2.0 su questo piccolo ma dirompente pamphlet.

  2. Il discorso generale è pienamente condivisibile. Sul caso specifico, però, ci andrei molto cauto. L’altra campana, quella dei consiglieri di amministrazione, dà giustificazioni tecnico-economiche dei propri veti che francamente, per quel che ‘so’ di Rubbia, mi suonano decisamente plausibili. Condannare la lottizzazione, l’ingerenza politica, ok, anche in considerazione del penoso stato della ricerca in italia (me è luogo comune, quindi da soppesare); ma, premio nobel o no, la credibilità del Rubbia progettista e stratega della ricerca scientifica in italia non è proprio così solida da non far sorgere qualche dubbio…

  3. carpina, se lei conosce un resoconto plausibile e non di parte della questione, avrebbe la cortesia di segnalarlo? grazie, cordialmente,

  4. Non ho conoscenze sufficienti per giudicare la credibilità di Rubbia nei termini esposti da Carpina e comprendo l’istanza, sempre condivisibile o quasi, della cautela nel giudizio. Mi pare tuttavia che l’articolo di Rubbia sia sufficientemente equilibrato e onesto per cogliervi non tanto la conferma di un luogo comune, che è comunque verificabile in moltissimi contesti concreti anche senza la testimonianza in questione, quanto la volontà di denunciare un inasprimento ulteriore del rapporto tra “politica” (ma che peccato impiegare questa parola in una simile circostanza!) e cultura scientifica, uno sviluppo nei confronti del quale la comunità intellettuale appare sempre più impotente – forse proprio perché non riesce, o non riesce più, ad essere davvero, anche solo in misura minima, una “comunità”.

  5. “quanto la volontà di denunciare un inasprimento ulteriore del rapporto tra “politica” (ma che peccato impiegare questa parola in una simile circostanza!) e cultura scientifica”

    sì, ma il problema secondo me è che questo mito della neutralità dell’uomo di scienza rispetto alla politica è, appunto, un mito. Giusto denunciare il modo in cui la politica pretende di gestire la questione, ma anche indirizzare le scelte strategiche del paese in materia di ricerca in una piuttosto che in un’altra direzione è fare politica, inevitabilmente. E Rubbia da questo punto di vista non è certo vergine. Ad esempio certe sue prese di posizione sul nucleare di fissione, dal famoso referendum in poi, fanno parte della storia della disinformazione scientifica in italia.

  6. Purtroppo anchio posso confermare tutto. Quattro anni fà mi avevano proposto il dottorato grazie ad un aggancio ma poi non se nè fatto più niente perchè è intervenuto il nipote del rettore. Solo dopo avere alzato la voce e avere messo in mezzo persone un pò particolari sono riuscito a entrare alla specializzazione e adesso insegno. E’ una vergogna, conosco persone da tutte le parti e ora mi devo accontentare di questo posto a scuola! Ma le cose cambieranno quando finalmente Berlusconi si leverà da mezzo e salirà finalmente la sinistra. La ho degli agganci spaziali!

  7. Sono d’accordo col mio collega Carpina, nella cautela di giudizio e nel considerare comunque con estrema attenzione le denunce di Rubbia. Il male è più generale, lo descrive bene Severgnini sul Corriere di oggi e su Italians on Line: si tratta dei “privilegi”. Chi ha l’osso non lo molla, anche se palesemente inadatto a portare avanti la baracca. La baracca quindi sbanda e rischia di affondare. C’è di buono che chi vuole darsi da fare seriamente trova stimoli, contatti e ampio materiale in Internet, costruendosi occasioni per realizzarsi comunque o per levare definitivamente le tende da questo paese.

  8. L’intervento di Carlo Rubbia solleva un problema fondamentale circa il mondo della ricerca in Italia. In una fase di presunta liberalizzazione della ricerca dei fondi per sovvenzionare studi, progetti di ricerca applicata e teorica il tessere relazioni politiche e di marketing diventa un passo obbligato per qualsiasi centro di ricerca universitario. Poi, dipende dallo specifico settore… Ecco aprire un confronto sul tema vedendo i diversi punti di vista, potrebbe diventare un’operazione d’informazione reciproca e di narrazione arricchente. Ni potrebbe essere un luogo d’incontro, oppure anche altri spazi che NI potrebbe mettere in link, per coloro che sono interessati all’argomento.

  9. Buona idea! Il finanziamento della ricerca scientifica: politica, marketing e valutazione dei risultati? Mi piacerebbe che ne scrivessi, qui o da te.

  10. ok. Lo prometto qui: scrivo. Ecco l’ho detto. Ora la mia anima calvinista farà il resto.

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