Da “Triaca del discount”
di Jérôme Mauche
traduzione di Andrea Inglese
Giugulare
È l’avventura più strana che sia mai accaduta a qualcuno, non avevo soldi ma dovevo assolutamente partire con la morte nel cuore e, siccome nessuno poteva in quel periodo aiutarmi, mi sono decisa a fare l’autostop, cosa che ho sempre considerato estremamente pericolosa, ma che ci andassi o meno era già questione di vita o di morte, in effetti pensavo che avrei fatto meglio a rinunciare, visto che corrergli dietro era davvero una cattiva idea perché incredibilmente mi ha mollato appena siamo arrivati, ma è un’altra storia, quindi mi sono piazzata lungo la strada e dopo due minuti, in ogni caso, un’automobile si è fermata e mi sono sentita sollevata vedendo che si trattava di una donna con un bambino dietro nel seggiolino apposito, il che mi ha rassicurato,
andava quasi nella stessa città dove volevo andare io, ovviamente abbiamo parlato, era una tipa davvero forte, però si è messa rapidamente in testa che, dal momento che avevamo lo stesso nome di battesimo, non c’era dubbio, per lei in ogni caso, che noi fossimo la stessa persona, ma a due età differenti, ancor più perché si ricordava esattamente di un giorno in cui faceva l’autostop ed era stata presa, ecc., lei cercava di raggiungere il suo tipo di allora, io non ho insistito per non fargli dispiacere, ma nello stesso tempo se davvero fossi stata questa benedetta donna allora l’avvenire era piuttosto gradevole e zen, lei mi ha guardato con attenzione quando ci siamo lasciati, perché non gli era davvero possibile accompagnarmi fino alla città in cui volevo andare, mi ha lasciata, ne era dispiaciuta, ad un’area di parcheggio sulla strada, augurandomi buona fortuna, che sicuramente avrei trovato qualcuno che mi avrebbe preso, infatti sono salita su un’altra auto, di un tipo che in quattro e quattr’otto ha crudelmente abusato di me e mi ha mezzo violentata, non posso più smettere di pensare da allora che quella donna era perfettamente al corrente di ciò che sarebbe successo, se così fosse, e non saprei come, trovo che sia disgustoso da parte sua.
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Cutaneo
Dopo un anno ne ho avuto abbastanza di lavare i piatti e siccome il cuoco non mi prometteva nulla di meglio sono partita e non troppo lontano ho lavorato in un ospizio per vecchi, in una delle camere c’era sempre un mucchio di sassolini che uno degli ospiti vi deponeva, ne raccoglieva un sacco ad ogni uscita, ho tolto tutto perché la trovavo una cosa sporca, attualmente non abbandonava più la sua camera se non per portarvi della ghiaia nel cavo della mano o nel fazzoletto, una palata al giorno, non di più, non era un’abitudine cattiva ma in ogni caso un po’ faticosa soprattutto per chi raccoglie e pulisce dietro di lui, la piccola astuzia era allora di bloccarlo, prima che rientrasse nella sua camera, di fuori era la soluzione migliore perché li mollasse, inoltre con la ghiaia c’è sempre anche della terra che sporca, ne avevamo piene le scarpe, ma di solito si aggrappava come un povero diavolo ai suoi sassi, cercavamo di convincerlo facendo i gentili, bisognava sorprenderlo o tendergli di colpo un biscotto, allora lasciava tutto, a volte in generale resisteva, ma strapazzandolo un po’ era il modo migliore, in seguito ha poi perso la sua piccola fissa, è morto più tardi senza una ragione particolare, perché era vecchio, neanche malato, e senza più interessarsi neppure ai sassi del cortile, gli era passata.
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Acromiale
Vado a trovare questa amica ogni tanto nel suo appartamento dal quale non esce quasi più, è davvero depressa, le hanno consigliato di fare qualcosa, di consultare qualcuno, ma lei non ne può più, non ha più la minima volontà infatti, e mentre prepara anche del tè mi spiega che sta aspettando il proprietario del suo appartamento, non è scontenta che almeno io sia là per affrontarlo, visto che gli deve all’incirca quattro mesi di affitto, cosa che non sapevo, in questi ultimi tempi inoltre ha con i soldi un problemone, ha fatto fuori tutti i suoi guadagni ma non sapendo bene in cosa, è estremamente nervosa, io la capisco ma però questa storia non mi piace per niente e preferirei poter andarmene, soltanto mi ha fatto promettere che qualsiasi cosa succeda io non dica niente, è lei che parlerà, e basta, per l’emozione quasi si rovescia l’acqua della teiera addosso scottandosi, e davvero si scotta la povera, asciugo per terra il resto con uno strofinaccio quando suonano, compare allora un signore piccolo e gracile che ci saluta entrambe amabilmente, subito lei lo aggredisce letteralmente, ma non ho mai visto niente di simile, lo insulta, gliene dice di tutti i colori, dandogli del farabutto, dello sfruttatore, quasi lo mena, soprattutto gli fa una scenata incredibile mentre solo un minuto prima incarnava la fragilità stessa visto che è lei, per di più, che gli deve dei soldi e parecchi, si lancia allora in spiegazioni deliranti, delle storie di debiti, di rimborsi che sta aspettando, di un prestito inoltre che mi avrebbe fatto e che non gli restituisco, mi accusa direttamente, per ciò se l’avessi rimborsata, ma sì, avrebbe potuto benissimo pagare questo mese l’affitto e la responsabile infatti sono io, lui non deve che vedersela con me, è un puro delirio, viste le condizioni io non resto dato che comincia a diventare francamente aggressiva anche nei miei confronti, quasi mi salta addosso e comincia ad allungare le mani, e dice che io non me ne andrò prima di averle reso i soldi o che paghi direttamente il proprietario, è mezza scatenata e prima che riesca a scapparmene via, è lui, senza dire una parola, che se la fila per primo, lo si capisce, dalla paura, lei si calma, è di colpo davvero molto calma, un po’ pallida, si scusa ed è dispiaciuta di avermi fatto subire tutto questo, ma con il suo proprietario è tutti i mesi la stessa storia da un bel po’ di tempo ormai, mi sembra di capire, infatti basta che lei gli faccia una scenata ma spaventosa, è questo che ha notato, perché lui si consideri pagato, e non ritorni che il mese successivo, allora lei è nuovamente odiosa, a volte molto cattiva, e questo gli basta, gli conviene certamente anche se, però, è vero che fa fatica ogni mese a scovare una ragione sufficiente o anche qualcuno che si presti al gioco.
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Linguale
In effetti è sconfortante ma sono attratta da questa ragazza che conosco da un bel po’ di anni anche se all’inizio ho fatto fatica con lei, la trovavo sciocca e molto volgare, non avevamo niente da dirci, ma lei era invece abbastanza impulsiva e ci siamo ritrovate due o tre volte prima o anche dopo una serata a vivere delle storie abbastanza divertenti ed è così, in fondo, che ho simpatizzato con lei anche se siamo molto diverse, in seguito a forza di conoscerla ho scoperto la sua sensibilità che è grande e che lei dissimula dietro un aspetto rude, o addirittura di straviolenza, per via dei corsi che ha seguito di auto-difesa, ma pratica piuttosto l’attacco tanto più che con il bel corpo che ha, frequentando sempre bar dove non ci sono che alcolizzati, dei tipi in cerca d’un mucchio di complicazioni o d’avventure, alle volte finisce tutto abbastanza male e poi siccome sembra così fragile quelli s’immaginano che lei non opporrà resistenza, ma ho visto un numero sorprendente di tipi che ha sbattuto al tappeto, anche se esagera, è davvero dentro questo tipo di schema, simile agli animali che si pavoneggiano sessualmente, e reggendo l’alcol meglio di loro e prendendoli di sorpresa, all’improvviso, è un po’ ripugnante, l’ho proprio visto, in cucina dopo l’amore schiacciargli la testa certe volte per terra, con quello che schizza intorno, come a dei volgari scarafaggi, che in fondo sono, e meno male che è abbastanza metaforica come ragazza, questo la rende sopportabile, anche perché quei tipi non sono poi idioti e non si lasciano mai del tutto fregare.
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Scapolare
Quando ero giovane ho rischiato di essere sedotta da varie religioni e ho avuto dei periodi quasi mistici, era anche la moda ma corrispondeva a un percorso sincero, ho vissuto esperienze di gruppo molto forti, durante le quali accadevano in quei momenti fenomeni che ci sorpassavano completamente, mi ricordo in particolare di un fine settimana dove eravamo in meditazione abbastanza tosta con degli specialisti che erano venuti per parlarci, tenere delle conferenze, eravamo davvero all’ascolto di noi stessi, era eccezionale e del resto in un momento in cui la discussione stava un po’ concludendosi in una certa maniera, dopo che l’avevamo portata avanti molto bene, ci fu di colpo un’interruzione di corrente, era saltata la luce, eravamo in una vecchia casa e ci siamo ritrovati al buio, ma l’atmosfera era talmente sana che nessuno avrebbe avuto delle strane idee come può accadere in altri contesti, solo che era davvero buio, era venuta ormai notte e siccome non conoscevamo molto bene i luoghi era necessario procedere a tentoni, cercare, avanzare, fare infatti conoscenza l’uno con l’altro in un altro modo che intellettualmente, senza a priori soprattutto, arrangiarsi insomma cosa che è stata molto fruttuosa e complementare a tutte le discussioni appassionanti che abbiamo avuto anche alla luce di questo seminario a tal punto che il nostro gruppuscolo, a partire dal momento in cui collettivamente, lo si può ben dire, ha avuto questa sorta di rivelazione, di scoperta degli altri e di sé, anche se a mio parere le cose si sono messe male perché le nostre riunioni hanno preso una piega sistematica e ogni volta ci giocano il tiro dell’interruzione di corrente e spesso ancora prima che la discussione cominci, cosa che mi ha stancato, devo ammetterlo, per cui ho progressivamente abbandonato la mia ricerca spirituale.
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Dentario
Quando ero bambina, appena siamo stati molto giovani, il nostro solo obbligo in casa era fare il letto e ordinare la camera, sopratutto quando facevamo disordine prima che mio padre rientrasse, perché era un po’ maniaco, in fondo ne soffriva, lo intristiva vedere i suoi bambini giocare nel più grande disordine, aveva paura che ci facessimo male, che ci ferissimo, ma quando avevo rimesso in ordine piombava di colpo e metteva tutto quanto a soqquadro perché secondo lui gli oggetti non erano al loro posto, afferrava i libri, li metteva in un altro angolo, ma fino in fondo dentro i miei cassetti, che per lui dovevano essere organizzati in una maniera e non in un’altra, è vero che era una mente abbastanza razionale, e io l’ho per altro ereditata adesso, ma al momento era penoso e controproducente perché se ne andava lasciando dietro di sé, in camera mia, un disordine molto più grande, mi sembra che entrando avesse le idee molto precise quanto alla disposizione, all’organizzazione, alla classificazione, ma troppo allusive o complicate per la mia età, cominciava innanzitutto con lo spostare tutti i mobili per creare un’atmosfera migliore in camera mia, ma si fermava nel bel mezzo perché è vero che non era il suo spazio e non voleva neppure usurparlo, era sempre molto rispettoso in fondo, infatti bisognava che ci organizzassimo come ne avevamo voglia, ma nello stesso tempo secondo il suo punto di vista e il problema è che non sapevamo mai troppo che cosa volesse, facevo del mio meglio e quando entrava in camera eravamo dispiaciute per lui, si vedeva che era una sofferenza, ne provavo sempre vergogna, non andava mai bene, è vero che non era sempre pratico e logico il posto del letto, della scrivania, della seggiola, dell’armadio, se ne andava abbastanza in fretta e lasciando un bel po’ di disordine dietro di sé e mi sono decisa a partire da una certa età ad andare a vedere come lui stesso metteva a posto le sue cose in camera sua, nel suo ufficio, per imitarlo, per sapere come bisognava fare, secondo lui, perché gli volevamo molto bene, per fargli piacere, e in tale occasione, senza mettermi davvero a rovistare, ho scoperto un mucchio di carte, delle cose incredibili che lo riguardavano, certi aspetti della sua vita che credo perfino mia madre ignorasse e però tutto era lasciato in giro sulla sua scrivania, alla mia età bastava leggere o guardare soprattutto, anche se questo non si dovrebbe fare, sono stata talmente sconvolta da quanto ho appreso allora su mio padre che ho mollato tutto, credo, nel più gran disordine, senza dubbio volontario perché lui se ne accorgesse e a partire da quel momento, quando ha capito che anch’io ero al corrente di tutto, ma davvero di tutte queste cose di cui alcune mi fanno ancora orrore, non gliene ho mai parlato, lui non ha più insistito e da allora ha lasciato che mettessi in ordine la mia camera come meglio mi pareva.
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Électuaire du discount, Le bleu du ciel, 2004
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post molto bello.
sottovoce suggerisco: forse sono/saranno (sempre; o sempre più) queste solide & sapide ‘forme brevi’ a occupare e saper tenere saldamente il campo continuamente tagliuzzato delle possibilità reali di lettura.
ignoro come si possa (chi riesca) a leggere ‘linearmente’ un romanzo. sei-settecento pagine, o meno, o più. (dove incastrarle, nei giorni che si vivono).
mentre non ignoro chi e come riesce a leggere testi come questi. (densi, niente affatto ‘semplificanti’, né spaventati dalla loro misura e icasticità: anzi).
la prosa breve non ha fortuna (editoriale) in Italia. ne ha perfino meno del racconto. peccato, perché è probabile sia una delle strade ‘giuste’, in questo tratto scoppiatissimo di tempo in cui si sta
D’accordissmo con tutto quanto dice Marco, ma
“la prosa breve non ha fortuna (editoriale) in Italia”…
è vero. Ma perché? Qualcuno ha una spiegazione? Lo chiedo seriamente.
È poi vero che la forma breve non ha fortuna? Si chiede Miku, che sulla premessa ha qualche dubbio.
sulla difficoltà di proporre ad editori prosa breve in effetti si dovrebbe parlare di ‘fortuna tra i lettori’ E di ‘fortuna editoriale’. (ossia di affezione attestata dei lettori – specie di poesia – da un lato; e di disaffezione diffusa degli editor, dall’altro lato).
(ma: è così attestata l’affezione; ne dubito. e così attestata la disaffezione? ne dubito assai meno).
in ogni caso: è vero: sarebbe interessante anche affidarsi a una ricerca sul campo approfondita, statistiche alla mano.
in quel che annotavo c’è solo l’ascolto dell’esperienza altrui (e mia), specie in tema di racconti. sulla categoria ampia c’è in rete una ulteriore notilla (parziale, da ampliare, semplificante) in Italianistica OnLine.
C’è anche una mentalità (per me poco convincente), viva anche in molti scrittori ed editori: “Buon libro di racconti, ora vediamo questo autore come se la cava con il romanzo…”.
decisamente giusto. e: qualcuno nel 1941 avrà pensato “uhm questo Giardino dei sentieri che si biforcano è interessante; anche se l’autore non è per niente giovane; mah, adesso vediamo come se la cava con un romanzo”…
@ Andrea:
è una domanda che mi faccio spessissimo anch’io. tra gli editor l’assunto, a proposito di racconti, è che per statuto e per definizione non vendono. figuriamoci la prosa breve (lirica o antilirica che sia). non c’è storia. l’impressione che ho è che sia – se possibile – vista addirittura con maggior sospetto della poesia. (ugh. è tutto dire)
già: non vendono.
io pero’ vorrei vedere le tirature di quella marea di romanzi di esordienti che escono ogni anno, esordienti dei quali i 2/3 non arrivano al secondo romanzo… Quelli vendono?
Ma se qui vendono tutto, com’è possibile che non riescano a vendere gli “invendibili”? (Saranno degli editor giù di corda…)
Monumento all’invendibile ignoto.
non me ne parlare. da me in libr. nel settore midprice arrivano tutte le settimane quintali carriole betoniere fusti e silos di ‘novità’. romanzi-fiume a fiumi. I had not thought death had undone so many [Eliot]
ben oltre ogni immaginabile vendibilità. penso che per vendere veramente tutto quel che stampano gli editori italiani dovrebbero disporre di una popolazione pari all’Europa intera
La mia impressione è che l’insieme dei lettori di romanzi si estenda anche a persone che non si interessano granchè di letteratura o anche a compratori non lettori (che non vanno sottovalutati a livello commerciale). Invece immagino che i lettori di racconti e di tutta la prosa breve siano lettori reali: pochi, ma reali. Spesso poi racconti, e ancora più poesia, beneficiano di diverse riletture a differenza del romanzo che difficilmente viene letto una seconda volta.
@marco
chi si aspettava da lui un romanzo dev’essere rimasto molto deluso. cmq, fra i tanti rimproveri rivolti all’autore del “giardino dei sentieri che si biforcano”, non ricordo di aver mai sentito formulare quello concernente la sua incapacità di cimentarsi in forme espressive più estese e articolate. forse erano altri tempi, e i racconti (oltretutto “fantastici”) non venivano considerati come oggi una sorta di “prova d’artista”. en passant, il 14 giugno ricorre il ventennale della sua morte.
@ Sergio:
è precisamente quel che intendevo! in non so quale intervista, JLB si interrogava sulla distanza che sempre lo aveva separato dalla forma-romanzo.
in aggiunta (e prescindendo dall’esempio ironico che facevo), direi: mi sembra anche preoccupante la tendenza dell’editoria ad accogliere meno arcignamente i testi brevi in prosa se (e solo se) connotati da ‘storia’, o ‘trama’, o ‘genere’.
Cortàzar? surrealismo. Bernhard? microracconti. Poe? ‘il fantastico’. Fredric Brown? fantascienza. Kafka? un narratore.
sfuggono in questo modo sia i valori formali minuti, i dettagli, molti fili intertestuali, gli spessori del lessico (vado a memoria: penso a un saggio di Fortini tutto dedicato al semplice incipit della Metamorfosi); sia il fatto che questi valori possono in alcuni casi da soli giustificare i testi, anche in assenza totale di trama, narrazione, ‘identificabilità’ (e inquadramento in un genere)…
Il racconto vende poco perché non avvince e se avvince poi abbandona l’avvinto/a sul più bello, tronca il godimento dell’avvinto/a che si sente tradito/a.
Questo è secondo me il comune sentire del lettore (più spesso lettrisce) sul tema racconto/romanzo.
E questo forse è vero per le modalità correnti della lettura che contemplano come massimo piascere, “essere avvinti” e trascinati via con sé dalla narrazione.
Salvo poi, come mi è capitato, non ricordarne una virgola a libro finito.
Eppure per me il racconto ha una capacità di incidersi nella memoria che il romanzo non ha e forse non può avere.
Cosa poi sia un “racconto” e in cosa si differenzi da un romanzo, lunghezza a parte, ancora nessuno me l’ha saputo spiegare.
Io c’ho un’idea, la dico, ma forse è sbagliata: il “vero” racconto è ciò che non PUÒ ESSERE ROMANZO, vale a dire ciò che non può essere altrimenti narrato che in forma breve e icastica, secondo un ritmo e una risoluzione che prevedano la brevità sin dalla prima riga: metti La biblioteca di Babele, di Borges, o meglio La metamorfosi di K., o, meglio ancora il perfetto, inarrivabile, folgorante, Farsi un fuoco, di London.
Con ciò non voglio affermare che non esistano racconti bellissimi che non sarebbero potuti essere anche romanzi, Cuore di tenebra, per dire, o certe cose indiane di Kipling (che dentro hanno tanto di quel materiale che tu pensi: che spreco), dico solo che forse i veri racconti sono quelli di cui sopra.
Ma posso sbagliare, certo.
andrea questi testi sono veramente belli. provo a cercare il libro in italia.
a Christian:
a Roma puoi forse trovarlo alla libreria Cythère-Critique – so che hanno altri libri dello stesso editore.
mes amis, Cythère Critique (r)esiste come sito, ora, ma non è più un luogo fisico qui in città. da un po’ (da quasi un anno, mi sa).
e pensare di trovare Le bleu du ciel alla Procure è un po’ favola & utopia. ma sarebbe / sarà (à la procure) ordinabile, senz’altro. si attende un po’ ma arriva.
altrimenti c’è il sito – molto bello – dell’editore: http://editionlebleuduciel.free.fr/editions.html.
Marco, dici che si vede che non sono di Roma?
è roma a sbagliare, non tu! pensare… una bella libreria come Cythère…
ma ai romani che girano oggi (forse sempre) è duro vendere scrittura di ricerca. francese poi…. e in lingua orig.!
Almeno, Marco, voi l’avete avuta… a Napule c’è solo la Libreria Internazionale, ormai in affanno – lì ci sono ancora, coperti dalla polvere, sigillo di qualità, e di resa, libri bellissimi: in particolare un cofanetto verde scuro con le opere complete di Musil, che concupisco da dieci anni e che non ho mai avuto il coraggio di comprare, benché il prezzo sia fermo da sempre. Verdètto, per la precisione.
tash:
“Io c’ho un’idea, la dico, ma forse è sbagliata: il “vero” racconto è ciò che non PUÒ ESSERE ROMANZO, vale a dire ciò che non può essere altrimenti narrato che in forma breve e icastica…”
caro Tash, la tua idea è largamente condivisa, e questo non toglie nulla alla sua “giustezza”
ma marco g., christian r. hanno espresso un loro paere sui racconti di Mauche, mi piacerebbe avere anche il tuo e quello di Emanuele.
Su Mauche: io ho tradotto questi che sono i suoi racconti più leggibili e più divertenti; ma lui pubblica anche raccolte di brani in prosa “definitivamente” non narrativi. Prima o poi propongo qualcosa anche di questa sua produzione.
Il racconto breve può avere poco mercato nell’editoria libraia, ma è molto adatto agli altri mezzi pensati per le letture veloci notate da Marco. Penso in particolare ai quotidiani cittadini gratuiti, come Metro, e alla rete.
Del resto i trafiletti e i racconti brevissimi hanno una gloriosa storia nei periodici tradizionali.
Se il contenuto c’è, allora il problema è renderlo sostenibile, cioé fare in modo che per l’autore abbia senso scriverlo. Trovare una copertura dei costi e dei margini di profitto. Gli strumenti ci sono (Italianistica OnLine usa la pubblicità ad esempio), i modelli da sperimentare pure (the street performer protocol ad esempio).
Come utilizzatore di AdSense so quanto esigui siano i profitti possibili, ma ciò non toglie che la strada della sostenibilità economica debba essere percorsa, prima o poi.
In realtà, proprio questo è un tipo di raccontare che mi attira (da qualche tempo). Ma forse proprio per quei (cito Marco) “valori formali minuti, dettagli, fili intertestuali, spessori del lessico”. In un certo senso anche questa è un’‘identificabilità’… Entrando più nello specifico trovo “Giugulare” una vera sassata: superiore agli altri. Anche “Dentario” dà la sua botta. Gli altri meno, ma forse questa notte mi sogno l’amica di “Acromiale”…
@Andrea: pensi che tradurrai qualcosa di meno-non narrativo di Mauche?
… ehm intendevo meno narrativo e non-narrativo.
a Emanuele
si, tempo energie permettendo
a jan
“Se il contenuto c’è, allora il problema è renderlo sostenibile, cioé fare in modo che per l’autore abbia senso scriverlo.”
Bruto economicista; alcuni scrittori prima scrivono quello che devono scrivere, poi il problema è trovare senso in quella protuberanza scritta, rendendola commerciabile. Il commercio è l’alibi sociale per fare quella cosa poco raccomandabile che è la letteratura.
Ma cos’è “ADsense”?
a jan
dpo aver letto il tuo commento al pezzo di Gigliozzi sull’intellettuale imprenditore, capisco meglio i presupposti del tuo discorso. Che mi sembra sensato. Ma il nocciolo della questione che allora si dovrebbe affrontare è: esiste la figura dell’imprenditore alternativo? dell’azienda alternativa? Il problema infatti non è tanto l’intellettuale imprenditore, ma se l’intellettuale puo’ modificare certe logiche d’impresa facendo l’imprenditore. (Sono finito fuori tema.)
Tanto ormai siamo ampiamente fuori tema, ma: che razza di domande sono? Non si tratta di fare una “azienda alternativa” (di cui ho esperienza oltretutto), ma una azienda che funzioni. Che riesca a fare quelle cose che adesso non ci soddisfano. Quindi per esempio si tratta di fissare degli obiettivi precisi alla portata, non di modificare le logiche del capitale.
Molto divertente la citazione finale. Certo che se devi lavorare 10 ore in un call-center è difficile poi produrre protuberanze scritte. E il discorso vale anche per l’editore; comunque ci siamo intesi, credo.
[URL]http://www.tinto-brass.prosesso.org [/URL] [URL]http://www.bianchi.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.erotismo.prosesso.org [/URL] [URL]http://www.anne-geddes.prosesso.org [/URL] [URL]http://www.culo.prosesso.org [/URL] [URL]http://www.calcio.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.amalfi.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.campioni.forze.info [/URL] [URL]http://www.casa.forze.info[/URL] [URL]http://www.amici.mezzogiorno.info [/URL] [URL]http://www.ferrari.forze.info [/URL] [URL]http://www.formula-1.forze.info [/URL]