Dialoghetto tra un principe e un filosofo

veneto2.gifNove intermezzi per un concerto di canzoni napoletane

di Marco Palasciano (inedito)

Personæ

Il giovane ma saturnino principe (che tende – per fuggire il dolore spirituale – a rifugiarsi nell’astrazione, quasi castrazione). Veste di nero. Ha in mano una maschera da Pulcinella a mo’ di teschio di Yorick.

L’anziano ma gioviale filosofo (che preferisce calarsi appieno con i sensi nei fenomeni, e superare le dicotomie).

Si esegue ’A vucchella (1903) di Gabriele D’Annunzio & Francesco Paolo Tosti.

I

pri.

«Dammillo nu vasillo»:
alas, poor Pulcinella!
Qui erano quei labbri ch’io baciai
tante volte? A che val travaglio e pena,
matto gentil che la mia fanciullezza
portasti sulla gobba, se ogni vita
se spezza comme ’e can-
netelle in riva a un corso d’acqua in corsa?

fil.

Riverran, riverran
– per piú commodus vicus di ricircolo,
da nigredo a rubedo per albedo
e per cauda pavonis – le preziose
tue pietre, o Philosòphia! Altre età d’oro,
età d’argento… L’uomo la sua casa
costruisce, disfà, ricostruisce…

pri.
Contro un mare di guai che mai finisce.

Si esegue Canzona marenara (1835) di anonimo & Gaetano Donizetti.

II

pri.
Mò sponta ’o sole, e mò è già tramuntato.
Non fai in tempo a assestare la tua ratio
che sballa la tua actio.

fil.
Historïa se rèpetit.

pri.

Dannato
è l’uomo a non conoscere sé stesso.

fil.
Conosca allor la bella Catarina,
andando a vendemmiar sulla collina.

pri.
Il mondo è una prigione.

fil.

Cognizione
del mondo non può darsi
se non probabilistica.
Figliuol, non t’ammattir nella sofistica.
Cogli ’a scienza nuvella, cogli il dolce
dell’uva maturata che ti molce
ogni melancolía, la fiaccolata
di Prometeo seguendo
via da la grotta – come Plato vuole –
insino al canto prïapeo del sole.
Ai mandolini i plettri!

pri.

Oh, osceni spettri!

Si esegue Canzona nuvella, dall’opera buffa Piedigrotta (1852) di Michele D’Arienzo & Luigi Ricci.

III

fil.
Mò sponta ’o sole, a poco a poco sponta
pe stu ciardino. Riverran Adamo
ed Eva, e tutto quello che si conta
– come fosse passato – del futuro.

pri.
E sí vestito, andando, mi rancuro.

fil.
Che notturno color!

pri.

Morir: dormire,
forse sognare. Se non fosse che ho
cattivi sogni…

fil.

E Rosa, fra le rose,
sogna o è sognata? Ë se ’l Re si desta,
lei svanirà come un fantasma al sole?

pri.

Ahimè, che cosa vuole
questo pruno nell’occhio della mente?

fil.
Forse tu prenda l’armi. O forse niente.
Ccà è Napule: n’alba nu muorto acciso,
un’altra un fresco odor di paradiso.

Si esegue I’ te vurria vasà (1900) di Vincenzo Russo & Eduardo Di Capua.

IV

pri.
Un’alba un fresco odor di paradiso,
n’ata nu muorto acciso
pe nu prurito ’e naso. Ahi, che paese!
E chi questo consente? Un Viceré
di ritagli e di pezze, un Re di niente?

fil.
Di ritagli e di pezze mise nzieme
da spilli che si involvono a spirale,
baroccamente, come le cicloidi
dei pianeti: un ricamo nello spazio
dell’illusione. Spingole ’e Cartesio,
razionali fino all’irrazionale,
della stessa sostanza
dei sogni.

pri.

Ah, come unire
davvero in un sol io
tant’alme janche e nire?

fil.

Ah, lo sa Dio.

Si esegue ’E spingole frangese (1888) di Salvatore Di Giacomo & Enrico De Leva.

V

fil.
Spillar nell’insectarium della mente
morte falene, schegge d’immanente,
è il piú che si può fare. La ragione
dell’uomo catturare può del mondo
la rappresentazione. Non il volo
dei noumeni.

pri.

Dio,
quanti immensi concetti han fonte e foce,
impastati di stelle e fango ctonio,
entro un guscio di noce – il nostro cranio,
come Napoli culla e cella atroce –
reticolandosi in disegno arcano!
Ahi, quant’è vago, e quanto mi par vano!

fil.
Come dice il Nolano, in noi l’Amore
– per cui tant’alto il Vero si discerne –
entra per gli occhi e vive del vedere.
Se vuoi guarir tue ansie saturnine,
ai genii ed agli sciocchi
lascia i concetti, e va’ alle Concettine,
non ragionando piú se non con gli occhi.

Si esegue Uocchie c’arraggiunate (1904) di Alfredo Falconi Fieni & Rodolfo Falvo.

VI

pri.
Si dice non vi sia stella piú chiara
che ’o scuro dint’ all’uocchie ’e Cuncettina
(o Rosa, o Catarina, o Furturella)!
Ma questa coincidentia oppositorum
mi puzza d’antiquissima italorum
sapientia, che fa a botte
con la modernità. Per voi di notte,
forse, le vacche sono tutte nere;
ma non per me, che le sudate carte
e il loro inchiostro hanno educato al nero
su bianco, ërgo all’essere o non essere.

fil.
Questo è il problema: voi mancate, principe,
di sintesi dialettica. Per sciôrre
cotanto grumo d’atrabíle, occorre
il matrimonio alchemico
dï essere e non essere,
reale e ïdeale. E chest’è Napule:
na vucchella che bacia e che fagocita.

Si esegue Furturella (1894) di Pasquale Cinquegrana & Salvatore Gambardella.

VII

pri.
E che dice, che faje, tu, luna, in ciel?
dimmi, che faje? che pienze? ché, m’ ’a daje
na verità?

fil.

Al limite una scheggia
d’immanente. La luna se ne va –
e ’nt’ ’o ciardino, fra ’e rrose, murente,
cinque note gorgheggia
un usignolo: fa sol mi re fa.
Mò sponta ’o sole: e canta «Sí» alla vita.

pri.
La vita, questa tenebra infinita
sporca di stelle – o infinita luce
sporca d’angoli bui…

fil.
Cogitai, ergo fui; poi il cogitare
sospesi: e vidi il mare.

pri.
Mare di guai!

fil.
La musica!

pri.

Sirene!
Ch’io mi tappi le orecchie con la cera!
Ch’io copra d’una maschera il mio volto!
Qualis artifex pereo!

fil.

Io guardo. Ascolto.
Da ctonio fatto etereo
piove in cuore l’odor della biosfera.
Dell’eterno ritorno il senso è còlto.

Si esegue Torna a Surriento (1894) di Giovan Battista de Curtis & Ernesto de Curtis.

VIII

pri.
Questo teatro d’incliti splendori,
la terra, è un promontorio desolato,
ai miei occhi; ed il cielo una poltiglia
di putridi vapori;
e l’uomo, questa somma meraviglia
del creato, non ha per me la minima
attrattiva.

fil.

Qui la battuta arriva:
«E la donna?».

pri.

Donne di malconsiglio
vi sono, e so dir quali:
quelle ch’amano stritolarti il cuore
come avessero un tremulo usignolo
in mano, a cui spezzar la vita e l’ali.
Cosí m’avvolgo nel mio nero duolo.
Ché la mia amata Napoli mi pare
piú odiarmi quanto piú io l’amo, e ignoro
perché mi dica le parole amare
con cui m’assale e l’anima mi scippa
per la via all’improvviso. E io cado e moro.

fil.
Qui l’apologo di Menenio Agrippa
potrebbe replicarsi.

pri.
Iddio mi dïa atarassia e catarsi!

Si esegue Core ’ngrato (1911) di Riccardo Cordiferro & Salvatore Cardillo.

IX

fil.
Giunta è allo stretto, ormai, la nostra fuga.

pri.
La rigida giustizia che mi fruga
dai chakra superiori all’anguinaia
ormai s’acquieta, e Provvidenza appaia
chiari e atri umori, in armonia connessi.

fil.
La ragione purgata dai suoi eccessi,
strizzata come fa la lavandaia
al panno, che lo torce e poi lo spande,
or – tornato il sereno – ai râi del Vero
accertato e del Certo che si invera
s’asciuga, ond’esser vela della storia
dell’uomo – non la boria di dèi e eroi.

pri.

O Napoli cortese,
son questi i doni tuoi.
Morii, dormii, sognai, e son rinato.
E chiaro nella valle il fiume appare.

fil.

Riverran, riverran le vostre feste
– passate le tempeste –, o Philosòphia
e Philològia unite finalmente
nella mente dell’uom!: la qual, s’intende,
è all’universo il sole che piú splende.

Si esegue ’O sole mio (1898) di Giovanni Capurro & Eduardo Di Capua.

Si ringraziano per i cortesi suggerimenti e prestiti C. Baudelaire, C. Bene, G. Bruno, L. Carroll, Dante, Guglielmo IX d’Aquitania, G.W.F. Hegel, J. Joyce, G. Leopardi, F. Nietzsche, Omero, W. Shakespeare, G.B. Vico, O. Wilde.

48 COMMENTS

  1. Potrei chiedere all’ottimo Palagiano la fonte originale dei seguenti versi davvero eccellenti, che valgono tutti i milioni di libri e di chiacchiere che si son scritte e si scrivono su Napoli e suoi problemi e bla bla? Voglio dire: son proprio suoi, o son tratti o riattati da altra parte o voce od opera?
    Grazie e saluti (oltre gli auguri).
    A.

    “Un’alba un fresco odor di paradiso,
    n’ata nu muorto acciso
    pe nu prurito ’e naso. Ahi, che paese!”

  2. E’ funambolico, questo mastro Palasciano, davvero, sono ammirata, ma tenendo presente anche l’altro, altrettanto pieno di talento, ancora non ho capito dove vuole andare a parare.
    Ci saranno altri testi? Si capirà?

  3. Cara Temperanza, altri testi per ora no, non credo (non su NI intendo).

    Funambolico è davvero il meno che si può dire; quanto all'”andare a parare”, tieni presente che le Prove tecniche di romanzo storico, benché appena pubblicate, sono del 1992, mentre questo Dialoghetto è assai più recente, anche se non so di quando con precisione – e difatti inedito. Insomma sono due momenti isolati su un percorso di quasi un quindicennio. Del quale so poco o nulla e di cui potrà magari parlarci l’autore, se vorrà. Sarebbe bello.

  4. @temperanza

    Con la Lust zu fabulieren che si ritrova, inutile chiedere all’uomo-madre Palasciano dove voglia andare a parare, se ogni tanto partorisce stelline danzanti…

  5. @ventre

    Anche questo è vero, ma la Lust zu fabulieren ha qualche contrainte interna se dal ’92, come dice Raos, ha aspettato tanto a partorire questa stellina qui, comunque resto curiosissima, ha qualcos’altro che non mostra? ha qualche altra identità (scrittoria) che tiene nascosta (mi sembrerebbe molto strano, ma non si sa mai)?

    Ha scritto per il teatro? fa teatro? non mi stupirei.

  6. secondo me su napoli c’è molto altro da dire. queste cose sono un po squallide secondo me. saluto temperanza e giorgia.

  7. E quale sarebbe questo “molto altro”? Il “molto”, a volte, si dice meglio con il poco o pochissimo, come ha fatto Palasciano con quei versi che ho citato, dei quali – a proposito – torno a chiedere a Palasciano stesso, o a chi sappia, la origine.

  8. Si lascino i troll ai loro pantografi: lo zapping storico del Kybernetes Palasciano contro i mondiali!

    Mememormee…

  9. Palasciano contro i mondiali, sì, apriamo una petizione, noi vittime del calcio onnipresente, che nonostante le apparenze siamo l’enorme maggioranza.

  10. Da Palasciano mi piacerebbe sapere se conosce l’opera teatrale di Antonio Scavone. Pura curiosità di lettore.

  11. ;-) Sono onorato di tante attenzioni!

    Cominciamo col dire che i versi tanto piaciuti al sig. A. – “Un’alba un fresco odor di paradiso, / n’ata nu muorto acciso / pe nu prurito ’e naso. Ahi, che paese!” – sono miei, ma traggono spunto dalla “bell’aria fresca” e “odor di malvarosa” di I’ TE VURRIA VASA’, e da questi due versi di ‘E SPINGOLE FRANGESE: “Dicette: Bello mio, chist’è ‘o paese, / ca, si te prore ‘o naso, muore acciso!”.

    Alla signorina Temperanza chiarisco che ho prodotto montagne di materiali letterari, dal 1979 a oggi, che vanno dalla poesia alla prosa, dall’uso lectorio a quello teatrale (misi in scena tra l’altro una variazione sull’ “Amleto”) e cinematografico (ho una laurea in regia e sceneggiatura; e se qualcun desidera, più avanti vi sintetizzo tutto il mio curriculum); e che mentre “Prove tecniche” è opera cui lungamente ho atteso, ed è nodo vitale della mia evoluzione, il “Dialoghetto” è operina d’occasione, scritta tattà per riempire i buchi tra una canzone e l’altra d’un concerto organizzato da una mia cara amica alla Fondazione Vico un mese fa.

    Di tutti i miei scritti solo le “Prove” sono edite, più che altro perché son lento a revisionare e perché considero decisamente volgare pubblicare per pubblicare. Se il “Dialoghetto” è qui in bella vista, dovete ringraziare Andrea Raos che, ricevuti da me amichevolmente codesti versi, se n’è innamorato e m’ha chiesto di poterli esporre, alla quale graziosa richiesta non ho potuto che assentir commosso.

    Riconosco che su Napoli si poteva moltro altro dire che non queste “cose un po’ squallide”, ma capirete che io lì non potevo dir altro: il lavoro doveva consistere in una serie di intermezzi di 50 secondi, giusto il tempo per far riposare il soprano senza però che la voce si raffreddasse, tra una canzone e l’altra; mi sono ispirato ai testi delle canzoni, nell’ordine della scaletta del concerto, e alla filosofia di Vico, dato che il concerto inaugurava i locali napoletani della Fondazione Vico; ho così mescolato i concetti espressi in quelle e in quella, meglio che ho potuto, considerato che la filosofia vichiana ho dovuto studiarla velocemente giusto in vista della scrittura di que’ versicoli; e ci ho meschiato a mio piacere qualche cosa da Shakespeare, qualche altra da Dante, e così via. Credetemi, meglio di così non si sarebbe possuto fare, in tre giorni.

    Ma se qualcuno è convinto di poter far meglio (gli do finanche tre mesi, olà!) pigli le dieci canzoni succitate, pigli Vico e scriva nove novissimi intermezzi; o taccia, e se ne vada a seguir le partite de’ mondiali, ché non tutti nasciamo per seguir virtute e canoscenza.

  12. @Palasciano

    “signora” temperanza, prego, ho avuto tre mariti.

    Ma a parte questo, grazie per le precisazioni, dunque il teatro c’entra, sono contenta d’averci preso.

    Temo però che tu abbia inteso il tono delle mie domande come irrispettoso, ohibò, per nulla, è stato un piacere leggerti, anzi, potresti darci qualcos’altro, tanto qui non è propriamente “pubblicato”, mi pare, ma solo messo in comune.

  13. Nessuno pretende di istituire dogmi su cosa sia o non sia letteratura o scrittura… e tanto meno prende l’utile come metro, ma…ma…
    di fronte a un profluvio che non emzoiona né impartisce lezioni né latro, di fronte insomma ad un profluvio che denota capacità compositva – assemblativa – ma null’altro, escludendo cioé quei principi che dovrebbero essere della scittura, capacità di intrattenere, emozionare… parole insomma che non danno piacere, non hanno sostrato etico non hanno funzione conoscitiva (principi di Matte Blanco, fore un nessuno, forse no), il minimo che si possa fare è sbadigliare.
    Meno male che è lento a pubblicare, speriamo che continui a rallentare fino a fermarsi

  14. @Temperanza

    No!!! non ho preso il tono come irrispettoso, giuro! forse anzi era il mio tono mal calibrato, ma gli è ch’ò scritt’in fretta, e rileggendo noto che appaio più pedante che umile, com’è mia natura. Molto gradivo le sue osservazioni!

    @conte T

    Lei invece è cattivo e antipatico. Ma come! si augura che io mi rallenti e fermi, che la mia arte muoia??? A parte che io ho appena finito di dire che il Dialoghetto è operina d’occasione (dunque non la considererei rappresentativa di me) e quindi è inutile che lei ci si scagli sopra, va detto che se esso non la emoziona, la colpa può anche darsi che non sia del mio scritto, ma di lei che non dispone degli strumenti adeguati per emozionarsi davanti a esso. Quando lo scorso mese è andato in scena, si è creata un’atmosfera “magica”, a detta del veramente dotto pubblico, e ha mietuto applausi grandi e commossi complimenti. A questo punto chiederei a Nazione Indiana di mettere online altri miei “profluvii”, uno al mese, solo per farle dispetto.

  15. @mundialino

    non disprezzare il gioco, mundialino, saper giocare con grazia è un grande dono e a volte molto medicamentoso:–)

  16. Mi piace ‘sto palasciano. è nu bravo guaglione. Mi pare l’anti-zizzi. Me le vado a comprà ste prove tecniche.

  17. @Mal

    sono sempre temperata:–) anzi, mi sento quasi un pompiere.

    @Ventre

    Non prendertela, Palasciano giustamente non se la prende. E se poi il risultato sarà un uscita mensile, ben venga.

  18. cattivo e antipatico? mah. che dire? ottima risposta, argomentata e matura. Non credevo che bisognasse essere simaptici e buoni, ma capaci di argomentare, ascoltare e d esprimere apprezzamenti e/o riserve. Tant’è

  19. Un appuntamento mensile con un inedito di Palasciano? Potrebbe essere divertente… Marco, se per te va bene io sono disponibile!

  20. Marco, avevo capito che iperbolavi, ciò non mi impedisce di essere serissimo. In altre parole, voglio costringerti a lavorare! :-)

  21. Ho scritto il mio commento dopo quello di Marco (ovviamente, visto che ne è la risposta), ma appare prima. L’orologio si è rimesso a fare le bizze…
    E domani, dicono, farà ancora più caldo…

  22. :) Grazie! Iperbolavo, però; troppi miei feti non sono pronti per la sgravatura, ahimè, ché l’arte mia – pare – fu ammaleficiata dalla maga Meroe!, cfr. Apuleio, Met., I, IX:

    «Eadem amatoris sui uxorem, quod in eam dicacule probrum dixerat iam in sarcina praegnationis obsaepto utero et repigrato fetu perpetua praegnatione damnavit, et ut cuncti numerant, iam octo annorum onere misella illa velut elephantum paritura distenditur».

  23. Sì, però consiglio a Palasciano di non farsi pubblicare da Raos perché è quello che prende meno commenti e alla fine anche per farsi pubblicità è meglio qualcun altro. Ciao…

  24. Raos posta sempre cose interessanti, è che le persone interessate sono poche.
    This is the problem.
    Oltre al fatto che a volte davanti alle cose interessanti uno magari viene meno stimolato a dire le sue scemenze

  25. Ciò non accade in modo infallibile, taluni superano anche questo scoglio ;-)

    Gli idioti si rivelano sempre più furbi delle precauzioni prese per impedir loro di nuocere.

  26. Beh, però che sono uno dei meno commentati in assoluto è vero. Marco, se vuoi chiedo a Garufi… :-) (Sergio, sto scherzando; non te la prendere per carità!).
    Mundialino, stamattina il tempo è bello e l\’aria (relativamente) fresca, così mi ha preso uno slancio di bontà e ti ho corretto accenti ed errori di battitura; ti ho altresì aggiunto un paio di virgole che ci volevano proprio e ti ho rapidamente illustrato la differenza fra minuscole e maiuscole.
    È un\’azione che conduco nell\’ambito del corso a distanza, gratuito, sporadico e monodico, \”Impara l\’italiano con Nazione Indiana\”. E va\’ in pace… :-)

  27. Che dunque anche gli errori espunti apparissero motu proprio? Così come gli svarioni ortografici dell’intervento gomorroideo, appena inserito, con i suoi accenti paranormali? ;-)

  28. @Miku

    In modo infallibile ovvio che no, perché come dice il proverbio, la madre degli idioti è sempre incinta.

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