Due fatti (diversi): il secondo
ovvero l’Erba del vicino è sempre più verde
di
Francesco Forlani
immagine tratta da:
http://www.mccord-museum.qc.ca/fr/
– Edizione straordinaria ! – gridava il monello brandendo il giornale.
In realtà non gridava, perché era un quadro di fine ottocento, “lo strillone”, che mio padre mi indicava come il pezzo più bello di una collezione, modesta e forse per questo ancora più autentica, che era riuscito a mettere su in tutta la sua vita.
Oggi non esistono più gli strilloni dalle nostre parti, ma ragazzi e ragazze avvolti nella nebbia e fumo di primo mattino, appostati alle uscite della metrò o delle stazioni con le avvilenti copie gratuite di giornali improbabili. A Parigi nel quartiere latino sopravvive ancora un pachistano che ormai è parte integrante del quartiere come la statua di Diderot o il Cafè Flore, che come i suoi antenati annuncia l’uscita di un giornale veramente speciale con notizie EXTRAORDINAIRES contenute nella sobria copia di Le Monde che tiene sottobraccio.
Eppure i giornali – quotidiani come il pane – sono come le giornate, a volte particolarmente riusciti altre no, anzi per niente, e ti sembra di aver buttato via un’ora del tuo tempo, chissà perché proprio in quel momento ai tuoi occhi meno inutile di un quotidiano, che per definizione è qualcosa d’inutile, e oggi non ne parliamo neppure.
Quando vado in edicola sabato mattina e chiedo una copia di Repubblica – perché ancora compro Repubblica questo resta per me un mistero – l’edicolante, Marco, mi dice che è esaurito, dalle dieci della mattina. Sono le undici e realizzo abbastanza velocemente che tale evento sia da associare con il nuovo caso scoppiato in Italia, precisamente a Erba, della strage dei vicini. Faccio allora qualche domanda a Marco sperando che mi illumini sulla questione:
Com’è che si vendono più giornali quando succedono queste cose?
Sai, chi compra un quotidiano lo fa per abitudine, non è un bene di prima necessità, come il pane, e quando accadono questi fatti di cronaca l’abitudine diventa semplicemente più frenetica.
C’è qualcosa di malsano non trovi, quasi morboso nell’accanirsi su certi fatti. A proposito vedo che esiste ancora Cronaca vera, si vende? Cioè la gente lo legge?
Diamine se non lo legge! Pensa, un giornale molto letto a Torino è Torino Cronaca impostato interamente sulla “nera”.
E di colpo mi ricordo di un amico che mi ricordava come da qualche anno la stessa Stampa dedica alle pagine interne quasi la stessa attenzione ai mostri.
Su perché la gente legga quasi con avidità queste notizie – continua Marco- un’ipotesi potrebbe essere che è spinta dal desiderio di capire come possa succedere una mostruosità del genere. Qualcuno diceva che quelli lì non erano nemmeno esseri umani ma animali. Ecco io non sono d’accordo. Un animale non farebbe mai una cosa simile…
Ma poi secondo te il lettore riesce a trovare una risposta dopo aver letto un centinaio di articoli – per non parlare poi della televisione?
Francamente credo di no. I giornali mica te lo spiegano.
Vado via con una copia del Manifesto. Ai fatti di Erba dedica un articolo su tre colonne che nemmeno leggo. A me non frega un cazzo dei fatti di Erba, e mi è bastato un solo fotogramma, quello dei due mostri per scoraggiarmi dal seguire la faccenda. Storie ignobili che se ci pensi bene te le ritrovi in diretta, nella vita, o meglio nei pensieri di tanta gente, privati soltanto del passaggio all’atto, roba da automobilisti che un semaforo su due desiderano ardentemente la morte di quello che gli sta davanti o accanto, e a volte ci riescono, com’è successo a Roma a farlo fuori.
A me interessa solo capire perché tanto interesse.
Forse il fatto che ci fosse un bambino di mezzo?
Forse la messa sul banco degli imputati dell’essere più odioso al mondo, il vicino?
Forse il non sense della vicenda?
Sinceramente non lo so. Ma mi viene in mente una pagina di un bellissimo saggio di Matteo Palumbo, ordinario di letteratura italiana alla Federico II di Napoli, contenuto in un libro collettivo , Poros, Idee di Napoli (edizioni Marco Valerio) pubblicato qualche anno fa.
Più precisamente, quando nella descrizione del teatro di Raffaele Viviani, Matteo si sofferma sui personaggi della strada, veri interpreti di quella macchina complessa che è la città di Napoli. In particolare si sofferma sulla figura dell’edicolante e citando il maestro riporta quanto segue:
Il giornalaio: Dovete comprendere che le nostre speranze sono basate sopra ‘e guaie d’a gente. Non per cattiveria ma per la sussistenza della classe. Il giornale è il nostro pane. Perciò si chiama quotidiano. Ed è anche il nostro barometro: tieempo buono pe’ll’ate, tempo malamente pe’ nnuie! (…) e nu terremoto ‘accà, na carestia ‘allà, na guerra ‘a sotto, un’alluvione ‘a coppa, se creano chelli notizie sensazionali per le quali ‘e ggiurnale primma d’asci’ già se vennero (…)vedete io stavo abbastanza in freddo con le finanze ma, da quando cominciò a piovere il lapillo del Vesuvio, cominciò a piovere la fortuna in casa mia. Bisogna dire che da tanno in poi ‘o ppoco ‘e pruvvidenza nun c’è mai mancata. Accumincianno d’o terremoto ‘e Messina a ferni’ ‘a guerra e alla rivoluzione russa! Stu cazone per esempio m’’o facetto c’a guerra ‘e Tripoli. Sta giacchetta c’’o terremoto d’Avezzano. Cu Caporetto già me so’ fatto ‘o cappiello e nu paro ‘e scarpe e mo aspetto ca fernesce stu conflitto e ca vene n’ato pe’mme pute’ fa’ ll’automobile.”
Ah ! Se non ci fosse la letteratura…
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le persone comuni si interessano ai fatti. l’intellettuale snob di sinistra schifa i fatti e anche le persone comuni, quindi dovendo esibire il proprio disinteresse, si interessa all’interesse per i fatti, pensando che ciò lo distingua dalle persone comuni e in meglio. le persone comuni sono sorprese, perché il motivo dell’interesse per i fatti è del tutto ovvio, e quindi è incomprensibile il motivo dell’interesse per l’interesse, essendo quest’ultimo autoevidente. l’intellettuale non se ne cura perché sa che, benché del tutto inutile e tautologico, benché non descriva nient’altro che la propria differenza e l’esibizione di tale differenza, benché non faccia che parassitare i fatti cui dice di disinteressarsi finendo anch’egli nello stesso cesto di tutti, il suo interesse per l’interesse altrui è il motivo della sua identità, che pur fondata sul nulla è tuttavia assai utile, se non altro a mantenere in vita la differenza stessa (anch’essa del tutto infondata, ma tant’è). l’importante è andar via con una copia del manifesto. vuoi mettere.
Il signor Rochi è con tutta evidenza un fine e veritiero dicitore, molto meglio del postatore. Chapeau!
Essendo il CD (comunista dandy) altro dall’ ISS (Intellettuale Snob di Sinistra) e dai RC (radical Chic) nonchè dai cugini GC (gauche caviar) e sicuramente dai CCR (Catto Comunisti Radicali) o i FSM (finto situazionisti moderati) risponderà agli Z.O.M.B.I. ( Zeit Orribilis Mentis Bubble Italici) che molto semplicemente non colsero “il fatto” diverso, o il “diversamente fatto” del Post qui sopra. Di tale “malinteso” me ne dolgo con tutta la disponibilità a discutere del come e cosa, contenuti nell’articolo
effeffe
ps
Avete mai visto una commedia di Raffaele Viviani?
Quando seguivo le lezioni di Michele Rak (Matteo Palumbo era uno dei suoi assistenti e poi di Palermo, mi pare) alla Federico II, Raffaele Viviani insieme a Basile erano il nostro pane quotidiano…
Ciao Giancarlo :)
Matteo ha lavorato poi con Giancarlo Mazzacurati e Vittorio Russo, tra le menti più illuminate che abbiano insegnato a Napoli. Posso farti una domanda facendo finta che nessuno ci sente? Mi dici come mai le persone confondono ancora letteratura di massa con cultura popolare?
Mi rifiuto di pensare che non si “colga” la differenza, in modo evidente, ovvio…
effeffe
In generale, trovo la nera molto interessante.
Quando è ben congegnata, quando ha gli ingredienti giusti, è narrativamente potente, e romanzesca.
Un fatto di nera ben fatto è, da che mondo è mondo, un potente stimolo al racconto, alla ri-narrazione. In epoche premediatiche, s’innescava un fiume potente di ri-narrazioni orali, o scritte ma rudimentali (i famosi fogli volanti venduti in fiere e mercati), che si riproduceva di bocca in bocca, arricchendosi e variando, e diventando certo, in alcuni suoi rivoli, letteratura – o quantomeno abilità di fare letteratura (sul valore estetico della nera come racconto, rimane per me riferimento assoluto l’aureo e divertito libercolo di De Quincey. “L’assassinio come una delle belle arti”).
Certo, in quella fiera della passività che sono i tempi odierni, lo spazio del racconto è sequestrato e saturato dalla chiassosa e ridondante pervasività dei media – e dunque il grande potenziale mitopoietico del fatto di sangue è decisamente depotenziato, e si accede per lo più al racconto nelle mortificanti vesti di fruitori di un’onnipresente e scotta pietanza premasticata.
Rimane, però, che un bel fatto di nera, al di qua delle ricadute morbose o scopofile, intriga e affascina come un romanzo. Certo, son necessari architettura e giusti ingredienti. E la strage di Erba è, in questo senso, piuttosto notevole.
La provincia. La coppia di anziani vicini assolutamente idealtipici. La famiglia multietnica. Lei figlia di benestanti. Lui spacciatore nordafricano, e musulmano. Il vicino netturbino, professionista del pulito. La strage domestica. La vicina domestica, maniaca del pulito. Il nonno cattolico. Il terrazzino, i vasi di fiori. La spranga, il coltello. La violenza stralunata. L’orrore quasi inconcepibile della morte efferata di un bambino. E tutto ciò – e qui s’innesca la moltiplicazione simbolica – inscenato in quel teatro metafisico dell’alienazione contemporanea, così radicato nell’immaginario e nel vissuto del pubblico, che è lo spazio condominiale.
E ti assicuro, Francesco, che se li ascolti da questo ordinario condominio milanese della media Via Lorenteggio in cui vivo da due anni, i fatti di Erba vibrano di un suono fatidico, affascinante e, non saprei come altro dire, necessario.
a saperlo che erano personaggi mitopoietici quasi quasi si facevano ammazzare apposta
ronchi, sarà il tuo sarcasmo, sarà il tuo dopobarba, ma lo sai che anche tu emani una certa mitopoiesi?
Carissimo Luca,
condivido pienamente quello che dici. Su tutte le migliaia di pagine della letteratura di tutti i tempi chissà perchè mi vengono in mente le pagine dell’Uomo senza qualità di Musil. dedicate al criminale Moosbrueger e come te credo all’importanza dei “fatti” come ad ogni tentativo letterario o meno che si faccia di capirli.
Il che non significa affatto appiattimento della letteratura, o della riflessione, sulla cronaca ma una loro problematizzazione, esattamente come fai tu, o lo stesso Genna nell’analisi del caso di Alfredino.
Interrogarsi sulle modalità con cui la società dello spettacolo si nutre dell’attenzione voyeuristica degli zombi, che a loro volta si cibano di “un’onnipresente e scotta pietanza premasticata.” (geniale definizione!)non è come si dice sopra l’ennesimo atto snob di chi non capisce o non vuole capire la “ggente”, ma proprio un “lavoro” di restituzione alle persone di una common decency bandita come il resto dai media nostrani.
effeffe
effeffe
Certo, Giancarlo Mazzacurati, seguivo le sue magnifiche lezioni che sussurrava al microfono (anni 79-83) su Svevo, Gadda…
Allora ti do una bella notizia. Quest’anno uscirà la riedizione del suo,Pirandello e il romanzo europeo. Sempre per restare sul “fait divers” si pensi giustamente al Fu mattia Pascal, ispirato da un trafiletto sul giornale.
Ma gli zombi resteranno incollati con lo sguardo alle riproduzioni (i plastici) dei villini o dei casolari. in un salotto Porta a Porta qualunque. Quasi sperando di abitare tra quelle quattro mura…sempre che non si accorgano di abitarle di già
effeffe
in effetti, in generale, è piacevole credere di non essere uno zombi e che gli altri sì, posso capire che ci si spenda. finché dura.
Ronchi,
mi puoi dire la tua sui fatti di Erba? Mi puoi aiutare a capire?
effeffe
Se ne parla ora anche a Fahrenheit….
(effeffe, grazie della bella notizia).
OT
Grazie effeffe. Purtroppo chi non ha mai conosciuto Giancarlo Mazzacurati (e Vittorio Russo) o assistito alle sue (loro) lezioni non potrà mai capire di cosa stai parlando.
Ho il ciglio umido, deve essermi entrato qualcosa in un occhio…
“quello dei due mostri “…
Mostri???
Mario