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Cosa preferisco quando leggo

di Giorgio Mascitelli

Il fatto che l’attuale mercato librario sia dominato da una narrativa ormai extraletteraria o postletteraria può essere spiegato in molti modi. Per esempio i sostenitori di quello che un tempo si chiamava il best seller di qualità possono indicarne la causa nell’infiltrazione nelle case editrici e nel mondo accademico di esponenti dell’avanguardia intellettualistici e lontani dal lettore. Al contrario coloro che amano l’avanguardia replicheranno che proprio quel concetto di best seller di qualità è stata la breccia da cui poi sono passati nani e ballerine.

Altri, che privilegiano l’analisi sincronica a quella storica sulla situazione di 40 anni fa, potranno individuarne la ragione nel fatto che i responsabili di collana e gli amministratori delle società hanno ritenuto di trovare maggiori margini di profitto in libri scritti da personale con formazione di tipo non letterario o da nuclei redazionali professionalmente attrezzati per questo tipo di attività. Non è escluso che tale processo di accumulazione, se molto remunerativo, possa favorire qualche forma di mecenatismo letterario (ahimè l’unico modo in cui in questo paese la qualità è circolata anche tra le masse) grazie al senso di colpa, anche se pare più probabile che tale denaro verrà speso in iniziative come la costituzione di un circuito professionistico di wrestling anche in Italia.

Questo fenomeno non è solo italiano, ma mondiale, anche se in Italia sembra essere più visibile per la tradizionale esiguità del mercato librario (o anche magari perché noi abitiamo in Italia). Frederic Jameson nel suo libro sul moderno, rovesciando in qualche modo le sue stesse ipotesi storiografiche degli anni ottanta, ha suggerito che l’attuale fase della produzione culturale è il punto di arrivo stabile del capitalismo e dunque non sarebbe questa fase a essere postmoderna, ma sembrerebbe che sia ciò che noi chiamiamo moderno un periodo di transizione con i suoi caratteri peculiari a essere un sorta di premoderno. Non occorre essere degli storicisti incalliti fino al midollo per considerare plausibile questa analisi che in fondo estende alla sfera culturale processi di razionalizzazione capitalistica che attraversano tutta la nostra società.

Non ha senso in questa situazione richiamarsi idealmente o polemicamente a un tipico prodotto della modernità quale le avanguardie. Non ha senso perché le avanguardie presuppongono l’esistenza di una articolazione della società con una certa autonomia di regole che governi la produzione letteraria e artistica, mentre oggi si assiste ad un’estensione dei criteri generali a ogni settore e pertanto una contestazione di tali meccanismi non potrebbe avere nessuna natura estetica.
Inoltre non esiste più nella vita che conduciamo l’idea utopica di un’arte che è un momento estetico di una totalità unitaria. Non esiste più non perché siamo uomini così peggiori dei nostri nonni, ma perché questa tensione, con la lodevole eccezionale di qualche frangia utopica del design, si è concretizzata nell’incubo dell’estetizzazione mediatica.

Di fronte a questa situazione, se si vuole continuare a leggere quello che si preferisce, ci sono diversi passi: uno il più sociale è la costituzione di circuiti alternativi di circolazione del testo, non troppo ampi per non destare eccessivi interessi e “idee ed energie nuove” per fare i danè, che consentano ad ogni libro che vale di costituirsi il proprio pubblico. Un altro è la valorizzazione del non professionismo della scrittura narrativa che significa che su cento 95 sono incapaci o cialtroni tre o quattro sono incapaci o cialtroni che si riscattano in pochi momenti di intensità e uno o due scrittori rigorosi. Infatti gli scrittori di professione, specie se scrivono best seller di qualità, sono gli interpreti autentici dei problemi del loro tempo e della loro società, ma solo gli scrittori rigorosi e i cialtroni si possono ricordare che scrivere un romanzo è dare un senso narrativo alle esperienze del proprio tempo secondo la propria capacità d’invenzione.

46 COMMENTS

  1. Non c’è avanguardia nelle librerie, a parte vecchi nomi che resistono con la loro presenza solo perché in passato avevano un nome d’avanguardia.
    Dominano i libri “facili”, quindi gialli e thriller e noir, perlopiù scritti male, velocemente, per il mercato, e che vivono il tempo d’una stagione: libri mordi & fuggi. E ovviamente qualche libretto erotico e horror. Durano pure loro 12 mesi al massimo, forse poco più. Sono questi quelli che vendono di più nell’arco di un anno. I classici vendono ma nel corso di anni e anni, tranne quando come allegati ai giornali. In libreria un classico vende ancora, ma l’investimento è in un periodo di tot anni, non per l’immediato.
    L’arte è diventata al cento per cento un prodotto: ciò spiega, almeno in parte, perché i libri che oggi vanno funzionano per un arco di tempo determinato, e dopo non più. Un libro è come un capo di vestiario portato in passerella: quando la moda lo impone al pubblico, il pubblico se lo prende anche se la qualità non c’è. Anzi: non gl’interessa la qualità del prodotto, purché faccia tendenza. Però una volta che la stagione di una determinata moda è esaurita, il libro – che può essere un giallo storico, un thriller, un noir – non vende più. Il libro è un prodotto, oggi più che mai: non c’è cura nel prodotto, tant’è che le edizioni di oggi abbondano sempre più di refusi micidiali, per non dire degli autori che tirano su storie sfilacciate, perché tanto lo sanno che sono storie destinate ad essere consumate nell’arco di tempo della moda.

  2. io nemmeno, ci ho capito nulla.
    la sintassi non funziona.
    e manco la punteggiatura.
    essì che vi si tratta di scrittori “rigorosi”.
    io penso che uno/una, prima di postare un petzo su un qualsivoglia blog, una riletta a quello che ha scritto dovrebbe dargliela.
    o no?

    (mi tocca sempre fare la parte dello strnz)

  3. Basta con questa demonizzazione dei generi, ormai in testa solo a chi della cultura letteraria fa una ragione di snob.
    Leggiamoli i libri prima di criticarli e dare giudizi sommari.
    Piuttosto, se non si amano i bestseller (perfettamente d’accordo) e i libri di stagione, rivolgiamoci verso un altro universo, altri scrittori, altre tematiche.
    Ma vi prego, basta con l’aria fritta della critica autocompiaciuta fine a se stessa.

    un saluto

  4. Ma i bestsellers sono poi quelli di cui si parla, per cui ci s’inalbera e non poco: prova a dire che, ad esempio, l’ultimo di Biondillo fa schifo – oh, non l’ho ancora letto, è solo per fare un esempio. E vedrai come ti azzannano alla gola finché non c’è più una sola goccia di sangue, nel critico ovviamente.
    Se invece dico: Emily Dickinson a me mi fa un po’ tanto schifo, anzi a mio avviso si nutriva solo di fantasie onanistiche, vuoi vedere che non gliene frega un’emerita mazza a nessuno?
    Ne consegue che per poter parlare di Letteratura, bisogna parlare anche dei bestsellers o beasts. Così parlo di Biondillo (ti chiamo in causa solo per fare un esempio, non avercela su con me ^____^), del suo ultimo romanzo, faccio i dovuti paragoni con chi prima di Biondilllo ha trattato l’argomento in un contesto letterario, e magari mi scapperà di citare, che so, Vasco Pratolini e Leonardo Sciascia, e sarò così costretto a parlare anche di Letteratura con la L maiuscola. Non ce l’avere con me, Biondillo caro, ma i tuoi sono gialli onesti, per me questo sono: mi perdoni? No. Lo sapevo. :-))) E vabbe’.
    Poi, Azzardo, non è mica colpa mia se un libro oggi c’è e domani non c’è già più, e nessuno più se lo ricorda? I romanzi, prendiamone coscienza, oggi, perlopiù sono studiati a tavolino, dagli scrittori stessi o dai loro ghost writer, perché il mercato vuole libri freschi, leggibili in poco tempo, possibilmente fintamente impegnati e rivoluzionari (rivoluzionari in una declinazione politica)… Purché prevalga “che dev’essere per finta”: oggi, non che esista un Pasolini o un G. Tomasi di Lampedusa, oggi dicevo autori così verrebbero cassati inesorabilmente dal mercato editoriale. Non a caso “Il Gattopardo” fu respinto, e si parla di 50 anni fa più o meno. Figuriamoci oggi: a quel pazzo che osasse scrivere così, un Capolavoro del genere, gli direbbero “pazzo” e “incapace”. E poi: “Che tu te non l’hai capito che devi parla’ come magni e scrivere i trilleri che artrimenti non te se caga nisciuno? Ma a squola che v’hanno insegniato, a fare i cieci lessi o a scrivere ‘Come Dio comanda’? Allora non stupiamoci se si parla di presunti bestsellers: bestsellers solo per il venduto nell’arco di un anno, non perché siano libri “resistenti”, di quelli che fra vent’anni ritroverai ancora floridi vivi e necessari tanto ai lettori quanto agli editori.

  5. Guarda che per l’editoria italiana pubblicare quello che c’è non è una scelta, è che non c’è altro. Non ho capito la tesi che proponi, forse perchè la affoghi in un mare che non è possibile navigare. Tu parli di danè, di Jameson, di circuti alternativi di lettura, ma tutto si confonfe in una prosa involuta che manca di esempi o quantomeno di spiegazioni.
    Accetto critiche ma aspetto chiarimenti.

  6. Ma Iannox caro,
    come posso azzannare alla gola uno che dice che scrivo gialli onesti e che, tanto per fare un esempio, dice che il mio ultimo romanzo fa schifo, quando il mio ultimo romanzo giallo non è e non c’è neppure un morto ammazzato o un poliziotto neppure a pagarlo?
    Ragioni talmente per partito preso e per pregiudizi che sei addirittura limpido e sincero. Un cialtrone in buona fede, insomma.
    Se non esistessi dovremmo inventarti. Invece esisti (che culo!).

  7. quello che so, è che Giorgio Mascitelli ha scritto un vero piccolo capolavoro.

    Titolo: L’ arte della capriola; Autore: Mascitelli Giorgio; Editore: Manni; Data di Pubblicazione: 1999; Collana: Pretesti; ISBN: 8881760606; Pagine: 120

    ora, la domanda che mi (vi) faccio è: (due punti)
    quante persone sanno che questo libro esiste?
    quante persone lo hanno visto in una libreria?

    Se tiene il paradigma/ autore bravo ma non letto ovvero sfigato = avanguardia e autore bravo ma letto da migliaia di persone è pop, Giorgio Mascitelli sarebbe da considerare un autore di avanguardia.

    Dato che certe premesse a me non sembrano vere perchè:
    uno) Giorgio Mascitelli non mi sembra sfigato (almeno non particolarmente)
    due) piero Manni non è un editore sfigato, al limite un piccolo grande editore

    Mi piace pensare, invece, che non solo l’Arte della Capriola è un libro accessibile a diverse migliaia di lettori ma che l’ambiente-la critica, gli editori, i librai e alla fine, solo alla fine, i lettori- (non particolarmente d’avanguardia, nè tanto meno pop, diciamo solo un pò furbetto)
    se ne fotte. E se il disastro della situazione narrativa italiana derivasse soltanto da questo?

    à suivre
    effeffe

  8. Io certe prese di posizione non le capisco.
    Si scrive bene o male. Punto.

    Immagino che sembrerà una bestemmia, ma personalmente ho imparato a conoscere certi pezzi d’America più da alcuni romanzi di Stephen King che da esponenti della Letteratura.
    Dall’altra parte, invece, Dostojevsky non ha forse scritto alcune delle sue pagine più belle per saldare debiti di gioco?

  9. Ecco, come volevasi dimostrare, nonostante l’abbia specificato che NON L’HO LETTO L’ULTIMO ROMANZO DI GIANNI BIONDILLO, l’Autore subito, solo perché citato a mero titolo d’esempio, m’ha azzannato letteralmente alla gola.

    Allora, lasciamo da parte gli italiani permalosi, e torniamo a parlare di Tizio e Caio: poi ci si lamenta che gli italiani non leggono. Mi sa che è proprio meglio che non leggano un rigo: se solo sapessero che tipi di persone sono realmente quelli che scrivono…

    Mi sa che i tuoi due gialli, quelli che ho letto, non sono così onesti: ma d’altro canto, già Jack Kerouac aveva evitato d’incontrare Henry Miller, per tema che non corrispondesse all’uomo dei romanzi. Cazzo se ha fatto bene quel vecchio ubriacone cattolico rompiscatole figlio di puttana anarcomunista per finzione, Orfeo di Dulouz.

  10. Gentile Igor Pagani, è vero che ti devo una risposta. Mi scuso se la mia prosa è involuta, il che è dovuto alla mia incapacità, ma anche alla necessità di ridurre in uno spazio utile per internet ciò che è normalmente starebbe in più pagine.
    L’atteggiamento dell’editoria italiana è il riflesso di una trasformazione generale delle istituzioni culturali. Di fronte a questa situazione è inutile lamentarsi, ma vale la pena di organizzare circuiti alternativi di circolazione dei testi come in parte stanno già facendo vari poeti e gruppi di poeti sulla rete, anche se questa da sola non basta.
    In secondo luogo dicevo che di fronte a una professionalizzazione della scrittura con i suoi standard omogenei, vale la pena di guardare con attenzione a percorsi irregolari e alternativi di scrittura ( non solo nelle forme) perchè da lì può venire tanta prosa involuta e qualche idea nuova.
    Giorgio Mascitelli

  11. iannozzi, me ne convinco sempre di più, ad ogni tuo nuovo ‘commento’: se fossi uno scrittore, e tu mi dicessi che non mi leggi, avrei sicuramente un orgasmo multiplo, all’istante: e ti implorerei di non smettere: cioè di continuare per l’eternità a non leggermi.

    la verità è che solo tu, con le tue semplici, umane parole, sempre così grammaticalmente e sintatticamente connesse e relate, sai procurare un piacere senza limiti.

    come vorrei che il mio sogno segreto di diventare scrittore finalmente si avverasse! già solo l’idea di una tua non-lettura, mi dà l’ebbrezza. peccato che cartesio non ti abbia mai conosciuto: sei una ‘res psycotropa naturalis’, altro che cogitans et extensa.

    sappi che noi tutti ti amiamo: sei anche l’antidoto più efficace contro il crollo delle finanze familiari. e infatti, più ti leggo e più vado licenziando, uno a uno, tutti i miei pushers. sto risparmiando una fortuna…

    grazie di esistere.

  12. Gentile Tashtego, anch’io non ho capito nulla del tuo commento, ma accetto lo stesso volentieri i tuoi consigli e ti prometto che rileggerò sempre i miei petzi a patto che tu ti ricordi che non si inizia mai un nuovo periodo con la e.
    Giorgio Mascitelli

  13. grazie, caro. posso chiamarti affettuosamente ian? sì? bene.
    ecco, ian, mi commuovi: non solo sei il migliore non-lettore sulla piazza, ma hai anche doti di buon incassatore. non avevo dubbi.

    proprio in virtù di queste tue indubbie qualità, ho pensato di farti un regalo, dedicandoti la mia opera prima, di prossima uscita. sarai l’unico al mondo a potersi fregiare di una dedica in esergo a un libro che non leggerà mai.

    e non è un privilegio da poco, credimi.

    complimenti, te lo sei proprio meritato.

  14. sarà fatto, tanto non le leggi lo stesso. e questo è quello che conta, alla fin fine.

    spero solo, comunque, che la tua richiesta di ‘tre’ copie non sia motivata dal fatto che hai esaurito le scorte di carta da toletta…

    ma andrebbe bene lo stesso, anche in una eventualità del genere. mi rimarrebbe sempre la consolazione di essere in linea con il novanta per cento della produzione narrativa che si pubblica in itaglia.

  15. Vero: non leggo. E sono pure Charles Manson, infatti.
    Meglio smentire la seconda dichiarazione: con l’intelligenza che circola qualche spostato di testa potrebbe crederci sul serio.

    In una maniera tutta vostra, direi grezza – non contadina -, soltanto grezza, riuscite a strapparmi una smorfia quasi simile a un sorriso.

  16. E’ che questo pezzo è di una intorcinatura tale che mi procura orticaria voi quasi rivolta interiore.
    Per dire.
    Per fare:
    abolirei ‘sto cazzo di parole postmoderno predmoderno che non hanno mai significato nulla; io userei contemporaneo e guarda lì che basta e avanza.
    Trancerei pure di brutto, illico et immediate et sic et simpliciter, pure il termine “avanguardia” nell’attualità, lo lascerei ai movimenti storici, tipo Cubismo Furiturimo Simbolismo Lettrismo et cetera et,
    che loro, tipo teoria dell’Orda, ce l’avevano coi propri padri e li volevano sgozzare e saccagnare benbene.
    Come Marinetti: dai che diamo fuoco ai musei…..
    Se vogliamo scannare i padri letterati:
    roba già fatta, nèh, ci pensa il mercato, bel trucco vecchio, non tira più.
    Tirano le Pulsatille, per dire, tanto carine loro.
    Visto infatti che il detto lemma, o cosè, “avanguardia” sa tanto di truppe in avanscoperta ossia termine militare, direi che proprio non si adatti ai tempi attuali che se uno oggi prefigura sè medesimo come avanguardista in narrativa o poesia sarebbe meglio che andasse a fare il giostraio o che si mettesse un gabbano addosso da pentecostale ed andasse a predicare per il Kun KLun Shan.
    Cioè volevo dire che se uno fa della ricerca letteraria sul linguaggio, su un modo proprio originale personale di esprimersi e scrivere sarebbe meglio lasciasse la parola “avanguardia” nel monnezzaro cioè pattume avariato.

    MarioB.

  17. Leggo in questo articolo: “Di fronte a questa situazione, se si vuole continuare a leggere quello che si preferisce”.

    Ma il punto è che manca il soggetto di questa frase. Il chi. Non c’è. E’ morto! La lettura inoltre è nella sua essenza un processo telepatico.
    Ma con l’eccesso di comunicazione non c’è più processo.

  18. Ma Iannox, che dici? Mica t’ho assalito! Ho trovato semplicemente sublime che hai fatto un esempio così palesemente non calzante, parlando dei miei libri come onesti gialli e citando poi l’ultimo mio che, poveretto lui, giallo non è (e quindi sarà un po’ disonesto, mi sa… ho scritto un libro puttana, mmmhh…).
    Eddai, relax. io mica alzavo la voce, battuteggiavo, come sei suscettibile…
    E poi (e poi? Oddìo, ho iniziato un periodo con la “e”, Mascitelli mo’ s’incazza…) ;-)))

  19. e infatti, dottor biondillo, ian fa bene ad essere incazzato…

    e, scommetto, non gli hai neanche mandato le regolamentari tre copie della tua ultima opera…

    e, quindi, la sua incazzatura è tutta dovuta al fatto che non ha avuto niente da non-leggere…

    e poi c’è anche tash, che una volta era così simpatico, che il visconte alle pere è così felice che è ritornato vecchio…

    e, infine, c’è il mascitelli: che, fossi in lui, manderei tutti a fun cool…

    e…

  20. e… che il punto non è che manca il soggetto. probabilmente è la proposizione principale a latitare…

    e: che forse è meglio andare a dormire…

    e, quindi: soggetti d’oro a tutti.

  21. @ ROBIVECCHI

    “Scoprendo Forrester”, gran bel film con un ottimo Sean Connery, che t’insegna qualcosa sulle “e”, anche.

    @ BIONDILLO

    D’ora in poi solamente Calzedonia per le mie gambe.

  22. Per Sempre Giovane di Biondillo è un gran bel libro, come ho già detto in un commento nell’articolo su Sanguineti. E sa raccontare. E mi scuso con i detrattori della e iniziale se inizio spesso con la e. Ciò simpatia per la e. Anche il mio nome inizia con la e.

  23. Io farei cosi: abolirei la nozione di stile come scarto da una norma linguistica data, abolirei ogni categoria della storia letteraria, abolirei la letteratura (che magari in essa ci rimane un residuo di opacità), trasformerei la rete in una eterna battibecco tra robivecchi e iannozzi, con qualche massima lapidaria di tash.

    E salverei la vecchia buona grammatica: the cat is on the table; the dog is under the table;

    bye bye Novecento: non entriamo in un mondo di rovine (quello era Eliot), ma in una liscia pelle di bimbo, solo che è un lifting cerebrale generalizzato:

    anche il cervello è involuto e contorto: ma se lo stiriamo bene diventa un perfetto tappeto da bagno.

  24. dimenticavo: eliminerei l’ironia, dal momento che ormai è una figura di pensiero non più percepita da un bel po’ gente (il campione ovviamente è sempre ridotto ai cinque commentatori fissi di NI): tutto dovrà essere letto assolutamente alla lettera…

  25. bene inglès, non so dove hai letto mie massime lapidarie.
    (su questo post ho scritto due commenti su ventinove, ma posso inibirmi ulteriormente)
    forse questa è la rete, ci hai pensato?
    capisco che è un luogo comune, ma il libero accesso ad un luogo non garantisce la qualità dei visitatori.
    non te li puoi scegliere, voglio dire.
    ti sembra molto lapidario quello che sto dicendo?
    se sì, bene.
    allora aggiungo che se la qualità dei commenti non puoi controllarla, puoi invece selezionare i post in base alla qualità e non mi sembra che su questo NI.2 sia molto rigorosa.
    non mi riferisco ad una particolare seriosità, né a profondità di pensiero inaudite, bastano una normale intelligenza e una normale chiarezza di esposizione.
    basterebbe non usare termini che non si sa bene cosa significano, tipo “lotta di classe”, “Sanguineti”, “letteratura”, “post-moderno”, basterebbe un po’ di concisione, di rigore, basterebbe introdurre il dubbio nell’argomentazione, basterebbe provare davvero a centrare le questioni, eccetera.
    anche l’ironia, certo.
    che senso ha bacchettare i commentatori di post già di per sé confusi e mal scritti?
    in questo quadro propositivo vale sempre meno la pena di venirci, qui.
    capisco che i commenti ti deludano, nemmeno a me piacciono.
    ma cosa dire della delusione che si prova al di qua?

  26. “puoi invece selezionare i post in base alla qualità e non mi sembra che su questo NI.2 sia molto rigorosa.”

    a una frase di questo tipo, non si puo’ controbattere nulla; è quel tipo di critica cosi generalizzante alla quale posso solo rispondere: se su NI2 tutte le vacche sono nere, ossia i post sono indistintamente di scarsa qualità, perché ti ostini a bere da questo calice? Da parte mia, quando giro in rete tra i blog letterari più noti, trovo sempre dei pezzi degni di interesse, ben scritti, ecc. Se m’imbatto in un blog tutto disastroso, non essendo io masochista, non continuo a leggerlo e a commentarci sopra.

    dici:
    “basterebbe non usare termini che non si sa bene cosa significano, tipo “lotta di classe”, “Sanguineti”, “letteratura”, “post-moderno”,”

    forse davvero hai letto in fretta questo post (e allora capisco il deficit cognitivo) o forse hai sbagliato colonnina dei commenti: qui non si parla di “lotta di classe”, né di “sanguineti”. Si parla di post-moderno, con tanto di indicazione: ossia uno dei teorici di letteratura più importanti nel mondo, tradotto ovunque, tale F. Jameson, tradotto pure da noi, che ha dedicato un saggio di riferimento sul post-moderno. Tra l’altro, di scuola marxista… Non lo conosci? Bene, chiedi qualche lume, indicazione bibliografica, e ti sarà data.

    “Letteratura”. Mascitelli, essendo uno scrittore, ha senz’altra una idea di che cosa sia letteratura. E te la definisce, in termini relativi, rispetto al mercato editoriale: ti dice: la maggior parte di cio’ che si pubblica è narrativa extraletteraria o postletteraria. Già ti ha detto qualcosa. A me questa frase parla “forte e chiaro”. Magari a te no.

    Quello che non puoi pretendere è che ogni volta che uno scrittore apre bocca debba definire i concetti fondamentali, come “letteratura”, in quanto la loro definizione è proprio l’oggetto del dialogo, della polemica, della discussione generale.

    Quanto alla mia delusione sui commentatori di NI, ti sbagli. Semmai, a volte, subentra la noia. La noia perché i pezzi saranno di bassa qualità, ma su temi e di autori diversi. Invece i commentatori fissi sono davvero pochi. E inevitabilmente si ripetono.

  27. Mi sembra molto degno di riflessione quelo che ha postato Tash alle ore 10.14.
    Riflettiamo dunque!

  28. Obbe’: se non ti piacciono i commentatori, quelli non commentano più. Basta poco.

    La Rete, forse non te l’hanno detto, è infinita: la qualità dei post è quel che è, cioè bassa, sottoterra in molti casi. Invece di ringraziare che c’è qualche pazzo che legge pezzi illegibili e li commenta pure, gli sputi addosso: in effetti NI 2 è deludente.

    E’ un’impresa titanica commentare dei pensieri confusionari: se ci fossero post intelligenti, si commenterebbe con chiarezza e più intelligenza.

    E perdona se mi ripeto, oppure no. Fa lo stesso.

  29. e allora: addio.

    e, immagino: senza nessun rimpianto da parte di qualcuno.

    e mi sembra anche giusto.

  30. E questa però: chi ha detto che non si commenta proprio più per niente manco con una virgola piccina piccoletta, che uno la vede e non la vede. In definitiva poi io facevo solamente un discorso in generale: “quelli non commentano.” E così via dicendo.

    Che solo perché i post sono quel che sono, uno se li commenta con poco, di meno, o no?

    Che poi si scade in commenti così inutili e pleonastici che son tutto un mordersi e rincorrersi di congiunzioni e ripetizioni. E che diavolo! Che uno mica la può fare una vita così. Ecco, mo’ l’ho proprio detta bella papale papale. :-)))

  31. E questa però: chi ha detto che non si commenta proprio più per niente manco con una virgola piccina piccoletta, che uno la vede e non la vede. In definitiva poi io facevo solamente un discorso in generale: “quelli non commentano.” E così via dicendo.

    Che solo perché i post sono quel che sono, uno se li commenta con poco, di meno, o no?

    Che poi si scade in commenti così inutili e pleonastici che son tutto un mordersi e rincorrersi di congiunzioni e ripetizioni. E che diavolo! Che uno mica la può fare una vita così. Ecco, mo’ l’ho proprio detta bella papale papale. :-)))

  32. Io noto che tendenzialmente le risposte dei redattori alle critiche, esemplificabili con quella di Tashtego delle 10.14, sono le medesime. Del tipo: vai a bere da un’altra parte. Anche secondo me è sintomo di una postura sbagliata. Non sto esprimendo un giudizio in merito al caso che discutete, solo descrivo questo fenomeno ricorrente, quella stessa risposta. Quel tipo di risposta che chiude il dialogo e la crescita. In fondo se c’è chi pur criticando rimane presente è perché apprezza la vostra casa, un po’ la abita (leggendovi) e manifesta cura dichiarando ciò che, secondo lui, non funziona nelle migliori delle possibilità.

  33. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, e non c’è peggior indiano di chi vuol fare l’indiano sino in fondo. Ma: non è un problema solo su NI, su tutti quei blog che, apparentemente, aprono le proprie porte a contribuiti e idee diverse, tranne poi, quando si esprime una opinione diversa da quella che ci si attenderebbe, educatamente invitarti a bere da un’altra parte. Ma una simile presa di posizione – perché altro non è – è squalificante non per i commentatori, nemmeno per il peggiore, ma solo per la redazione che dimostra di non essere per niente aperta come voleva far credere. Credo che in NI2 dovrebbe discutere da sé questo problema…
    In fondo però sono fatti che non mi riguardano: che facciano quello che vogliono. Per quanto mi riguarda, mi pare che le posizioni di NI2 siano nette e chiuse su sé stesse: e l’hanno dimostrato non una volta e nemmeno due, ignorando inviti alla moderazione etc. etc.

  34. Iannozzi, va bene essere aperti nei blog, ma “crescere” grazie ai tuoi contributi, ai tuo acuti commenti, mi sembra impresa difficile anche per i blog sfondati. Io fossi un indiano, con te farei l’indiano, ma due volte.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ha pubblicato uno studio di teoria del romanzo L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo (2003) e la raccolta di saggi La confusione è ancella della menzogna per l’editore digitale Quintadicopertina (2012). Ha scritto saggi di teoria e critica letteraria, due libri di prose per La Camera Verde (Prati / Pelouses, 2007 e Quando Kubrick inventò la fantascienza, 2011) e sette libri di poesia, l’ultimo dei quali, Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, è apparso in edizione italiana (Italic Pequod, 2013), francese (NOUS, 2013) e inglese (Patrician Press, 2017). Nel 2016, ha pubblicato per Ponte alle Grazie il suo primo romanzo, Parigi è un desiderio (Premio Bridge 2017). Nella collana “Autoriale”, curata da Biagio Cepollaro, è uscita Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016 (Dot.Com Press, 2017). Ha curato l’antologia del poeta francese Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008 (Metauro, 2009). È uno dei membri fondatori del blog letterario Nazione Indiana. È nel comitato di redazione di alfabeta2. È il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.