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Juke-Box: Ron / Lucio Dalla

geant_n.jpg
immagine tratta da www.keljeu.com

Il gigante e la bambina (1971)
di
Lucio Dalla e Paola Pallottino

Il gigante e la bambina
sotto il sole contro il vento
in un giorno senza tempo
camminavano tra i sassi

Il gigante è un giardiniere
la bambina è come un fiore
che gli stringe forte il cuore
con le tenere radici

e la mano del gigante
su quel petto di creatura
scioglie tutta la paura
è un rifugio di speranza

del gigante e la bambina
si è saputo nel villaggio
e la rabbia dà il coraggio
di salire fino al bosco

il gigante e la bambina
li han trovati addormentati
falco e passero abbracciati
come figli del signore

il gigante adesso è in piedi
con la sua spada d’amore
e piangendo taglia il fiore
prima che sia calpestato

camminavano tra i sassi
sotto il sole contro il vento
in un giorno senza tempo
il gigante e la bambina

36 COMMENTS

  1. Inizio io? Bene, spero di non smontarti il giubòcs. La produzione di Lucio Dalla, tolti i dischi realizzati su testi di Roversi – degli autentici capolavori -, la uso essenzialmente come lassativo. E solo dopo aver preso tutte le precauzioni del caso.

  2. Il gettone?
    effeffe
    ps
    ”Il gigante e la bambina” era la storia di uno stupro. Fu straordinaria Paola Pallottino che scrisse quel testo con un linguaggio molto favolistico per cui sembra una bella storia, ma la canzone fu censurata. Era un fatto accaduto nel ‘68, cronaca vera, anche se molta gente ancora non lo sa”.

    Ron intervistato da Daniela Melone 03/06/2005

  3. In effetti, non ci vuole molto per immaginare che si tratta di uno stupro. Ogni volta che mi capita di ascoltare questa canzone o di leggerne i versi resto lì a pensare che senso hanno certe elegie sulla “dignità della persona umana” quando poi si scrivono e si cantano gli stupri come se fossero miti, (e, poco ci manca, modelli da imitare).

  4. Sì, il testo fu censurato e modificato. Allora, come oggi, parlare di questi argomenti fa paura.

    Blackjack

  5. Parlavi alla luna giocavi coi fiori
    avevi l’età che non porta dolori
    e il vento era un mago, la rugiada una dea,
    nel bosco incantato di ogni tua idea
    nel bosco incantato di ogni tua idea.

    E venne l’inverno che uccide il colore
    e un babbo Natale che parlava d’amore
    e d’oro e d’argento splendevano i doni
    ma gli occhi eran freddi e non erano buoni
    ma gli occhi eran freddi e non erano buoni.

    Coprì le tue spalle d’argento e di lana
    di pelle e smeraldi intrecciò una collana
    e mentre incantata lo stavi a guardare
    dai piedi ai capelli ti volle baciare
    dai piedi ai capelli ti volle baciare.

    E adesso che gli altri ti chiamano dea
    l’incanto è svanito da ogni tua idea
    ma ancora alla luna vorresti narrare
    la storia d’un fiore appassito a Natale
    la storia d’un fiore appassito a

  6. di certo gli avvocati del gigante porterebbero avanti la tesi che si trattava di una partita di pesca,finita in pantomima(noi,in mancanza di indizi ulteriori dobbiamo prendere per buona l’interpretazione autentica di Rosarino)

  7. Da qualche mese rifletto- capita anche a me- su come la parola, e in particolare quella poetica. della vittima, si produca spesso in un racconto, una forma, che non ripete il male dell’esperienza subita, ma se ne libera, attraverso un tono che di violento non ha più nulla.

    Il testo in questione ne è un esempio. Si parla di stupro ma in realtà ci troviamo davanti a una caso di pedofilia, direbbero i cronisti. Nella favola, perchè si tratta di una favola, on est bien d’accord, si parla di un adulto, di un signore, di uno scemo del villaggio muscoloso e un pò tonto, di Ranxerox con Lubna (lambiek.net/artists/l/liberatore.htm), di un professore con un’alunna, insomma di un grande, e di una bambina.

    la violenza del grande è terribile:

    il gigante adesso è in piedi
    con la sua spada d’amore
    e piangendo taglia il fiore.

    Inutile dire che la censura reagì su quella metafora, che letta con gli occhi del censore sarebbe bruttissima, poi magari non significava proprio quello,

    lo stesso valga per l’immagine da western, scena linciaggio così descritta:

    del gigante e la bambina
    si è saputo nel villaggio
    e la rabbia dà il coraggio
    di salire fino al bosco

    Il finale,

    camminavano tra i sassi
    sotto il sole contro il vento
    in un giorno senza tempo
    il gigante e la bambina

    Sembra voler dire che se non ci fosse stata una morale becera e disumana, i due – in fondo cosa facevano di così terribile?, avrebbero continuato la loro storia. Detta così pone non pochi problemi.

    Meno ne porta invece un altro esempio di canzone, ovvero l’aigle noire, di Barbara. Cantante ed interprete straordinaria (amata da Brassens e Brel) compone una favola moderna che in realtà tratta della terribile esperienza da lei subita dell’incesto.

    Un beau jour, ou peut-être une nuit,
    Près d’un lac je m’étais endormie,
    Quand soudain, semblant crever le ciel,
    Et venant de nulle part,
    Surgit un aigle noir,

    La “bambina è sul lago quando dal nulla appare un’aquila nera

    Lentement, les ailes déployées,
    Lentement, je le vis tournoyer,
    Près de moi, dans un bruissement d’ailes,
    Comme tombé du ciel,
    L’oiseau vint se poser,

    e dopo averle volato intorno con le grandi ali spiegate le si posa accanto

    Il avait les yeux couleur rubis,
    Et des plumes couleur de la nuit,
    A son front brillant de mille feux,
    L’oiseau roi couronné,
    Portait un diamant bleu,

    occhi come rubini, manto nero, come un re aveva un diamante sulla fronte

    De son bec il a touché ma joue,
    Dans ma main il a glissé son cou,
    C’est alors que je l’ai reconnu,
    Surgissant du passé,
    Il m’était revenu,

    con il becco mi ha toccato la guancia
    e nella mano mi ha appoggiato il collo
    e solo allora l’ho riconosciuto
    sorto dal passato mi era tornato in mente

    Ecco, io trovo in questo come in altri casi un senso alla scrittura. Ovvero quando pur passando attraverso un’esperienza dell’inferno si reagisce, salvandosi, con una creazione che è più vicina al paradiso.
    Certo, mi direte voi, eppure Barbara è morta suicida, poco dopo. A voi dico ascoltate la canzone, se non la conoscete, e poi vedremo chi è morto.
    effeffe
    ps
    marco Candida al purgatorio comme les autres…

  8. Buona analisi effe, sia nel riconoscere l’aspetto innocente del gigante e la bambina, sia per l’ascoltare e riconoscere quale sia la morte reale.
    Unica osservazione, magari bastasse scrivere per espellere il danno, pur essendone consapevoli.
    Ritrovarsi a scrivere le Verità, quelle che non si nascondono dietro falsi nomi, nel fare i cognomi più assurdi, eppure reali.
    La canzone del gigante e della sua bimba possiede comunque una tenerezza disarmante… perchè scritta con la capacità di discernere dalle brutture del mondo.

  9. Dite pure tutto quello che volete: io resto del parere che su questi temi sarebbe meglio scrivere dei saggi di psicopatologia ad uso degli specialisti, e non poesie, poesiole o filastrocche da fischiettare in tram. Poi, certo, si può fare poesia con tutto, ma ci vorrebbe anche un po’ di senso di responsabilità.

  10. In questi giorni sto leggendo uno speciale del magazine litteraire dedicato al tema della faute (colpa) et responsabilité. I francesi distinguono faute et culpabilité. Colpa e colpevolezza. La nostra cultura non riesce ad andare al di là del senso di colpa.
    Rispetto a quanto dice MC, i letterati sarebbero Colpevoli ma non responsabili? Il contrario? E per letterati voglio dire Sade, Bataille, Nabokov…Non penso. T
    trovo invece che Gianni Boncompagni abbia fatto molto peggio, in tema di lolitismo sudicio e insano, ancora oggi imperante in Italia. Televisioni e spiagge come televisori. Nessuna etica può accettare l’estetica (da quattro soldi) dell’ammiccamento tipica del nostro paese. La differenza tra Sade e quei quattro pubblicitari autori dello sconcio è che il marhese paga con la prigione, quelli lì si fanno pagare. E gli italiani comprano…
    effeffe

  11. Prendere in considerazione un testo di una canzone e astrarlo dalla propria musica è un falso. Comunque anche con la musica la canzone non mi piace.
    Concordo con funiculì riguardo i testi di Roberto Roversi (“Il giorno aveva cinque teste”, “Anidride solforosa” ecc.) però Dalla ha anche scritto “Anna Bellanna” che è bellissima…
    Francesco

  12. Interpretazione magnifica di Barbara, effeffe!

    Barbara è morta suicida perché dire l’orrore nell’arte, passaggio del silenzio alla rivelazione è un rischio: vivere di nuovo il trauma, la morte nel corpo per liberarsi nell’altezza del cielo, incontrare la bellezza contro la paura e non volere ritrovare la terra, il corpo ferito troppo fisico.
    Barbara non ha sopportato vedere in chiarezza il trauma ucello con la sua superbia, si è sentita spaccata in due, tra l’amore per il padre e la verità; verità che ammazza padre e figlia, benché simbolica la visione dell’aquila nera era troppo forte.

    Complimenti!

  13. Fermo restando quanto ho scritto al n. 1; fermo restando che la canzone è brutta assai, ma proprio assai assai, ebbene, proviamo a fare una piccola riflessione. Ve la porgo sotto forma di domanda.

    Se noi non conoscessimo tutti i retroscena, i retrogusti, i retrobottega etc. del testo (che comunque finiscono per orientare in una certa direzione le nostre considerazioni), la canzone, presa in sé, non potrebbe “suonare” come un “inno” (passàtemelo, please), alla diversità e al suo accoglimento?

    Magari, più che una riflessione sotto forma di domanda, è una vera cazzata, ma scagli il primo dalla o il primo ron (contro il giubòcs del furlen)chi non ne ha mai scritta o detta almeno una al giorno.

  14. è quel fermo restando, capisci che non va. Fermo chi? Restando dove? Per me è una bellia canzone, ma ce ne sono tante di belle canzoni. Quel che mi ha spinto a “gettonarla” è stata la riflessione che sto cercando di fare con voi. A patto però che non ve ne stiate fermi. Più movimento funiculì, più movimento funiculà. Magare anche su e giù, come una funicolare. Che diamine. Eppure abbiamo le stesse iniziali…
    effeffe
    ps
    cerco il testo “mi sento felice” di Joe Perrino & the Mellowtones. qualcuno ce l’ha?

  15. Fuori da qualsiasi contesto, la canzone in sè, è una favola.
    l’innocenza e l’esperienza
    la fanciullezza e la protezione

    il penultimo verso può anche essere interpretato come
    voler proteggere contro il male del mondo.

  16. Effeffe, il “fermo restando” riguarda solo me. E non è nemmeno un “fermo immagine”. Cioè: per me (per me), Dalla fa cagare; per me (per me), la canzone è brutta assai. Sè clèr?
    Cioè: ma tu, guagliò, ‘o ssaje che chella canzona è brutta assaje?

    Ti do un consiglio, non richiesto, per il prossimo giubòcs: “Si’ àveto, mon ami”, del mitico Alan Wurzburger: è un post da duecento commenti assicurati, anche a ferragosto: il nano tira sempre.

  17. Ciccio, il “conflitto d’interessi”, in questo caso, sta solo nella mente bacata di quache troll di passaggio: un conflitto insanabile con l’intelligenza e il piacere della lettura.

    p.s.

    La forma di pagamento per la marketta? Semplice: in cantanti: pagamento in cantanti.

  18. Pensavo a quanto detto da Paola Castagna a proposito della possibilità tra le mille a disposizione della letteratura, di ” disinnescare ” il male. Un anno fa, all’ennesima fine di contratto con partenza dall’ufficio in cui ero stato qualche mese, in un attimo di scoramento mi soccorse un’opera tanto straordinaria quanto poco nota: Bartleby lo scrivano, di Melville. Rivedevo – ero stato a un’eccellente interpretazione teatrale del testo da parte di una compagnia francese- ogni passaggio e mi ripetevo nei momenti di maggiore solitudine alcune delle battute del protagonista compreso la famosa: “I would prefer not,”. Ecco, mi dicevo, mentre l’addetta alle pulizie, con cui si dialogava e scherzava, mi guardava con una sicura tenerezza “passare”, come aveva visto passare tanti prima di me. più o meno giovani, ecco come la letteratura ci salverà. Aiutandoci a capire di non essere soli di non essere i primi a salvarsi…

    Disarmante, per la canzone del post, è la giusta parola, Paola. E intanto penso alle canzoni sceme cui siamo legati. Quelle che ci arrivano via radio per caso e che se siamo soli mettiamo più forte, canzoni tipo, il mio cielo puro di Marcella Bella, o Luna. di Gianni Togni. C’è qualcosa di umano, nonostante tutto, anche in una brutta canzone…
    effeffe

  19. preferisco guarda che luna
    di Fred Buscaglione
    effeffe
    ps
    certamente avrai una canzone brutta che ami

  20. E a proposito di luna: avete mai sentito “Luna rossa” nella versione di Caetano Veloso?

  21. della luna amo anche l’altra
    di Eugenio Bennato (musicanova)
    CANZONE PER IUZZELLA

    Quando nasciste tu forma d’argiento

    nasciste a lu tiempo

    de la luna nova

    ‘ncielo sulo e stelle pe curona

    Luna crescente e tu da stu ciardino

    cuglivi a uno a uno

    tutti li culure

    de la primmavera chiena ‘e sciure

    A li tre notte de la luna chiena

    tu ce si venuta

    pe fare l’ammore

    pe vasà tre vote chistu core

    Luna calante e tu te si addurmuta

    comm’a na palomma

    ca ce vo’ murire

    novi amanti stateme a sentire.?

  22. lunaorossa me stai a sentì, lunarossa me fai murì, lunarossa me stai a capì. ieu tifu el botafogu…

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017