Dalla, De Gregori e il Santo Inquisitore

di
Francesco Forlani

(Racconto pubblicato dagli amici che tornano sempre di Giovedì)
Mi sono sempre chiesto come invecchiassero i libri, e non dico la carta che ingiallisce, i tarli che ne affossano le frasi e che a un certo punto calano in oscuri buchi neri, saltando le pagine a piè pari. Perché certamente invecchiano. Come se oltre la storia un tempo letta, i personaggi continuassero un lungo giro della vita, ben oltre quella normale dei comuni mortali, e così piccole donne, finalmente grandi, smettessero di crescere o coraggiosi capitani, da ammiragli guardassero il mare da una terrazza alzando piano il calice, quasi ad incrociare, con un tintinnio, la cresta dell’onda.
Così una poesia o una canzone. Quando con Giulia abbiamo varcato la soglia del Regio, per accomodarci alla fila undici, tra posti dispari come è giusto che accada ad un uomo e a una donna, il teatro era ormai pieno. Mille e cinquecento facce, ma soprattutto nuche, profili di pubblico, il pubblico di sempre per Dalla e De Gregori. Le donne per il principe e gli uomini per il filibustiere.

A prescindere ovviamente dall’aspetto fisico dei due cantanti, la scelta avveniva in base agli immaginari che ne popolavano le canzoni, la musica e infatti, in casa nostra, i fratelli erano per Lucio Dalla mentre tutti per Francesco De Gregori erano i cuori delle mie sorelle. E il mio.
In una lettera scritta per il libro di un amico poeta avevo insistito sulla potenza delle poesie mandate a memoria e di come succedeva ormai di rado che qualcuno potesse recitarle senza il testo davanti, con gli occhi socchiusi. E lo vedi fare agli spettatori che ti sono vicino – gliele leggi sulle labbra le parole senza voce – che non sbagliano – o a lei che ti sta accanto e che lo fa con silenzio per paura di stonare Dalle prime note di tutta la vita parte la pellicola, il fruscio dei ricordi, leggeri come una puntina sul disco, chirurgici alla maniera di un bisturi che ti scuote uno alla volta tutti i fili dell’anima. C’è tutto un paese lì dentro e ad ogni canzone si sovrappone un volto, un’emozione che credevi dimenticata, insieme alle parole che invece anticipi di un attimo recitandone ogni verso e pausa. Quando dicono La storia siamo noi, l’autore subito dopo gli applausi, riprende a sorpresa l’ultima strofa e dal tono capisci che ti sta dicendo che tanto tempo è passato da quel tempo, che forse il piatto di grano non ha generato nessun pane. Eravamo, la storia, forse lo siamo stati per un poco di secolo. Allora mi sono voltato in direzione della nuca in boccoli dell’inquisitore.

Quando era entrato, per ultimo come un tempo si conveniva ai re, una signora dietro di me aveva fatto segno al marito che quello lì era Marco Travaglio. Accorrono a due, a quattro, a stringergli le mani, e anche i volti sono stretti, degli amici dell’inquisitore. Non un sorriso, non una pacca sulla spalla e via.
Intanto, accompagnato dal solo pianoforte, Francesco De Gregori ha cantato le doti e virtù delle donne cannone di tutti i paesi del mondo, di tutte le età, e Lucio Dalla gli ha risposto con Caruso.

Stasera alla televisione stavano dando la vostra canzone e allora ho cambiato canale per evitare che papà si commuovesse” mi disse al telefono mia madre. La nostra canzone, certo, mia e di mio padre, da quel pomeriggio in cui l’avevamo sentita insieme per la prima volta, ed eravamo rimasti in silenzio, piangendo come accade ogni volta che accade bellezza. La bellezza non invecchia mai, è il resto che cambia. Così, alla fila undici, tra numeri dispari, ho sentito la carezza sul volto, la mano che asciuga le lacrime che ti lavano l’anima. Solo chi non ride non piange, ho pensato tra me e me, quando ho visto l’inquisitore a fine concerto andare via, così severo, così inutile.

22 COMMENTS

  1. Una pagina di bellezza, Fra’, che emoziona. Ammetto però di avere un debole per il Santo Inquisitore e di non credere in quella severità che definisci inutile. Chissà quante emozioni bisogna nascondere per non lasciarsi andare agli sguardi della gente che ti segue, ti scruta, per poi poterti “definire”!? La notorietà si paga, anche quella dei santi inquisitori, ché se tanto ti regala altrettanto ti ruba. Poi ti abbraccio per le emozioni che mi hai dato tra i ricordi che attraverso le canzoni legano il presente e il passato di tutti.

    http://www.youtube.com/watch?v=6d_VykDYf64

  2. Non lo so Natalia, si tratta di un fermo immagine, e dunque qualcosa che è vero per un segmento di tempo ben preciso. Penso anch’io che Marco Travaglio sorrida, in privato o anche in pubblico, ci mancherebbe, parafrasando il buon vecchio Claudio Lolli, “ho visto (anche) degli inquisitori felici”
    effeffe

  3. Secondo me non merita tanta attenzione, ne fa testimonianza, senonaltro, la scuola di giornalismo dalla quale proviene. da un po’ di tempo, quando fa gli esteriorismi sui a Danno Zero, cambio canale. è solo un iniquisitore, per il quale direi che se la bellezza non invecchia mai, auguriamoci non sia così anche per la bruttezza.

  4. Ha sempre in volto l’espressione di chi dice “detesto i limoni, ma li mangio regolarmente”
    (Rex Stout tramite Archie Goodwin)

  5. buonasera Francesco
    personalmente mi fa tristezza i termini inquisitore e inutile buttati qui in tra mezzo a questo poetico circostanziato amarcord… e mi chiedo (la risposta è facoltativa:) perché Francesco tu che sei uno che sta dalla parte della gente – ricordo il video della bella conferenza davanti alla scolaresca dove eri riuscito a catturare l’ attenzione dei ragazzi (cosa rara) – possa esprimerti con questi termini un po’ troppo di moda un po’ troppo bassi, permettimi, nei confronti di un persona che sta dalla parte della gente cercando di informarla dei fatti e non di informare i fatti (cito Carmelo Bene che so che ami)… non ho mai visto fruste in mano a Travaglio o altri strumenti di turtura ma solo l’ applicazione di un preciso lavoro giornalistico di ricerca e studio e attenzione corredato da notizie tutte riscontrate e verificate e non campate in baldoria insiemistica tanto per fare fumo.
    un saluto a te e ai tuoi ospiti qui.
    paola

  6. @paola
    sai Paola santo inquisitore per me non significa torturatore ma diciamo la Qualità predominante di una postura, atteggiamento, posizionamento nel mondo che ho sentito vedendolo così come l’ho raccontato. In una circostanza tra l’altro ben precisa, direi di festa per quanto dominata (vuoi per l’età media degli spettatori vuoi per i particolare momento storico di grande incertezza) dal reducismo post combattentismo. Il problema della fase che stiamo vivendo ancor più che per noi che la stiamo pagando sulla nostra pelle, è nella logica bipolare (sia politica che psicologica) che sta inficiando la capacità di analizzare le situazioni. Il rischio che si corre oggi, per esempio, scrivendo che in italia c’è un numero impressionante di persone (prima di Tortora e dopo lui) a subire da parte del nostro sistema giudiziario cose che sono inaccettabili, umanamente e politicamente, di essere assimilato a coloro che delegittimano la magistratura, è alto. Eppure tutti credo in italia abbiamo almeno un amico, un parente incappato nelle più kafkiane macchine di morte (civile o fisica) che si possano immaginare. Come se non si potesse separare la vita, la condotta, la statura di un magistrato dalla corporazione a cui appartiene. Non so se Marco Travaglio ami la gente, la gente di cui dici tu, però credo che quell’amore non abbia la stessa importanza del suo desiderio di giustizia. Il desiderio di giustizia che ogni inquisitore, per quanto moderno, non può non avere.
    effeffe

  7. Grande Francesco Forlani, grande! ho gustato questo pezzo come se assaporassi un buon pane croccante. Il pane della vita mia e dei miei affetti. Bravo!!

    PS Ma povero professorin Travaglio, in fondo che ci azzecca con la donna cannone e Caruso?

  8. Nessuna frusta nelle mani di travaglio, invece sì e ripetutamente, basti ricordare la sua campagna contro l’indulto che non ha avuto nulla da invidiare a quella della destra peggiore!

  9. non ho scritto “amore” ho scritto “sta dalla parte della gente”
    e chi sta dalla parte della gente cerca di informarla non di imbeccarla con slogan politici di qualunque parte politica si tratti. chi sta dalla parte della gente parla ai giovani cerca non di inculcare come è stato detto che dovrebbero fare le famiglie ma di educare senza violenza di parte cercando di costruire uno zoccolo di libero arbitrio critico a 360 gradi. ecco tutto per come la vedo e la sento io. opinabilissimi vista e udito e senza alzare scudi per nessuno.
    grazie per la risposta, Francesco.
    paola

  10. ogni tanto spunta una ma/donna. bella questa cosa, come i funghi quando piove. quelli bianchi, gonfi bombati pomposi che fanno puff paff.
    :)

  11. giordano bruno fu arso dall’inquisitore perchè voleva togliere la terra copernicana dal centro dell’universo, e furono bruciate tutte le sue opere. spero che ora non si arda travaglio perchè da anni dice che il re – il nostro napoleone – è nudo e pure un po’ mafioso.

  12. no stalker, non corre questo rischio o almeno lo condivide con centinaia di migliaia di persone, dunque non è il solo, per fortuna sua, per fortuna nostra
    effeffe
    ps
    il commentarium si sta pericolosamente delineando come un pro\contro Travaglio. come ho già scritto ragionare così non serve. la mia cronica prendeva di mira una postura, la severità di uno sguardo in un contesto che avvertiva come estraneo quel tipo di sguardo. Dal punto di vista politico marco Travaglio si definisce uomo di destra. credo come lui che determinati valori, la giustizia, la verità, l’onestà non siano appannaggio di uno schieramento o di un altro- Sicuramente però è nelle risposte che si definisce la propria visione del mondo. Ecco perché le sue risposte non saranno mai le mie.
    effeffe

  13. effeffe, a volte la sinistra è snob e alquando dandy, quasi da farmi preferire un travaglio, che certo non è un mio mito. solo che a volte i suoi articoli sono più utili di tanti ravanamenti di tante anime belle, seppur di sinistra.
    apprezzo molte tue cose, ma qui non ti seguo.
    la tua cronica l’ho tovata un po’ manichea: non è da una postura che si giudica un giocatore (parafrasando).

  14. Ma scusate, uno che considera Israele vittima dei palestinesi, ha diritto di essere considerato un pensatore equilibrato? confermo che è solo un iniquisitore.

  15. …e tanto meno dalla severità di uno sguardo.
    sei sicuro che quello sguardo lo hai visto a fondo?
    e non parlo dello sguardo di travaglio, parlo di molti sguardi che spesso non incrociamo davvero, già troppo convinti da preconcetti.
    a volte siamo noi a rendere gli uomini delle statue, a metterli in uno scaffale delle nostre librerie, già catalogati…
    v.

  16. comunque sia, da te mi aspetterei maggior spessore e profondità di sguardo.
    fosse solo che ho ancora in mente il video con la capacchione.
    chissà, magari potresti andare a montare un armadio chez il santo inquisitore.
    potrebbe uscirne qualcosa di bello o di squallido, ma avresti fatto un passo in più….coglierne la solitudine, il narcisismo o una (mal)celata umanità….
    parlo solo di questo.
    ciao

  17. stalker quello che dici è giusto. detto fra noi dubito che accetterebbe :-)
    ora però volevo informarvi che per un po’ non potrò intervenire ( per molto, temo) per cui chiuderò i commenti. In genere si chiudono i commenti quando il thread finisce in rissa ma non è stato questo il caso, anzi. vi ringrazio per aver ciascuno di voi espresso risonanza e dissonanza dal testo senza colpi sotto la cintura. Alla prossima allora
    effeffe

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017