La sùrroga

di Andrea Capocci

Sette anni fa partecipai con successo all’ultimo concorso pubblico per diventare insegnante di fisica nelle scuole superiori del Lazio. Poi il concorso per l’insegnamento fu sostituito dalle famigerate scuole S.S.I.S. Sette anni fa, però, vivevo all’estero e dedicai poca attenzione a quel concorso. Inviai con mesi di ritardo i documenti richiesti e al Ministero della Pubblica Istruzione non risulta tuttora che io sia laureato. Anche il Ministero dedicò scarsa attenzione a me, tanto è vero che l’unica comunicazione ricevuta in questi sette anni risale a un mese fa: un telegramma mi convocava a Latina per l'”eventuale nomina in ruolo”. Credevo che il ministero mi avesse cancellato dalle liste e invece mi offriva un “eventuale lavoro”. Perciò, in una torrida alba di fine agosto di quest’anno, esco di casa e vado a Latina.

L’appuntamento è nell’aula magna di un Istituto Tecnico di periferia. Siamo stati convocati in tanti, ci saranno trecento persone oltre a me: vincitori di concorso e “precari storici”, cioè supplenti di matematica, filosofia, educazione fisica o altro che hanno acquisito il diritto al contratto a tempo indeterminato. Il colpo d’occhio ricorda quegli esami universitari affollatissimi, tipo “Diritto Privato”: una commissione seduta in cattedra e centinaia di persone di fronte in attesa di essere chiamate. Laterale, c’è un terzo incomodo: il tavolo sindacale. Vi siedono i rappresentanti di sigle grandi e piccole, confederali e autonome, che dovrebbero assistere, informare e difendere i lavoratori presenti e futuri. Sono abbronzatissimi e incompetentissimi; ricordano le cartomanti di piazza Navona, ma non sono altrettanto attendibili. Una della CGIL, per esempio, vuole convincermi che io sia un precario storico nonostante abbia vinto un concorso e non abbia insegnato nemmeno un’ora in vita mia.

Ma non sono gli unici disorientati: le informazioni affidabili sono rare e indecifrabili. Se uno si trova sulla “graduatoria permanente provvisoria” è messo bene o male? E perché la graduatoria “a esaurimento” non contiene i precari “in esaurimento”, cioè i vincitori degli ultimi concorsi? Scopro anche l’esistenza della “sùrroga”, il Limbo di quelli che verranno chiamati solo se ci saranno abbastanza rinunce. A differenza del collega religioso, la sùrroga gode di ottima salute.

I precari storici, abituati alla giungla delle supplenze, si muovono meglio e sono ben equipaggiati: stradario del Lazio, elenco delle stazioni ferroviarie, orari delle corriere, liste delle scuole della regione. La maggior parte dei candidati vive a Roma ma sa che i primi anni di insegnamento si svolgono quasi sempre in trasferta. Se c’è una cattedra a Monterotondo, è bene sapere che ci arriva il treno ma è sempre in ritardo. Un gruppo di matematici si scambia consigli: “L’ITIS di Vetralla? Lascia perdere, la strada è tutta curve”. Sembra un convegno di cartografi.

Alle undici, con due ore di ritardo, dalla presidenza iniziano le chiamate in ordine decrescente di punteggio. Il candidato, o la candidata, si avvicina alla commissione e prende visione delle cattedre disponibili nel Lazio. Cerca sullo stradario e confronta le distanze e i tempi di percorrenza. Si consulta al cellulare con moglie, marito, figli, amici. Sulle spalle, il fiato degli altri in attesa. Possono volerci anche 15-20 minuti a persona ma nessuno protesta. Lì si decide se negli anni a venire si insegnerà in un liceo di Viterbo o in un ITIS di Sabaudia, duecento chilometri più a sud, e tutti, candidati e commissari, rispettano la solennità del momento senza fare pressioni: al massimo, dopo scelte particolarmente travagliate, scatta un applauso di sollievo e gentile ironia. A questo ritmo la procedura dura fino a tarda sera.

Una cerimonia di investitura così si svolge solo in Italia e nel socialismo reale, penso. Richiede un giorno di ferie, molta pazienza, parecchia benzina. Il PIL ne risente. Ma io ne sono affascinato. Sicuramente i concorsi sono truccati e le procedure irregolari, ma quando si arriva a questo stadio le pastette sono già state fatte. Qui si è praticamente tutti uguali, distinti solo dal punteggio in un concorso.

Si capisce che chi ha disegnato tutto ciò, oltre alla burocrazia sovietica, aveva in mente anche i Lumi. Certo, è un’égalité che spersonalizza. Perché qui si parla poco di sé ma ognuno è una storia di aspirazioni e frustrazioni che meriterebbe di essere raccontata. Federica, aspirante insegnante in Filosofia, ha preso un dottorato in Germania e poi si è sbagliata ed è tornata in Italia. Valeria è qui solo per curiosità: sta per diventare ricercatrice e non lascerà certo adesso il CNR per insegnare (però, alla fine, non rinuncerà alla cattedra e chiederà l’aspettativa). Gaspare, con la barba, mi passa un bigliettino con l’e-mail di un comitato di insegnanti precari, “a cui i sindacati non pensano mai”. Ma guarda un po’. Sa tutto, ha le graduatorie sul portatile e mi rivela che probabilmente sono troppo indietro in classifica per essere scelto. Lo ringrazio, altro che il tavolo sindacale. Filippo, invece, sogna una cattedra a Sezze. E’ ciociaro, fisico come me, per anni ha disegnato tettoie al computer ma da un po’ ha cominciato ad insegnare e gli piace assai. Non ci vedevamo dal concorso del 2000 e ancora si ricorda che vivevo in Svizzera più altri dettagli del mio passato ormai ignoti anche a me. Siamo tutti rivali e nessuno sgomita, litiga, si scontra. Se fossimo in fila allo stadio, in discoteca o al casello ci tireremmo il crick. Qui ciascuno è troppo concentrato su di sé a far calcoli complicati sul passato (quanto tempo, benzina, soldi, sogni, voce ho lasciato per strada?) per estrapolare scenari futuri. Litigare sarebbe un’infantile distrazione. Arriva il turno delle nomine per Fisica, la mia disciplina. Sono in “surroga”, è ufficiale. Dunque non devo scegliere se trasferirmi ad Aprilia o a Civitavecchia. Continuerò a fare il precario all’università.

Qualche giorno dopo, una ragazza conosciuta a Latina mi racconta che la scuola a cui l’avevano destinata non aveva bisogno di lei. E’ successo che al provveditorato hanno sbagliato le liste delle cattedre disponibili. Quelle giuste le conosce solo un’impiegata del Ministero. Però, a inizio settembre, è in ferie. Beata lei.

134 COMMENTS

  1. A Caserta si è rischiato che il V-day saltasse perché i moduli per la raccolta firme andavano vidimati. Al comune sembrava che la firma al documento la potesse apporre soltanto un particolare impiegato, il quale, a inizio settembre, era in ferie. Alla fine il V-day, non so come, ma si è fatto. Però beato lui.

    Marcello

  2. Ma dico, visto che Grillo sembra avere tanta ma così tanta e fervida, ma così fervida fantasia, almeno non poteva evitare un plagio tanto acclarato di “V for Vendetta”?

  3. Hai ragione, sono d’accordo.
    In realtà io ricordo anche un’intervista di qualche anno fa, se non sbaglio apparsa su Diario, in cui Luttazzi si lamentava che Grillo gli aveva rubato una battuta. E che al telefono aveva pure ammesso.
    Se il fatto è vero, vuol dire che la sua fantasia non è sempre ugualmente agile.

    M

  4. va bene.
    la burocrazia, eccetera.
    l’Italia paese di merda, il precariato, la proletarizzazione dei tecnici e degli intellettuali.
    tutto comme il faut, come da programma.
    tutto secondo l’immagine convenzionale del Paese, che putroppo corrisponde alla realtà, anzi è pure peggio.
    dunque approvazione e solidarietà.

    detto questo: che cazzo ne sa Capocci di come si assegnavano i posti di insegnante nei paesi a socialismo reale?
    ha fatto studi specifici, o ha letto il “Libro nero del comunismo” di Berlusconi?

  5. @ Tashtego

    No, sul libro nero del comunismo non sono preparato. Conosco solo le file alle gelaterie dell’Avana e in qualche ufficio pubblico dell’ex-Jugoslavia, ma non è abbastanza per avere cognizione di causa. Perciò ho scritto “penso”, invece di “so”: cioè non lo so, me lo immagino, mi piace pensarlo ma forse mi sbaglio. Se è per questo, non ho nemmeno studiato giurisprudenza. Che nessuno basi la sua valutazione sulla Rivoluzione d’Ottobre su un mio pregiudizio.

  6. Un pezzo che si fa leggere tutto d’un fiato, soprattutto da parte di chi vive, in questo settembre romano ancora carico d’estate, la sensazione netta del precariato, la necessità di camminare sul filo sottile e sempre in procinto di spezzarsi tra ricerca e insegnamento nella scuola.

  7. Ma pur con l’aria da baldracca, un occhio pesto, la calza sfilata e la tintura venuta male, io amo l’Italia, non chiamatela paese di merda, per favore. Io l’amo.
    Italia paese di merda = socialismo surrenale (o socialismo sub pitale)

  8. La considerazione più importante di questo pezzo è che le persone non si sbranano, anche se è in gioco il posto di lavoro. Anch’io ai tempi della mia convocazione ho un ricordo analogo; questa è una nota di speranza perchè sembra persistere una base di civiltà nelle persone e dimostra che molte delle isterie della nostra società sono indotte.
    Quanto al sistema di assunzione degli insegnanti nel socialismo reale, per quel che ne so ( ex Cecoslovacchia), avveniva per chiamata diretta del preside in una scuola, non c’erano concorsi, l’abilitazione all’insegnamento si otteneva all’università sostenendo un esame di pedagogia, l’ammissione alle facoltà era rigidamente a numero chiuso ( per le facoltà umanistiche l’unica possibilità di esservi ammessi era che i genitori dello studente fossero iscritti al partito). Insomma vigeva il sistema di reclutamento che è auspicato dagli attuali critici della scuola pubblica e sostenitori della sana concorrenza tra pubblico e privato.

  9. le file all’Avana per il gelato sono ben probanti delle condizioni storiche in cui si è svolta l’esperienza del socialismo reale, certo.
    non sto difendendo l’indifendibile e, otre tutto non me ne frega una ceppa.
    quello che sempre mi irrita è la riduzione del comunismo a luogo comune negativo, di cui naturalmente non si sa un cazzo, tranne la gita all’Avana, che signora mia si fa la fila anche per i gelati.
    hai fatto la tua esperienza della pubblica amministrazione italiana, hai toccato con mano tutto il negativo, hai dato il tuo contributo alla solita, prevedibile, denigrazione di tutto ciò che è pubblico, sei per la meritocrazia, credi di meritare più di ciò che ti viene dato, è comprensibile che ti incazzi per il precariato della scuola, per il dover andare fuori sede, per il pressappochismo, eccetera, ma che cazzo c’entra il socialismo reale, Cuba?
    è probabile che tu sia un portatore sano di ideologia liberista?

  10. @ Tashtego, Laura, Mascitelli

    mi dispiace per l’irritazione ma credo ci sia un equivoco dovuto alla mia scarsa capacità espressiva. A me, quel modo di assegnare le cattedre scolastiche, nonostante tutto, piace. Mi “affascina”, come ho scritto, così come mi affascinano le file tranquille a Cuba e in Macedonia. Mi piace che quella confusione serva a garantire un’uguaglianza, per quanto relativa. Dietro alla burocrazia e alle facili lamentele che lei giustamente stigmatizza, c’è molto altro: persone, storie, rispetto, comprensione verso l’altrui umanità, pazienza. Aspetti che la retorica meritocratica vuole sopprimere come fastidiosi vizi terreni. Sono contento che Mascitelli, che ci è passato, condivida questa sensazione.
    Certo che precarietà e inefficienza generano disagio, come scrive Laura. Ma io, e credo anche Laura, penso che la causa di precarietà e inefficienza non vada cercata nella pazienza e nella comprensione, che al limite ne sono antidoto. Cioé: la precarietà fa male, l’Italia è inefficiente, e ciononostante quel giorno a Latina è un’esperienza ricca di aspetti positivi, che se raccontata solo in termini di lunghe attese e inefficienza non si vedono.
    Come scrive Lanfranco Caminiti, c’è fannullone e fannullone. Cuba farebbe diventare verde di rabbia Ichino. Io, dell’Avana, conosco le gelaterie all’aperto e poco più. Lì per prendere un gelato (incredibilmente buono) ci si mette in fila per un’ora. Una fila sgangherata, quasi un raduno in strada. I turisti no, possono saltare la coda e entrare senza attesa pagando in dollari. Io, da turista-fai-da-te-e-di-sinistra, volli mettermi in coda come tutti, buono buono. Ai cubani sembravo un po’ minchione: “Companero, vuoi aspettare un’ora così, buono buono, solo per mangiare un gelato? Ma perché, in Italia non avete mai visto un gelato?”, mi chiedevano. Rimasi interdetto, balbettai: “E voi, allora, non siete in fila come me?” Risero: “noi ci vediamo qui tutti i pomeriggi per fare due chiacchiere o per rimorchiare, alla fine il gelato nemmeno lo prendiamo certe volte. Tu, invece, sei qui solo per un cono: vai a prendertelo, no?” Diedi un’occhiata attorno. Fermo e compito come alla posta in una strada dell’Avana, ero l’unico che stava facendo “solo” la fila per il gelato. Ero davvero un po’ minchione e me ne andai. Ma davanti a quella gelateria ci tornai tutti i giorni, qualche volta per il gelato e qualche volta no. Beati loro, come l’impiegata del ministero che a inizio settembre è ancora in ferie. Il socialismo reale è anche molto altro e molto peggio, ma se fosse solo la fila per il gelato non sarebbe mai crollato.
    Vamonos companero Tashtego: hasta la revolucion!

  11. ha detto “penso” invece di “so”. Alé alé che la vita l’è bela.

    In un altro thread, sempre su NI, qualcuno basava certe sue scanzonate considerazioni sul fatto che mussolini giunse al poter attraverso le elezioni.
    A un commentatore che, timidamente, gli ricordava della marcia su roma, l’impudente piscialletto rispondeva che, bé, insomma, l’aveva premesso che non era cintura nera di storia

  12. @ Massey

    la invito al mio commento qui sopra, che spero le faccia cambiare idea. Però queste reazioni unidirezionali mi suggeriscono una considerazione. Il riferimento al socialismo reale è stato automaticamente interpretato come un anatema senza appello. Se avessi detto “mi ricorda il capitalismo reale”, persino persone di sinistra lo avrebbero interpretato come un riferimento ad una realta’ complessa, contraddittoria, con pregi e difetti (come d’altronde è, come quasi tutto). Mentre al socialismo reale, e soprattutto alle persone che lo hanno vissuto, nessuno attribuisce alcuna complessità come se avessi detto “Auschwitz”. Il socialismo reale è stato quello che è stato. Ma nessuno può negare che sia anche la Cuba senza fretta che si diverte a perdere tempo per strada chiacchierando, e che a me quello piace, e mi piace che a Latina si respirasse un clima per certi versi analogo. Però le nostre categorie mentali ormai sono state forgiate in modo tale che “socialismo reale” è uguale ad “Auschwitz” anche presso chi la pensa in modo opposto. Tanto che avete commentato, in ottima fede, come se avessi scritto “Però ad Auschwitz il gelato era buono”.

  13. ma camocci ha tirato in ballo la cosa così, en passant, non è cintura nera ma un surrogato e credo che sia nel giusto a pensare che il socialismo non sia crollato per il gelato

  14. l’altro giorno ero dal panettiere e c’era una coda libre di venti persone.
    Quando toccò a me dissi a voce alta che la coda è come la morte, causando un po’ di disagio intorno. E’ stata un’esperienza contradditoria, nessuno mi si è torto contro con un che cazzo vuoi dire, stronzo

  15. @massey
    Sembra che la cosa ti dispiaccia, ma effettivamente pronunciare una banalità simile dal panettiere è difficile che porti a tale fortunato esito. Però se lavori ancora un po’ al tuo stile allusivo e ammiccante può darsi che qualcuno arrivi a dirtelo. L’invettiva è una nobile arte, è vero, ma probabilmente va applicata con parsimonia e in maniera più congrua . Ciò premesso, anche a me dà fastidio che tirino in ballo sempre Cuba e il Venezuela solo perché al momento costituiscono l’unico esempio di “socialismo reale”, (che diavolo ha mai significato socialismo reale?). Un po’ di misura, su’.

  16. di corsa, giusto per dire che mi sono piaciuti molto sia il pezzo che i commenti di andrea capocci.

  17. A me il pezzo è piaciuto, un’altra storia di precarietà e bilico.

    Mi chiedo (e qui non mi riferisco all’autore che ha portato una testimonianza, quanto ai redattori di NI) li individuiamo i responsabili?

    La fiom si oppone agli accordi confederali siglati anche dalla cgil, scopriamo che la cgil è costituita da 3.000.000 (3 milioni) di pensionati, da 400.000 (quattrocentomila) lavoratori del pubblico impiego e giù a scendere con le altre categorie.

    Se ne deduce che siano i pensionati a decidere e votare in merito alle politiche sul lavoro… chi va a firmare al tavolo con il Governo e gli imprenditori è in pensione e solo a quella pensa (vedi il progetto sulla previdenza supplementare), la propria pensione piena, quella di chi la paga loro… fatti loro.
    Il patto sociale si è rotto.

    Sarebbe bello vedere sulle pagine di NI un approfondimento anche di questi temi.

    saluti da Martina

  18. Ah! Anch’io laurea in Fisica, anch’io concorso “ordinario” perché fatto ricerca e insegnato poco, anch’io chiamata (alla bella età di 34 anni) a “scegliere” in dieci minuti le ultime due cattedre a Sondrio perché a Milano non c’era posto (per poi sapere che invece il mese dopo, per quelli dopo di me sì che c’era posto a Milano perché a me mi avevano chiamato con un anno di ritardo e quelli del mese dopo erano quelli dell’anno dopo e c’erano tot posti a Milano all’anno… capit? Se andavo peggio al concorso allora potevo insegnare vicino a casa, siccome sono andata un po’ meglio mi hanno spedita a Sondrio…. a proposito del sistema meritocratico!). Per la burocrazia sono quindi in ruolo dal “punto di vista giuridico” dal 2000 e “dal punto di vista economico” dal 2001, perché ci hanno messo un anno a fare il loro lavoro. E il mio punto di vista è meglio che non lo dica.

    fem

    per dire infine che io al contrario di Capocci ho un pessimo ricordo di quella giornata, sì c’era solidarietà ma come sempre è stato anche fra precari e anche fra studenti (un po’ meno fra borsisti, neh? Forse è per questo che ti stupisce…). Giornata che ho rimosso, in cui arrivo lì con il telegramma con la chiamata per MatematicaeFisica (che vuol dire che puoi insegnare nei Licei ma non negli Itis, ad esempio) e poi quando sono lì mi dicono che, oh novità, sono chiamata anche per Fisica (che vuol dire che non puoi insegnare ai Licei ma agli Itis sì) e allora “che fa?” a quale rinuncia, quale accetta? E io lì su due piedi a dover decidere della mia vita professionale, che cavolo ne so se è meglio l’Itis o il Liceo (unica supplenza fatta all’Itis di Baggio e trovata benissimo, lavoro tosto, faccia a faccia con il bullismo, ma lavorato bene altrochè)? E allora ascolta qualcuno che ti dice è meglio questo è meglio quello, così e agisci a caso.

    Ho rinunciato a trovare alcun aspetto razionale nel mondo della scuola. Per fortuna ho la passione per l’insegnamento che mi salva.
    Devo leggere un libro che si intitola “Scuola di follia”: la percentuale più alta di casi di “disagio mentale” e di esaurimento psichico fra i lavoratori è nel mondo della scuola.

    fem

  19. Cara Francesca, esci dal tuo quotidiano e chiediti perché hai dovuto vivere un tale vissuto.
    I “perché” sembrano gli unici veri taboo di questa nostra generazione.

    Saluti da Martina

  20. Io a questo grande mercato delle vacche ci sono stato, avevo la possibilità di prendere una cattedra di 18 ore ma ho rifiutato per le mie attività ulteriori, come ulteriori sono lo scrivere e il cantare, però siccome non posso permettermi di perdere il punteggio ché se paziento ancora un paio d’anni magari entro in ruolo, avrei voluto una sorta di part-time, ma al tavolo del mercato delle vacche nessuno mi dava un’indicazione, e magari mi avessero concesso 20 minuti come nel realsocialismo romano, il preside di quel tavolo era una carogna, sarà che avevo la maglietta “Sciopero” degli Yo Yo Mundi addosso, l’avevo la sera prima e non vedevo perchè togliermela per l’occasione, e forse il preside essendo una carogna era in quanto tale fascista, o forse no, forse era fascista proprio intendendo il termine esclusivamente nella sua accezione antropologica, chissà, fatto sta che mi ha intimato di decidere entro tre minuti pena l’esclusione, senza che i sindacalisti alzassero un dito o una voce, se avessi avuto qualche minuto avrei telefonato al preside dell’altro istituto per capire se mi poteva spezzare la cattedra, ma il preside atropo intimava che era la fine del tempo, e ho dovuto quasi scegliere a occhi chiusi, una pessima 6 + 2, 6 ore al liceo linguistico e 2 al liceo artistico, in due città diverse, massa e carrara, con collegi raddoppiati e financo sdoppiamento di presidi, e intanto dietro cresceva il brusio, beati voi che avete visto la solidarietà, io di solidarietà non ne ho sentita, ho sentito solo un brusio crescente, Ma chi è questo, cosa vuole, e borborigmi di approvazione all’intimazione del preside atropo e sospiri di sollievo quando ho firmato, e così l’anno è stato segnato, missa est.

  21. Nel 2003 insegnavo alle medie inferiori. Lettere. Scuola piccolina appena fuori Perugia, alunni educati. Oddio, non pronunciavano una parola di italiano, solo perugino strettissimo, ma si stava in famiglia, bella atmosfera anche con i colleghi.
    Siccome ero abilitato anche per le superiori, un giorno mi chiamano dicendomi che c’erano dei posti liberi per i tecnici.
    Vado e un’impiegata mi chiede subito se accetto la nomina.
    Beh, rispondo, vorrei almeno sapere quali sono le scuole disponibili: sa com’è, la scuola dove insegno ora è a 10 minuti di macchina, non vorrei finire chissà dove.
    Non si può sapere, mi risponde, deve prima dirmi se accetta, poi la mettiamo in graduatoria e le assegniamo la scuola.
    Cioè, chiedo, dovrei rischiare di finire in una scuola che non conosco in un posto che non conosco per qualche decina di euri in più in busta paga?
    Sì, mi fa quella impassibile.
    Non ho accettato.

  22. Martina, da fisica dei sistemi complessi mi sento di ipotizzare che le cause siano multiple e non così semplicemente riducibili in un singolo “perchè”.
    Ho fatto comunque le mie ipotesi, ovvio.
    Nel “mio quotidiano” non riesco a entrare sia per natura sia perché non lo sento mio.

    Marco e Sergio: massima solidarietà. Vissuto anch’io un anno il grande mercato delle vacche dove dovevo scegliere in un nanosecondo fra serale spezzato di qui e spezzone attaccato di là, con brusio di scocciati in sottofondo.

    Grazie al posto fisso ho potuto fare una figlia e farà ridere, ma mi sento una privilegiata.

    baci

    fem

  23. Bravi, continuate a farvi le seghe, leccatevi le ferite, ma non chiedetevi MAI perché.
    Abbiamo tutti storie di ordinario precariato e di ordinario monopolio di mamma e papà.

    Chi le seghe non se le può più fare decide per noi.
    Il problema è che loro si parlano e ci hanno allevati insegnandoci valori rarefatti.
    Siamo grandi o ancora nella stanzetta di casa?

    Impariamo a parlarci e a organizzarci.
    Chi ci rappresenta? Dove, come e quando?

    Saluti da Martina

  24. scuate, a me martina non sembra un animale da zoo e nemmeno una fustigatrice.
    le questioni che pone non sono secondarie e l’idea che qualcuno si fotta le mie seghe mi dà un certo fastidio.

  25. maxbruni, ti senti chiamato in causa da una che irrompe nella stanza e grida “non vi chiedete il perchè delle cose e vi continuate a tirare seghe”? Io, se permetti, il perchè delle cose me lo chiedo, e a una che mi dice che non mi chiedo MAI il perchè delle cose l’espressione più gentile che posso dire è che sia un personaggio da fakezoo.

  26. @ Francesca, non dico si debba individuare un singolo perché, anche una mezza dozzina andrebbe bene.

    @Rovelli, discreditare l’interlocutore attaccandolo personalmente è un vecchio trucco.
    I vecchi trucchi si utilizzano per motivi altrettanto vecchi, esplicitali.

    Potrei dire che sei un ambizioso e autoreferenziale, che usi i drammi altrui per uscirne bello buono e pulito e per fare carriera nell’ambito che ti sei scelto.

    Potrei dire che chi ha davvero a cuore i “deboli” fa sì che siano quest’ultimi ad avere voce propria e non se ne appropria.

    Potrei dire che il fakezoo è un epiteto meno offensivo del intellettualmenteesocialmenteutilezoo.

    Ma non dovremmo litigare, mi sembra, dovremmo discutere su come organizzarci, prescindere dagli individualismi. O la causa ultima è solo uno sfizio?

    @max, un bacio :-)

    Saluti da Martina

  27. Martina, se tu dicessi queste cose, che in parte del resto dici, sarebbe una tua meschinità, molto semplicemente. Io so quel che faccio, perché lo faccio, e non ho bisogno di mostrare credenziali a nessuno. Tantomeno a qualcuno che arriva e mi dice “non vi chiedete MAI il perché delle cose”, ponendosi evidentemente come quello che sa, come l’unico che pensa davanti a tutti gli altri che si fanno seghe. E poi parli di individualismo, tu. E poi dici, “non dovremmo litigare”. Ma hai una minima consapevolezza delle tue parole?

  28. Caro Rovelli, io non la conosco, ma mi permetto di dubitare della sua serietà di docente. Presentarsi ad un consiglio docenti con una maglietta di quel tipo, mi sembra quanto meno una mancanza di rispetto nei confronti della situazione e dei colleghi. Se il preside è stato duro con lei, forse ne ha avuto qualche motivo. E come pretende poi di aspettarsi solidarietà dagli altri? Facile accusare di fascismo chi svolge il suo mestiere con serietà. Se lei provasse a comportarsi con altrettanta serietà forse cambierebbero molte cose…

  29. Ha ragione, Brisa- Testa. Lei mi pare una persona sensata. Farò tesoro dei suoi consigli, glielo prometto. Da oggi in poi mi vestirò di bianco. Dicono che il bianco respinge i malocchi. E come può vedere i malocchi arrivano da molte e differenti direzioni.

  30. Lei continua a fare il bambino coi suoi scherzi e doppi sensi, e non vede che non concluderà mai nulla di sensato con questo suo atteggiamento. Le auguro solo tanta fortuna.

  31. Litigare è semplice, Marco, come vedi, ma dopo una scazzottata si va a bere una birra insieme in nome delle similitudini e delle differenze.

    Il problema della rappresentanza non è eludibile con un “questa qui dice che”, questa qui può anche essere urtante, ma il dito lo punta altrove, lo punta sui sindacati che non tutelano, per esempio, chi lavora in cooperativa, chi ha contratti bimensili, chi è a cottimo. Lo diciamo che per le cooperative lavorano 9milioni di italiani e che la cooperativa non è più il luogo degli ideali da almeno quindici anni, ma un sistema di sfruttamento del lavoro legalizzato?

    Stiamo ancora annaspando nell’incredulità denunciando singoli abusi (ripeto, onorevole), ma senza fare i conti. Quanti siamo? Per quanto tempo possiamo lasciarci sodomizzare dai grandi vecchi? Quanto siamo disposti a farci vampirizzare? Ti sembrano domande tanto stupide?

    A queste domande io vedo solo una risposta, parlarsi, organizzarsi. Possiamo anche litigare, certo, ma non perdiamo di vista quello che il dito indica, un brutto dito, sgraziato, ma che brutto dito che hai! Ok, gran brutto dito.

    Saluti da Martina

  32. Grazie, BriT (mi perdoni se mi prendo la confidenza), tutti abbiamo bisogno di fortuna, meglio questo che un malocchio.

  33. Oh, Brisa, la maglietta! La mamma deve averle dato delle belle pacche sulla mano a ogni macchia di sugo sfuggita al suo controllo :-)

    Saluti da Martina

  34. Vedo che il signor Rovelli è in buona compagnia, dopo tutto. Se dopo una scazzottata si va a bere una birra assieme, dopo un litigio un uomo e una donna finiscono a letto. In ogni caso, non credo di essere io quello frustrato fra noi due, cara Martina…le sue parole me la fanno immaginare con due borse infinite sotto gli occhi.

  35. Rovelli non ha torto alla fine quando l’accusa di porsi come “quella che sa”. Adesso lei è convinta che io creda quello che lei vuole farmi credere. Io ho molti più anni di lei sulle spalle, non si affatichi con queste sciocche autocelebrazioni. Se non ottenete nulla ed andate incontro a simili ostacoli è proprio a causa del vostro narcisismo infantile. La saluto.

  36. Martina, la prossima volta stai attenta con le dita. Se il dito lo metti nell’occhio accechi. E dopo non c’è niente da guardare.

    Ma insomma, di cosa stiamo parlando? Chi ti ha detto che certe cose non si pensano o non si dicono?
    Per quanto mi riguarda, potrei dirti del viaggio che sto facendo per l’Italia per scrivere le morti per lavoro, e per scrivere il lavoro clandestino, potrei dirti di quello che ho fatto concretamente nel lavoro insieme ai migranti e che sto cercando di fare quanto alle morti per lavoro (rinunciando tra l’altro a una cattedra a scuola e a un bel po’ di soldi, complicandomi la vita, spendendo un sacco di tempo e di energie). Ma prima vorrei esser sicuro che poi non mi dici che lo faccio per far carriera sulle spalle dei deboli. Anche perché non c’è niente di più facile che accusare le intenzioni altrui.
    Dopodiché, sono disposto a una o più birre. Senza neppure disdegnare quanto ha detto il cavalier BriT ;-)

  37. E’ lei che mi ha messo infinite occhiae sotto gli occhi.
    La mi autocelebrazione non è inferiore alla sua didascalica immaginazione.
    “Per ora” non abbiamo ottenuto nulla, è vero, ma perché essere così deterministici? Ci concede un po’ di fiducia nel futuro?

    Saluti da Martina

  38. Si tiri fuori la camicia a quadri dai jeans, si dia un’acconciatura più seducente, e legga il quinto volume de L’histoire de Juliette di del marchese de Sade. Notte.

  39. Ops, con l’orario perdo le vocali per strada.

    Caro Marco, menti, non hai nemmeno una piccola congiuntivite ;-) (mi sono accecata per solidarietà, guarda qui…)

    A) non ti accuserò;
    B) vada per la birra;
    C) a Brisa il filmino non lo passiamo, mettermi le occhiaie è… è… (pianto disperato)
    D) il problema è l’individuazione dei gangli, i corridoi, le carte, le leggi, chi le firma, chi ha la delga per firmare, chi gli ha dato la delega, chi ci rappresenta, siamo rappresentati? chi può rappresentarci? come? ci sono leggi e accordi che vanno contro i nostri reali interessi? sì? Denunciamoli. Come ha fatto la fiom, iniziamo da lì, poi esploreremo il fantastico e nuovo piano socio assistenziale, o la legge sulla previdenza, quella sul lavoro.
    In definitiva è questo che chiedo a NI, attenzione sì al disagio, ma anche a un discorso che preveda l’emancipazione del disagio da se stesso, per diventare “rappresentabile” (non solo descrivibile) socialmente o politicamente.

    Saluti da Martina

  40. Brisa, è un conforto riscontrare tanta considerazione per il femmineo, solo la capacità seduttiva ci può salvare dal baratro nel nostro triste essere.
    Potrà accettare che le carezzi il pube dopo essermi imbrattata le labbra di rosso? Gradirebbe biancheria di pizzo nera?
    Devo diventare la sua puttana per avere diritto d’opinione?

    Saluti da Martina

  41. Sì, sii la mia puttana Martina. Anche quella di Rovelli. A questo punto troviamoci tutte e tre alla birreria più vicina…

  42. Bel maialone!

    Dietro a ogni censore dei pubblici costumi (la maglietta) c’è sempre un grande trasgressore!
    Fate quel che dico, ma non quel che faccio!

    Grrrrr! Tigrone!

    Buona notte da Martina

  43. quanti tira tardi su questo blog. si vede che nn avete da dar da mangiare alle bestie il mattino.
    vado a racogliere le uova e a rigirare il fieno.

  44. Riemergono dai sottoscala i burocrati del socialismo cattedratico-menefreghista, e Capocci (in parte) ritratta. Sul modello cecoslovacco nulla da dire; magari nelle scuole ci fosse l’assunzione e il licenziamento in diretta. Ma c’è la Gilda. (E poi, lo sappiamo tutti che l’albania enverista e i licei saddamiti e le scuole fasciste sfornavano fior da fiori di ingegneri. Sotto tutela del Partito).

  45. @capocci
    riassumo la mia posizione:
    1 – il tuo pezzo è interessante e ben scritto;
    2 – il riferimento al socialismo reale mi ha infastidito in quanto luogo comune;
    3 – anch’io so poco di socialismo reale, ma è proprio per questo che evito di usarlo per qualsivoglia paragone con ingiustisti e degradi nostrani.
    4 – altrimenti facciamo vincere a mani basse i pressappochismi populisti di destra & sinistra, contro i quali c’è una sola arma: l’accuratezza dell’informazione, dell’analisi, l’onestà intellettuale, il ripudio del metodo della scorciatoia, eccetera.

  46. @martina
    mi piace chi scrive “taboo” anziché “tabù”.
    anch’io scrivo sempre “taboo” anziché “tabù” e al posto di “manitù” scrivo “manitoo” e se una cosa non mi va più scrivo “non mi va pioo”.
    è meglio, è più estetico, meno provinciale.
    è più anglo-sassone.

  47. mungendo le vacche stamattina alle 4 a.m, riflettevo giusto sul taboo o tabü dei “perchè” rimossi dalla generazione di Martina e mi è balenata questa intuizione stallatica:
    la nostra epoca è post-socratica ovvero post-occidentale.
    Mi sembra che renda meglio l’idea che non “globale”, brava Martina

  48. la Fiom, Martina, non è fatta da pensionati ma da metalmeccanici che in assemblea hanno votato no all’accordo confederale sulle pensioni.
    Dal loro punto di vista l’accordo è punitivo e, a parte la medicazione superficiale dello scalone, lo è davvero. Non sto a riassumerti le combinazioni varie fra anzianità e anagrafe, ma se non sbaglio nel 2013
    dovranno dare somma 97, se no ciccia. Prima era 92, tipica combinazione 35+57. Con Maroni il 57 diventava 60, somma 95.
    E c’è già chi parla di portare il numero fatidico a 100 (per motivi tattici in verità) con argomenti molto giusti peraltro avendo in mente i giovani. Io appoggio questo approccio perchè è ineludibile, ma capisco i metalmeccanici che dicono di no.
    Adesso vedremo come si comporranno le contraddizioni.
    Io mi gioco le palle che la CGIL accetterà l’accordo, shall we bet?

  49. Di notte gli errori vivono le loro esperienze migliori, per fortuna di giorno si rimettono in moto i correttori automatici. Vi ringrazio, vi devo qualcosa? Cinque centesimi a errore mi sembra onorevole. Se non lo fate per soldi, ma per spirito caritatevole, verrò più spesso da queste parti, non capita spesso di incontrare tante persone premurose, lo dico senza ironia.

    Saluti da Martina

  50. massey, non hai letto bene quel che ho scritto, io ho detto che la cgil è costituita soprattutto da pensionati, non la fiom. Mi fa comunque piacere che si inizi a dicutere la questione.

    Saluti da Martina

  51. “Se ne deduce che siano i pensionati a decidere e votare in merito alle politiche sul lavoro… chi va a firmare al tavolo con il Governo e gli imprenditori è in pensione”

    Chi è in pensione è a posto, è di ruolo, come la giuliva forza elettro-motrice, a meno che non vengano messi in discussione i diritti acquisiti, cosa che non si può escludere se il bilancio dello stato va a ramengo

  52. massey, scusami, limite mio, non capisco esattamente su cosa vuoi polemizzare e su cosa vuoi discutere.
    Il mio commento è su in alto e non ho intenzione di ripostarlo, ha comunque un senso nella sua interezza.
    Secondo me andrebbero esplorate con attenzione le motivazioni della fiom perché è una delle poche realtà a essere costituita da molti lavoratori giovani e da lavoratori giovani stranieri; la fabbrica bene o male assume, è un luogo in cui si incontrano, lavorano e discutono molte persone, le rivendicazioni dei diritti non sono sparpagliate e le consapevolezze, forse, ne escono più mature.
    Quali consapevolezze? Semplifico e ne butto lì una: il patto sociale tra le generazioni prevedeva che i lavoratori attivi pagassero la pensione a quelli non più attivi poiché, quando a loro volta sarebbero diventati inattivi, le generazioni successive avrebbero pagato la loro.
    Non è più così, adesso le generazioni attive pagano sì la pensione a chi se l’è guadagnata, ma in più vien detto loro che si devono pagare anche la propria (previdenza integrativa). Non solo, mentre gli si dice questa cosa, si rende loro macchinoso l’ingresso nel mondo del lavoro destinandoli a una condizione di precariato e di “affitto temporaneo” che tanto bene fa a chi li sfrutta e poco bene fa a generazioni non i grado di emanciparsi seriamente dalle generazioni precedenti.
    Il bilancio dello stato va a ramengo per tanti motivi, io trovo curioso che si chieda all’anello più debole della catena di pagare per tutti e, sinceramente, questa richiesta non mi sta bene.
    Non ho una risposta univoca, mi piacerebbe trovarne alcune parziali confrontandomi con gli altri.

    Saluti da Martina

  53. Pensione? E che e’? Conviene evitare previdenze o truffe integrative e risparmiare da se’, quel che metti da parte avrai da vecchio; magari andando a vivere all’estero.

  54. Oops, la discussione si fa seria. Considerate anche che ci sono tante pensioni di padri che servono a mantenere/supportare figli + che maggiorenni che non riescono ad emanciparsi.

  55. Con tutto il rispetto. Riscorrendo questo post a distanza di ventiquattr’ore mi convinco sempre di più che è degno di Peter Sellers. La seriosità dell’argomento indotta dal volenteroso postatore, tale Andrea Capocci, tacitato, tacciato di forzismo e anche storpiato nel nome nei momenti più concitati (si trova ora a Medjugorije dove d’altronde probabilmente aveva già sfoggiato uno scetticismo di cui ora non è rimasta la minima traccia), ha lasciato il campo a un surreale scambio di battute che definire dialogo fra sordi sarebbe solo un fiacco tentativo di descriverne la portata. Impeccabile. Grazie a Martina, Tashtego, massey, Rovelli, Brisa-Testa (grandissimo), il mugnaio che rompe i coglioni alle sei di mattina, sergio pasquandrea e a tutti gli altri. Grazie a Capocci che ha evocato tutto questo. Con sincerità
    Robilant

  56. GiusCo, però finché si resta in Italia si fa i precari e i sindacati hanno firmato fior di accordi in cui la precarizzazione era vista come strumento duttile, comodo e auspicabile. Hanno firmato anche per me e stracciare la tessera non mi è servito a molto, se non hanno firmato per i miei interessi per quali interessi hanno firmato?
    Sarebbe interessante scoprirlo.

    Sgt.Pepper, autonomamente un giovane fatica a emanciparsi, con questo mondo del lavoro, vuol dire che dipende, la dipendenza non è funzionale a una sola parte in causa, ma a entrambe, può garantire, per esempio, che le nuove generazioni non si ribellino verso le vecchie e questo consente alle vecchie di mantenere il proprio potere sulle giovani.

    massey, sorry, non vi va il demauro, cos’è la ratatuglia? :-)

    Saluti da Martina

  57. ah, Martina, eccoti. Dicevo, sto uscendo col BriT. Riprendendo il discorso di ieri notte, potresti unirti a noi…;-)

    (quanto al merito serio, non me la sento di intervenire, ho già dato. e poi, ripeto, tra dieci minuti devo uscire…)

  58. Già, io e Rovelli usciremo per conoscerci. Mi ha promesso che si vestirà con un completo bianco, benchè abbia sentito che lo chiamano Marchese Nero. L’atmosfera sadiana c’è. Manca solo Mart.ina e il suo piglio mart.iale.

  59. robilant, un quadretto stupendo… adesso che dall’alto ci ha donato il suo riscontro, non è che scenderebbe sulle nostre spalle, come novello santo spirito, per aiutarci a superare i limiti che, in quanto diversamente abili, le abbiamo dimostrato in piano? Non vorrà davvero dirigersi verso la stagione venatoria! Resti con noi e ci indichi il cammino. :-)

    Marco e BriT… zuzzerelloni!

    Ah, Marco, non lo dico nel breve, ma nel lungo periodo, riusciresti ad avere qualche voce dalla fiom? Giusto per approfondire, da quando ho strappato la tesserina non mi fanno più entrare nel gran palazzo sindacale (non capisco il motivo, mi hanno sempre accolta calorosamente).

    BriT, non nominare il maiale, ci avviciniamo al Ramadam.
    Il piglio mart.iale lo considero un complimento :-)

    Divertitevi e non abbioccatevi sul più bello.

    Saluti da Martina

  60. X martina (colombari?)

    Un vecchio, specie se occupa un posto di potere, bisogna cacciarlo con la forza dalla sua poltrona. I ns politici insegnano. I vecchi, giovani d’una volta, ricorderanno gli sforzi che han fatto x prendere il posto dei loro capi.
    L’Italia fino agli inizi degli anni ’90 ha fatto una politica sociale che con posto fisso, ammortizzatori e assistenzialismo, e altre pratiche meno nobili, ha accumulato un debito pubblico enorme. Oggi ci si presenta il conto. Chi lo paga? I pensionati col loro stipendio medio di 500 €? I giovani con i loro miseri stipendi e lavorio precario?
    Eppure il ns Paese è fra i 7 Grandi del mondo. Nelle mani di chi è la ricchezza nazionale? Di quelli (banche, finanzieri, assicurazioni) che traggono vantaggio dal debito pubblico incassandone gli interessi, che son pari alla vertiginosa cifra di 70 miliardi di euro/anno?
    Invece dell’attuale guerra fra i poveri forse è meglio andare a scovare chi detiene questa ricchezza e reinvestirla. Come? Cominciando da ‘tasse x tutti’ per esempio, specialmente quelle sulle rendite finanziarie improprie. Sarebbe un buon inizio.

  61. A quanto pare, St. Pepper sembra nutire il classico scettiscismo marxista verso la circolazione del capitale.

  62. @martina
    D’accordo! Ma a patto che sussurri anche a me ciò che ha sussurrato a Britta Testa (il “lei” in questi casi può portare più lontano) Non ho due cognomi ma posso sempre riprendere il “de” che la mia famiglia ha bandito per scrupoli democratici. Ma non voglio distoglierla oltre dallo studio dei testi desadiani lascivamente raccomandati dal vecchio libertino. Nel frattempo partirò come fagiano per la stagione venatoria.
    Robilant

  63. Parlando da insegnante immesso in ruolo con il concorso dell’Apocalisse:

    1) come al solito qui ci si prende a sberle, senza arrivare da nessuna parte, il che francamente potrebbe anche un tantinello stufare;

    2) nel fare ciò, si ostentano orientamenti ideologici più o meno marcati, ma vorrei ricordare che la parte politica che con molta fantasia si autodefinisce “sinistra” è stata la principale autrice della destrutturazione del sistema scolastico, vuoi per pregiudizio becero (il docente come consolidatore del sistema borghese), vuoi, dopo il crollo dell’URSS e la fine del tempo del sogno, per malafede politica (cerchiamo di tenerci buoni i cattolici e il privato, se non non ci vota nessuno). Risultato:

    1) la scarsa sindacalizzazione della scuola, che è diventata il grande laboratorio della mobilità e del precariato permanente (con l’aggravante che l’esperimento lo si è condotto nel presunto cuore del “posto fisso”, l’impiego pubblico);

    2) cretinate come l’autonomia scolastica (che ha prodotto il paradosso di istituti che devono raccattare iscritti, se no implodono, e poi implodono lo stesso perché non hanno spazi per sistemare i nuovi iscritti; per non parlare delle poco chiare relazioni col territorio, che moltiplicano di fatto i clientelismi, specialmente nel maledetto meridione in cui il sottoscritto vive e lavora), e la parità fra istituti privati e pubblici, poi degenerata in libertà di scelta per le famiglie (e al limite, in proposta di devoluzione), che ha portato a una serie di idiozie vòlte di fatto a favorire lo scuolume cattolico.

    Intanto, troppi docenti di ruolo (maschi e femine) di mia conoscenza starebbero meglio a casa a fare la calza (impegno peraltro nobilissimo, ammesso che sappiano porvi mano), mentre troppi colleghi precari di merito sono in giro per scuole e scolette, senza certezze per il futuro.

    Nel frattempo, di tanto in tanto, nelle aule parlamentari e altrove, da parte di qualche politicante che si è venduto anima e posteriore all’ultraliberistica tecnostruttura burocratico-bancaria si sentono ancora riesumare discorsi antimeritocratici, quasi che i discorsi da Don Milani riveduto e corretto valgano solo per chi cerca di ritagliarsi uno spazio vitale nella bolgia delle guerre tra poveri (pur così dignitosi, come si vede nell’articolo di Capocci), che animano il mercato del lavoro dei paesi adorni di economia capitalistica e di partiti pseudodemocratici e pseudoliberali…

    E nel frattempo, anche fra i piccoli intellettuali dei blog certi pericolosi malintesi tuttora perdurano…

  64. Il ministro Nicolais si crede molto liberal e sarkosista con la storiella del 3×1: per ogni tre prepensionamenti nella pubblica amministrazione, 1 nuova assunzione. Oggi l’altrettanto liberal e ostracizzato economista Nicola Rossi aggiunge che i prepensionati godrebbero di un anno di contributi (gratis) in più se accettano l’offerta; mentre ai nuovi assunti spetterebbe un contratto a tempo indeterminato con tariffario basso, che più basso non si può. Se questi sono i liberal italiani, si capisce come mai sono così pochi e presi a pesci in faccia.

  65. ‘Ma non voglio distoglierla oltre dallo studio dei testi desadiani lascivamente raccomandati dal vecchio libertino.’

    Braccia rubate all’agricoltura.

  66. Un’altro mugnaio nei paraggi. Lo studio non serve a nulla, miei cari. Qui la teoria non ha più senso. Martina nè saprà ben qualcosa. Io l’ho invitata nel mio maniero per fare quattro chiacchiere, ma è ancora riluttante. Troverò il modo di persuaderla…

  67. Signore, io non la conosco. E poi, cos’altro avrebbero da dirsi due lupi dal destino manifesto? L’acciaio parlerebbe per noi se la fanciulla dovesse cadere nella rete delle sue lusinghe.
    robilant

  68. @Brisa Testa
    Sì e io 14, dài leviamoci di qui Brisa, fra poco arriva il bidello.

    @Kus Kus
    La so: Ma c’è una cosa mio Signore che non va
    io che lavoro dai Lancaster è a trenta miglia dalla città…

  69. In realtà ne ho 31, ma è come se fossi un adolescente. E poi perchè mi hai preso di mira? Fai davvero la corte alla marti(a)na? Lei s’è pure defilata…

  70. Ma figurati, neanche la conosco… e pure a te, mica t’ho preso di mira. ma ché ti sei cagato addosso? E’ che, come dicevo una trentina di commenti più sopra, questo post(o) somiglia sempre di più a un film di Peter Sellers e allora mi davo da fare per dargli un degno finale
    con simpatia
    Robilant

  71. Cagato sotto? Certo, mi minacci di affrontarmi in un duello di spada. Sorrido. Non ricordavo nemmeno che fossi stato tu a darmi del “grandissimo”. Ti ringrazio. In ogni caso non ho neppure 31 anni. Ne ho molti di più, e molti di meno. Martina intanto dev’essersi infilata in qualche boudoir…

  72. Anch’io ne ho molti di meno

    The O.C.: futile sarcasmo, il cortiletto (completo di pollaio) è poco più su

    Goodnight & good luck
    Robilant

  73. L’unica esperienza, assai positiva, che ho della scuola del ‘socialismo reale’ è relativa a due Fisici (un russo e un rumeno se non ricordo male) che sono stati radiati dai Casinò di tutto il mondo; come e peggio della peste.
    La loro colpa è stata quella di vincere circa 3,5 milioni di sterline puntando alla roulette e utilizzando un ‘aggeggino’ da loro progettato che, utilizzando una microcamera e un computer, calcolava la velocità della pallina impressa dal Croupier e consentiva di restringere notevolmente il campo dei numeri nei quali la pallina sarebbe atterrata.
    Fecero saltare 3 banchi, furono malamente cacciati come truffatori, ma la grande giustizia inglese gli ha dato ragione: non era truffa ma abilità.

    Ottima scuola oserei dire.

    Blackjack.

  74. Buonasera.
    Tornai :-)

    Sgt.Pepper, quando parla di assicurazioni mi viene in mente il gran regalo fatto loro con la previdenza integrativa; tassare le rendite finanziarie improprie è un’idea, ma con la migrazione dei capitali diventa difficile mettere il sale sulla coda a volatili tanto scaltri, però se un gruppo ben rappresentato si oppone alla sfiancante mungitura, forse, si cercheranno altre mucche da mungere.

    D, sarebbe bello dare nome e cognome ai politicanti in questione (quelli della vendita), da qualcuno saranno stati eletti/assunti/ingaggiati e fanno quello che fanno in nome di questo qualcuno.

    The O.C., il 3X1 appartiene visceralmente alla nostra natura di fruitori di supermercati, strano non abbia ricevuto consensi, che sia l’ultima prova provata dello scetticismo nei confronti della cartellonistica, ops, della grande distribuzione?

    robilant e Brisa Testa, sono lusingata, due uomini si affrontavano per conquistarsi le mie gra… la mia considerazione, sia pure a colpi d’età, si sa che il buon ferro da incrocio non è di facile reperimento sul suolo nazionale. Un bacio a voi. :-)

    Saluti da Martina

  75. La tipica discussione in piedi davanti alla porta mentre si aspetta il proprio turno. Solo con i toni quel tanto più accesi permessi dal fatto che la sberla vera in rete non arriva e qualche sculettamento, anche quello un pelo più marcato perché è virtuale.

    Ne ho letti davvero troppi di thread così, e ho anche partecipato, mea culpa mea culpa mea maxima culpa.

  76. Chi si dà il nome di una serie televisiva idiota non può certo venire a lamentarsi del cortiletto de zia maria.

  77. Alcor, hai ragione, l’argomento si è poco per volta sbiadito e si è trasformato in un pretesto per continuare a divertirci. Ci siamo divertiti (ebbene sì), abbiamo familiarizzato, mi sembra normale, ridurre tutto a uno sculettamento è un po’ offensivo, sorella, ottima accoglienza… qualche problema di leadership?

    Saluti da Martina

  78. Alcor, il tuo commento mi ricorda Fra Cristoforo: un uomo devastato dalla contrizione. Ma nel quale rimane intatta la capacità di continuare a peccare.
    Robilant

  79. caro brisa, ti perdono per la grassa ignoranza massmediale, anche se il mio amico Seth non approverebbe. La pace sia con te e con tutti gli augh.

  80. Ciao, benvenuta nel cortiletto della zia di O.C-Horus.
    Siamo venuti a giocare a pallone, ma pare che ce ne dobbiamo andare. Martina se n’è già andata (sculettando). L’avevo detto al Brisa che arrivava il bidello.
    Ci siamo conosciuti alla prima del film su Bob Dylan?
    Robilant

  81. Gentilissimo Robilant,
    prima di scomodare Horus, cerca di capire chi è Seth. Tutto torna, se uno fa un po’ di attenzione.

  82. Carissimo, l’unico Seth di cui abbia mai sentito parlare è la divinità egiziana del regno dei morti. Se poi per “attenzione” intendi quella rivolta alle serie televisive americane, sono spiacente, proprio ‘gna faccio.
    Robilant
    P.S. Chi diavolo sono i Maestri Mozzi? una setta di monchi?

  83. Robilant! sì! da Bob Dylan! tu avevi un cane che ha borbottato per tutto il film e un gatto che invece voleva andare a vedere il film di Clint Eastwood e io ridevo, ridevo, ridevo. Un po’ come qui, a Hollywood Party. E dire che il film era cominciato bene..

  84. Mmmmh… “Lettere da Iwo Jima”, Hai! lui parteggiava per i giapponesi. Ha tentato il seppuku con le spine del merluzzo.

  85. Volentieri strelena, il cortiletto è sempre aperto :-)
    La merenda a casa di chi la andiamo a fare?

    Saluti da Martina

  86. Eddai! ma si può qui socializzare? abbiamo tempo fino al 13 ottobre!
    Cosa disse il gatto di Robilant prima di affondare la spina di merluzzo nel pancino peloso? : “Stay in topic!”

  87. straelena, mi sa che siamo rimaste in due… questo mi sembra un buon posto, il padrone di casa è molto paziente (lo ringrazio) e potremmo trovarci qui a scambiare anche impressioni sulle ricognizioni fatte, un off topic in topic :-)
    Io sono stata a “disorientamento”, sono ancora un po’ disorientata, che sia labirintite?

    Saluti da Martina

  88. Ehi! ancora qui? ma il bidello non ci caccia? Mi sento un po’ in prestito qui. io un po’ disorientata sono passata per i vocabolari e mi sono pure arrabbiata da sola. ma tu guarda.

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