Tutto è puro per i puri
di Giorgio Mascitelli
Colui che chiamiamo puro è chi estende alla realtà quelle cautele che noi applicchiamo solitamente verso noi stessi (Ion Cocinescu)
Se tutto è puro per i puri, cominciamo con il dire che allora il puro non sa di essere puro, ma si considera normale. Le cose saranno da lui viste nella luce della purezza che sarà la loro luce standard. Egli non potrà mai dire del mondo come gli è apparso alla sua visuale pura, ma ripeterà, come fanno tutti, almeno al principio, quelle idee sentite da altri che più gli piacciono. E dunque dirà che il mondo può essere meraviglioso o orrendo o contraddittorio o disonesto, come chiunque altro. L’osservatore esterno esperto potrà però cogliere certe sfumature nel vedere il mondo o meglio i suoi episodi, che gli proveranno la purezza del puro.
A titolo d’esempio: un puro convinto che il mondo sia disonesto, nel raccontare agli altri, innocenti della medesima, una mala azione, istruirà dei collegamenti, svilupperà dei confronti e proporrà categorizzazioni relative ad altri tipi di azione, scoprendo con ingegnosa pedanteria e ingenerosa petulanza i più sotterranei nessi logici, sconosciuti ai più, tra la prima e i secondi, causando verso di sé un’altrettanto sotterranea irritazione da parte di coloro che scopriranno di avere qualcosa da rimproverarsi per aver commesso o aspirato a commettere un’azione fino a quel momento ai loro occhi del tutto inappuntabile. Né si deve pensare al frutto dell’inesperienza perché la vera purezza come il vero amore non c’entra con l’età anagrafica.
Il puro non può essere aiutato a capire che per lui tutto è puro dal fatto di non essere perfettamente puro. Naturalmente questa affermazione è assolutamente corretta perché in natura nessuna cosa si dà in purezza, ma non è utile qui. Anche il puro, come l’acqua, ha la sua specie di scorie minerali che gli offrono talora delle percezioni e degli squarci inediti; questi vengono tenuti in un cantone senza essere sviluppati perché potrebbero servire un domani e non alterano minimamente la sua visione del mondo. Il puro puro non è mai esistito nella storia o in natura, esso è un personaggio letterario o una funzione mitopoietica. Ciò non toglie che i puri con le loro impurità empiricamente esistano.
Neanche le esperienze dirette alterano la visione del mondo del puro, queste possono aumentare o diminuire l’entusiasmo del puro, ma tale proposizione è predicabile di chiunque.
Nell’affrontare i problemi del lavoro, dello sbarcare il lunario, della pagnotta con il loro insieme congenito di bassezze, storture e meschinità il puro non farà tesoro di nulla perché ciò che gli accade e che egli compie lì va derubricato sotto la categoria del dovere. La categoria del dovere rende possibile presso il puro una franchigia, una deroga a passi altrimenti a lui preclusi. Si potrebbe affermare che il dovere lo rende libero. In soldoni è poi questa la ragione per la quale talvolta dei carnefici hanno potuto cominciare da puri, come ha illustrato una robusta tradizione di saggezza prima popolare e poi dotta.
Ad un uomo siffatto potrà capitare in destino di condurre tutti i giorni della sua vita in questa disposizione dello spirito. Di lui si ricorderà una tendenza al mantenersi vivace, non tanto una capacità di rinnovamento, ma una persistenza piuttosto nell’affezione alle cose o ai pensieri, che resta una forma rimarchevole di energia umana. Qualcuno la definirebbe giovanilità, ma questo è un errore del nostro linguaggio che ha prestato alla giovinezza alcuni caratteri della purezza.
Ma al contrario, può capitare pure che questo modo di vedere le cose vada in cortocircuito o imploda per motivi del tutto casuali o per effetto magari di quelle immagini messe in un cantone. Allora ci dovremo immaginare la situazione come quella di un daltonico che riacquista improvvisamente il senso del colore o come quella di un paziente che riacquisisce inopinatamente sensibilità nel corso di un intervento chirurgico con anestesia generale.
Ma il biondo campo di grano della vita può ospitare anche il convalescente che non si faccia usbergo delle proprie ferite.
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questo è un gran bel pezzo.
saluti,
a.
Concordo.
Credo che la difficoltà, per i puri di spirito, risieda nel mantenere la limpidezza delle sue visioni.
Saluti
Chapuce
loro…
credo al puro rincoglionimento
Pezzo discreto, bella l’idea di parlare del puro. Sembra la descrizione di una patologia psichiatrica, tipo “il narcisista”, “l’istrionico”, “Il vanitoso” ecc. Veniamo ora a conoscenza di una nuova “patologia”: quella del puro.
E come ogni descrizione nosografica di tipi di personalità, visto che non si sta parlando di un individuo concreto, alcune caratteristiche del tipo puro possono attagliarsi a persone che conosciamo e riteniamo pure (compresi noi stessi) altre no.
Di solito per rientrare in una certa personalità patologica è necessario avere almeno un certo numero di tratti (di solito 5) rientranti nella descrizione di personalità.
Domanda: per essere un puro bisogna avere tutti i tratti indicati da Mascitelli o ne bastano meno?
ne basta uno
ed è fondamentale!
citazione della sera:
meglio parlare di puri
che di rincoglioniti.
;-)
Ana
Il puro di spirito è ottimo come solvente per il restauro di vecchie credenze.
Oui, Ale!
:-)
Ciau, Chapuce!
:-)
il concetto di puro è relativo, puerile e anacronistico.
omnia munda mundis: rosamunda,
tu sei la vita per me,
i tuoi baci mi dan la felicità
[..]più ti guardo e più mi piaci
rosamu-u-u-u-u-u-ndà!
tutto è paro per i pari.
tutto è pero per i peri.
tutto è poro per i pori.
Nel senso di De Magistris e Forleo?
e se il puro non fosse altro che un inesperto e un ingenuo? la purezza sarebbe lo stato di chi si sottrae all’esperienza. o no? si può essere puri d’indole? o semplicemente ottusi?
Concordo quasi del tutto con elena g. Aggiungerei che il puro non solo e non tanto si sottrae all’esperienza ma non impara nulla dall’esperienza, non fa tesoro dei propri errori perchè in fondo è incapace di imparare alcunchè. Comunque, anche se ne parlo criticamente, a me il puro è simpatico. Non coniugherei infine purezza e ottusità.
Il puro epura…
io sono un puro.
infatti quando posso epuro.
ciao JoeChip,
anche a me il puro è simpatico, e non mi piace l’idea di coniugare purezza con ottusità. Il vero puro conosce la vita e le sue bassezze, eppure sa da che parte stare, è astuto e pulito. Animale rarissimo
il puro non sa di esserlo.
l’impuro pure.
eppure imparano a purificarsi o a imputridire.
Alcuni modelli di studio per una fenomenologia del puro: Il grande idiota di Dostoevskji? Il grande folle di Shakespeare? il Don Chichiotte? il Puer aeternus di Hillman? Vaslav Nijinsky?
L’autore di questo pezzo dovrebbe andare più a fondo in una descrizione fenomenologica del puro, tema non molto affrontato.
C’è sempre un puro più puro di chi epura.
se non traviso,Pintor del Manifesto intorno al crinale scrisse qualcosa relativo al fatto che nella Grecia classica i puri fossero gli idioti o gli ebeti,dando però al discorso una diversa prospettiva
i puri sono sempre idioti per i furbi.
Come l’Idiota di Dostoevskij, e qui concordo assolutamente con luminamenti, il puro sconvolge le situazioni sociali mostrandone in qualche modo l’ipocrisia. Il suo comportamento smaschera. La sua suprema ingenuità, la sua ignoranza pressochè assoluta delle regole non scritte, cioè che non si vedono e non si possono leggere a chiare lettere, svela le nudità dei vari partecipanti alle situazioni sociali. La purezza in questo spesso si accompagna alla spontaneità. Il puro è come un bambino che dice ingenuamente “il re è nudo”. Dice quello che tutti vedono ma non dicono (che forse non hanno il coraggio di dire).
A un bambino è concesso smascherare il re. Più difficile lo è per l’adulto.
Il puro è un bambino adulto. E’ una banalità ma è vera: il puro ha conservato lo sguardo innocente e ingenuo di un bambino. E, anzichè accusare, estende la sua innocenza, come dice Mascitelli, al resto del mondo che lo circonda. Il puro vero non accusa, non epura, è vero: è più puro del puro che epura.
Ma talvolta può indignarsi.
La purezza dell’infante in un corpo e una mente adulta sopporta la possibilità che il puro stesso si possa indignare, perchè è divenuto abbastanza maturo per farlo.
Ma il puro non giudica. Il vero puro non giudica. Semplicemente descrive ciò che accade e che vede.
Interessante è secondo me rispondere alla domanda di che cosa accade quando due puri si incontrano. Tu dirai: è già difficile e raro trovare un puro, figuriamoci due.
Non credo anzitutto che trovare un puro sia così raro ma se anche lo fosse, la nostra è un’ipotesi per dir così letteraria.
Si immagini un mondo possibile in cui due puri si incontrano. Per elaborare la fenomenologia dell’incontro di due puri e qui di nuovo seguo l’indicazione di luminamenti, occorre a mio modo di vedere seguire la falsariga delle indicazioni fornite da Hegel nella fenomenologia dello spirito sull’incontro delle autocoscienze.
Il puro che incontra un’altro puro si sdoppia in se stesso e dice: non sono l’unico puro al mondo, forse ce ne è un’altro. E quindi si chiede: sarà anche lui un puro? O non lo sarà? In realtà per essere davvero radicali in questa genealogia bisognarebbe supporre che il puro non sappia di esserlo. E che si stia parlando, da un punto di vista fenomenologico, della costituzione di un puro (e non dell’io puro nel senso di Kant, anche se magari le faccende hanno qualcosa a che vedere l’una coll’altra)
Ordunque: se il puro incontrasse un impuro, da un certo punto di vista riconoscerebbe la sua purezza per negazione. Io sono il puro perchè l’altro è un impuro. E verrebbe a conoscenza della propria purezza scontrandosi con la dura realtà della impurezza dell’altro e quindi dell’esistenza del male. (la classica tramvata…).
Ma come si diceva in qualcuno degli interventi, il vero puro resta tale sempre e comunque, resta puro anche di fronte all’impuro. Magari si sporca per un po’ ma poi come l’acqua di alta montagna torna alla sua purezza originaria.
Torniamo all’ipotesi di partenza: il puro incontra un’altro puro.
Per farla breve, secondo me si stringono la mano.
Si ma la storia non è così breve…E la faccenda è molto più complessa
Ma senza dover elaborare una fenomenologia completa del puro, di cui qui do solo un accenno fondativo, credo che la fine e la morale di questa storia sia che il puro è tale nella sua più pura purezza perchè in fin dei conti c’è un’incoscienza di fondo che lo rende tale e nessuna forma di consapevolezza potrà scalfire questa purezza di fondo.
Nemmeno il dottor Freud.
Puri di tutto il mondo…
… correte (corri, forrest, corri)
grande!
Gentile Luminanementi,
la tua critica al pezzo è più che mai legittima: non vi è descrizione della fenomenologia del puro. Ma proprio la grandezza dei modelli da te citati, alla quale del resto ho attinto nel parlare del puro, sconsiglia che un comune mortale si incammini su questi terreni. Cosa potrei dire sulla fenomenolagia del puro che non abbiano già detto costoro?.
Il nucleo centrale del pezzo, dal mio punto di vista, è, come ha scritto Meneghelli, nella sottilineare la radicale inconsapevolezza del puro e nel contempo nell’indicare l’impossibilità di preservarla, se non nei casi fortuiti di una vita molto protetta, perchè il perfettamente puro non esiste e l’esperienza della realtà a un certo punto produce lo choc e la crisi del puro. La purezza sembra essere di ostacolo alla vita e infatti tutti i grandi puri della letteratura restano poco tempo nella società. Occupandomi di un puro più quotidiano e meno sublime, ho cercato di dire che è possibile sopravvivere allo scontro con il mondo. Questo dal mio punto di vista di estensore del pezzo giustifica quel tono quasi da referto psichiatrico, che molto giustamente è stato indicato in un commento come il suo principale carattere stilistico.
Sono molto importanti e certo meritevoli di un più ampio spazio le questioni sollevate da Elena g.. Mi limito a suggerire che il puro non sopporta le bassezze del mondo e dunque non le può conoscere nel senso che non possono modificare il suo abito mentale: egli dunque le vede, ma per così dire non le rielabora, esse non lo modificano. L’esperienza più radicale per il puro probabilmente non è nelle bassezze del mondo, cioè nel bianco e nero, che egli può attribuire a un’istanza metafisica, ma nelle bassezze dei propri piccoli interessi egoistici, del lato piccoloborghese di ognuno di noi, anche del puro.
Giorgio Mascitelli