Spinoza, Masaniello, Napoli e tu

pict0901.JPG

Ritratto del filosofo, opera di Paolo Matteucci

di
Francesco Forlani

Esiste di Masaniello un ritratto di Andrea de Lione (1647) miracolosamente sfuggito alla dura legge degli Spagnoli che avevano condannato l’eroe napoletano alla “damnatio memoriae”, iconoclastia che prevedeva la distruzione sistematica di ogni immagine esistente di chi avesse avuto il torto di ribellarsi ai reali di Spagna. Esclusi scritti, disegni e pitture che lo mostrassero “loco”.
“Il Mas’Aniello d’Amalfi rivoluzionario” è invece bellissimo. Dai modi gentili, effeminati, distinti con la mano dalle dita affusolate e attente a sostenere un drappo sul cuore. Al punto di provocare una vera e propria querelle nell’attribuzione del dipinto in occasione di una mostra del Ritratto Storico Napoletano, svoltasi a Napoli nel 1954. Nel catalogo (pp. 27-28) si legge: «diciamo subito che, nonostante l’antica scritta sull’alto della tela noi abbiamo molti fondati dubbi sulla esattezza della identificazione. Ci sembra, per non dire altro, che il tipo umano rappresentato, di scelta e quasi ricercata intellettualità, mostra di appartenere ad un ceto del quale Masaniello, lungi dal far parte fu avversario».

Negare la bellezza seppure idealizzata di Masaniello equivale alla lettura faziosa e reazionaria di chi liquidava la rivoluzione napoletana del 1647 come un intrigo di palazzo, un evento da considerarsi come puro frutto del caos più che del desiderio di giustizia e libertà. Una visione sicuramente detestabile e antistorica di detrattori della rivoluzione, di tutte le rivoluzioni, compresa quella del ’99, e poggiata non sui fatti storici, più o meno incontrovertibili, ma sulle ideologie delle classi dominanti.
Il sud, e il popolo del sud, come è detto in una bellissima autobiografia romanzata, da Antonio Romano, Memorie di Tommaso Aniello d’Amalfi detto Masaniello, non vinse quella battaglia per un pelo».

Che illusione quella di pensare che le rivoluzioni si vincano! Una vera rivoluzione è sempre destinata alla sconfitta, un pensiero rivoluzionario destinato all’oblio. Che da esso risorge, come accade solo alla bellezza. Ma se e è vero che la rivoluzione napoletana del 1647 viene sconfitta, al pari di quella del ’99, durata – come fu scritto a proposito della Comune di Parigi – le temps des cerises – il tempo che dura la stagione delle ciliegie, è altresì vero che l’impegno sul fronte napoletano (150.000 uomini armati) delle armate spagnole indebolì quell’altro fronte olandese, e causò la firma di una delle paci di Westfalia il due di luglio dello stesso anno. Mentre nel 1650 Johan de Witt fu nominato Gran Pensionario della Repubblica nata dall’unificazione delle 12 province.
Sconfitta del Sud, Napoli, per una vittoria del Nord, Olanda, che segnava di fatto l’esplosione delle libertà di pensiero e di culto contro le catene dei regnanti europei. L’Olanda ma anche l’Inghilterra, dove nel 1648 esplose la rivoluzione repubblicana capitanata da Oliver Cromwell.
Del ruolo di Napoli, e del suo figlio più audace Masaniello, nell’indipendenza olandese è testimonianza il fatto che, a metà del XVII secolo, fosse coniata una medaglia con incisi i volti di Masaniello (pescatore e re di Napoli) e Oliver Cromwell (protettore d’Inghilterra, Scozia e Irlanda).
Non sorprende allora che in una nota del più celebre biografo di Spinoza, Colerus, si legga: «Ho tra le mani un libro intero di ritratti simili dove si trovano diverse persone distinte e che lui conosceva o che avevano avuto occasione di recargli visita. Tra questi ritratti, trovo al quarto foglio un pescatore disegnato in camicia, con la rete sulla spalla destra, assolutamente somigliante, per l’attitudine al famoso capo di ribelli di Napoli, Mazaniello, come viene rappresentato nella storia. A proposito del disegno in questione non devo omettere che il signor Van der Spyck, presso chi alloggiava Spinoza al momento della sua morte, mi ha assicurato che il bozzetto ritratto assomigliava perfettamente a Spinoza, e che l’aveva senza dubbio disegnato prendendo se stesso a modello».

Spinoza, ovvero colui che più di tutti aveva affidato alle “passioni buone” il senso di tutta una vita, il filosofo dell’Eros, per eccellenza, non poteva che vestirsi dell’apparenza di Masaniello, oltre che ispirarsi alla forza rivoluzionaria del giovane pescatore napoletano. Amore della verità che gli costa, non si dimentichi, la celebre e violenta scomunica da parte degli ebrei ortodossi dell’epoca per non parlare del fallito attentato subito di cui portava a spasso il segno del coltello nel mantello. Ma si sa che nessuna condanna è tanto esecrabile quanto quella fatta ai giusti. Così il testo presente nel dipinto di Paolo Matteucci.: «Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi, noi dichiariamo Baruch de Spinoza scomunicato, esecrato, maledetto ed espulso, con l’assenso di tutta la sacra comunità […]. Sia maledetto di giorno e maledetto di notte; sia maledetto quando si corica e maledetto quando si alza; maledetto nell’uscire e maledetto nell’entrare. Possa il Signore mai piú perdonarlo; possano l’ira e la collera del Signore ardere, d’ora innanzi, quest’uomo, far pesare su di lui tutte le maledizioni scritte nel Libro della Legge, e cancellare il suo nome dal cielo; possa il Signore separarlo, per la sua malvagità, da tutte le tribú d’Israele, opprimerlo con tutte le maledizioni del cielo contenute nel Libro della Legge […]. Siete tutti ammoniti, che d’ora innanzi nessuno deve parlare con lui a voce, né comunicare con lui per iscritto; che nessuno deve prestargli servizio, né dormire sotto il suo stesso tetto, nessuno avvicinarsi a lui oltre i quattro cubiti [circa due metri], e nessuno leggere alcunché dettato da lui o scritto di suo pugno».

«L’uomo più empio e pericoloso di questo secolo», scriverà addirittura Leibniz in una lettera del 1686. Pericoloso, come Masaniello: quando, il 20 agosto del 1672, il repubblicano De Witt fu ucciso, Van der Spijk lo trattenne dal correre verso il luogo dell’eccidio con un cartello: «Ultimi barbarorum».
Che Spinoza potesse subire il fascino di Masaniello, ce lo dice in un avvincente articolo il filosofo francese Gilles Deleuze, quando, attardandosi sulla descrizione fatta da Toni Negri, in Anomalia selvaggia, opera dedicata a Spinoza, scrive: «Negri è indubbiamente il primo a dare un senso filosofico pieno all’aneddoto secondo il quale Spinoza si era ritratto in Masaniello, rivoluzionario napoletano (cfr. Nietzsche quando dice dell’importanza degli aneddoti propri del pensiero, nella vita di un pensatore)».
Spinoza, elegante – nel suo La vita del signor Benedetto Spinoza, Lucas sottolinea ammirato in Spinoza il gusto, poco comune per i filosofi, per l’eleganza –come Masaniello, il Mas’Aniello ritratto da Andrea de Lione. Entrambi condannati ai mille volti. Non due ritratti che si somiglino. Come se il pensiero – l’azione rivoluzionaria – non permettesse nessun fermo-immagine, polaroid dello spirito, fissità dell’immagine in movimento, dell’immagine vita.

Quel che unisce Masaniello, Spinoza e Napoli appare allora in questa incapacità o forse impossibilità di fare un ritratto immobile, definitivo, immutabile di essi. Forse perché la materia che lo anima, amore per la vita, per la politica, per la verità, non può che rappresentarsi nel suo divenire come mutevole, come “forze”, direbbe il filosofo.
Masaniello, Spinoza, Napoli, come corpi allora, senza i quali non ci sarebbe nemmeno l’anima e le molteplici immagini che si hanno di essa. Come io di te.

articolo pubblicato, in Sud n°10

9 COMMENTS

  1. Un bel ritrato di un personaggio rivoluzionario che voleva dare fortuna a un popolo povero. C’è un romanzo storico su Masaniello?

  2. a napoli tutti masanielli o con in testa la masaniellità, cioè i fuochi di paglia – grande napoli, patria dell’effimeratezza della rivoluzzzione…

  3. Sto leggendo da qualche giorno ‘Masaniello’ di Silvana D’alessio (Salerno editrice). E’ uscito in questi gg. Scrive Aurelio Musi nella presentazione:
    “Il volume di Silvana D’alessio costituisce la prima organica biografia moderna di Masaniello. Il suo merito principale è quello di collocarsi nella delicata e problematica zona di confine tra rappresentazione storica e rappresentazione mitica, mostrando tuttavia, piena consapevolezza della distinzione tra i due piani. Questa consapevolezza si rispecchia si rispecchia fin dalla struttura del volume diviso in due parti: la prima riguarda la Vita di Masaniello; la seconda è una .”
    Mi pare molto ben fatto, ma sto alle prime pagine, quindi non saprei dire di più.

    Il discorso che fai (diviene) ‘a stelle fisse’ sul luogo del ‘delitto’ e sui 2 menzionati , forlani, è molto preciso, assolutamente condivisibile.

  4. ho letto il volume in questione dopo aver redatto l’articolo. Alla cui genealogia aveva contribuito l’opera completa (la pleiade) di spinoza grazie alla pubblicazione in apertura della biografia di Colerus, e in cui si fa riferimento al ritratto.
    Negli stessi mesi ho letto (e amato) lo spinoza di deleuze.A quest’estate risalgoo invece le letture relative a Masaniello. Il libro di cui parli,effettivamente ben documentato non mi ha particolarmente entusiasmato. Lo stile troppo piatto ne fa un’eccellente pubblicazione scientifica ma nulla di più. Per quanto riguarda poi l’accostamento masaniello/ spinoza l’autrice bypassa sia deleuze che negri per limitarsi a citare due altri storici e nientepocodimenochè, silvio perrella.
    All’iconografia presente nel libro piuttosto scarna manca il ritratto, lo ripeto, bellissimo di Andrea di Lione, scoperto quest’estate da un amico che abita una casa biblioteca a Napoli. Comunque grazie ,lr.
    effeffe

  5. Bello per l’informazione. Ringrazio Carrino. ma cercevo un libro che non sia scientifica: un romanzo storico appassionante. Per questo momento cerco un libro a proposito di Napoli, ma con vista storica e avventura. Ho bisogno di divertimento.

  6. per verò
    Antonio Romano, Memorie di Tommaso Aniello d’Amalfi detto Masaniello,
    come ho scritto nell’articolo seppure “fantastica”, il narrante dichiara di essere masaniello (e non lo è)
    Altrimenti, la danza degli ardenti , di jean noel schifano e magari prendi anche la sua traduzione in italiano fatta da felice piemontese, straordinario poeta e autore, tra l’altro di una biografia romanzata di Guy Debord, dottore in niente (marsilio)
    sulla rivoluzione napoletana del 99 ti consiglio invece, il resto di niente, di paolo spriano, storia romanzata degli eventi
    effeffe

    besos

  7. Grazie effeffe,

    So che Jean Noël Schifano è un ammiratore di Napoli. Non ho letto ancora niente di lui. Spero trovare la mia felicità a Amiens.
    Buona giornata a te e muchos besos.

Comments are closed.

articoli correlati

Mots-clés__Montessori

Montessori di Francesco Forlani Vasco Rossi, Asilo Republic -> qui ___ https://www.youtube.com/watch?v=E2pWbYaTc_o ___ Da L.-F. Céline, La bella rogna, trad. Giovanni  Raboni e Daniele Gorret, Milano, Guanda, 1982 Tutto...

Comunisti dandy: le retour

  Moda uomo, “classica”come la vanità maschile Nell’inserto che La Provincia di Como ha dedicato alle recenti sfilate della moda uomo...

Street art e identità visive di Napoli. La parola alle immagini

  di Francesca Basile Le sperimentazioni dei primi writer americani esplosero per sovvertire le regole di accesso legittimo alla parola in...

Riccardo, ti ricordi…

(A Porto s'è svolta una importante mostra sull'opera di Riccardo Dalisi. Davide Vargas ci regala il suo affettuosissimo testo...

Raimondo Iemma: i nostri misteri non verranno rivelati

    Ospito qui una selezione di poesie inedite di Raimondo Iemma. Nato a Torino nel 1982, Iemma ha recentemente pubblicato una...

Il catalogo è questo. Sulla mostra “Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica”

di Giuseppe Merlino “J’aime le luxe et la mollesse, tous les plaisirs, les arts de toute espèce. La propreté, le goût, les...
francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017