Ritratto lucano
di M. Vittoria Smaldone
“Sono disposto anche a lavorare in nero, ma io di qui non me ne vado!”. Paolo è arrabbiato quando pronuncia queste parole. Parla e gesticola molto. La rabbia di questo ragazzo bruno riccioluto è però mista a disperazione. E’ la disperazione di un ragazzo lucano di 26 anni che, a differenza di tanti suoi coetanei, ha deciso di rimanere in Basilicata, di non emigrare. Un ragazzo che ama la sua terra e rivendica con forza il diritto di viverci.”Io voglio vivere qui, a casa mia, costruire una famiglia nella mia terra”.
Paolo vive a Pignola, un piccolo comune in provincia di Potenza. Sette mila residenti ma un tasso di incremento demografico da far invidia alla Lucania intera, regione in spopolamento. Perché? Non per la moda di andare a vivere nelle grandi metropoli- molti, fra i quali il Rettore dell’Università degli studi della Basilicata Tamburro, ritengono che i giovani lascino la Lucania perché è cool dire di studiare fuori- ma perché tra questi monti “senza raccomandazione non c’è lavoro”. Possibile? Con tutte le risorse che la Lucania ha?Acqua, petrolio, storia e paesaggi non riescono a dare ricchezza agli abitanti della terra di Orazio.. In realtà, nella regione con il numero più elevato di studenti universitari, circa il 40% , i primi a far la valigia sono proprio loro. Tanti giovani lucani scelgono di formarsi fuori regione. Però, poi, una volta laureati, è difficile trovar lavoro in patria. Eppure si tratta spesso di menti eccellenti, i così detti “cervelli”.
Paolo ci racconta di alcuni suoi amici laureati, Michele ad esempio, 25 anni, consulente finanziario presso l’Unicredit Group di Milano, che sognano un giorno di poter lavorare nella loro terra d’origine ma sanno bene quali sono gli ostacoli ai cui andranno incontro. E quelli che rimangono? “Io vedo nei giovani un totale disinteresse nessuno tenta di collaborare con gli altri per fare qualcosa. Pochi hanno il coraggio di prendere posizione, di battersi per le loro idee; gli altri hanno paura; anche chi dovrebbe far valere i diritti degli studenti all’interno dell’Università di Basilicata è così legato alla politica che fa il suo gioco”. Paolo non ha paura quando fa queste affermazioni, né teme di mettersi in gioco, di lottare. Ha scoperto la ricchezza e la bellezza dei paesaggio lucano coltivando la passione per la fotografia. Di qui poi, chiacchierando con alcuni anziani del luogo, ha cominciato a fare delle ricerche sulle antiche città lucane. Ricorda di aver trascorso intere giornate in biblioteca tra gli archivi storici, ed interi pomeriggi nei campi e nei terreni nella parte bassa del paese- dove si trova un bellissimo lago, oasi protetta dal wwf- per raccogliere reperti. Risultato: Pignola archeologica.
”A Pignola nell’area del lago, precisamente a Serra S. Marco, ci sono resti di Necropoli. Sono stati trovati addirittura i resti della villa di Agrippa, proprio nei pressi del lago. Io ho fatto vedere i reperti che ho raccolto ad un archeologo. Lui ha confermato che risalgono all’epoca romana. A Serra c’era una diocesi importante, un antica chiesa, e una città. E’ una zona ricchissima da un punto di vista archeologico. Si potrebbe creare un parco includendo anche il l’oasi del Wwf. E sfruttare al meglio le strutture turistiche presenti in questa zona. Tutta la Basilicata è ricca di reperti. Non si deve neanche scavare. Questo vale anche per altre zone. E’ assurdo che gli antichi tesori del popolo dei lucani stiano all’estero. In questa zona si potrebbe creare anche un museo. Di Certo una valorizzazione del territorio con questi elementi incrementerebbe l’ occupazione. Arriverebbero turisti. Si fa un gran parlare della vocazione turistica della Basilicata. Ma concretamente? C’è disinteresse da parte delle autorità.
A me hanno detto di dimenticare Pignola archeologica. La Regione sapeva da anni dell’esistenza di un fossile di balena nei pressi della diga di S. Giuliano. Quando il proprietario del terreno l’ha rinvenuto se ne è parlato per un po’, ma poi non si è realizzato nulla. Mentre ho letto che in Toscana, a Pisa, dopo il ritrovamento di un fossile del genere hanno allestito un museo. Noi non abbiamo neanche un museo di storia naturale quando l’appennino lucano è pieno di fossili!”. Purtroppo per lui non conosce nessun “potente”lucano che faccia sì che le sue interessanti ricerche diano i frutti sperati. Questo accade per tante altre menti lucane che si vedono scavalcate da incompetenti la cui unica qualità sta nell’accondiscendenza ai voleri dei politici di turno.
La Basilicata è divenuta negli anni il feudo di vari signorotti politici che hanno a loro servizio altrettanti vassalli. Lo zampino della politica in Lucania è dovunque. Sono sempre gli stessi feudatari a decidere chi sarà primario, chi direttore dell’ azienda Ospedaliera S. Carlo di Potenza, chi docente e chi si candiderà alle prossime elezioni, e soprattutto quali progetti finanziare, come dirottare i fondi europei, e spesso, con l’appoggio di magistrati e forze dell’ordine collusi, come tenere occultata la verità. De Magistris, il pm della procura di Catanzaro, attraverso l’inchiesta Toghe lucane, è riuscito a mettere sotto accusa gran parte della classe dirigente lucana. Oggi, nonostante gli ostacoli nella sua attività, De Magistris è ancora lì in qualità di sostituto procuratore e l’indagine prosegue. Intanto il dramma lucano si acuisce giorno dopo giorno. Sempre più giovani decidono di emigrare.”Ogni tanto si sente in paese- dice Paolo- che quello sta partendo, un altro ha deciso di andarsene al Nord, un altro in Spagna”.
Se si conosce un politico, infatti, la Basilicata è piena di opportunità: un contratto a tempo determinato può essere rinnovato, un laureato viene assunto o diventa docente di master e corsi di formazione spesati dalla Regione, oppure arriva ad insegnare all’ Università degli Studi della Basilicata. Tra i docenti dell’ateneo non a caso figurano politici, parenti di politici e clienti vari. Sono posti strategici assegnati secondo un sistema ben collaudato.
L’Università di Basilicata offre numerosi corsi di alta formazione, detti anche master. Ne sono stati attivati tredici. C’è persino un corso in gestione del territorio mirato a creare figure professionali in grado di organizzare lo sviluppo della regione. Il piccolo ateneo lucano è diviso in molti feudi controllati da altrettanti vassalli. Le parentele tra docenti e politici sono ormai note. Alcuni politici figurano persino tra i docenti. L’ing. Margiotta, Facoltà di Agraria, deputato del Pd, il professor Coviello, facoltà di Agraria, senatore Pd, Vito Copertino, facoltà d’Ingegneria. Quest’ultimo è stato sindaco di Molfetta, secondo dei non eletti di Rifondazione comunista alle politiche 2006, è molto vicino all’ex governatore della Regione Basilicata, ex sottosegretario alle attività produttive,ora parlamentare del Pd, Filippo Bubbico. Non mancano poi i parenti dei politici e di dirigenti regionali. In questa fitta rete di parentele si sono costruite alleanze, associazioni tra docenti e politici così che il controllo del feudo universitario andasse in mano ad alcuni fedeli vassalli che, in certi affari, sarebbero tornati utili.
Non è un caso dunque che, da dieci anni a questa parte, a controllare l’ateneo di Basilicata siano chimici ed ingegneri. I maggiori affari della Regione Basilicata infatti riguardano il petrolio, l’ acqua, lo smaltimento di rifiuti e l’edilizia. Chimica è stata la facoltà che, pur avendo il numero più basso di iscritti, ha ricevuto maggiori risorse per i laboratori, più docenti e potere. Il peso acquisito dai chimici ha fatto sì che diversi presidi di facoltà e gli ultimi due rettori, Lelj Garolla e Tamburro, venissero reclutati tra le loro fila. La Regione concede denaro mentre l’università assegna posti di professore o consente progressioni di carriera a politici o a loro parenti, li coinvolge in master e convenzioni, o ancora fornisce ricercatori omertosi per i grandi affari.
Ma per aver il dominio assoluto i vassalli hanno dovuto eliminare i loro oppositori. In che modo? In primo luogo ostacolando lo sviluppo dei corsi con più alto numero di studenti: Scienze geologiche e Informatica. Ad esempio al master in Geologia dei Fluidi sono stati sottratti circa 592.000 euro da utilizzare per colmare il buco in bilancio di 2.000 euro dovuto alla cattiva gestione dei fondi europei nel 2004. Poi si è pensato di eliminare i ribelli- ossia quei professori che hanno reagito alle prepotenze- con l’aiuto di magistrati collusi. Mentre i docenti che potevano rappresentare una minaccia per le baronie sono stati mandati via.
Il professor Vitulano, docente di Informatica presso l’Università di Basilicata durante l’anno accademico 2000\2001, racconta: “ Io ho insegnato per un anno a Potenza. Era il primo anno di istituzione dell’università di Basilicata. Informatica poteva essere una facoltà importante per il territorio. Avevo alunni bravi e molto motivati. Ma quando avrei dovuto essere confermato come ordinario, perché io venivo da Salerno, in modo da garantire una crescita della facoltà e da poter istituire non solo un corso triennale ma anche la specialistica, l’amministrazione ha sbagliato per due volte la domanda di trasferimento. E dietro questi errori io credo ci sia stata una volontà precisa di chi governava l’università che non voleva che Informatica si rafforzasse e crescesse. Non volevano modificare lo status quo. Infatti, con un ordinario in più, Informatica e Geologia avrebbero avuto lo stesso peso di Chimica e Fisica. Invece, poiché l’università cresce in base ad interessi di bottega, si è preferito moltiplicare le facoltà che fanno capo a Chimica, che non danno sviluppo al territorio. Perciò i fondi destinati ad Informatica e Geologia per laboratori, docenti, e altro potevano continuare ad essere utilizzati da loro. Quando si istituisce un corso di laurea bisogna potenziare il corpo docenti. Non ci possono essere ricercatori ad insegnare né persone di altre facoltà. L’informatica la insegnano gli informatici. Noi docenti dovevamo fare più corsi. Io tenevo il corso di Informatica e quello di Fondamenti di Informatica. A Potenza è stata sprecata una grande possibilità di crescita. L’ateneo lucano è un ateneo giovane però a causa di questa gestione non è stato possibile realizzare uno sviluppo organico, e le menti migliori sono andate altrove”.
I master invece servono ad arrotondare gli stipendi dei professori, a dare posti a parenti e clienti, e a fare favori agli enti che li finanziano. Un professore dell’ateneo lucano con la docenza in un master arriva a guadagnare circa 30 mila euro. I dirigenti regionali e i politici, impiegati in qualità di docenti, inseriscono i loro lacchè e ottengono riconoscimenti accademici. Ad esempio gli insegnanti del master Nuovi Strumenti di gestione del territorio edizione 2004 erano: Michele Vita, responsabile dell’Autorità Bacino, affiancato da diversi collaboratori, l’architetto Viviana Capiello del Dipartimento Ambiente della Regione, l’ingegnere Alessandro Attolico del Dipartimento della Protezione civile di Potenza, Anna Balsebre dirigente dell’ufficio urbanista e tutela del paesaggio della regione Basilicata. Tutti emeriti “sconosciuti”.
L’università di Basilicata nacque dopo il terremoto del 1980 con l’intento di formare la classe dirigente che avrebbe garantito un futuro migliore alla Basilicata. Ma oggi l’ateneo è plasmato a misura di docente non di studente. Paolo ci racconta che gli studenti, prima di tagliare il tanto agognato traguardo della laurea, dovranno affrontare non poche traversie. Lui frequenta la famosa facoltà di Informatica, e conosce bene le condizioni in cui quest’ultima versa. L’unico baluardo per i ragazzi è il professor Gian Salvatore Mecca. Mentre gli altri professori sono quasi tutti esterni, per esami e tesi c’è chi è costretto a rincorrerli nei loro spostamenti di sede in sede. E non solo. Strutture per le quali sono stati spesi molti dei fondi europei vanno al macero, come le famose serre della facoltà di Agraria. I fondi europei che dovrebbero consentire lo sviluppo della Regione non sono sufficienti a frenare il flusso migratorio e far decollare questa terra splendida? Perché? La risposta è semplice: cattiva gestione. Basti solo notare che per ottenere il finanziamento di un master è sufficiente avere: la residenza in Basilicata da almeno 6 mesi, laurea, attestato di frequenza di master con ore di lezioni e stage effettuato in azienda, certificazione relativa all’università o all’ente che hanno organizzato il corso. La selezione è tutto fuorché severa. Nessuno si preoccupa di stabilire se la specializzazione da finanziare possa tornare utile o meno al territorio. Così, spesso, vengono formati giovani che andranno ad arricchire la regioni del Nord e del centro Italia. La Basilicata fa volontariato. E intanto: ”Noi giovani stiamo male- si lamenta Paolo- noi ora qui stiamo parlando, stiamo discutendo di problemi reali ma poi?”. Di colpo apre la porta dell’associazione culturale in cui ci siamo ritrovati e dice: “ e fuori cosa c’è ? Il silenzio.” A Pignola tutto tace. Fa freddo, ma l’aria si surriscalda; in questa piccola sala a creare tepore è la passione , la voglia di cambiare con la paura che “se tutto rimane così prima o poi ti devi adeguare”.
Paolo ha in mano un agenda su cui ha segnato gli impegni dei prossimi giorni. Ha messo su un’associazione culturale insieme con un amico. Tra novembre e dicembre 2007 l’associazione Vicolucano(http://www.vicolucano.it/) ha organizzato un festival di gruppi emergenti lucani, Music and War. La sola Pignola, ben conosciuta in regione per le sue associazioni culturali, può vantare circa 4 gruppi musicali. Si tratta di ragazzi, studenti, laureati, laureandi, giovani già inseriti nel mondo del lavoro, e anche ragazzi tredicenni che coltivano la passione per la musica. Sotto le feste c’è una bella atmosfera. Le serate organizzate da Paolo e Mario, l’altra anima di Vicolucano, rappresentano un’occasione d’incontro per emigrati vecchi e nuovi. Dovunque ci si giri si sente qualcuno esclamare: “uè come stai? Da quanto tempo! Che si dice a Bologna?” oppure” che si dice a Roma? Firenze? Siena?”. Se continuassimo ad elencare le città nominate potremmo arrivare anche oltre i confini nazionali.
I lucani negli anni passati erano lucani nel mondo. Molti sono partiti per cercar fortuna in America, Australia, Germania, Belgio, Francia. Oggi invece, a parte qualche caso- ci sono pignolesi persino a Dubai!- gli emigranti vagano per lo più attraverso la penisola italiana, però alla valigia di cartone hanno sostituito un computer portatile. La storia si ripete insomma, ma fino a quando? “Finché giovani di buona volontà non decidano di darsi da fare, di collaborare- dice Paolo- perché ciò che manca, seconodo me, è la sinergia. I fondi ci sono basta saperli sfruttare al meglio. Purtroppo però ci si accontenta troppo e non si pensa che si vuole le cose possono cambiare. Si tira a campare insomma. Quest è il guaio. Pensa solo al petrolio.Adesso hanno in mente di trivellare altre zone della Lucania tra le quali c’è anche la zona di S. Michele qui a Pignola, dove sorge un santuario stupendo ricco di tradizione. Per non parlare poi del paesaggio, dell’aria che verrebbe inquinata. Dobbiamo batterci affinchè ciò non accada! Tanto andrebbe a finire come in Val D’Agri: a noi l’inquinamento e a loro il denaro del petrolio.E I lucani che beneficio ne traggono?Noi con le risorse che abbiamo potremmo essere autosufficienti, ed essere la regione più ricca d’Italia. Invece… ”. Invece a noi giovani lucani- anche chi scrive lo è- è stata tolta la possibilità di scegliere, una volta finiti gli studi, di lavorare nella e per la nostra terra, tra la nostra gente, accanto alla nostra famiglia. Accade nel 2008, in democrazia. Se questa è libertà…
Io sono pugliese e conosco molto bene la basilicata… ho girato una miriade di paesini suonando con un gruppo di musica popolare… la basilicata è una terra fantastica, una regione unica.
Tuttavia l’articolo mi tocca anche da pugliese. Qui le cose non vanno tanto diversamente, magari Bari si maschera un po’ più da metropoli ma le logiche sono le stesse. Io sono uno di quelli che ha deciso di rimanere ma giorno dopo giorno ti sale la voglia di scappare, con la morte nel cuore, ma qui si muore… davvero.
E’ un articolo che dà una bella dimenzione al sud. Si sente un affetto per la terra che brilla, nasconde ricchezza.
Ricchezza nella terra e nel cuore degli abitanti.
Si sente la luce dell’intelligenza che resta ignota, nascosta.
Nell’oblio il sud, allorché la storia antica ha dato lettere nobili al paesaggio con impronte di bellezza.
Ma non si puo guardare la bellezza antica, naturale, solare in un mondo di interesse.
Mi ha toccata questa voglia di restare nel paese natale.
‘Dobbiamo batterci affinchè ciò non accada!’
mettere in azione questa frase è come mobilitare un esercito,
non è poco…
il futuro in fondo siete Voi.
la Nostra Basilcata…
venduta ecc
b!
Nunzio Festa
io sono fra quelle e quelli che sono andati via
la città che mi ha accolto mi tratta bene
tuttavia ogni giorno penso alla mia terra, a quello che potrebbe essere e non è, a quello che potrei fare e non so fare
tornare, Fare
non è facile quando non si è andati via perchè “fa cool” ma per migliorarsi, vedere altrove, imparare
non è facile quando la propria carriera umana prende altre vie, persone, luoghi, storie, affetti, case
però, vi assicuro, che anche così, da lontano, la propria terra resta sempre nelle prospettive, nelle idee, nelle speranze
non pensate che chi parte dimentica
r
non è mai come restare
chi ama la sua terra non la può lasciare quando è debole.
Una fotografia della Basilicata di oggi molto limpida.
Un’analisi dei motivi che non hanno consentito la crescita della regione molto azzeccata, nomi e cognomi di tanti personaggi che hanno, con i loro comportamenti, contribuito allo spopolamento.
Complimenti all’autrice dell’articolo!
Brava! Un ottimo post che merita di essere letto da tutti i lucani, giovani e meno giovani. Dobbiamo essere quelli che devono “annientare” chi ha deciso lo spopolamento. A tal proposito ti segnalo un ottimo articolo di Pietro Dommarco dal titolo “Spopolati”. Questo è il suo sito blog: http://www.pietrodommarco.it/editoriali.htm
Una visione romantica delle nostre radici consegna le stesse al racconto, alla storia raccontata da un emigrante che ha già deciso per la sua terra, ovvero lasciare raccontare quella favola dai lupi che rimangono a spartirsi la sempre più misera torta.
Ecco perchè si continua a parlare di favole, brigantaggio e altri presunti orgogli romantici (che sia il petrolio o i sassi di matera) piuttosto che indignarsi dell’assistenzialismo e ignoranza che imperano in questo piccolo feudo! .
Spero l’articolo abbia la risonanza che merita così da iniziare a svegliare la Basilicata (perchè addurmuti, ammettiamolo, lo siamo davvero non poco!!) e l’Italia su quanto fango e rassegnazione vi sia nella Regione…
In fondo la Basilicata è oggi nel “belpaese” come l’Italia nel mondo…irrilevante…e forse un pò più “discreta”!
…E cosa volete di più dalla vita?
…Un ritratto lucano!
mi oppongo.
sono pugliese anch’io, e mi oppongo con tutte le mie forze a quest’immagine da “cara terra mia”. Non amo il clichè della gente solare del sud, dell’attaccamento alla terra, della vitalità nella povertà. La verità è che la terra è fatta dalla gente che ci vive, e se la nostra terra è così è perchè tutti noi, in un modo o nell’altro, abbiamo contribuito: con i nostri piccoli clientelismi, con le nostre baruffe da piazza, con le nostre élites culturali da quattro soldi.
anche qui da noi ci sono i musoni e le persone scortesi; ma soprattutto ci sono gli accattoni, nel senso più dispregiativo del termine, quelli che per una lira sgozzerebbero la propria madre. E allora io mi oppongo a quest’idea del bruno e riccioluto ragazzo del sud (come se fossimo tutti usciti da un film di Pasolini!) come emblema di un sud giovane che cambia le cose con l’amore per la sua terra e il potere della cultura: perchè qui la cultura non ha nessun potere, fatta eccezione per un certo Presidente della Regione che vanta anche capacità poetiche e letterarie.
Tanto di cappello a Paolo e alla sua meritoria iniziativa, ma io, da questo sud, voglio solo andarmene.
ah la nostra povera regione, governata da incapaci e vissuta da ignoranti e clienti coscienti dell’espressione più bassa della politica. già la situazione è esattamente quella fotografata nell’articolo, ciò che però non viene detto e che trovo solo scritto nel commento che precede il mio, è che la colpa di tutto è da dare a tutti coloro che in basilicata ci vivono e ci hanno vissuto. egregi signori il problema dell’italia in generale e delle regioni del sud è rappresentato proprio dall’incapacità della popolazione di capire che il politico è solo ed esclusivamente un rappresentante degli interessi del popolo, non è un “eletto” che può decidere di fare tutto ciò che vuole, è un semplice lavoratore che deve fare gli interessi di chi lo ha eletto e deve dare conto di tutto quello che fa. fino a quando non sarà entrato nelle teste di tutti che il politico non è un intoccabile, ma è da considerare più come un’estensione del corpo degli elettori, e come tale deve rispondere a questi delle porcate che fa. noi parliamo dei politici come se fossero delle divinità, quando passano per strada li accerchiamo in cerca di uno sguardo, di un saluto, di una stretta di mano……..invece quando passano per strada, tra la gente, ci dovrebe essere tutt’altra situazione es: “”wè paesà stai lavorando per rispettare le promesse fatte? pcchè fino a mo nun hamm vist niend.””
insomma invece di andare a prenderli per l’orecchio ci preoccupiamo solo del “mi ha visto? ma si non mi devo preoccupare, tanto lo sa che tutta la mia famiglia l’ha votato, qualcosa me la deve dare, un piccolo aiuto me lo merito.”
che schifo, dobbiamo vergognarci tutti, tutti nel nostro piccolo abbiamo una grandissima responsabilità per quello che è ora la regione.
invece dovremmo alzarci e dire basta, ci avete rotto, ora ve ne andate a casa e ci andate a piedi, non con le auto blu.
ma tanto nulla di tutto ciò e possibile perchè è tipico della gente del sud compatirsi e compiangersi, la fotografia migliore del paese l’ha fatta de andrè in una delle sue opere più famose, il testo recita così:
la gente si indigna, si indegna, poi getta la spugna
ho omesso “con gran dignità” perchè qui di dignità ce n’è davvero poca.
rimboccatevi le maniche e lottate per quello in cui credete, lottare contro il clientelismo , contro il favoritismo clientelare, non diventate quello che tanto vi ripugna. meglio una casetta modesta ma onesta che una villa costruita sulle spalle della gente che con quei favori avrebbe potuto fare qualcosa per la regione. se poi siete tra coloro che : che schifo la situazione di oggi, a sto punto arraffo pure io quel che posso e chi se ne frega degli altri…….
l’intero paese italia è già deceduto e in decomposizione. e badate che non è come la fenice(non risorgerà mai dalle sue ceneri).
ah scusatemi dimenticavo una cosa, e non vi offendete per quello che sto per dire:
chi arriva a dire “datemi anche un lavoro in nero, basta che non mi costringete ad andare via dalla mia regione” non dovrebbe avere in partenza diritto alla parola.
perchè è proprio su questo che si basa il potere dei politi e piccoli imprenditorucoli lucani.
è questo che per primo va combattuto
ricordatevi che se vi fanno lavorare in nero, non vi fanno un favore, si fanno un favore:
-vi pagano di meno
-non pagano tasse
-non vi assicurano
e voi alla fine vi ritrovate ad aver lavorato 10 anni senza neanche 1eur di contributi e a 50anni dover sperare nella mano assistenzialista del governo per tirare avanti, perchè non avete soldi e non avete 1,2,10 anni di contributi versati.
bisogna lottare per quello in cui si crede, e mi dispiace informarvi che la lotta è fatta di sacrifici, anche sacrifici immani, anche lavorare 20 ore al giorno in 3 posti diversi, ma onestamente, senza poter uscire con gli amici la sera.
solo la fatica paga, mettetevelo in testa.
il ritratto coincide
spero non la conclusione
[…] Nonostante io sia a Firenze da anni non dimentico la terra da cui provengo e non chiudo gli occhi davanti ai suoi problemi. Spero di contribuire per un minimo contributo alla divulgazione di concetti e idee che possano cambiare lo stato delle cose in Lucania. Questo post lo dedico ad un semplice link. Il link ad un articolo che parla della Lucania da un punto di vista che mi sta a cuore: quello di un giovane che ha idee, che testardamente si oppone ai mulini a vento della politica marcia e inconcludente, mangiona, che da ormai molto tempo deprime la Lucania e le impedisce di avere un tipo di sviluppo legato anche ad un settore che dovrebbe essere la principale fonte di reddito per una regione bella e culturalmente interessante come la Lucania: il turismo. Quello sviluppo turistico mancato che incredibilmente non trova appoggio neanche nell’ Ateneo Lucano che, distratto da “altri interessi” maggiormente legati al potere politico ed economico, si interessa a tutto tranne che alle risorse che potrebbero assicurare un futuro certo allo sviluppo economico della regione. Come dire… meglio il petrolio per poche tasche intrallazzate che lo sviluppo di attività turistiche con conseguente lavoro per molti. L’ottimo articolo potete leggerlo qui: https://www.nazioneindiana.com/2008/04/22/ritratto-lucano […]
Ottima analisi della situazione occupazionale (e non solo) della nostra regione. Le mie figlie hanno scelto anch’esse di rimanere, di non cedere alla tentazione di andare via. Non è stato facile e non è facile ancora gestire tale scelta ma, se è convinta, la rabbia, sterile se fine a se stessa, può diventare un investimento ed esprimersi nella cultura, nella politica, nella società…Però sarebbe il caso che qualcuno della “intellighentia” che governa la nostra regione nei vari posti di responsabilità, risponda a una domanda, ingenua, forse stupida, ma che io ritengo fondamentale: si può continuare a vivere in una società – il discorso ovviamente riguarda il villaggio globale e non solo la nostra piccola realtà territoriale – in cui l’ECONOMIA fa il bello e il cattivo tempo, senza che la POLITICA sappia incanalarla in direzione del benessere comune? Qualcuno mi deve spiegare se la POLITICA può assistere impotente – è solo un esempio – al continuo aumento del prezzo del petrolio che sta impoverendo le tasche dei cittadini tutti, e non più quello che una volta appartenevano al terzo mondo? Il mondo è in mano all’ECONIOMIA, che fa il bello e il cattivo tempo. Manca un PROGETTO di società nel quale la POLITICA riesca a individuare risposte ai problemi della gente inbsieme alll’ECONOMIA…Solo allora ci sarà libertà di scelta e possibilità di lavoro.
Come dice giustamente qualcuno bisogna reagire allo stato di fatto ben illustrato dall’autrice.
Troppo “brava gente” i lucani, invece di lottare preferiscono emigrare……
Sarebbe ora di tirar fuori l’orgoglio….
Risposte dal governo della regione? Basta dare una lettura al blog del Prsidente, da quelle pagina la rabbia dei lucani si eleva costantemente. Ma forse De Filippo se leggesse questo pezzo direbbe che io complotto contro ilucani, che odio la mia terra perchè ne ho dato una cattiva immagine e w la Lucania presepe spopolato! Io credo che manchino i progetti perchè manca l’interesse per il bene comune mentre è molto forte l’interesse per il proprio orticello, ahimè. Ma la speranza sta nei giovani e nelle persone serie che in lucania ci sono e che STANNO lì e si battono anche contro la mentalità vigente del “fatti i fatti tuoi” e del “non ti mettere contro”, ma hanno bisogno di una mano. E può venire solo da chi decide di tornare e di mettere il proprio talento in gioco. Si vis potes. E l’ha detto Orazio.
grazie a tutti
p.s: Paolo è così non è la nè caricatura di Franco Citti nè di Ninetto Davoli!
Le parole di Paolo rappresentano il malessere, la rabbia e la voglia di lottare per la propria terra di tanti giovani non solo lucani di questo Paese. E’un grido di dolore, ma è anche un segnale, io credo, di una coscienza che si diffonde, di una volontà reale di voler rimanere e lavorare nella propria terra e per la propria terra. Non si tratta di folclore, non sono clichè, io penso che sia veramente la voglia di restare per cambiare e andare avanti. Lavorare significa dare anche il proprio contributo affinchè le cose cambino, perchè si possano abbattere clientele e mafie di ogni genere. I ragazzi che oggi chiedono questo si ritrovano a vivere in una situazione che ha messo radici negli anni passati, anni in cui i genitori e i nonni di questi stessi ragazzi non hanno potuto o non hanno saputo opporsi ad un progressivo deterioramento politico e sociale del territorio. Il fatto stesso che si alzino le voci dei giovani, sempre più numerose, a rivendicare un diritto sacrosanto, quello di restare nella propria terra e non dover andar via, quello di costruirsi un futuro e vedere i propri paesi e le proprie città andare avanti e non restare intrappolate nelle paludi del degrado di vario genere, dovrebbe essere accolto come un segnale positivo, di forza e di coraggio e dunque essere sostenuto e non smorzato. Non voglio neanche commentare le affermazioni secondo le quali gli abitanti del sud sono tutti conniventi e responsabili dei guasti. C’è una percentuale di persone così, ma per fortuna non sono, non SIAMO TUTTI così e le parole di Paolo e di quelli come lui lo dimostrano. Invece di generalizzare stupidamente comportamenti sbagliati, che peraltro abbondano in tutte le regioni d’Italia, è necessario e doveroso raccogliere queste richieste di aiuto, dare voce e visibilità ai tanti che hanno voglia di fare, di rinnovare, di denunciare, di liberare la propria terra dai cancri che la massacrano. Sono anch’io lontana dalla mia città, Napoli, di cui si legge e si sente tutto il male possibile. Non per questo ho smesso di appartenere alla mia terra, di usare gli strumenti che ho per difenderla e cercare di migliorarla. E vedere e sentire le nuove voci che si levano, come quella di Paolo e di tutti quelli come lui, a rivendicare una vita dignitosa tra la propria gente, mi fa sperare che in questo nostro Paese non tutto sia perduto.
L’articolo di Ritratto Lucano sia perfetto… desrive fedelmente quello che succede nella nostra regione… sapete cosa dicono nel mio ambiente di lavoro (una banca toscana- AR) che al tg non si sente mai parlare di lucania per fatti legati ai “malaffari”…. ma ci rendiamo conto…. è questa l’unica immagine che noi riusciamo a dare al resto dell’italia…. in giro… soprattuttu in settentrione si parla dei problemi del SUD come problemi del SUD e non come problemi dell’italia intera… un giorno ho sentito parlare un dirigente con un salumiere napoletano… discutevano sul problema rifiuti…. sapete cosa ha detto il dirigente… loro, ovvero le regioni settentrioali comandano la comorra… comandano????!?!? quindi i rifiuti campani sono un problema solo meridionale?!?!?!? loro gestiscono il sistema rifiuti “stipulando contratti” con la camorra.. scaricando (letteralmente) il problema al sud… VERGOGNA!!!!!! Tutto ciò per dire che è facile riempire uno spazio bianco con parole altisonanti ricche di effetti speciali… EHi… dico a voi… alfonso e vito…. ma non eravate proprio voi ad odiare la vostra regione perchè non vi offriva niente…. mahh!!!! l’ipocrisia in giro è tanta….
Caro Sax, non è molto chiaro quanto dici, metti insieme diversi problemi che purtroppo affliggono il paese intero.
Riguardo la sola regione Basilicata, che nè amo nè odio, perchè non mi sono mai sentito particolarmente vicino ad essa per le ragioni che sono emerse nell’articolo e nei commenti, e che mi hanno portato poi ad allontanarmi, credo di sentirmi abbastanza distaccato nei giudizi!!!
Spero solo che questo articolo sia solo l’inizio di un risveglio mediatico sulla situazione attuale della regione.
Al momento la Regione Basilicata continua infatti a vivere un dramma! E’ più conosciuta da chi ci vive al suo interno come l’Ente Locale Sovrano, sede del potere, luogo di “opportunità”, e dispensatore di speranze e pacche sulla spalla, che all’esterno come comunità territoriale di cittadini della Repubblica italiana…con gli stessi diritti e doveri degli abitanti delle altre regioni italiane.
Se lasciamo conoscere solo questo paradosso di identità (che tanto osanniamo quando si tratta di rispolverare Orazio, Gesualdo da Venosa, i briganti lucani o qualche senatore a vita …un pò come la pizza e il mandolino per cui i napoletani più seri tendono invece ad offendersi) forse qualcuno lì fuori si accorgerà di quanto “undisturbed” è la Basilicata e quanto questo stia diventando un problema anche per chi è rimasto lì!
Volevo chiedere scusa per il modo affrettato e poco chiaro con cui ho scritto il mio commento di ieri…. il sunto dell’intera questione è che non serve riempirsi la bocca di frasi ad effetto… bisogna affrontare la questione di petto senza ripetere i soliti dicorsi sula mentalità, le abitudini, etc… bisogna tornare nella nostra regione…. con nuove idee… nuovi progetti… con voglia di cambiare veramente le cose………………. IO lo faro!!!!
Per Sax: qualcosa si sta già muovendo. Noi cerchiamo lucani in gamba e motivati per attivare quella “sinergia”di cui parlava Paolo. se vuoi essere dei nostri: l’unione fa la forza!
Per ViKY; Bisogna prima fare e sperienza fuori….. per poi portare idee valide nella nostra Regione….
be’io sono 6 anni che sto fuori e di cose ne ho viste e fatte e non sono la sola te l’assicuro…
per Vichy…. io sto fuori regione dal 2001… sono stato a siena… e ora vivo e lavoro ad arezzo
ciao ragazzi ,sono Salvo,un ragazzo di 21anni lucano doc,nello specifico metapontino!mi sento chiamato in causa in prima persona,in quanto studente emigrato!Ho deciso di studiare fuori casa,ed in particolare a Roma,non perchè come si sostiene nell’articolo”fa cool”,o perchè ho voglia di far spendere molti soldi ai miei genitori,ma semplicemente perchè ritengo che la preparazione,la formazione,le esperienze ,le conoscienze,le realtà che si incontrano /affrontano,sono sicuramente migliori rispetto non a quelle che avrei avuto nell’univ degli studi della Basilicata,ma molto probabilmente a quelle che non avrei mai avuto,perchè la ns regione non è in grado di offrire, non solo per il solito clientelismo che a quanto pare è cosi radicato anche nell’Istruzione ma anche per la realtà socioeconomica non proprio tra le migliori.
Vedete,….io amo profondamente la mia terra,(terra nel senso vero della parola),e se ho deciso di studiare fuori casa,è proprio perchè voglio avere la preparazione migliore ,che una grande realtà mi offre,(anche se spesso ci sono difficoltà,gestione affettiva-familiare,di studio-della casa,e perchè no anche economiche…si fanno sacrifici ..)e anche perkè ho un SOGNO.Tornare a casa,e poter realizzare quello che ho sempre sognato(ristrutturazione di un veccho casale per un eventuale attività turistica:io studio ing.edile architettura) grazie alla mia eventuale preparazione,e di poter provare a cambiare le cose,ma da una posizione di rilievo ,e non di semplice abitante…
io vorrò essere propositivo…ma parlando con la coscienza di sapere che si puo cambiare,che si puo migliorare,che si puo andare avanti!!! Bisogna smettere di vittimizzarsi,e dire che tutto va male,quando non si fa nulla per farla andare meglio…io investirò il mio tempo.i mie soldi se ne avrò,…le mie risorse in genere,…per cercare di migliorare il mio paese,nella Speranza di contagiare piu persone possibili.Il problema univeristario,purtroppo è anche politico come sostenuto nell’articolo,ma se si partisse dal cambiare le cose a livello comunale,con iniziative,attività… ovviamente diverse per ciascuna realtà … affinchè siano produttive,le cose anche a livello regionale cambierebbero..per questo quando decidiamo di votare,qualcuno ,pensiamo che quella persona ci rappresenta,e che se non ha passione per quello che fa e per quello che dice,non potrà sicuramente portare migliorie….di conseguenza non sviluppo locale,non sviluppo regionale,non infrastrutture ,non richiesta di personale professionista e di conseguenza non necessità di migliorare l’ISTRUZIONE!ps:dobbiamo avere TUTTI la possibilità di avere una buona istruzione,ma con la coscienza che non servono solo dottori __non è emarginato o deriso chi decide di non continuare gli studi se non ha passione e volontà…purchè faccia un lavoro,ma sempre con passione,anche se piu umile!!
ognuno spero cambierà im meglio la propria realtà in base alle proprie possibilità!
Salvo vedi che nell’articolo non “si sostiene che si vada a studiare fuori perchè cool” leggi bene…questa tesi è di una persona non è sostenuta da chi ha scritto l’articolo che anzi la ribalta. Sono d’accordo con l’uscire per ritornare migliorati e portare sviluppo nella propria terra, cosa che anche alcuni tra i laureati citati nell’articolo vorrebbero fare e che anche altri in anni passati e ancora oggi anche senza “laurea” hanno fatto e fanno. E a causa però della politica sbagliata molti, specialmente in val d’agri, di quelli che hanno investito il denaro guadagnato all’estero in coltivazioni oggi vedono i loro prodotti rifiutati o andare a male a causa dell’inquinamneto prodotto dal petrolio…e non è giusto…
Sviluppo insostenibile
Il nostro governo ha deciso di mandarci di nuovo in missione sul pianeta Terra dopo circa 60 anni di assenza.
Questa volta abbiamo deciso di atterrare in una nazione chiamata Italia ed in particolare in una regione del Sud, la Lucania.
Analizzando le mappe che i nostri topografi avevano disegnato ci rendiamo subito conto che poco è cambiato negli ultimi 60 anni.
Stesse strade, stesse reti ferroviarie, assenza di aeroporti, ecc…
Una volta sbarcati ci siamo camuffati da umani, ed abbiamo incominciano i nostri giri su primitive vetture iperinquinanti e molto poco sicure.
Giunti nel primo paesello ci siamo immediatamente imbattuti in un gruppo di giovani che cantavano una truce litania:
“quanto siamo sfortunati, quanto siamo lontani dal mondo, quanto siamo poveri, quanto siamo arretrati, …”
“beati quelli che vivono nelle grandi città, beati quelli che hanno una connessione internet veloce, beati quelli che sanno cosa fare la sera, ecc…”
“vorrei fare la velina ma non posso, vorrei fare il calciatore ma non posso, vorrei fare la ballerina ma non posso, vorrei farmi la plastica al naso ma non posso….”
I ragazzi appartenenti a questa tribù hanno in comune una cosa: nessuno conosce le risorse naturali, immateriali o materiali della propria città/paese/valle.
Spesso, inoltre, questi ragazzi e ragazze accompagnano la loro litania con abbondanti dosi di primitive sostanze stupefacenti o eccitanti (cannabis, alcol, ecc…).
Poi abbiamo incontrato giovani appartenenti ad un’altra tribù, che abbiamo subito definito “Quelli che ballano la Tarantella” (una strana danza che si effettua in quelle zone).
“Quelli che ballano la Tarantella” non conoscono affatto quella litania, ma in compenso conoscono tutto del loro paese (la storia, le tradizioni, le ricette, il dialetto, gli angoli più suggestivi, ecc…)
A questo punto gli antropologi presenti nel nostro gruppo di esplorazione – seduti al tavolino di un bar di un piccolo paesino lucano – si sono messi a dire cose strane, incomprensibili. Parlavano di “teoria delle finestre rotte”, Gemeinschaft und Gesellschaft, crescita o sviluppo, ecc…
La conversazione viene interrotta da un vecchietto piccolo piccolo che dice, nel dialetto degli indigeni: “Voi non avete capito niente. I nostri giovani sono così depressi perché hanno perso la Consonanza e l’Armonia”.
Consonanza? Armonia?
Consultiamo immediatamente i nostri microcomputer: Ma certo! Pitagora, Ocello Lucano, Metaponto, Montescaglioso….
Sconvolgente: questa gente cita ancora Pitagora a migliaia di anni dalla sua morte. Deve esserci un qualche meccanismo culturale che preserva le informazioni.
A questo punto eravamo eccitatissimi, ma delle tesi di Pitagora avevamo solo le scarse informazioni della nostra banca dati XiXipedia.
Consultiamo allora i sistema informativo terrestre e ne traiamo che si sa ben poco del grande pensatore vissuto in Lucania e che gran parte di quello che sappiamo ci arriva da suoi discepoli o dai suoi oppositori (politici o filosofici).
Ma alcune cose le sanno con certezza, ad esempio, sappiamo è che gran parte del suo pensiero si concentra sul rapporto tra uomo e natura e sul fatto che solo attraverso la conoscenza l’uomo di avvicina alla sua vera natura e all’Armonia.
Di qui tutti gli studi sulla matematica, la geometria, la musica, ecc…
Ecco le parole chiave: Conoscenza; Rapporto tra uomo e natura; Consonanza; Armonia.
Ma non finì qui.
Da un nostro informatore terrestre fummo invitati al concerto di un musicista lucano – Rocco De Rosa – che nel bel mezzo di composizioni minimaliste se ne esce con una roba incredibile: un suo componimento che si chiama STO.
Spiegò che aveva composto questo pezzo ispirato dall’atteggiamento filosofico degli anziani lucani.
Rocco un giorno si avvicinò ad uno dei suoi anziani concittadini, seduto su una panchina, con gli occhi persi nel vuoto delle nostre colline, e chiese:
Rocco: “Zì ‘ntò, che fai?”
E Zì ‘nto: “Sto!”
R: “Che vuol dire: stai?”
ZA: “Rocco, io non staio. Ho detto che Sto!”
R: “E che differenza c’è?”
ZA: “Ahhh, Rocchi, ma a te la capitale t’ha fatto male. Hai dimenticato tutto, pure gli Antichi”
R: “Antichi? Di che Antichi parli?”
ZA: “Marò! Sei diventato proprio un barbaro. Ti sei pure scordato la storia degli Antichi, quella di Achille e della tartaruga”
Achille e la tartaruga!!!!!
Porca miseria. Il vecchio parlava di Zenone, di Parmenide, della scuola di Elea.
Fummo portati a pensare che queste fossero casualità, ma presto ci accorgemmo che non era affatto così.
Dopo qualche mese ci eravamo perfettamente integrati nella comunità lucana e ci spacciavamo per esperti di patrimonio immateriale, un concetto sul quale è fondata la nosta civiltà, ma che gli umani hanno scoperto solo oggi.
Ci invitano a tenere un seminario sul patrimonio immateriale in un piccolissimo paese del cuore della Lucania.
Con noi c’era Rasche, un nostro informatore tedesco stranissimo e coltissimo che si occupa di musica antica e musica religiosa medievale.
Stranamente la saletta del centro sociale era gremitissima. Cominciamo il nostro seminario e arriviamo a parlare di zampogna in Lucania.
Ad un certo punto il pubblico comincia a guardare con insistenza un vecchietto che ad un certo punto – non potendone più fare a meno, vista l’insistenza tacita dei concittadini – caccia da una borsa da pastore una stranissima zampogna, una via di mezzo tra una zampogna a chiave ed una surdulina, gonfia l’otre e comincia a suonare.
Rasche a questo punto sembra come impazzito. Ride, si agita sulla sedia, non riesce tener ferme le braccia, si alza si risiede, prende appunti, scrive formule matematiche,….
I “suoni” si placano, la sala è ammutolita.
Rasche si catapulta sul vecchietto e comincia a gridare come un ossesso frasi apparentemente senza senso: “…intervalli di quinta, intervalli di ottava, monocordo, logaritmi….”
Il vecchio lo guardava impassibile con un leggero sorriso, ma non rispondeva alle migliaia di domande di Rasche.
“Rasche calmati! Che è successo? Facci capire.”
Rasche: “Questa zampogna è accordata su una scala pitagorica modificata. La scala pitagorica è stata in uso fino al medioevo e poi è stata sostituita da altre scale. Questa zampogna ci ha portato indietro nel tempo di almeno 800 anni se non addirittura di 2500. Quella musica la sentivano alla corte di Federico II e a Metaponto a Taranto ad Atene, a Roma a… a….. Ma vi rendete conto! Nooo voi non vi rendete conto. Quello strumento vale tanto quanto il Colosseo o la cappella sistina o la Pietà di Michelangelo. LO CAPITE?”
Silenzio.
Quello strumento è arrivato fino a noi, immodificato, semplicemente sulla base della trasmissione orale della conoscenza.
A questo punto il tedesco era scatenato, sale in cattedra e comincia a parlare di musica medievale, canto gregoriano, musica alchemica, musica pitagorica, musica federiciana, di musica celata nei simboli impressi sulle tele medievali o celata nelle architetture delle chiese, di Bach, di passacaglia, di scale musicali arcaiche, di tarantella, di parallelismo tra tarantismo tedesco, spagnolo, berbero e apulo-lucano, di discanto, ecc….
Noi eravamo terrorizzati. Temevamo che l’uditorio capisse che eravamo extraterrestri. E invece no. Stavano tutti attentissimi e annuivano. Alcuni addirittura intervennero o fecero delle domande.
Uno spettacolo incredibile.
Alla fine del seminario, durato un’ora più del previsto. Si avvicina un prete, vecchissimo, e ci invita a seguirlo.
Ci porta in un archivio al quale ha accesso solo il clero e ci mostra degli antichi manoscritti miniati.
Su questi manoscritti c’era di tutto: studi storici, archeologici, demo-antropologici, trascrizioni di canti e musiche popolari, riproduzioni di strumenti musicali e passi di danza popolare.
Un tesoro, un vero immenso tesoro di sapienza.
Il tedesco, a questo punto, era totalmente fuori dalla grazia di Dio, e rivolse al prete la fatidica domanda:
“Ma questo materiale è del tutto sconosciuto. Perché non lo pubblicate? Perché non consentite agli studiosi di accedere a questa miniera di Sapere e di Conoscenza?”
Il prete sorrise e rispose così:
“Non è ancora giunto il tempo.
Questo materiale sta qui celato da centinaia di anni e molti anni dovranno ancora passare prima che esso veda la luce.
Se oggi lo pubblicassimo non ci sarebbero risorse a sufficienza, umane e monetarie, per studiarlo compiutamente e accadrebbe quello che è già successo in passato: qualcuno costruirebbe la sua carriera universitaria su queste antiche pagine senza dare niente in cambio, in termini di crescita culturale e sociale, a questo paesello dimenticato dagli uomini, ma non da Dio”.
Aveva ragione. Aveva maledettamente ragione.
Ma Rasche non si arrese e disse:
“Padre, lei ha ragione, ma non si potrebbe far studiare queste carte ai giovani di questo Paese?”
E lui: “Ci ho provato, ma nessuno dei giovani di questo paese crede che queste siano cose importanti.
Tutti pensano che oggi sia importante l’informatica, le veline, viaggiare, scoprire il mondo, il Grande Fratello, bere acqua minerale francese, …
Tutti loro pensano che il mondo sia fuori da questo paese e non vedono che invece in questi luoghi è nascosto un universo infinitamente più interessante e ricco di quello al quale riusciranno ad accedere una volta andati via di qui.”
Ezum Valgemom ora e per sempre
viki:avevo capito cio ke avevo letto..la mia era una risposta proprio a quel riferimento…credo poi di aver sostenuto i motivi per i quali una persona studia fuori..che la politica lucana sia sbagliata è molto probabile…ma se riteniamo di far meglio noi..possiamo sempre proprci…