La poesia è senza domande,
slabbrata sul tetto del mondo,
a questuare uno sguardo
inedito.
Pasquale Vitagliano
Un Trittico molto bello, con un ritmo particolare e immagini improvvise, complimenti.
Amo questo invito di vita
Vivere senza domanda
Il cielo slabbra un tetto
Nudo aperto
C’è un sentimento di natura aperta, fragile come un neonato
Bello e grazioso.
brava Viola…potrei definire questa una poesia in bianco e nero, nel senso fotografico della cosa, senza lo sviamento del colore, neanche quello descritto, con questi caratteri che mi ricordano la mia vecchia Lettera 22 che amavo tanto, in effetti istantanee, e credo che lo spirito fosse quello…
un caro saluto
grazie di cuore ad Orsola per le sue preziose cure (incluso l’effetto “Olivetti”) a questo post, ora “polittico” e un carissimo saluto a tutti/e, Viola
“et non ajouter d’autres ruines au vieux monde du spectacle et des souvenirs”, queste sono le parole conclusive della riflessione di Debord, contenuta nella seconda parte – vedi il link sopra indicato – del filmato. Riflessione che trovo, come già altre volte in questo blog, estremamente sferzante e appropriata. Riflessione che renderebbe, se presa alla lettera, superfluo anche tutto questo parlare, e anche questi versi che non trovo poi così consonanti con il cuore delle pagine di Debord. In realtà la discussione vera dovrebbe vertere sull’idea debordiana di “vieux monde” che è in continua drammatica continuità col mondo che ci passa sotto il naso (“coule” dice Debord) ogni momento.
Guy Debord.
Alla luce di come sono andate a finire le cose, anche… mi risulta difficile dare torto alle avanguardie storiche, tutte. Alla loro critica dell’economia politica, della politica e della vita quotidiana. E dei militanti di professione… Autentica profezia.
Concordo pienamente, e senza ombra di ironia, con Sparzani: questi versi non affrontano le “pagine” di Debord, ne affrontano la vita, e i giorni, per come l’autrice li ha filtrati, nella sua – di lei – situazione, un saluto, Viola
belle, anche se a mio parere c’è ancora troppo montale in superficie – ilari, gorgoglia, bordi, limitare. A una prima lettura tutti questi richiami danno un po’ fastidio, sembra quasi che tu voglia fargli il verso, anche se così non è, immagino.
… Montale? Mah!?!… Siamo comunque tutti figli di coloro che ci hanno preceduto.
“ferocemente ilari nel vino / che cola nel lavello”
: quando una cosa è felice, é bella, perché – da dove? – richiamare un “giusto” per poter dire: “uhm!..”
io penso – non lo conosco per niente: militante di professione per anni – che anche Debord ne sarebbe stato contento
al massimo uno potrebbe chiedersi se c’entra montale [e blazen] in
“nella foto la ragazza / la linea delle gambe ancora intatta”
che comunque non era “di spalle”
grazie, viola
montale/non montale (personalmente prediligo il non), grazie a tutti della lettura, Viola
uh, che classe.
grazie a te, viola,
r
Bei tempi che non torneranno più.
“personalmente prediligo il non”
capisco una reazione del genere, dopo il commento di Psicamoro
ma mi sono sentito coinvolto
anche se il mio era un “controargomento ironico” destinato, però, almeno nelle intenzioni, ad esaltare il valore autonomo del trittico
le parole e le cose debordano da dove le abbiamo messe, anche se noi non lo vogliamo:
*
Montale non conosceva, né conobbe mai, Dora Markus: aveva solo visto una fotografia delle sue gambe, inviatagli dall’amíco Bobi Bazlen col seguente biglietto datato 25 settembre 1928: «Gerti e Carlo: bene. A Trieste, loro ospite, un’amica di Gerti, con delle gambe meravigliose. Falle una poesia. Si chiama Dora Markus».
Sono storie fra due guerre, di uomini, padri e figli, di donne: nonne, madri, sorelle, zie e nipoti, numeri di tombola estratti nella sequenza di un viaggio ideale attraverso una città, fra tracce e strade di un percorso cifrato.
"Fra la stuoia, le gambe dei mobili e lo spazio sotto il letto, scoprivo a volte non soltanto isole senza nome, ma anche nuove stelle, ignoti sistemi solari, galassie intere. Se mi avessero rinchiuso in prigione, certo mi sarebbero mancate la libertà e svariate altre cose, ma non avrei patito la noia, sempre che mi avessero lasciato tenere, nella mia cella, una confezione di domino o un mazzo di carte, due scatole di fiammiferi, una dozzina di monete o un pugno di bottoni: avrei trascorso la mia giornata seduto a sistemarli."
Vi aspettiamo alla Festa di NazioneIndiana 2018! Quest'anno si terrà sabato 27 ottobre dalle 16.30 e domenica 28 ottobre dalle 10 alle 12 ed è stata organizzata in collaborazione con l'Associazione C.A.R.M.E.
Non ci potrei giurare, ma l'ho capito quel giorno, direi, di essere davvero tornata a casa. Che poi sarebbe il giorno di due soste a modo loro memorabili, in due località che per l'occasione ho diligentemente annotato, intanto perchè non capita sempre – di tornare a casa, intendo; e poi perchè a nessuno, scommetto, verrebbe in mente altro che scordarle al più presto.
Bella selezione.
Vivere senza domande.
La poesia è senza domande,
slabbrata sul tetto del mondo,
a questuare uno sguardo
inedito.
Pasquale Vitagliano
Un Trittico molto bello, con un ritmo particolare e immagini improvvise, complimenti.
Amo questo invito di vita
Vivere senza domanda
Il cielo slabbra un tetto
Nudo aperto
C’è un sentimento di natura aperta, fragile come un neonato
Bello e grazioso.
brava Viola…potrei definire questa una poesia in bianco e nero, nel senso fotografico della cosa, senza lo sviamento del colore, neanche quello descritto, con questi caratteri che mi ricordano la mia vecchia Lettera 22 che amavo tanto, in effetti istantanee, e credo che lo spirito fosse quello…
un caro saluto
grazie di cuore ad Orsola per le sue preziose cure (incluso l’effetto “Olivetti”) a questo post, ora “polittico” e un carissimo saluto a tutti/e, Viola
“et non ajouter d’autres ruines au vieux monde du spectacle et des souvenirs”, queste sono le parole conclusive della riflessione di Debord, contenuta nella seconda parte – vedi il link sopra indicato – del filmato. Riflessione che trovo, come già altre volte in questo blog, estremamente sferzante e appropriata. Riflessione che renderebbe, se presa alla lettera, superfluo anche tutto questo parlare, e anche questi versi che non trovo poi così consonanti con il cuore delle pagine di Debord. In realtà la discussione vera dovrebbe vertere sull’idea debordiana di “vieux monde” che è in continua drammatica continuità col mondo che ci passa sotto il naso (“coule” dice Debord) ogni momento.
Guy Debord.
Alla luce di come sono andate a finire le cose, anche… mi risulta difficile dare torto alle avanguardie storiche, tutte. Alla loro critica dell’economia politica, della politica e della vita quotidiana. E dei militanti di professione… Autentica profezia.
Concordo pienamente, e senza ombra di ironia, con Sparzani: questi versi non affrontano le “pagine” di Debord, ne affrontano la vita, e i giorni, per come l’autrice li ha filtrati, nella sua – di lei – situazione, un saluto, Viola
belle, anche se a mio parere c’è ancora troppo montale in superficie – ilari, gorgoglia, bordi, limitare. A una prima lettura tutti questi richiami danno un po’ fastidio, sembra quasi che tu voglia fargli il verso, anche se così non è, immagino.
… Montale? Mah!?!… Siamo comunque tutti figli di coloro che ci hanno preceduto.
“ferocemente ilari nel vino / che cola nel lavello”
: quando una cosa è felice, é bella, perché – da dove? – richiamare un “giusto” per poter dire: “uhm!..”
io penso – non lo conosco per niente: militante di professione per anni – che anche Debord ne sarebbe stato contento
al massimo uno potrebbe chiedersi se c’entra montale [e blazen] in
“nella foto la ragazza / la linea delle gambe ancora intatta”
che comunque non era “di spalle”
grazie, viola
montale/non montale (personalmente prediligo il non), grazie a tutti della lettura, Viola
uh, che classe.
grazie a te, viola,
r
Bei tempi che non torneranno più.
“personalmente prediligo il non”
capisco una reazione del genere, dopo il commento di Psicamoro
ma mi sono sentito coinvolto
anche se il mio era un “controargomento ironico” destinato, però, almeno nelle intenzioni, ad esaltare il valore autonomo del trittico
le parole e le cose debordano da dove le abbiamo messe, anche se noi non lo vogliamo:
*
Montale non conosceva, né conobbe mai, Dora Markus: aveva solo visto una fotografia delle sue gambe, inviatagli dall’amíco Bobi Bazlen col seguente biglietto datato 25 settembre 1928: «Gerti e Carlo: bene. A Trieste, loro ospite, un’amica di Gerti, con delle gambe meravigliose. Falle una poesia. Si chiama Dora Markus».
http://www.comunitaitaliana.com.br/mosaico/mosaico11/markus.htm
grazie della notizia, sì le parole le introietti, imprinting e poi riemergono , vanno pei fatti loro, come i figli, un caro saluto Viola