Hai una bocca di cartone

di Marina Torossi Tevini

Hai una bocca di cartone

in una pioggia notturna arrivasti.
dicevi La luna ha spiegazzato il mio nome
le unghie hanno scavato il mio ventre
e sono affondato in una nave carica di neve e di sogni

e siccome la ruota della vita gira e
l’orologio del tempo non si ferma
ti presi sulle mie ginocchia ti carezzai i capelli
annusai il tuo odore e mi sembrò amico

ma l’erba che cresce solitaria
e le bianche porte di marmo
il silenzio delle tue scarpe
e il rumore delle catene
svegliarono il mio spavento

ripetevi Sono coperto di pioggia sono scaldato dal sole
ho attraversato molti fiumi, il mio usignolo canta ancora

no, non ti accarezzerò questa notte
mentre le cicale tacciono e la rugiada ci ricopre

i papaveri tremano aggrappati al loro stelo.
hai una bocca di cartone
e le tue scarpe non conoscono soste

Non so se può bastare

Non so se può bastare
questo incedere rauco di pensieri
questo scarto dall’essere
non so se può bastare
questo fuggire tra campane a festa

(lungo il fiume che scorre
sontuose e vizze sfilano macerie,
detriti stanchi di bocche e di pensieri)

ho seppellito l’ascia di guerra e
il tappeto dei sogni
nella polvere di te
li ho seppelliti

Tempo, un tempo

un tempo la tua ombra amica
camminava tra i grattaceli di questo mondo urbano
(mare scogli risacca, musica per le mie orecchie)
un tempo la tua ombra amica
balzava oltre il fuoco
approdava a questi paradisi
(fiumi, umidi anfratti cascate, musica per le mie orecchie)

poi i miei occhi divennero coscienti
le tue mani artigli acuminati
aride le palpebre degli occhi
(dove sono le aquile?
spalmate su croccantini
e pastine mignon?)

contorcendoti su radici e finzioni
mi facevi credere d’essere ancora
un pesce dal ventre lucido e fremente
un ramo ubriaco di fiori
un granello che sorride nel mare

ma io guardavo l’orizzonte e il fondo
e non ascoltavo più il silenzio vuoto
della tua bocca

(Immagine: Gene Davis – Untitled, 1983)

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