Chanson Diptyque ( parole Livio Borriello – musica Gabriella Giordano)
bisogna così acchiappare il tempo e rivoltarlo nell’eternità, scamosciarlo e inciderlo, sguainarlo, e lasciarne così la polpa assurda all’aria e il suo afrore marcio alla luce, alle parole
io misuro il mare con le linee, e i fili elettrici correndo avanti al mare entrano asciutti in mare, trasportano i mini-animali pullulanti e non sfrigolano nell’acqua e nell’umor vitreo, e tutta la cosa che è il mondo sembra un cruciverba ontologico e un’equazione e un sapiente tessuto afghano e un cervello nitidissimo e blu, il cervello del futuro, la mielina del non-ancora, la dura madre del mondo
non restare nella luce del girasole, non restare nella luce dell’immagine, vai nella luce della parola luce, nella luce che inonda le sillabe cave e l’architettura striata del suono, entra nella sostanza che produce luce, sii chi inventò la luce, sprofonda e esorbita, perfora e svena, riposa dove il nero finisce e assorto nel tuo limite sii finalmente il luogo visto da nessun luogo
che nervi – disse l’uomo in riga, l’uomo immiscibile nel mondo, l’eroe della dislocazione, l’uomo dalla penna animale, estasiato di fronte a quei nervi sfolgoranti e opachi, impenetrabili, impensabili. il corpo sarebbe un po’ come un cane che l’anima si porta al guinzaglio
bellissimo, l’immagine in blu dalle righe di inchiostro. La nostra vista si anniente dietro il cancello della realtà? O si perde nel sole di un girasole.
La scrittura di Livio Boriello mette al confronto la prima parola al mondo alla verità del viaggio attraverso la nostra mente.
Lo penso cosi in mio corpo di lettrice ( oggi nella febbre), il mio corpo di nascita cambia, quando leggo un tessuto blu mare, il mio corpo affondato
alla sponda grigia, si libera, si muove nell’anima del viaggiatore.
Forse una finestra si apre per quello è chiuso, che non puo nuotare.
Il corpo immobile si stende aldilà, nuota, si libera del carcere, in fuga del mondo falso, duro.
L’ho sentito cosi, un canto di prima luce, del primo blu, per quello che scive, legge in corpo di prigioniero.
Per la bambina che non puo scappare, per l’uomo che fà scrittura a prezzo della sua libertà, per la donna ammalata che vedo solo il cielo,
per il bambino in terra di guerrra che lui non vede il blu.
Ho fatto errori la prima parola con (credo)
si libera dal carcere
scrive ( scivolare in un mondo nuovo)
che vede
guerra
e altri certo
@véronique
ma a te piace proprio tutto.
è cosa tosta il mare
per gente tosta
difficile fotografarlo
difficile raccontarlo…
alcuni lo vivono.
ma, no… non è tanto tosta, ti assicuro… diciamo che la cosa tosta è capire i racconti e le fotografie sul mare
Parolaimmagine che dislocando situa. Perfetto unisono, o un altro invito al viaggio.
:-)
comunque a volte è tosta, fidati!
più tosta è scriverne e legerne…
ops…un’onda s’è inghiottita una G
Francesco,
Non mi piace tutto. Ma è vero trovo testi che mi parlano su NI.
Non sono una “beata” che si meraviglia di tutto.
Per esempio sono un po’in freddo con qualche romanzo scritto in Francia.
ma è un altro problema…
in realtà, paradossalmente, l’atteggiamento di veronique è quello giusto, bisognerebbe leggere il testo in “abbandono”, mentre di regola (anche leopardi lo sapeva), e vieppiù su NI, lo si legge ponendosi in una dialettica servo-padrone, per liquidarlo se si fa la parte del padrone, e adularlo se si fa quella del servo (ad es., se lo firma qualche nome “dominante”)
Liviobio,
Mi è venuto un sentimento di libertà, in confronto al testo magnifico che hai scritto: nella scrittura orrizzontale blu, di linea di pazienza (l’ho capito cosi) si vede l’inizio del primo mondo per il priogioniero.
E’ l’incanto del testo che ha creato la storia nella mia mente “l’abandono” come tu dici.
L’abandono alla luce, alla verità del giardino selvatico in noi,
in tu nella scrittura.
@liviobo
Introversione, timidezza, riservatezza e insofferenza generica agli egocentrismi ed alla autorità, tutte innate, mi hanno permesso di rimanere vergine di fronte agli italici meccanismi che hai descritto.
Presenti secondo me, molto di più in altri frequentatissimi blog – specialmente individuali – che qui. Ove la fauna è varia e generalmente ben dotata dal punto di vista intelelttivo, e dove si fa un pò di tutto: cultura, critica, polemica, sperimentazione, parlarsi addosso, esibirsi e dove ancora si trolleggia e si lecca il culo, sì, ma non vieppiù.
Ma in un commento hai detto bene: è proprio cosa tosta capire i racconti sul mare. E anche le foto.
Mi piace l’accostamento, la precisione vertiginosa delle parole e l’estrema libertà che le immagini consentono alla visione e al pensiero, la totale mancanza di coercizione oggettiva dell’insieme… si avverte l’invito a pensare con gli occhi, percepire con le parole, sentire e respirare tramite i suoni. Anche nel titolo, lo scambio tra musica e fotografia introduce ad un mondo di corrispondenze, di sinergie profonde, come nei sogni lucidi che si fanno certe volte al mattino.
ringrazio i commentatori, in particolare elisabetta che ha colto in maniera molto precisa e approfondita alcune intenzioni del lavoro, e l’effeffe che ha sollecitato questo esperimento di “dittico”. vorrei aggiungere inoltre 2 osservazioni sulle foto della mia amica gabriella giordano, che facendo parte di un lavoro più ampio, sono forse difficili da inquadrare in questo contesto. innanzitutto, pressochè tutte le foto che appaiono su NI rientrano nella categoria del post-moderno, ovvero sono foto di foto (e la cosa ha un senso, trattandosi di un sito letterario), mentre queste sono vere foto. poi, vorrei mettere in guardia dal considerarle un semplice gioco sul “mosso”… si tratta di un’operazione più rigorosa, di un lavoro sulla percezione, e sulla trasformazione del percepito lungo il percorso della percezione, per azzardare una formula