Oh, quanti libri non ti si spezza il cuore!
di Simonetta Bitasi
Di lavoro leggo. Spesso faccio fatica a dirlo.
Sento quasi di dovermi giustificare, a volte di dover scontare un privilegio unico o almeno di dover spiegare come da una lunga esperienza in una libreria e dall’affettuosa corrispondenza sin da piccola con le biblioteche io sia arrivata ad essere un lettore ambulante, a leggere per poi girare a raccontare le mie letture. Sulla mia strana attività mi ha dato recentemente un po’ di conforto e coraggio un articolo della scrittrice Zadie Smith che su Internazionale dice: Leggere, se fatto come si deve, è difficile tanto quanto scrivere… Chi equipara la lettura all’esperienza essenzialmente passiva di guardare la tv, vuole solo svilire la lettura e i lettori. La similitudine più calzante è con il musicista dilettante che sistema lo spartito sul leggio e si prepara a suonare. Deve usare le competenze acquisite con fatica per suonare quel brano musicale. Quanto maggiori sono le sue competenze, tanto più grande è il dono che fa al compositore e quello che il compositore fa a lui. E’ una “nozione” di lettura che ormai sentiamo proporre di rado. Eppure quando fai esercizio di lettura, quando passi del tempo con un libro, la vecchia morale dello sforzo e del compenso è innegabile. Leggere è un’abilità e un’arte. I lettori dovrebbero andare fieri delle loro competenze e non vergognarsi di coltivarle, non fosse altro perché gli scrittori hanno bisogno di loro… Anche il lettore deve avere talento. Confortante, vero?
Riguardo al leggere vi segnalo una cosa curiosa: in un paese in cui si legge sempre meno e i lettori sono pochi e anche maltrattati il panorama editoriale ci sommerge ultimamente di titoli sulla lettura e i lettori. Non mi soffermerò sui peggiori, la maggior parte, ma su un piccolo gioiello che dice con poche precise parole cosa vuol dire leggere e perché noi lettori cerchiamo di contagiare tutti quelli che incontriamo: Non c’è dubbio che quando leggiamo le parole di un testo le riempiamo della nostra esperienza. Nel momento in cui leggo, è vero, sono come sospeso in un altrove tessuto di ombre e di fantasmi. Leggendo, calati nella logosfera del testo, ci si può persino sentire, a occhi aperti, immersi in un sogno più vero e più vivo della realtà circostante. E tuttavia questo spazio sono io a costruirlo, per animarlo lo reinvento di continuo partecipando del suo movimento nello specchio attivo dell’immaginazione, come invece non può avvenire con le immagini dello schermo televisivo, implacabilmente imposte a un occhio passivo. [Ezio Raimondi, Un’etica del lettore]. Questo per definire il concetto di lettura e anche per darci un minimo di importanza. Leggere certo non ci rende migliori, ma con un gesto apparentemente semplice mette in moto meccanismi ricchi e complessi. Ma una volta che si è entrati, come dire, nella magia della lettura non siamo ancora al traguardo. Perché il problema spesso è cosa leggere e come scegliere tra una produzione sterminata e spesso ingannevolmente pubblicizzata. Per chi si occupa di promozione o meglio contagio della lettura il problema è : come faccio a sapere che c’è un libro che vale la pena di leggere e poi di far leggere? I lettori sono esseri fiduciosi e invece cercano di scoraggiarli su tutti i fronti. Ed è ancora peggio quando le logiche puramente commerciali colpiscono la narrativa per l’infanzia. Vediamo come la strada della scelta sia sempre più un percorso faticoso, che spesso induce il lettore meno convinto ad abbandonarla:
1. le librerie indipendente con librai e libraie informati, appassionati, competenti stanno ormai scomparendo a favore dei supermercati del libro, dove oltre alla mancanza di consigli, manca anche un’onesta e completa scelta tra la produzione libraria, che penalizza in particolare medi e piccoli editori.
2. anche nelle biblioteche, oltre a una scelta ampia e completa, spesso è anche difficile trovare indicazioni e informazioni perché ai bibliotecari è praticamente impedito di leggere. Troppo oberati di impegni burocratici e di gestione e sempre gravati da sott’organico, non riescono certo, se non alla sera prima di addormentarsi, a leggere qualche pagina. Nelle biblioteche spagnole (alcune registrano un tesseramento del 70% della popolazione), sono distinti i vari ruoli e ci sono bibliotecari incaricati di leggere.
3. L’informazione dei giornali sui libri è fortemente non attendibile, spesso vittima di giochi di potere e favori reciproci tra operatori editoriali. E comunque molte recensioni non sono frutto, come sarebbe naturale, di una lettura.
4. A un livello superiore, parlando cioè di critica letteraria, non si trova molto di meglio. Totale indifferenza o parole altisonanti e illeggibili non aiutano a orientarsi nella narrativa contemporanea. Più che morta, come dicono molti, la critica letteraria italiana mi sembra in un eterno letargo.
5. Per i cosiddetti operatori poi un utile strumento potrebbe essere quello degli uffici stampa delle case editrici, che naturalmente devono vendere il loro prodotto, che spesso però non conoscono. Perché non leggono. Così anche le campagne stampa sono ingannevoli e tendono a rendere la diffusione dell’informazione libraria stereotipata.
6. La mancanza o la poca qualità della scelta, in particolare nelle biblioteche, è causata da improvvide scelte amministrative, che preferiscono spendere magari su un grande e unico evento che sull’acquisto dei libri. O che pongono come unico criterio di scelta del fornitore lo sconto praticato. In questo modo si offende l’intelligenza dei lettori o dei futuri lettori, facendo loro mancare la materia prima. Ma si sa una biblioteca che funziona grazie a un buona e costante fornitura di libri e al lavoro e alla competenza di personale qualificato non è una vetrina sufficientemente eclatante per la campagna politica.
Cosa rimane? Incontrarsi tra lettori, condividere le letture. Frequentare e far conoscere ai bambini librerie e biblioteche. Per i lettori adulti poi uno strumento di incontro e scambio ancora abbastanza attendibile è internet. Per ora blog, forum, siti sulla passione per leggere ribaltano i punti precedenti e sono un’oasi per chi ama leggere e far leggere.
Un modo molto più limitato, ma che si sta diffondendo sempre più è il fenomeno dei gruppi di lettura. Per molti la lettura è un’attività solitaria e anch’io non nego che la partita vera si gioca tra il lettore e il libro. Questo rimane il nucleo essenziale e indispensabile della magia del leggere. Quando ho letto un bel libro il cerchio idealmente si chiude e sia io che ho letto, in qualche modo riscrivendo il libro, sia lo scrittore abbiamo svolto appieno il nostro ruolo. Però è innegabile che quando sono rimasto colpito da un libro mi viene voglia di comunicarlo senza forse arrivare all’affermazione estrema di Peter Bichsel: E so cosa mi porterei dietro su un’isola completamente deserta, dove si è totalmente soli e senza nessuna possibilità di tornare indietro…in realtà non mi porterei dietro nessun libro, perché senza una comunicazione quotidiana cesserebbe sia la lettura che la scrittura. Ho bisogno degli altri almeno per far sapere che ho letto. [Il lettore, il narrare]. Allo scrittore svizzero i gruppi di lettura sarebbero probabilmente piaciuti. Lo loro funzione è quella di condividere una passione ma anche di scambiarsi informazioni e far girare sempre più libri. Un paio di anni fa ho partecipato al primo raduno italiano dei gruppi di lettura ad Arco di Trento dove erano ospiti anche alcuni bibliotecari spagnoli (sempre la Spagna…). Sono venuta così a conoscenza di gruppi per bambini e ragazzi e così ho proposto anche a Mantova di provare a crearne uno in biblioteca. Capitan Uncino esiste da due anni e si è clonato: i ragazzi infatti si sono divisi in junior (11-13 anni) e senior (13-16). Lavorano come consulenti agli acquisti della biblioteca, hanno compilato una bibliografia con le loro letture preferite, stanno realizzando un giornalino per meglio consigliare i loro coetanei. Come gruppo sono entusiasti, autonomi, curiosi e più facilmente gestibili degli adulti. Non assomigliano al ritratto che si fa degli adolescenti allergici alla lettura e ai libri. E sono sicura che non sono un caso a parte, tutt’altro.
Per estendere il contagio della lettura quindi …basta leggere. Però devono lasciarcelo fare predisponendo luoghi della lettura piacevoli e invitanti, dove trovare magari professionisti che ci possono consigliare; con informazioni attendibili per trovare i nostri libri; creando una diffusa cultura del libro come oggetto quotidiano e “naturale” e non come materia di studio e mezzo di punizione. Nasciamo potenziali lettori. Se lo diventeremo sarà grazie all’incontro con il libro giusto. Ecco, io voglio fare questo: favorire l’incontro tra i libri e i loro lettori che li stanno, magari inconsciamente, cercando.
anche qui!
[da La lettura, nonostante. Libri e ragazzi, tra promozione e rimozione, Idest, 2009, pp. 96 p.,Euro 11,00]
Le “librerie” delle grandi catene mi disorientano sempre. C’è troppo. Secondo me la mossa migliore per comprare un bel libro, è leggere la prima pagina prima dell’acquisto. Lì, a differenze di comunicati stampa e bandelle e quarte di copertina, non si può mentire. Se una cosa è brutta, te ne accorgi.
Bel pezzo, che condivido in toto. Mi sono molto piaciute le parole di Zadie Smith, sacrosante. Oggi purtroppo i media (con alcune eccezioni) impongono una fruizione sempre più passiva di tutto. Condivido anche l’affermazione di Simonetta Bitasi “leggere non ci rende certo migliori, ma mette in funzione meccanismi complessi ecc”; è così, infatti. Molti nazisti erano assai colti, ascoltavano Wagner e Beethoven e leggevano Goethe e Nietzsche (lo stesso Hitler era provvisto di una certa cultura); dunque l’arte, anche quella alta, altissima, non necessariamente redime (né spesso se lo propone). Il suo pregio principale (non il solo) è un allargamento di coscienza, uno spalancamento sulle enormi e spesso sopite possibilità interiori. Vi sono anzi dei casi in cui opera una sorta di genio della contaminazione, una pulsione e fascinazione al male (Macbeth, tante pagine di Dostoevskij, alcune di Kafka, alcune di Poe, ecc.); dovremo non leggere? No, l’ignoranza ritengo sia peggiore della conoscenza. Poi sta ad ognuno gestire il proprio arricchimento.
Riguardo al discorso del piazzamento dei libri a fini editoriali, economici, pubblicitari, è una piaga probabilmente immedicabile. Ma come dice andrea sta al fiuto del lettore, alla sua capacità d’informarsi e annusare e intuire, la scoperta di testi validi, degni d’essere letti con attenzione e passione.
Mah. Per capire un libro bisogna leggerlo per molto più di una pagina, secondo me. Il fiuto del lettore? Ci vuole un po’ di umiltà e gusto del rischio: comprando il libro per leggerlo tutto.
Più che di contagio, parlerei di educazione alla lettura verso le età evolutive. E’ un ottimo lavoro quello svolto dall’autrice del post, l’unico possibile in direzione dell’allargamento della repubblica dei lettori. L’unico che semina e favorisce l’indipendenza intellettuale. Arrivati all’età adulta, se si è già educati alla lettura da ragazzi il processo evolutivo si scopre inarrestabile. Ne risulta al contrario difficoltoso – molte volte impossibile – l’avvio per chi, da giovanetto, spinte ragionate in tale direzione non ne ha mai ricevute dai soggetti adibiti a farlo: genitori, maestri e professori. I quali, colpevoli inerti, distribuiscono gratis ai ragazzi l’immunità perenne al virus della lettura. Cresciuti nell’ignoranza letteraria, questi adulti incolpevoli e male educati iniziano tossicchiando qualche testo per poi abbandonarlo a metà. “Non ho tempo”, “Sono stanco”, “Moccia volentieri perché mi distende” sono le scuse più ricorrenti adottate dalla sterminata tribù dei Senzalibro. Che tristezza.
Il contagio, quindi, è di tipo strano. Si diffonde solo tra gli ammalati. E, volendo, viene accelerato, oltre che da lodevoli iniziative locali come quella proposta dall’autrice del post, soprattutto – penso – da siti come thelibrarything e anobii. Qui la sola esposizione della propria libreria segnala, sottintende, nasconde le personali inclinazioni, corruzioni, dedizioni. Attitudini, propensioni ed eccezioni possono essere sviluppate, amplificate e sollevate tramite i commenti e i gruppi di discussione sui libri letti. Anche il senso dell’orientamento e la direzione delle nostre scelte d’acquisto ne traggono grande vantaggio. Diminuisce il fastidiosissimo rischio di un acquisto errato. Subdola esperienza, infatti, puo’ rivelarsi la lettura di un libro sinceramente orribile, acquistato solo perché attirati dalla copertina o dalla quarta di copertina.
Così, la lista dei desideri della propria libreria sul sito – che appare così fighetta assieme ad altre simpatiche opzioni a disposizione – diviene strumento operativo per scavalcare la bibliotecaria indaffarata, la commessa ignorante, la difficoltà dei trasferimenti e la vastità delle feltrinelli e delle mondadori. Si entra in una di queste ultime per acquistare a colpo sicuro e con cognizione di causa. Portandosi a casa – o, meglio ancora, facendosi arrivare a casa ordinando online – un bel pacco che, appena aperto, sprigiona profumo di cellulosa e fresco di stampa misti ad un pizzico di eccitazione. E talvolta vabbè, a stantìo di magazzino.
Il contagio è servito e propagato. La rete, un’altra volta, è il futuro di una parte di noi stessi.
Il lettore del cartaceo, una specie destinata all’estinzione. Un perdente, nella struggle for life tecnologica.
per quanto mi riguarda, W i perdenti! sempre.
bell’articolo.
segnalo
1. tra le libreria indipendenti, la Sherlockiana – Libreria del Giallo di Milano che chiude i battenti a fine mese: gli amici sanno il perchè e il percome. e non è giusto.
2. tra le community, il mondo di Anobii, dove le letture i forum diventano spesso occasione di incontro reale.
saluti.
Il modo di proporre e raccontare i libri è fondamentale per guadagnare nuovi lettori. Le grandi librerie spesso hanno il difetto di un personale poco preparato che pensa di vendere un prodotto come un altro.
Le piccole librerie hanno in molti casi un approccio più familiare e caldo con i libri che propongono. Fare i librai è un mestiere che richiede come minimo requisito quello di essere lettori appassionati.
scena 1 : Libreria Feltrinelli, Bologna. Una ragazza prende in mano una copia de “Il giovane Holden” lo sfoglia, legge qualche pagina poi intercetta la commessa della libreria “Di cosa parla?” le chiede. “Mah, non so” risponde la commessa ” prova a sfogliarlo un po’”. La ragazza appoggia il libro ed esce dalla libreria.
scena 2: Libreria La Sherlokiana, Milano. Una signora entra in libreria, fa un breve giro tra gli scaffali, poi va al banco da Tecla Dozio, la proprietaria della libreria, e le chiede: “Potrebbe consigliarmi un libro?” “Lei di solito cosa legge? “chiede Tecla “Mah, ho letto un libro ma non mi ricordo il titolo”. Tecla propone tre libri di autori diversi. “Li ho letti e mi sono piaciuti” dice. La signora compra i tre libri.
Magari quella commessa era lì da Feltrinelli perché l’avevano licenziata alla Supercoop, o adesso è alla Supercoop perché l’hanno licenziata dalla feltrinelli.
E magari la sig.ra Tecla ha sparato a caso tre nomi e le è andata bene.
Mah.
Ringrazio Simonetta Bitasi per questo articolo che offre molti spunti di riflessione, in particolare a chi, come me, di mestiere fa la lettrice che dovrebbe “educare” altri lettori. accade anche per chi insegna che i risultati siano pari alle energie investite e dunque ben venga l’idea dei gruppi di lettura, che in effetti non ho mai sperimentato. Ho invece una volta organizzato una mostra di libri nella biblioteca scolastica, su un tema scelto dai ragazzi (la caccia alle streghe, anzi, esattamente “Streghe, eretici e altri demoni.Storia letteraria di individui e gruppi sociali oggetto di persecuzione”). È stato un lavoro molto intenso, ma ne è valsa la pena. Ritengo sia il caso di rivalutare le biblioteche scolastiche, luoghi meravigliosi e dimenticati in cui è possibile trovare dei veri tesori: in alcuni licei storici si trovano addirittura delle cinquecentine! Inutile dire che la politica di tagli già da decenni incide su questa voce, limitando le nuove acquisizioni e eliminando la figura del bibliotecario, spesso sostituita da un professore qualsiasi che dà la propria disponibilità solo per qualche ora. Già quando ero studentessa in uno storico liceo romano la bellissima biblioteca, nella quale cercavo comunque di trascorrere più ore possibili, veniva aperta grazie al tempo concesso da qualche insegnante che si improvvisava bibliotecario. È un vero peccato, è la perdita di un patrimonio che svanisce nel silenzio e nell’incuria. Ma nulla paga lo sguardo stupefatto dei ragazzi che si aggirano per gli scaffali sovente polverosi e arrivano con i tomi più improbabili a chiedere: “prof, pensi che potrebbe piacermi?”