3 poesie e 2 prose

di Davide Morelli

Inafferrabile

Guardo di sbieco il muro. Appare
la coda bifida di una lucertola,
compare il dorso, rivestito di squame
e… negli interstizi della siepe
già non la vedo… come se con un
guizzo fulmineo, un lesto strascicare
di zampe si fosse divincolata in un
cunicolo; come se il crocicchio dei
colori lividi del tramonto, il riverbero
di un fievole sfarfallio di raggi l’avesse
resa invisibile. Forse è sgusciata in
una fessura, in un anello d’ombra,
in una zona morta dei miei occhi,
forse in una crepa nascosta, dove
cade l’intonaco e affiora la calce,
sfuggendo alla mia vista, ormai
inafferrabile.


*

Un amaro sorteggio

Piove sul becco di un usignolo e sugli appuntamenti di lavoro. La solitudine di quella donna con la sporta della spesa non cova segreti incommensurabili, ma un amaro sorteggio. Non credo sia didascalico questo discostarsi da un paesaggio monotono, che disubbidisce per ogni fibra e ad ogni lato alle labbra asserragliate della luna.

*

La fuga

Il riflesso della luna
è smosso dal flusso del fiume,
scalfito da acini di pioggia.
Pioggia, che scende sulle case,
incanalata in grondaie ossidate.
Vapore e nebbia. Qua e là indistintamente
calano grumi di lumi sul corpo della linfa,
sulle dita adunche dei rami.
È l’ora in cui gli insetti intravedono
in un’angusta fessura e gli uomini
in una scia d’aereo la fuga. È l’ora
in cui cresce la ferita di una ruga,
immaginando cento mondi di idee,
mille amori finiti nel dimenticatoio
a onde di generazioni susseguitesi
tra loro.

*

Parmenide

La mente spesso porta a pensare
a ciò che non è. Così sosteneva
Parmenide
nei suoi ventuno frammenti geniali
ed appena letti, pensavo che forse
non esiste un prima ed un dopo,
un inizio e una fine, ma tutto
è Essere, anche se poi non tutto
l’Essere è rischiarato dalla vita.

*

Pezzo dopo pezzo

Tra l’incudine e il martello, tra l’ozio irrorato ed un torello vengono ricostruite pezzo dopo pezzo le giunture e le cartilagini della dialettica padrone-servo. I cardini dell’ordine costituito non contemplano le contingenze e le concause. Sentinelle sempre vigili, accorte, non sanno delle tue emicranie e del male votato a cancellare da sempre la costanza della gioia.

14 COMMENTS

  1. Amo Inafferrabile; rilalaccia a un ricordo d’infanzia, il giardino delle lucertole, di fuga, oggetto di meraviglia, ma anche di paura nella sembianza del serpente.
    La fuga dei versi è bella, corsa verso una fessura.
    Poesia dell”inafferrabile, la mano del poeta si sporge.

    Grazie Andrea.

  2. “Nato nel 1972 a Pontedera. Mi sono laureato a Padova in psicologia con una tesi sul mobbing. Sono un commerciante. Alcuni miei componimenti sono comparsi su “Poesia da fare”, “La clessidra”, “Nugae”, “Il convivio”, “L’osservatorio letterario”. Un mio testo è stato selezionato per “Il segreto delle fragole 2009”(poetico diario della casa editrice LietoColle).”

  3. Un poeta che avevo già letto e apprezzato in precedenza (incluso tra l’altro nell’antologia “La ricognizione del dolore” curata da Pietro Pancamo), e che qui dimostra a mio modesto avviso una maturità nonché uno stile inconfondibili. Complimenti vivissimi all’autore! una scrittura che amo. Un ottimo inizio di giornata per il sottoscritto.

  4. belle davvero.
    I versi scorrono uno dietro l’altro senza esitazione, accompagnano il pensiero guidato dal senso della vista che ritorna indagatore in ogni angolo da esplorare nelle luci e nelle ombre, in tutte le sue sfaccettature.
    Una poesia che analizza gli stati d’animo attraverso i mutamenti delle cose e degli oggetti nelle ore e nel tempo, guardando “di sbieco” un muro o il “guizzo di una lucertola” fino al suo scomparire al tramonto, mentre la pioggia disseta un usignolo chiuso nella gabbia degli appuntamenti e nella solitudine del quotidiano andare di una donna con i suoi inafferrabili segreti chiusi nei pacchi della spesa e nel monotono del ripetersi uguale dei giorni, oltre la pioggia o il sole e le stagioni, fino al denudarsi nelle fenditure dei riverberi della luna tra le “dita adunche” degli alberi o dentro una scia nel cielo che porti chissà dove a dimenticare il tempo e le proprie rughe colme di ricordi ed idee finite nei solchi degli amori passati che hanno inciso il loro passo sul volto o sulle mani.
    E la consapevolezza d’essere un insieme permanente tra passato e presente che si osserva nel suo vivere, mentre chiusi nel banale e misero ruolo si addita l’altro nel gioco delle parti che costringono l’uomo ad annientarsi in “compito” o “dovere” perdendo coscienza della sua umanità rivestita da un’uniforme di servizio che oscura la vista oltre l’apparire e non lascia cogliere il dolore del respiro dell’altro nel pulsare delle tempie in assenza di gioia come di speranza.

  5. INAFFERRABILE:
    l’inizio è farraginoso, spiega e descrive troppo, si mostra troppo; da “forse è sgusciata” in poi invece la poesia precipita bene, diviene fluida, le parole chiamano le parole, e non una sillaba appare forzata.
    UN AMARO SORTEGGIO:
    il brano migliore, per me. Mi rammenta – con tutte le infinite cautele del caso – alcuni ritmi delle ILLUMINAZIONI di Rimbaud, specie per una sorta di tremenda gratuità, d’irreparabilità passiva che sfolgora in bagliore estetico improvviso e inaspettato; è un brano che non pretende altro che se stesso, che non vuole indottrinare, né compiacersi, nè mostrare: esso è.
    LA FUGA:
    anche qua seconda parte meglio della prima, con un ritmo più naturale; le immagini usate, però, non mi sembrano molto originali; forse si potrebbe lavorar di lima.
    PARMENIDE:
    l’avrei iniziata (naturalmente è un’intrusione che resta come innocuo parere personalissimo) con il “pensavo che forse” del quinto rigo; avrebbe assunto un tono più misterioso e più stimolante, giacché torna il difetto di spiegare troppo.
    PEZZO DOPO PEZZO:
    meno bello dell’altro pezzo in prosa poetica, comunque mi conferma nell’impressione – asolutamente, qui, affrettata – che proprio la prosa poetica sia la forma più congenita all’autore; fatto non trascurabile, in quanto trattasi d’una espressione rara, difficile, con pochi grandi esponenti in Italia e non soltanto. Anche qui, un’affannata fatalità, resa impeccabilmente, asciuttamente eppure con lirismo.

  6. Bah… Io non ci trovo proprio neiente di eccezionale. Mi pare tutto già così stantio, così modulare. Soprattutto nelle poesie, manca la poesia. Ok, sono ben scritte, scorrono, ma chi se ne frega? Dove è la potenza? la passione? dove è la sofferenza? Io mi aspetto da un ragazzo nato nei ’70 più originalità, modernità, indomabilità.
    Ho trovato più potente la minirecensione di Lucifero dei testi stessi recensiti.
    Massimiliano.

  7. Vi ringrazio per i vostri commenti. In realtà i miei sono solo versicoli. Forse non hanno alcun valore letterario. Hanno comunque valore- almeno per me- perché sono testimonianza umana di alcuni frammenti d’esistenza, di alcune epifanie rintuzzate che talvolta vivo. Niente di più. Forse non c’è niente di originale. I miei versicoli non sono certamente degli endecasillabi con gli accenti tonici al posto giusto. E forse Frost aveva ragione quando dichiarò che scrivere versi liberi è come giocare a tennis senza rete. Ci sono ancora molte persone che legittimamente la pensano in questo modo. Non mi ritengo promettente. Ci sono autori molto(molto, molto, molto) più promettenti di me. Inoltre non credo che in Italia ci possa essere molto spazio per la prosa poetica per quanto il ‘900 sia stato un secolo contrassegnato da molti ismi letterari e da grandi sperimentazioni. Ed il problema maggiore di questi tempi è che per valutare un’opera letteraria non esistono criteri statici come nel’700 o nell’800. Ma questa forse è anche una grande possibilità per tutti. Compreso me naturalmente. Forse la mia vera dimensione sarebbe la prosa. Forse il racconto breve. Ma finirei per raccontare malamente le cose che non vanno in Italia. Ed io lo ammetto sono uno che ha paura. Sono un vigliacco, che invidia il coraggio di alcuni scrittori. E poi sono già leggermente paranoico di mio. Finirà quindi che smetterò di scrivere oppure che scriverò delle fiabe per bambini. Ringrazio “Nazione Indiana” per aver pubblicato questi miei scritti. Sono molto contento. Ringrazio anche Michele Nigro, che a suo tempo pubblicò tutte le mie prose poetiche sulla sua rivista “Nugae”.

  8. Concordo con Diamante ed Emmebì, ed è per questo che l’avevo trovato “promettente”. Può migliorare. Sic dixit Prof. Lambertibocconi.

  9. Caro Davide,
    se Lucifero scrivesse per piacere a tutti avrebbe smesso già da tempo… lei deve scrivere perchè lo sente, perchè le piace e lo sa fare.
    se poi venderà libri o accumulerà fogli nei cassetti come salami in stagionatura, che le frega?
    lei scriva…
    ah … una cosa, Lucifero non vale che poco più di niente, ma se si spende in un commento è perchè il testo letto lo ha toccato ed è un lettore, uno tra tanti.

    buona giornata ed a presto rileggerla.

  10. Perché non si ritiene “promettente”? Non è mica un insulto, anzi! Per come la intendo io, uno promettente è uno bravo con buoni margini di esserlo sempre di più.

  11. Davide, che sei matto? Che aspetti? Scrivi delle tue paranoie, niente di meglio. Anzi sì, scrivi delle tue paranoie nelle fiabe per bambini. Cosa vuol dire “Smetterò di scrivere”? E cosa vuol dire “Sono uno che ha paura”? Scrivi, leggi e scrivi e non fare il frignone, chè mi sembra di aver capito che il gran dono dell’onestà non ti manca.
    Massimiliano.

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