da “Le qualità”
di Biagio Cepollaro
(work in progress, 2007- )
8.
talvolta nella doccia l’acqua
scorre con una piccola
promessa di rinnovamento.
l’occhiata verso il corpo
in verticale
a scorgere il trattamento
del tempo sui muscoli sulle giunture
in verticale
una veloce ricognizione
dell’usura
non devo più fare
niente. è piuttosto richiesto
un leggero aggiustamento
per la stagione
un potare di pensieri fino
all’arte del profumo
acuendo
in unica nota una musica
troppo discorde
finché con chiarezza risuoni
dalla parte che non si vede
10.
la maglia tiene caldo eppure
non ne basta una a far pensare
ad altro
per strada si lamentano
come se il freddo fosse
risalito alla superficie
delle mani dopo esser stato
affondato col peso
d’un sasso.
la mano che si screpola
sposa gli occhi allarmati
ma né la maglia più
pesante né il cerchio
che riporterà l’estate
persuade.
12.
così debole che di per sé
la pioggia non farebbe rumore
se non fosse per le auto
che la pressano e la moltiplicano
in microscopiche cascate
all’incontrario
tra il primo suono indistinto
e il chiaro clamore che subito
torna all’indistinto ricade
una calda coperta
di silenzio
questo ritmo feroce di metallo
e acqua che sembra non finire mai
sta diventando una nenia una ninna-nanna:
il corpo si stende e si ferma
non sa che fare: attendere
qualcosa oppure tagliar
corto ed uscire
(o se visto
dalla parte della pioggia
entrare)
14.
qualcosa di non toccato
pur con la pelle che si scava
è come se andando avanti
nella storia a disfarsi
fosse proprio la storia
non saprei come chiamare
questo sorriso che mi si apre
per la luce fredda che stamani
nessuno qui si aspettava
in lei si scioglie ogni cosa
come se il passato fosse davvero
passato e nella piazza
il futuro è liquefatto
e placido nel lago
che non c’è
Qualità 15
ci deve essere un pozzo
da qualche parte
un buco
da cui spariscono i giorni
e le esperienze
certo è che ci si ritrova
ogni volta nella stessa
scena: quello che dentro
si vede più o meno
denso più o meno
vuoto
e ciò che è dietro
che non si vede
che resta inalterato
e cambia
solo di colore e di sapore
di nuovo c’è
che proprio in quel punto
si apre un sorriso
senza motivo
che è come se dicesse
che nulla di ciò
che accade da questa
parte che è la nostra
lo potrà colmare
e che le cose stanno
proprio all’incontrario: che ciò
che si fa trova origine
e fiato proprio da quel sorriso
senza motivo
come un buco.
11.
un’altra volta forse si prenderà
le mosse da un punto più
alto
fin qui è stato risalire a colpi
d’orgoglio confuso con l’idea
da proporre
quella volta non ci sarà bisogno
di voltarsi indietro e nemmeno
di guardare troppo avanti
ciò che ci sarà –la cura
nel fare, l’intuizione
del propizio, l’abbraccio
o la parola secca- basteranno
e basterà la pioggia se pioverà
e il sole se farà caldo
la strada deserta o il rombo
della gomma sull’asfalto
Nota
La numerazione dei testi è provvisoria
*
[L’immagine è di Biagio Cepollaro, Squadernare, 2009; dipinto su due tavole, cm 120 x 120. Tecnica mista]
mmmmmèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè!
effeffe
La 11., grazie, che condensa diritta e piana, V.
Non per tornare su una vecchia diatriba, ma queste poesie sono testi di rara bellezza, prodotto di un lavoro poetico autentico e non di un esercizio letterario.
giù il cappello!
c.
Prima lettura.
Mi fermo, dico: “belle”!
Devo rielaborarle: “perché mi sono belle”?
Rileggo, stavolta verso per verso, piano, avendo cura di dar senso alla voce, lentamente:
“talvolta nella doccia l’acqua
scorre con una piccola
promessa di rinnovamento.”
“Una piccola promessa di rinnovamento” portata dall’acqua scrosciante d’una doccia: talmente comune e vera questa sensazione da essere geniale l’averne fatto dei versi.
” talvolta nella doccia l’acqua”: il ritmo è morbido come la sensazione stessa dell’acqua sulla pelle. Sì, perfetti questi versi.
dunque continuo:
“l’occhiata verso il corpo
in verticale
a scorgere il trattamento
del tempo sui muscoli sulle giunture
in verticale
una veloce ricognizione
dell’usura”
eh … l’usura in verticale evidenziata nei suoi segni sulla muscolatura dai lucidi e riflettenti rivoli dell’acqua!
Acqua non quale banale segno di purezza e trasparenza ma “cartina di tornasole” per misurare con schiettezza la verticalità del tempo nel suo “scorrere” e transitare in un segno in più tra le giunture.
Bene!
Dunque m’è piaciuta perché schietta, descrittiva, così perfetta da farmi sentire ogni singola sensazione tra la pupilla e la mia verticale nudità? E allora, la poesia è questo?
Questo chimico com-penetrarsi in sensazioni comuni, talmente comuni da dimenticare l’autore appropriandosi delle sue “visioni”?
Sì, – mi dico – per me è anche questo, o forse, molto più questo che tanto altro “rimestaggio” tecnico o d’ostentata originalità. Laddove la doccia della pioggia non è banalmente definita “fredda”, dove sostantivi come “cenerentole” o “barboncini”, o dubbiosamente originali aggettivi come “crepuscolare”, “nebbioso”, “lunare”, … non vadano ad inquinare ed appesantire l’essenziale lasciandolo scorrere acqua negli occhi e sangue nella carne, lì – a mio gusto – si muove poesia.
“la maglia tiene caldo eppure
non ne basta una a far pensare
ad altro
per strada si lamentano
come se il freddo fosse
risalito alla superficie
delle mani dopo esser stato
affondato col peso
d’un sasso.”
Il pensiero, il pensiero: niente di più galleggiante, bastasse un sasso a trascinarlo giù nello stagno! Bastassero due o più maglie a cancellarne il freddo graffio!
“così debole che di per sé
la pioggia non farebbe rumore
se non fosse per le auto
che la pressano e la moltiplicano
in microscopiche cascate
all’incontrario”
Di per sé non farebbe rumore, già! Non lo farebbe.
Non fosse per quel via vai scomposto di metallo che ne sconvolge il naturale corso nelle pozzanghere infangate … Ed è allora che con poche parole si filma un’intera ripresa che scorre sotto gli occhi e mi fa dire: caspita! è vera! E ad essa inizio ad associare il mio grigio di stagione, la sensazione d’umido e l’indugiare prima di partire per il mio quotidiano trantran mentre mi ripeto: “di per sé non farebbe rumore” …
“ci deve essere un pozzo
da qualche parte
un buco
da cui spariscono i giorni
e le esperienze”
Un cono con una piccola uscita … eh … del resto è così che comincia la vita, ci sarà certo un imbuto, un altro buco che risucchia tutto quanto in un’altra sfera dimensionale e che cancella i ricordi come il primo vagito, per ritrovarmi impantanata sempre negli stessi errori: tanto niente si impara veramente, ma il sorriso mi è difesa innata.
Beh … mi sono spiegata il perché mi son piaciute, spero di non esser stata fuori luogo ed invadente.
n.c.
E’ un tipo di poesia, questo, che comporta oggi grossi rischi di omologazione. Moltissimi poeti adottano tale low profile. L’autore, mi sembra, sfugge al suddetto rischio imprimendo una propria originalità, una sua visione del mondo, cesellata ma coerente e dotata di luce. Mi ricorda, a echi, a rimandi remoti, TEMA DELL’ADDIO di De Angelis: una semplicità quotidiana dietro cui si apre di continuo il baratro dell’ignoto, con uno stile che si tiene prudente, levigato, accorto, controllato ma sul punto d’esplodere. Se non erro Cepollaro ha 50 anni: un’età in cui è ancora possibile osare di più, cosa che dal mio personalissimo punto di vista, date le qualità, egli potrebbe tentare. Per osare intendo una diminuzione di luoghi psicologici “rassicuranti” (mi riferisco soprattutto alla lirica 12, dove al mio orecchio non ha funzionato la commistione fra materia e metafisica), e un’indagine più serrata di quel che egli definisce il lago che non c’è, il buco, qualcosa che entra dalla parte della pioggia, ecc. ecc.. In definitiva, un confronto più inesausto con l’ombra.
e sotto quest’acqua fine fine
da cento vetrine di una doccia capitata a caso
tra la strada e la tua bocca
lì dove la parola s’è fermata prima
prima ancora d’essere
detta
una legge e una lettura m’è stata risparmiata.
Io l’altro il diverso
quello che si guarda mentre scorre sotto l’acqua del bagno
giornaliero lusso pagato a caro prezzo per chi di acqua
non ne ha neanche da bere
nemmeno un sorso per un bicchiere al giorno.
Io che mi conto i segni di una vita e guardo il cretto del mio corpo vivo
io trasmigro
sotto una cascata di vecchie operazioni
ludiche ragioni di un passato superato.
Io sto qua senza sapermi più
senza trovare una parola vera una sillaba sincera
che mi canti chiara dentro il battito del cuore.
Un saluto a Biagio,ferni f.
Cepollaro, scusa, e datti una mossa, no? Hai cinquant’anni (a proposito: auguri!!!), e dopo aver attraversato tutto lo sperimentabile e l’esperibile nel campo della ricerca poetica degli ultimi tre decenni, beh… è proprio giunta l’ora che tu osi di più. Su, cosa aspetti??? Muoversi, muoversi… Non sarai mica esausto, per caso?
Ah, dimenticavo:
mmmmmèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè
Ringrazio chi ha commentato fin qui ed Andrea che ha postato. Ringrazio anche per gli auguri per il compleanno mentre mi appresto in qualche modo a festeggiare… Buona giornata a tutti, Biagio Cepollaro
I versi sono musica dolce, liquida, verticale,
E’ la stessa impressione che ho sotto la doccia,
desiderio di rinnovamenta,
di pulire la macchia di una giornata,
di riprendere verginità,
con lo sguardo verticale di ricognizione
dell’usura,
leggere poesia in armonia
con impressione,
la pioggia è di dolore,
acqua scrittura,
squadermare per l’onda della scrittura,
navi gialli e rossi.
@baudo
Chi non osa, in arte, è finito. Anche se ha osato già molto, quando smette di osare, smette di fare arte; a qualunque età. Istruttiva, al proposito, L’ESTETICA DEL SILENZIO, saggio breve ma denso incluso in STILI DI VOLONTA’ RADICALE di Susan Sontag. Le consiglio di leggerlo bene, dottore.
intanto 100 di questi 50 anni a biagio. e complimenti, sempre avanti