Entuziazm – Simfonija Donbassa
di Rinaldo Censi
Un po’ di storia, per cominciare. Jay Leyda, autore di una cruciale Storia del cinema russo e sovietico, riporta questo ricordo del cineasta inglese Thorold Dickinson, presente il 15 novembre del 1931 alla proiezione londinese di Entuziazm (Simfonija Donbassa) di Dziga Vertov, suo primo film sonoro: «Quando Vertov si recò alla presentazione del suo primo film sonoro, Entusiasmo, alla Film Society di Londra il 15 novembre 1931, insistette per controllare la proiezione del sonoro. Durante la prova lo tenne a un livello normale, ma allo spettacolo, avendo vicino il direttore del suono del cinema Tivoli e un funzionario della Società, alzò il volume a vertici che toccavano la soglia del dolore. Pregato di desistere, rifiutò e finì la serata combattendo per il possesso dello strumento di controllo, mentre l’edificio sembrava tremare per il diluvio di rumori provenienti dallo schermo». (Leyda, pp. 427-28)
Siamo in pieno sviluppo del cinema sonoro. Nell’ottobre del 1927 a New York viene presentato The Jazz Singer. Nel 1928, la Fox compra un nuovo brevetto, il Movietone. Insomma, il sonoro fa i suoi primi passi (anche se i film non sono in realtà stati mai “muti”: accompagnamenti, orchestre, partiture, imbonitori, pianole meccaniche accompagnavano le proiezioni). In Europa e in Russia giunge l’onda lunga di questa nuova tecnica. In Unione Sovietica il piano quinquennale propugnato da Lenin nel 1927 ha le sue ripercussioni anche sull’industria cinematografica: lo sviluppo di una tecnica sonora rientra in questo stesso progetto.
Nel 1931 Majakovskij si è già sparato, Eisenstein è in Messico, ma nel 1928 – in agosto – pubblica a sei mani con Aleksandrov e Pudovkin un testo: Il futuro del sonoro. La loro posizione è chiara e profetica: «La registrazione del suono è un’invenzione a doppio taglio, ed è sommamente probabile che si procederà ad usarla secondo la linea di minor resistenza, vale a dire secondo il principio di soddisfare la semplice curiosità. Come prima cosa vi sarà uno sfruttamento commerciale della merce più richiesta, i film parlati. Quelli nei quali la registrazione del suono procederà su un livello naturalistico, esattamente corrispondente al movimento sullo schermo, e in grado di fornire una certa “illusione” di gente che parla, di oggetti che fanno rumore, ecc.
Un primo periodo di grande curiosità non pregiudica lo sviluppo di un’arte nuova, ma in questo caso sarà il secondo periodo a presentare dei pericoli, quel secondo periodo che comincerà quando andrà svanendo la chiara percezione delle nuove possibilità tecniche e si giungerà all’automatica utilizzazione dell’invenzione per “drammi altamente culturali” e per altri spettacoli fotografati di derivazione teatrale». (Leyda, pp. 422-23)
Non si può dire che i tre non abbiano colto nel segno. Ciò che all’epoca si impone è proprio la dimensione “teatrale” da studio di posa, drammi altamente culturali, ovviamente. Molte commedie. Un po’ di canzoncine. Ma provate a estendere la questione alla povertà sonora della maggior parte dei film contemporanei, sommersi da effetti Dolby: esplosioni, detonazioni, sgommate di automobili, zuppa musicale. Non è detto che, dal momento che un film sia fornito di una colonna sonora, questa colonna possa evocare qualcosa. Oggi, nella maggior parte dei casi resta muta. Sono suoni posticci. Nulla a che vedere con ciò che proponevano Eisenstein e compagnia; nulla a che vedere con questo film di Dziga Vertov.
L’Österreichisches Filmmuseum di Vienna inaugura una nuova e fiammante collana di Dvd proprio con questo film di Vertov, conservato nei loro archivi filmici. E se abbiamo rubato spazio alla disamina del Dvd in questione con alcune notazioni storiche la motivazione è presto detta: questa edizione di Entuziazm (Simfonija Donbassa) è motivata esplicitamente da questioni che pertengono appunto alla colonna sonora del film. Non si tratta dunque di un vero e proprio restauro, quanto di una ri-sincronizzazione, operata dell’ex direttore e fondatore dello stesso Filmmuseum, Peter Kubelka.
Per chi non ne fosse informato, Peter Kubelka non è stato solo uno dei più autorevoli direttori di cineteca, ma è tutt’ora uno dei più importanti filmmaker in circolazione. Maestro d’arte culinaria, pure. Sodale, in terra americana, di Jonas Mekas, egli è colui che ha reso il Filmmuseum di Vienna una vera e propria miniera di film underground, soprattutto americani e naturalmente austriaci. Il nuovo direttore del Filmmuseum, Alexander Horvath (cinefilo accanito) continua ora nella linea del suo predecessore: la programmazione cinematografica del Filmmuseum è il sogno di qualunque appassionato di cinema.
Ma torniamo al Dvd: due dischi. Nel primo, le due versioni del film di Vertov: la prima, restaurata (ri-sincronizzata) da Kubelka, la seconda, non restaurata (non sincronizzata). Nel secondo Dvd troviamo Peter Kubelka: Restoring Entuziazm, più due documenti (1. Vertov filmato di persona, 2. Vertov exhibition: documento relativo all’apertura, nel 1974, di una mostra Vertov presso l’Österreichisches Filmmuseum). Peter Kubelka: Restoring Entuziazm è una lezione in cui lo stesso Kubelka mostra, con l’aiuto di una moviola anteguerra (una Prevost, la stessa su cui ha sincronizzato il film), i motivi, le sfasature sonore, i ritardi o gli anticipi del suono rispetto all’immagine, alternando le due versioni del film. (Lezione di cose: ecco come si conserva un film; ed ecco come lo si sincronizza: ecco come una colonna immagine si accompagna ad una sonora…) Un documento importante, insomma. John MacKay, professore alla Yale University, ricorda, nelle note interne alla confezione come, per lo stesso Vertov, il film “fosse ricoperto di ferite”. Lacerazioni dunque. Legate forse al taglia e cuci sul metraggio originale del film; certamente legate alla cattiva sincronizzazione del suono. Ferite che il tempo e la cattiva gestione delle bobine della pellicola hanno accentuato.
Kubelka riceve negli anni ’70 una copia del film dal Gosfilmfond. La visione del film, il suo attento studio, lo porta a scrivere una lettera ai conservatori in cui segnala alcune perplessità rispetto alla colonna sonora. Il Gosfilmfond risponde che quella è la copia, quello l’esatto montaggio. Non convinto, Kubelka fatica a digerire la risposta: decide operare una ri-sincronizzare del film. Chi, meglio di un cineasta che fonda la sua idea di cinema “metrico”, non a partire dall’inquadratura, ma dal singolo fotogramma, può operare quella che potremmo definire una rilettura critica del film? La fedeltà alla perfetta sincronizzazione tra immagine e suono, presente in ogni singolo fotogramma dei suoi film (da Arnulf Reiner, attraverso Unser Afrikareise, fino a Dichtung und Wahrheit), il lavoro certosino, simile a quello di un amanuense medievale, è quella che potremmo definire una indiscutibile carta da visita. In questo film, dalla dimensione sonora è così articolata (una sorta di arte della fuga in immagini e suoni), Kubelka sospetta che qualcosa non stia al suo posto, non combaci. Da qui la ri-sincronizzazione.
Gli esempi riportati nel documentario sono assolutamente istruttivi, evidenti. La potenza del film ne esce decuplicata. Venti fotogrammi bastano a deviare il senso di un’immagine e di un suono (si veda l’inquadratura di un simbolo religioso a contatto col suono di una campana, all’inizio del film). Oppure il criticato inserimento di settecento fotogrammi neri nel punto in cui, quella che Vertov chiamerebbe “ferita”, appare con chiarezza: si tratta del punto di incandescenza che fa esplodere il suono diretto del lavoro degli operai nella fonderia e nella miniera di carbone, rendendolo una sinfonia di energia, “entusiasmo”, in grado di smuovere le masse, in vista del raggiungimento dell’obiettivo previsto dal piano quinquennale. Un pesante martello si abbatte sul terreno, in sequenze sempre più ravvicinate, mentre una voce incita i nuovi eroi della Rivoluzione. La forza lavoro, l’elettricità, il fuoco, il vapore: infine, ogni immagine e ogni suono ritrovano qui il loro giusto posto. E i settecento fotogrammi neri? Se ci rifacessimo al restauro d’arte (Brandi), segnalano una lacuna nel corpo del film: un’immagine che manca, un’interruzione. Nel nero dei fotogrammi udiamo il fischio e il passo rapido di una locomotiva: ma l’immagine manca. L’interrogativo sta dunque tutto in quei settecento e rotti fotogrammi neri. Ecco una questione che ci affascina.
Entuziazm – Simfonija Donbassa (Dziga Vertov)
Ed: Österreichisches Filmmuseum (Wien). Euro 29,90.
Sottotitoli: tedesco, inglese
[Il testo è apparso sul n. 459 di Cineforum (2006)]
Gran bel pezzo, che ci riporta su uno dei maghi dell’ arte cinematografica e delle possibilità estetiche del mezzo: Dziga Vertov che, con pochissima tecnologia a disposizione, ha fatto cose straoRdinariamente futuribili. (a proposito di genialità, cfr So long Jacho) .meriterebbe molti commenti.un grazie e Censi e a Pinto.