due passi ( fare )
Mario
Primo passo
“Signorina R, stiamo arrivando“.
Mi comunicano da un luogo lontano. Per farlo usano il telefono che non ha la spina nel muro.
Risperdal®
E’ indicato nel trattamento delle psicosi schizofreniche acute e croniche.
Somministrazione giornaliera: 0,5 mg.
Tempo: Passaggi del Sole sul meridiano.
Luogo e tempo: Dormo nel letto di una stanza chiusa a chiave, con le mani legate da fodere di cuscini bianchi. Ai piedi del mio letto un tavolino: regge un televisore che trasmette l’immagine fissa di un mezzobusto in camice bianco. La tv pare un teatrino, lui un burattino senza anima, io un corpo mal-animato e senza mani.
“Non siate spettatori della vostra vita: seguite le cure del personale curante. Non siate spettatori della vostra vita…” ripete lui sempre uguale, ricorda una centrifuga di lavatrice.
“Sta buono tu, che sei rinchiuso in quella scatola parlante!”– grido io.
Tempo futuro:
Dalla brochure di accoglienza del centro salute mentale “Il girasole”:
-Riceverete oltre a questo opuscolo anche l’informazione sul diritto di ricorso e i nostri numeri di telefono.
Gaja
Secondo passo.
“Non trattarmi male: io ti seguirò sempre, sono con te, non ti lascerò. Non sarai mai sola. Riempiti gli occhi di me. Mi vedi? Guardami. Cos’è la libertà? È stare chiusi in una scatola. La libertà è confine. Cos’è la libertà? La libertà è limite. È assenza di pensieri. Tu non devi scegliere. Pensiamo a tutto noi. Questo è libertà. Assenza di pensieri”.
Luogo e tempo: dal letto della mia stanza chiusa a chiave osservo il mezzobusto in camice bianco che sorride. È un sorriso rassicurante. Non rispondo più e ascolto.
“Guardami. È bello stare rinchiusi. Fare significa sbagliare. Muoversi significa pensare. La libertà è assenza di pensieri. Io sono felice di stare qui dentro. Fuori è la terra del forse. Resta con me. Qui non ci sono incertezze. Qui c’è il sempre e il mai. Fuori è paura. Dentro è difesa”.
Continuo a guardarlo.
una tristezza desolante, conosco quelle corsie, i ricoveri coatti, i carabinieri e poi quelle stanze fredde, le flebo che lentamente ghiacciavano la coscienza e l’arbitrio
ero una spettatrice adolescente
ricorderò per sempre.
grazie Mario e Gaja.
la poesia? la letteratura? … e la vita, cruda: un grido spento.
n.
gaja, con me hai scritto a 4 mani. con mario a 4 piedi (nel senso dei passi, ci mancherebbe). col prossimo scriverai a 2 nasi? ok, basta con le fregnacce. complimenti a entrambi, pezzo pregevole
“La libertà è assenza di pensieri.”
Chissà…
Un saluto a entrambi.
In una stanza chiusa,
clinica mentale,
dove non si vede il cielo
due voci dialogono tra i pareti
due voci che attraversano
la posizione dell’infermo
per unirsi
e le scarpe
sono scacciate
sotto il letto
in un griggio di tempo
in attesa.
La poesia trafigge la mente
affidata al sonno farmaco.
Crudele tango
per chi ha perso
l’idea stessa di danzare.
Quante palle pseudoletterarie. La prima parte almeno ha una certo sviluppo nella sua banalità ma la seconda è il tipico lialismo bloghettaro che Tiziano
Scarpa tanto acutamente identificò.
https://www.nazioneindiana.com/2003/06/16/bloggers-siete-peggio-di-liala/
Nota a margine del commentatore anonimo madness
qui potete trovare l’originale effeffe
madness: concordo punto per punto su quanto ha scritto tiziano scarpa. detto ciò, non mi sento e non sono una blogger di quel tipo. peraltro non confuto i tuoi giudizi di valore, sei liberissimo/a di pensarla come vuoi.
caro/a
madness,
chiunque tu sia abbi il coraggio di firmarti.
sei libero/a di commentare qualsiasi cosa…
libero/a di aggiungere la tua idea in ogni spazio…
nazione indiana garantisce libertà di replica a tutti: però, ripeto, mettici la faccia. noi la firma l’abbiamo messa.
grazie.
certo che questi anonimi sono una vera piaga della rete…
chissà cosa si prova a far sapere qualcosa che poi non può essere attribuita a chi la dice… boh!
Il racconto mi è piaciuto, proprio perché conosco, ahimé, le circostanze.
la scrittura fluida e coinvolgente.
ps. non per esperienza diretta, per fortuna, ma per conoscenza.
Il tuo nome Schiavone per me è più anonimo e sconosciuto di un nick.
Qui tutti commentano con i nick.
Legi la netiquette del sito.
Liala era quasi un complimento.
Non si può dire che il vostro sconclusionato duetto non piace?
Però si può fare cattiva prosa su un tema serio e drammatico.
Chi ve lo dice che la libertà è assenza di pensieri e soprattutto che chi sta in un reparto psichiatrico pensa queste cretinate?
Se non accettate le critiche ciao.
nulla di eccepibile, madness, tranne due tre piccoli dettagli.
il primo è che se un nome è anonimo per te non è detto che lo sia per tutti. Una lettera anonima come gli alcolisti del resto presuppongono una strategia, una scelta. Va bene per i nick, ci mancherebbe altro e come tu dici molti commentatori di NI si firmano con il nome di alter ego. dire che però un nome vale l’altro cioè nulla mi sembra una grande cazzata. io sono francesco forlani, tu chi sei? a meno che le tue bollette della luce non siano intestate a i Madness. Che problema c’è a dirlo, in fin dei conti la tua è una critica come un’altra no, ci sta tutta, però così, a gamba tesa, non lo so, fa tu, comunque tranquillo fratello!
effeffe
effeffe
Io lo so per esperienza diretta invece.
Gli scrittorelli che si appollaiano come avvoltoi sulle disgrazie con le loro paroline mediocri mi fanno arrabbiare.
I Madness ci stanno proprio bene dopo tutta questa melassa.
Gli scrittorelli che si appollaiano come avvoltoi scrivi tu nel tuo commento
perché insulti mario e gaja,
forse ti brucia vederli danzare?
ok, mandami un passo via mail
magari è gran letteratura
o almeno all’altezza des mots dansants che si sono letti finora, ti faccio io da cavaliere, uomo o donna che tu sia.
tutto questo a una sola condizione:
che chiedi scusa!
effeffe
ps
communistedandy@gmail.com
Non scrivo e l’idea che abbia criticato per gelosia mi fa davvero ridere.
Io queste cose le ho vissute sulla mia pelle e sono ancora a nervi scoperti,
Se ho offeso me ne scuso ma senza premio di pubblicazione.
Tolgo il disturbo.
Cancellate pure tutto quel che ho scritto.
sai, Madness, sono racconti, due brevi racconti che danzano due diversi momenti di delirio, frammenti
anche io conosco quella realtà, potrei scriverne pagine e pagine e non lo faccio proprio perchè fa male
La libertà non è assenza di pensiero, ma libertò di pensiero
tuttavia quello che qui vuol dire l’espressione da Mario e Gaja usata, è che a volte – interpreto scusatemi – ci si vorrebbe liberare del proprio pensiero per un po’ di pace, come per volare liberi di osservare senza sentire
la mia esperienza per interposta persona mi ha insegnato una cosa, che la malattia mentale devasta non solo chi la vive sulla propria pelle, ma anche e forse anche di più chi ti ama e ti sta accanto e soprattutto non ti dà alcura speranza di guarigione o cura – solo un addormentamento della coscienza personale, è non è vita, non c’è né libertà né dignità in questo
natàlia (il mio nome)
no madness, non era per sedare l’eventuale gelosia , né per soddisfare le tue ambizioni di scrittore, quanto quella (ambizione) , legittima di scrivere di quella esperienza altrimenti.Ricorda che ciascuno si combatte sulla propria pelle battaglie che magari a prima vista sembrano identiche – depressione, internamento psichiatrico, psicofarmaci – ma che uguali non lo sono. a ciascuno il suo, la sua border line, madness, e la strategia per non valicarla
effeffe
effeffe
@madness è tutta una questione di contenuti e forma, pare che un commento a favore, una critica positiva o anche costruttiva faccia tollerare di piu’ l’anonimato, quando il commento diventa schietto e viscerale e la critica è,magari, banalmente distruttiva si pretende la firma.. credo che scatti un meccanismo psicologico di autodifesa… soprattutto in chi si espone mettendo in gioco se stesso e la propria firma (per strategia e scelta).
..anche se lo trovo un meccanismo d’autodifesa comunque vano, visto che potrei firmarmi Pompilio Pollino, fare una critica distruttiva, ed essere in realtà Gaspare Gasparotti Coglionico ..
.. la firma mi pare una pretesa ingenua, soprattutto nell’ambiente virtuale per eccellenza, dove scegliere di utilizzare un nick e’ l’affermazione di voler entrare un una comunità ponendosi al pari degli altri..senza la propria storia.. senza affermazioni perentorie del proprio presunto blasone.
@Forlani.. hem..
“..dire che però un nome vale l’altro cioè nulla mi sembra una grande cazzata. ..”
Con questa affermazione ha dato del cazzaro shakespeare..°__°
^__^ non che madness.. lo sia..
a rose is a rose
effeffe
Io la firma ce la metto per intero, sempre. Capisco che si possano avere nervi scoperti su questo come su molti altri temi. Ma lo scopo della letteratura (senza L maiuscola, perché scrivere è letteratura anche se non ha la pretesa dell’eternità, e ci mancherebbe) è misurarsi con la vita in tutti i suoi aspetti. E l’abilità dello scrittore, noto o meno noto che sia, sta nel sapersi calare in panni che non gli appartengono. Un po’ come per gli attori: non tutti hanno frequentato l’actor studio e quindi non tutti sono arrivati agli estremi di farsi chiudere in galera per recitare la parte di un carcerato, ma se un attore (o uno scrittore) è bravo, è in grado di immaginare cosa e quanto si prova di fronte alla vita vissuta. In questo caso specifico, mi sembra che l’inedito duo abbia fatto del suo meglio. E questo pas-de-deux mi è piaciuto.
Qui tutti commentano con un nick,
non lo credo…
Effeffe ha avuto un’idea magnifica e generosa
di liberare la danza poetica, offrire un spazio di danza;
ciascuna ha il suo profumo, il suo desiderio,
il suo canto, il suo dolore, la sua speranza…
Natàlia e Effeffe ti hanno risposto Madness
con una parola vera e hanno detto
quello che non posso dire.
Mario e Gajà nella lingua amara
della solitudine mentale
hanno fatto un dono
splendide, perché nudo,
senza pretesa.
ma scrivere non è dare una risposta ai non so? esperimento libertà senza pretese di una verità presunta che primeggi sull’altra
ma perchè offendere? basterebbe la semplicità di dire a me non è piaciuto
senza deviare per l’ennesima volta da quello che un blog come nazione vuol fare dare comunque una voce una versione dei fatti
per cui grazie ancora a gaja mario effeffe e a tutti gli altri che attraverso le parole cercano una strada che non porti per forza ad un confine frontiera ma semplicemente al rispetto
c.
La faccenda della firma mi fa innervosire. Su NI sanno, dalla mia mail, il mio nome e cognome. Sanno che ho avuto uno scambio di vedute privato con Biondillo, insomma non mi pare che questo benedetto nick sia così determinante. O no? E’ più importante il nome o la risposta a una critica, seppure magari un po’ spinta?
devo dire una cosa. una volta per tutte: madness, fratello o sorella mia, ascoltami. te lo chiedo da essere umano. non da super-uomo o da nome ignoto che vagola nella rete.
Io ho un volto. Un’anima. E parlerò a te che sei come me. Carne viva che si rivolge a carne viva.
io, che ho scritto di malattia mentale, ho il “dispiacere” di poter dire la mia solo perchè conosco bene il problema. Lo conosco a fondo perchè ho visto-vissuto la malattia mentale di persone a me molto care, di gente che ha il mio stesso sangue… Io conosco la tristezza di una sigla come tso o la formula chimica di un antipsicotico potente come il risperidone.
Io conosco i centri d’igiene mentale italiani e i tristi manicomi svizzeri.
Le cure vere e quelle finte, i medici capaci e quelli che “vedremo cosa fare, per ora si limiti a seguire il suo familiare-paziente a distanza”
Leggo Tobino e provo rabbia. Leggo Basaglia e ne provo ancora di più. Perchè viviamo in un paese che dimentica i malati, li nasconde, li abbandona e finisce per cancellarli dalla vita pulita e ordinata di ogni giorno.
E ora basta, se non vuoi che io perda il mio lavoro a causa di un post come questo, ti invito ad accettare questa mia proposta: parlami. Ti ascolterò.
mi trovi a questo indirizzo mail: marioschiav@virgilio.it
stammi bene. e non mollare. la malattia, se lo vogliamo davvero, non vince mai.
Il tema affrontato da Gaja e Mario è coraggioso, per niente facile: molto, ma molto delicato. Semplificare emotivamente e letterariamente argomenti che riguardano ciascuno di noi – in punta di piedi -, è un passo lieve dei due autori. Non solo: c’è tanta umiltà e rispetto per chi vive questi disagi così terribili. Quasi un pudore che tende a far scomparire il proprio Io, per renderlo quasi filtro…
Siete stati bravi, invece, proprio per questo!
L’ha detto Francesco: una rosa è una rosa… Vi ringrazio per la difficile scelta.
Ogni Bene, ragazzi***
Ben vengano le dispute per i nomi o i nickname anche se la MORTE(?) DEL MAESTRO PIU’ ALTO DEL MONDO,diventa quasi un alibi da secondo piano.
Scusatemi, non desidero essere ferente.
Se CI SIAMO, con sdegno,amarezza e tutte le consapevolezze,esperienze ed emozioni va bene.
Significa adesione. Per Il maestro che non c’è più aggiungo una mia preghiera-laica s’intende,con dolore:-
\STRIZZA-CERVELLI/
DAVANTI AL SANTUARIO
IN CUI SOGNA UN POETA
CI SONO DEGLI STIVALI.
E SONO SPORCHI/
e SENZA MUSICA NEI TACCHI/
APPARTENGONO
AGLI PSICANALISTI
CHE/
SE LI SONO APPENA TOLTI.
Marlene
troppe volte lo spazio dei commenti è occupato da risposte a commentatori che nickiano rispetto a mettere il loro nome, cioè la loro faccia. un nick è cosa lecita, mentre non mi pare lecito trinciare giudizi stronkanti e metterci un nomignolo. se dico che un racconto, una poesia fa schifo (praticamente questo è quello che dice madness, a me se mi dicono liala capisco merda), devo essere riconoscibile.
comunque l’esperimento è bello, e per favore, madness, parliamo di scrittura, vuoi?
e parliamone solo bene: quando non va lasciamo stare, o cerchiamo di essere gentili, senza precipitarci a dire che una cosa è brutta e sa di questo e di quello, che poi la puzza di bruciato del commento si sente lontano un miglio. dopo, se sei gentile e parli con cognizione di causa e l’autore si arrabbia lo stesso e ti maltratta, beh, sono fatti suoi, la figura
pirlesca ce la fa lui, e può essere anche il più grande, per me è piccino.
parliamo di scrittura: a me la scrittura svuotata di questi due passi piace. sono per la scrittura che toglie, sempre. a maggior ragione meglio vuoti che pieni dove si suppone il pensiero della malattia mentale.
Conosco Mario da quasi due anni.
Abbiamo condiviso una fetta di vita universitaria, abbiamo riso col poco che avevamo e abbiamo vissuto come i re ubriachi di un’isola disabitata, padroni solo di noi stessi cioé del mondo intero.
Tutto questo prima di perderci di vista.
Ma l’affetto non vive negli occhi e, di più non posso dire, so che Mario conosce bene ciò di cui ha scritto.
A presto, Capitano.