Fine del ritorno (Lettere nomadi, Sez. IX)
di Luciano Neri
I.
Non pensano alla morte, essendo in rapporto solo con essa (Maurice Blanchot)
(…)
L’acqua del canale si fa grigiastra
Col temporale, arretra il non visibile
Con la sua lotta serrata. Non si può
Entrare cambiando il taglio alle parole
Esclusa è la presenza di chi non ha dolore
(…)
Anche se il dolore fosse di quelli senza
parola, fosse di quelli senza memoria
fosse un fuori in cui nessuno entra
a parte il testimone che ti protegge
fosse un’esausta prova di lampi
fosse un campo aperto minato
sul cammino di chi può dirsi
il non trovato presente, fosse anche
una bocca alla porta chiusa
di un mondo che ha deciso
e tutto il possibile negli occhi
improvvisamente un dono risparmiato
senza ritorno… – fosse questo
l’avvenire, il futuro, aprire
il cuore e guardare
(…)
È stata una scoperta
Quasi un miracolo
Il foglio trovato
Distrattamente unanime
Che parlava di arrivi
Pronto a indicare
Un luogo, un’immagine
(…)
Le distanze da superare sono corte
come le stagioni e nella folla hanno
quella voce sepolta che va messa
in un accordo di luce se uomini uguali
si guardassero per un istante
(…)
Ora è chiara la provenienza
da un porto inaccessibile
che dissipa memorie parole
per la sua lotta al nemico,
l’ora che sembrava astratta
ma che aveva un fondo
di barlume una piccola cicatrice
oscurata l’ora che girava quieta
e assente e non sembrava viva
se avvicinata
(…)
(la lettura della mano)
In un treno fumano uomini
e donne al finestrino e nel vano
vicino alla lettura della vita
l’opportunità della parola
non derisa è uno slargo per
resistenze a oltranza andando
a trovare la felicità perduta
il richiamo della voce quel
quadro-area che comanda il
corpo ad andare che governa
la mente e il respiro che governa
l’occhio disattento ma fermo
l’occhio della povertà sopravvivente
e del niente che sopravvive
(…)
A quella vista circolare
di fantasmi reali e di donne
alla pena dell’uomo smarrito
basta poco per vederli nelle ombre
dei loro risvegli e nel vano accanto
di uno spago tenuto nel tempo
e nello spazio da cui proviene
ogni corpo improvviso che l’occhio
al cuore lega e alla parola
(…)
II.
Lo scrittore, l’insonne di giorno (Maurice Blanchot)
(…)
Partire – ormai da anni accade – lasciare un paese
dopo che tante cose sono accadute dalla morte
di un paese stanco – ormai da anni – spartire voci
alla rinfusa alla cieca e corpi in pasto e una lingua
in pasto alle cento parole – o meno – impoverite –
perché il messaggio sia chiaro e senza equivoco
(…)
Partire senza corpo per un insieme di corpi scesi
dal bosco di notte ma con speranza perché l’occhio
si rimpasta di una forma se cambia volto e poi si muove
la realtà nell’occhio e va nei sensi e dai sensi il corpo
accento trae e aria aria e pura pazienza e la scrittura
si manifesta (a quel punto) e quasi mai non tradisce
(…)
(per un destinatario insonne conosciuto a Cankurtaran)
Una lettera ormai chiusa
e nei particolari memorizzata
ma scritta da una mano leggera
(avvicinandosi a una forma)
rende insondabile il suo gesto
e s’inoltra cieca alle distanze
a una bocca destinata
(dalla terrazza oltre il Bosforo)
e ancora prima che nella mente
è separata dal tempo
(…)
III.
può tornare in luoghi uguale transumante
mutare itinerario ripetere il giro della terra
torna verso la fine in un luogo stabilito
al principio (Antonio Porta)
(…)
Partire perché amici ti aspettano e perché il viaggio sia fatto
dopo averlo fatto e immaginato diverse volte uguale e sempre
diverso in ogni caso sul foglio per quanti imprevisti siano distanti
e vicini per ogni soggetto da contatto inoperoso argento mare
a due passi accampamento all’ombra e amicizia senza astuzia
e sopravvivenza di racconto ed esperimento d’amore la lingua usata
e secca e ritorno a casa libero e còndomini amici anziché belve pronte
ad attaccare voce e lingua a zittire con lo sguardo e la mente che serve
una lingua falsa e che ti lasci franco e non varato in realtà in un recinto
in un modo che tu veda amici come belve e non più come amici
(…)
(lettere per lettere)
Ho letto una pagina strappata alla distanza a un sogno senza notte
e la corrente arriva e la corrente cambia e più leggo più è folgorazione
ma non proiettile non giro armato per ogni incontro che va vissuto
in un viaggio, senza armi, come l’incontro atteso… –
ho letto P. e mi rinfranca con una lettera in fondo all’ombra
del desiderio il tempo esiste lo spazio anche e più spazio agisce
più tempo muta come dice A. senza destinazione senza destino
(…)
ma che bello cominciare la settimana con una così bella scrittura asciutta ed elegante, che comunica emozioni senza superfluo. Soprattutto I. e II. Grazie Inglès.
concordo con sparz, V.
qualche notizia in più su queste *lettere*? sono in fieri o già uscite ?
mi colpiscono dell’inglese le somiglianze tra
earth
e
heart
word
e
world
cuore/terra parole/mondo
e si possono anche ricombinare in italiano,
cuore/mondo parola/terra
(e per “mondo” intendo il vivente, umano e non umano, ma poi sempre umano perché vive nell’esperienza dell’uomo e si rimanifesta nella parola).
Noi stiamo vivendo il “mondo” anche con la parola e la parola e il corpo finiscono con il coincidere. Dice il Nuovo Testamento: In principio era la parola e la parola si è fatta carne (o corpo). (…)
Antonio Porta
Rosemary, aggiungo il notevole accostamento heart/hearth, cuore/ focolare, focolare simbolo della casa, suo vero cuore.