Cattivi maestri: Cornelius Castoriadis

mastro

Dichiarazione di Praga (15 Agosto 1997)
di
Cornelius Castoriadis
traduzione di Francesca Cadel
Rinascita democratica a livello mondiale o possibilità di un incubo disutopico.

Tra i temi da trattare gli organizzatori del nostro Forum hanno sapientemente incluso, anche se in modo auto-evidente, una discussione sulle armonie, disarmonie e tensioni‚ del mondo attuale. E vorrei precisare che la formulazione del nostro tema oggi implica che non tutto sia destinato a migliorare per noi nel migliore dei mondi possibili. In modo più specifico va sottolineato il fatto che non c’è‚ alcun elemento inerente alla “natura umana” che possa garantire un ininterrotto Progresso‚ morale. politico, spirituale. Lo stesso Progresso tecnico è notoriamente passato nel corso della storia attraverso periodi di stagnazione se non addirittura di regressione. Il mondo che abbiamo ereditato può essere definito dalla ricchissima varieta‚ e grande eterogeneità dei suoi punti di partenza (qui in parte rappresentati dai diversi partecipanti ) dall’enorme spinta verso l’omogeneizzazione iniziata con le origini dell’espansione europea a partire dalla fine del XV secolo ed entrata in una fase totalmente nuova con la fine della Seconda Guerra Mondiale e specialmente nel corso degli ultimi vent’ anni.

Nei cinque secoli che ci precedono questa espansione è stata quasi sempre di tipo coloniale o semi-coloniale, in forme diverse: di stanziamenti coloniali accompagnati da uno sterminio pressoche‚ totale degli abitanti precedenti (Nord America, Nuova Zelanda, Siberia e, ad un livello significativo America Latina) oppure di una dominazione diretta o indiretta delle popolazioni locali ( Africa e India da un lato, il resto dell’Asia con la principale eccezione del Giappone dall’altro). In generale, questo non è stato un processo di espansione culturale, se non in pochi casi e per alcuni gruppi elitari. La popolazione dei paesi sottomessi aveva mantenuto quasi inalterate le proprie credenze ancestrali, i costumi e i modi di vita. D’altro canto negli ultimi cinquant’anni, con l’accesso delle popolazioni in precedenza colonizzate all’indipendenza formale, si è realizzata su vasta scala una profonda penetrazione dei modi di vita e dell’ organizzazione economica originatasi nell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti. In ogni caso viene adottata solo metà della tradizione europea, essenzialmente quella relativa alla tecnologia e alle abitudini di consumo, al punto che queste ultime sono condizionate dal livello di ricchezza raggiunto. Del resto in molti casi estremamente significativi modi di vita più profondamente radicati – e in modo particolare gli schemi politici, i costumi corrispondenti e le attitudini verso il potere – sono rimasti essenzialmente inalterati. Attribuisco enorme importanza a questo fatto, perchè‚ nel modo più assoluto non credo che l’espansione di un capitalismo incondizionato e degli pseudo-mercati odierni portino con sé automaticamente libertà e giustizia. Credo anzi fermamente che le sole speranze per il futuro del nostro mondo siano legate alla consapevolezza politica e all’attività delle genti. Di tale consapevolezza e attività esistono al momento piccoli segni preziosi. Questo è vero perfino (e in modo più incisivo) nelle regioni in cui fu inaugurato lo storico progetto di libertà, uguaglianza e giustizia, cioè di autonomia individuale e collettiva, nel cosiddetto mondo Occidentale.

Questo è un punto che conduce ad un’ ulteriore elaborazione.
La tradizione europea contiene una antinomia costitutiva. Dal XII secolo in poi osserviamo in tutti i campi i primi semi di un movimento diretto verso la libertà nella sfera politica così come nei domini della cultura e del pensiero. Le giurisdizioni cittadine protoborghesi richiedono ed ottengono dai poteri reali, imperiali ed ecclesiastici vari livelli di autonomia. Le arti rompono con le linee e gli stereotipi ereditati, poi si affermano Rinascimento, Riforma, Illuminismo, le rivoluzioni dei secoli XVII, XVIII e XIX, il movimento dei lavoratori, il grande movimento di fioritura culturale della modernità, dal 1750 al 1950, l’emancipazione delle donne e dei giovani. Lo chiamo progetto storico-sociale di autonomia collettiva ed individuale. Non ritengo che tale progetto sia stato sviluppato a sufficienza finora, e gli effetti di tutti questi movimenti sono stati parzialmente fissati in forme istituzionali, ma principalmente in un tipo antropologico: l’individuo democratico e libero pensatore. Ma successivamente emerge in Europa anche un altro progetto, antinomico al primo, quello di una illimitata espansione del “predominio razionale” inizialmente incarnato dalla sfera della produzione economica. Sostenuto con forza da uno sviluppo tecnologico senza precedenti – che esso a sua volta alimenta e incrementa – tale progetto fa sorgere il sistema capitalistico nell’accezione più ampia del termine e diventa organizzazione sociale. Negli ultimi 25 anni però il clima è cambiato: il conflitto politico e sociale si è indebolito, l’impiego a tempo pieno è una parola da non menzionare, Wall Street fiorisce ogni volta che una società annuncia il licenziamento dei suoi lavoratori, la disoccupazione organizzata è offerta espressamente come mezzo per ridurre la resistenza sociale. Apatia, privatizzazione, regressione ideologica ed un vuoto piatto caratterizzano la scena politica. I paesi occidentali non offrono più al resto del mondo un esempio di lotta per la libertà. I governi si sono privati dei mezzi per regolamentare l’economia. Un dominio brutale e incontrollato delle società internazionali si è esteso su tutto il pianeta e l’industrializzazione dei paesi poveri avviene in condizioni peggiori di quelle della accumulazione primitiva in Europa agli esordi del capitalismo, l’ambiente è rapidamente distrutto. Quindi l’omogeneizzazione del mondo in atto è essenzialmente un’ omogeneizzazione economica‚ produzione, consumo e cultura‚ commerciale “ o, nel migliore dei casi, diffusione di cultura alta nelle rare élites – ma non dei significati democratici, con una base ampia tra la popolazione. Regimi autocratici o pseudo-democratici abbondano ovunque, mentre la distruzione delle culture tradizionali senza alcuna significante alternativa condiziona il ritorno di fanatismi religiosi ed etnici, con effetti spaventosi. I fatti provano che la Madonna non può offrire una valida alternativa al Corano. Il trasferimento verso altre culture di quanto tra i prodotti della storia occidentale possa rivendicare una validità universale, a mio avviso la libertà nel pensiero e nella vita politica, sovranità popolare e separazione tra la sfera religiosa e quella politica, non è automatico. Questi prodotti non sono un privilegio razziale o etnico ( o dannazioni ) dell’uomo occidentale, ma il risultato di molti secoli di lotta, a cominciare dall’XI secolo. Il loro fiorire nei paesi non occidentali non può essere un’imitazione, ma un appropriarsi attivo da parte delle popolazioni indigene che può aver luogo solo nel contesto di una creazione originale, di una sintesi tra tradizioni locale e occidentale. Si possono riscontrare segnali di un tale processo in diversi paesi In via di sviluppo‚: ad esempio in Indonesia, Honk Kong, Cina, Burma, Filippine, in vari luoghi dell’America Latina e altrove. Questo dimostra a mio avviso che tutti i popoli del mondo hanno un potenziale rivolto ad una attività politica autonoma, ma anche che il cammino verso la libertà è lungo e incerto.
Per il futuro due alternative sembrano delinearsi. Che gli occidentali si rivelino in grado di recuperare la loro creatività politica e spirituale e influenzare in maniera decisiva una fertile fusione della tradizione politica europea con le altre culture. L’inizio di un tale processo può naturalmente aver luogo anche nel mondo non-occidentale. O che il mondo intero si ritrovi assoggettato al processo ormai autonomo della tecnoscienza e di uno sviluppo economico in nome dello sviluppo. Quindi non si può escludere totalmente la prospettiva di un incubo disutopico.

Che cosa dovrebbe significare e comportare una rinascita democratica.
Non solamente delle clausole costituzionali, ma una genuina sovranità delle collettività sulla propria vita e sul futuro, insieme ad una capacità di tolleranza etnica e religiosa.

Spiegazioni sulla democrazia.
Alcuni degli incubi disutopici già individuabili includono:
– un dominio incontrastato e mondiale delle compagnie transnazionali, sciolte da ogni controllo politico e dall’opposizione socio-politica;
– una distruzione ininterrotta dell’ambiente planetario, che conduce a un irreversibile squilibrio ecologico. I regimi neototalitari hanno reso pressoché inevitabile la necessità di razionamenti delle scarse risorse di base;
un’ intensificazione parossistica dei conflitti etnici e religiosi, e/o una lotta incontrollabile per il dominio mondiale condotta da gruppi di potere continentali o transcontinentali, incluse organizzazioni dichiaratamente mafiose;
– ogni possibile combinazione dei punti suddetti.

Ciascuno di essi corrisponde all’affermarsi di tendenze non solo già in atto, ma strutturalmente radicate nella situazione odierna. Ci si trova perciò costretti a formulare degli ammonimenti, tenendo ben presente che catastrofi storiche già note si sono sviluppate più o meno frequentemente sulla base di fatti e fattori non presagiti.

Nota
articolo pubblicato su Sud numero 1 per il dossier dedicato a Castoriadis e Patočka» in collaborazione con l’Atelier du Roman (Flammarion) e la rivista di filosofia Proteo.

9 COMMENTS

  1. Ragionare in termini di progresso è sempre fuorviante. Castoriadis è un autore molto caro a un autore che ho recensito da poco:

    Claudio Bazzocchi
    IL FONDAMENTO TRAGICO DELLA POLITICA. PER UNA NUOVA ANTROPOLOGIA SOCIALISTA
    Diabasis 2009

  2. Non conoscevo Cornelius Castoriadis. Il dichiarazione di Pragua ha un gusto attuale. Leggere la dichiarazione, poi guardare il mondo, e meditare su.

    L’immagine mi piace per il colore arancio
    mi fa pensare ai film degli anni 1970

  3. satana, il libro di bazzocchi lo compro con più piacere adesso che ho letto la tua recensione.

    in ogni caso, la massoneria è sempre stata di destra : un esempio? il venerabile gelli.

  4. mah, direi a intermittenza, psichedelico!!
    comunque pur temendo ogni forma di slogan
    socialisme ou barbarie, per continuare con Castoriadis. mi sembra oggi più che mai vera!
    effeffe

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francesco forlani
francesco forlani
Vive a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman e Il reportage, ha pubblicato diversi libri, in francese e in italiano. Traduttore dal francese, ma anche poeta, cabarettista e performer, è stato autore e interprete di spettacoli teatrali come Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, con cui sono uscite le due antologie Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Corrispondente e reporter, ora è direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Con Andrea Inglese, Giuseppe Schillaci e Giacomo Sartori, ha fondato Le Cartel, il cui manifesto è stato pubblicato su La Revue Littéraire (Léo Scheer, novembre 2016). Conduttore radiofonico insieme a Marco Fedele del programma Cocina Clandestina, su radio GRP, come autore si definisce prepostumo. Opere pubblicate Métromorphoses, Ed. Nicolas Philippe, Parigi 2002 (diritti disponibili per l’Italia) Autoreverse, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli 2008 (due edizioni) Blu di Prussia, Edizioni La Camera Verde, Roma Chiunque cerca chiunque, pubblicato in proprio, 2011 Il peso del Ciao, L’Arcolaio, Forlì 2012 Parigi, senza passare dal via, Laterza, Roma-Bari 2013 (due edizioni) Note per un libretto delle assenze, Edizioni Quintadicopertina La classe, Edizioni Quintadicopertina Rosso maniero, Edizioni Quintadicopertina, 2014 Il manifesto del comunista dandy, Edizioni Miraggi, Torino 2015 (riedizione) Peli, nella collana diretta dal filosofo Lucio Saviani per Fefé Editore, Roma 2017